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Trasferimento e trasferta:
1) L’azione di contestazione dell’ordine di trasferimento è soggetta al termine di decadenza dei 60 gg?
“L'azione del lavoratore, diretta a contestare la legittimità dell'ordine di trasferimento da un'unità produttiva all'altra, per violazione dell'art. 13 della legge 20 maggio 1970 n. 300, non è soggetta al termine di decadenza fissato dall'art. 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604, che riguarda la diversa ipotesi dell'impugnazione del licenziamento, e non trova ostacolo nella circostanza che il lavoratore medesimo, senza prestarvi acquiescenza, abbia provvisoriamente ottemperato a detto ordine”.
(cass civ. Sez. Lav., sent. n. 7287 del 06-12-1983)
2) E’ legittimo il trasferimento del lavoratore che non comporta l’allontanamento dalla propria residenza?
“Poiché il disposto dell'ultima parte dell'art. 2103 cod. civ. (nel testo di cui all'art. 13 della legge n. 300 del 1970) mira ad evitare al lavoratore il disagio derivante dal mutamento del luogo di lavoro, con allontanamento del centro dell'attività lavorativa da quello della sua vita familiare, la sussistenza di ragioni tecniche, organizzative e produttive non è richiesta per spostamenti da un'unità produttiva ad un'altra che non comportino alcun mutamento topografico del luogo di lavoro”.
(Cass. civ. Sez. Lav., sent. n. 3419 del 03-06-1982).
3) Il trasferimento è illegittimo se comporta mutamento delle mansioni?
“Il trasferimento del lavoratore da una unità produttiva all'altra, anche quando sia legittimo, in quanto giustificato da effettive esigenze tecniche, organizzative o produttive, non può comportare mutamento delle mansioni di provenienza in altre non equivalenti, dovendosi, peraltro, il rapporto di equivalenza valutare in guisa tale da assicurare salvaguardia al bene giuridico della professionalità, protetto dall'art. 2103 cod. civ., nel testo modificato dall'art. 13 della legge n. 300 del 1970, ed inteso come coacervo di cognizioni tecniche e abilità operativa. Tale bene non è disponibile né da parte del lavoratore - se non attraverso un'effettiva novazione del rapporto - né in sede di contratto collettivo, le cui previsioni in tema di qualifiche, ove siano tali da comprendere sotto un'unica declaratoria mansioni disparate per contenuto non possono perciò ritenersi idonee ad istituire fra queste il rapporto di equivalenza utile ai sensi e per gli effetti di cui alla citata norma, della quale sarebbe in tal modo vanificato il suddetto contenuto protettivo alla cui stregua il rapporto stesso non può essere istituito fra mansioni implicanti professionalità eterogenea secondo la realtà tecnologica attuale o imminente. (Nella specie, sancendo tale principio la Suprema Corte ha confermato la sentenza con la quale i giudici del merito avevano ritenuto illegittimo il trasferimento di un lavoratore da mansioni di "softwarista" con specifica competenza in materia di elaboratori elettronici o altre di sportellista della sezione risparmi di un istituto di credito”.
(cass. civ. Sez. Lav., sent. n. 1833 del 16-03-1984).
4) Differenza tra trasferta e trasferimento.
“A differenza del "trasferimento", che implica un mutamento non transitorio del luogo della prestazione lavorativa, accompagnato - normalmente - dal mutamento della residenza o del domicilio del lavoratore, l'ipotesi della "trasferta" ricorre nel caso di mutamento temporaneo del luogo di adempimento della prestazione, disposto unilateralmente dall'imprenditore nell'esercizio dei suoi poteri direttivi ed organizzativi dell'impresa, e, pertanto, non è configurabile allorché il lavoratore si obblighi contrattualmente ad adempiere in luoghi sempre diversi”.
(cass. civ. Sez. Lav., sent. n. 6144 del 19-10-1983).
“L'ipotesi della "trasferta" (il cui compenso, a norma dell'art. 12 della legge 30 aprile 1969 n. 153, è escluso, nella misura del cinquanta per cento, dalla retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale) ricorre soltanto nel caso di mutamento temporaneo e provvisorio del luogo di normale svolgimento della prestazione lavorativa, unilateralmente disposto dall'imprenditore nell'esercizio dei suoi poteri direttivi ed organizzativi dell'impresa, e non è perciò configurabile nel caso di lavoratori contrattualmente obbligati ad eseguire le proprie prestazioni in luoghi sempre diversi, determinabili in base alla ubicazione dei clienti ed alle opere da eseguire per loro conto”.
(cass. civ. Sez. Lav., sent. n. 1057 ).