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Rinunzie, transazioni e quietanze a saldo:

1) Il lavoratore che abbia accettato la liquidazione rilasciandone quietanza può successivamente impugnare il licenziamento?
“La mera accettazione della liquidazione ancorché non accompagnata da alcuna riserva non può essere interpretata, per assoluto difetto di concludenza, come tacita dichiarazione di rinunzia ai diritti derivanti dall'illegittimità del licenziamento, non sussistendo alcuna incompatibilità logica e giuridica tra l'accettazione della liquidazione e la volontà di ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento, al fine di conseguire l'ulteriore diritto alla riassunzione o al risarcimento del danno.”
(Sentenza Corte di Cassazione 2 giugno 1995, n. 6189).

2) La transazione avente ad oggetto la risoluzione del rapporto di lavoro può essere impugnata?
“La rinuncia o la transazione conclusa tra dipendente e datore di lavoro, avente ad oggetto la risoluzione del rapporto di lavoro, non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 2113 c.c. in quanto, anche quando è garantita la stabilità del posto di lavoro, questa garanzia dipende da leggi o disposizioni collettive, mentre l'ordinamento riconosce al lavoratore il diritto potestativo di disporre negozialmente e definitivamente del posto di lavoro stesso, in base all'art. 2118 c.c.”.
(Cass. 28/3/2003, n. 4780).

3) Anche se il lavoratore ha già intrapreso un azione giudiziaria, può impugnare rinunzie e transazioni che non siano oggetto della conciliazione in sede giudiziale?
“L'art. 2113 c.c. è applicabile anche nell'ipotesi in cui il lavoratore abbia già intrapreso un'azione giudiziaria, in quanto la sua posizione di soggezione nei confronti del datore di lavoro non viene meno per il fatto che egli abbia azionato un diritto o sia assistito da un legale; ne consegue che restano impugnabili ai sensi del citato art. 2113 c.c. nel termine di sei mesi tutte le rinunce e transazioni che non siano intervenute nella forma della conciliazione giudiziale o sindacale, a nulla rilevando che le suddette intervengano dopo che il lavoratore abbia già azionato il diritto in giudizio”.
(Cass. 17/9/2002, n. 13616).

4) Il datore di lavoro può dimostrare che il lavoratore al momento della sottoscrizione della quietanza a saldo aveva effettiva consapevolezza dei diritti a cui rinunziava?
“La dichiarazione con cui il lavoratore dà atto di aver ricevuto una determinata somma a totale soddisfacimento di ogni sua spettanza e di non aver null’altro a pretendere dal proprio datore di lavoro rappresenta, di regola, una semplice manifestazione del convincimento dell’interessato di essere stato soddisfatto di tutti i suoi diritti e, risolvendosi in un giudizio soggettivo, concreta una mera dichiarazione di scienza priva di ogni efficacia negoziale che, come tale, se è successivamente riscontrata erronea, non preclude al dichiarante di agire per il soddisfacimento giudiziale dei propri diritti non ancora soddisfatti; soltanto nel concorso di altre speciali circostanze, desumibili anche aliunde, una tale dichiarazione può assumere il valore di rinuncia o transazione, ai sensi dell’art. 2113 c.c., sempreché di tali negozi ricorrano i requisiti legali e, in particolare, risulti inequivocabilmente accertato che il lavoratore abbia avuto, nel rilasciarla, la chiara consapevolezza degli specifici diritti determinati, o almeno obiettivamente determinabili, che gli sarebbero spettati e ai quali, appunto, egli abbia coscientemente inteso rinunciare totalmente o parzialmente”.
(Cass. 13/6/98 n. 5930).

“L’acquiescenza alla risoluzione del rapporto e la rinuncia a impugnare il licenziamento non possono essere desunte dal fatto che il lavoratore abbia rilasciato quietanza a saldo di ogni diritto conseguente alla risoluzione del rapporto di lavoro, risolvendosi tale atto in una dichiarazione di scienza priva di qualsiasi valore negoziale”.
(Cass. 26/7/96 n.6759) .

5) La transazione in sede sindacale è impugnabile?
"La conciliazione compiuta in sede sindacale, nel rispetto della procedura prevista dall'applicata contrattazione collettiva, si sottrae al regime di impugnabilità di cui all'art. 2113 c.c. ove risulti da un documento sottoscritto contestualmente dalle parti e dal rappresentante di fiducia del lavoratore e a condizione che l'accordo conciliativo sia raggiunto con l'effettiva assistenza del lavoratore da parte di assistenti dell'organizzazione sindacale cui lo stesso aderisce (nella specie la sentenza di merito - confermata dalla Corte - aveva ritenuto sufficiente, ai fini di tale ultimo requisito, l'accertata presenza del rappresentante dell'organizzazione sindacale d'appartenenza del lavoratore "nell'ambito della procedura conciliativa")”.
(Cass. 3/4/2002 n. 4730).

6) Nel caso di trasferimento di azienda, il lavoratore può rinunziare in sede sindacale al diritto di passare alle dipendenze del nuovo datore di lavoro?
"Non è affetto da nullità l'atto, stipulato dal lavoratore con la società datrice di lavoro nelle forme della conciliazione in sede sindacale (anche in assenza di una già prospettatasi vertenza tra le parti), con cui il medesimo, in relazione alla prevista e prossima cessione, da parte della società datrice di lavoro, della sua azienda ad un'altra (specificata) società, rinunci al diritto garantito dall'art.2112 c.c., di passare alle dipendenze dell'impresa cessionaria, dato che il diritto oggetto della rinuncia in questione deve ritenersi determinato ed attuale (nella specie la società datrice di lavoro era assoggettata a concordato preventivo, il lavoratore si trovava in cassa integrazione straordinaria, e la società interessata a rilevare l'azienda aveva posto la condizione del passaggio alle sue dipendenze di solo una parte dei dipendenti)”.
( Cass. 18/8/00, n. 10963).

7) La transazione innanzi alla Direzione Provinciale del Lavoro è inpugnabile?
"Con riguardo alla speciale impugnativa della transazione tra datore di lavoro e lavoratore, prevista dall'art. 2113, terzo comma, c.c., l'intervento dell'ufficio provinciale del lavoro è in sé idoneo a sottrarre il lavoratore a quella condizione di soggezione rispetto al datore di lavoro, che rende sospette di prevaricazione da parte di quest'ultimo le transazioni e le rinunce intervenute nel corso del rapporto in ordine a diritti previsti da norme inderogabili, sia allorché detto organismo partecipi attivamente alla composizione delle contrastanti posizioni delle parti, sia quando in un proprio atto si limiti a riconoscere, in una transazione già delineata dagli interessati in trattative dirette, l'espressione di una volontà non coartata del lavoratore. Consegue che anche in tale ultimo caso la transazione si sottrae alla impugnativa suddetta.”
(Cass. 12/12/2002, n. 17785).