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Licenziamento:
1) Il giudice è libero di stabilire se un comportamento costituisce giusta causa di licenziamento?
“La previsione di ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta in un contratto collettivo non vincola il giudice. Pertanto il fatto che il lavoratore si sia reso responsabile di un comportamento sanzionato dal contratto collettivo con il licenziamento non è sufficiente a giustificare il recesso.”
(Corte di Cassazione -Sezione Lavoro- sentenza n. 16260 del 19 agosto 2004).
2) Il licenziamento verbale è impugnabile anche dopo i 60 giorni?
“Il licenziamento privo della forma scritta non è soggetto al termine di decadenza di 60 giorni per la sua impugnazione”.
(Cass. 27/7/99 n. 508).
3) Al raggiungimento dell’età pensionabile da parte del lavoratore durante il giudizio di impugnazione del licenziamento, il datore di lavoro può recedere dal contratto di lavoro?
“Nel caso in cui il lavoratore raggiunga l’età pensionabile nelle more del giudizio relativo alla legittimità del licenziamento intimatogli, il rapporto di lavoro rimane in vita e, accertata l’illegittimità del licenziamento, il datore di lavoro è tenuto alla corresponsione delle retribuzioni maturate dal momento del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra, salvo che, in epoca successiva al raggiungimento dei requisiti pensionistici, vi sia stato un valido atto di recesso”.
(Cass. 23/2/98 n. 1908)
4) Nel caso di licenziamento disciplinare, vi deve essere immediatezza tra gli addebiti contestati e il licenziamento?
“Non è ravvisarle una giusta causa di licenziamento ove la contestazione degli addebiti avvenga a distanza di anni dall'accertamento, in seguito ad indagine ispettiva interna all'impresa, dei fatti denunciati poi all'autorità giudiziaria, non essendo necessario attendere la conclusione del procedimento penale è primo grado, soprattutto quando il datore di lavoro, come nella specie, si sia astenuto dall'adottare misure cautelari”.
(Cass. n. 15383 del 2004).
“Ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito della tempestività del licenziamento,l'intervallo temporale fra l'intimazione del licenziamento disciplinare e il fatto contestato al lavoratore assume rilievo solo in quanto rivelatore di una mancanza di interesse del datore di lavoro all'esercizio della facoltà di recesso; con la conseguenza che, nonostante il differimento di questo, l'incompatibilità degli addebiti con la prosecuzione del rapporto può essere desunta da misure cautelari (come la sospensione) adottate in detto intervallo dal datore di lavoro, giacché tali misure - specialmente se l'adozione di esse sia prevista dalla disciplina collettiva del rapporto - dimostrano la permanente volontà del datore di lavoro di irrogare (eventualmente) la sanzione del licenziamento” .
(Cass. n. 6127 del 1999).