Rinunzie - transazioni - quietanze a saldo
Rinunzie e transazioni
L’art. 2113 del codice civile dispone che non sono valide le rinunzie e le
transazioni quando hanno ad oggetto diritti del lavoratore inderogabili per
legge o in forza di contratto collettivo.
Tali rinunzie e transazioni sono annullabili e devono essere impugnate con
qualsiasi atto, anche stragiudiziale, entro 6 mesi dalla cessazione del
rapporto o dalla data della transazione quando essa è successiva alla fine del
rapporto.
Tale atto, assumendo natura di dichiarazione unilaterale di volontà recettizia
deve avere la forma scritta a pena di inefficacia.
La disciplina delle rinunzie e delle transazioni - a differenza della
prescrizione - è operativa solo a partire dalla data di risoluzione del
rapporto in virtù dell'art. 2113 c.c.
La posticipazione di efficacia a partire dalla data di risoluzione in poi, è
circoscritta a quei soli diritti retributivi direttamente attraibili nel
concetto costituzionale di « retribuzione sufficiente » ex art. 36 C. .
Una serie di diritti di status quali quello alla qualifica corrispondente alle
mansioni superiori eventualmente svolte o alla c.d. ricostruzione della
carriera ovvero pretese su emolumenti eccedenti la « retribuzione minima
familiare » possono essere travolti dalla prescrizione in corso di rapporto.
Solo il lavoratore è legittimato ad impugnare l’atto di transazione o la
rinunzia.
Se la rinuncia o transazione avviene nella fase istitutiva del rapporto essa è
nulla. Se avviene durante lo svolgimento del rapporto, a diritti già acquisiti,
è annullabile.
Chiaramente l’art. 2113 c.c. non opera (non vi è il temine di decadenza breve
di 6 mesi) qualora si verta in tema di diritti indisponibili (tra l'altro
irrinunziabili ed intransigibili) destinati a costituire, peraltro, una
categoria piuttosto esigua.
Indisponibili sono in linea di massima i diritti a contenuto non patrimoniale,
coincidenti normalmente con quelli posti a tutela della personalità morale o
della integrità fisica del prestatore (art. 2087 c.c.); ad essi si aggiungono
pochi altri, espressamente qualificati « indisponibili » da specifiche norme di
legge di carattere speciale.
Tra quest'ultime l'art. 2125 c.c. per i diritti previdenziali, l'art. 22 del
D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, per gli assegni familiari, l'art. 114 del T.U.
30 giugno 1965, n. 1124, sugli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali, che dispone la «nullità di ogni patto inteso ad eludere il
pagamento delle indennità ed a scemarne la misura ».
Il lavoratore non può impugnare le transazioni avvenute in sede giudiziale
ovvero quelle avvenute presso la Direzione provinciale del lavoro o stipulate
in sede
E’ evidente che l’intervento del sindacato deve essere effettivo e non una
semplice formalità, per cui il lavoratore deve essere adeguatamente informato e
assistito nella conclusione dell’atto transattivo.
Le cd. transazioni collettive , stipulate dal sindacato nell’ interesse di più
lavoratori con l’azienda, sono valide solo in presenza di un mandato specifico
conferito o nella successiva adesione dei singoli prestatori tramite ratifica.
Quietanze a saldo
Le quietanze a saldo sono dichiarazioni unilaterali sottoscritte dal lavoratore
alla cessazione del rapporto di lavoro in cui egli afferma di aver ricevuto il
pagamento di ogni sua spettanza e di non avere più nulla a pretendere.
Sono semplici dichiarazioni di scienza non idonee a dar luogo ad un negozio
giuridico.