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Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151
Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno
della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8
marzo 2000, n. 53 (1/circ).
(1) Pubblicato
nella Gazz. Uff. 26 aprile 2001, n. 96, S.O.
(1/circ)
Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti
istruzioni:
-
A.R.A.N. (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni):
Nota 14 luglio 2004, n. 5511;
-
I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica):
Circ. 10 gennaio 2002, n. 2; Informativa
25 ottobre 2002, n. 22;
Informativa
29 ottobre 2002, n. 24; Informativa 28
febbraio 2003, n. 8;
Informativa
11 marzo 2003, n. 15; Informativa 21
luglio 2003, n. 30;
-
I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ.
11 maggio 2001, n.
103; Msg.
27 giugno 2001, n. 569; Circ. 10 luglio
2001, n. 136; Circ. 25 marzo
2002,
n. 60; Circ. 26 aprile 2002, n. 85; Circ.
31 maggio 2002, n. 102; Circ.
26
luglio 2002, n. 136; Circ. 29 luglio
2002, n. 139; Circ. 16
dicembre 2002, n.
181; Circ.
17 gennaio 2003, n. 8; Circ. 21 marzo
2003, n. 54; Msg. 24 marzo
2003,
n. 38; Circ. 26 marzo 2003, n. 61; Msg.
28 aprile 2003, n. 343; Circ. 26
maggio
2003, n. 91; Msg. 10 luglio
2003, n. 671; Msg. 24 luglio
2003, n. 35;
Circ.
2 dicembre 2003, n. 185; Circ. 17
febbraio 2004, n. 33; Circ. 17
febbraio
2004,
n. 34; Msg. 20 febbraio 2004, n. 4837; Msg.
29 luglio 2004, n. 24070;
Msg.
28 gennaio 2005, n. 6726; Circ. 18 febbraio 2005, n.
32;
-
Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Circ.
16 dicembre 2002, n. 3328;
Lett.Circ.
1 dicembre 2004, n. 70;
-
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 28 settembre
2001,
n. 475; Circ. 2 ottobre 2003, n. 78;
-
Ministero della giustizia: Circ. 23 settembre 2003.
IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto
l'articolo 87 della Costituzione;
Visto
l'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53,
recante delega al Governo
per
l'emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle
disposizioni
legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della
paternità,
nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro le disposizioni
vigenti
in materia, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche
necessarie
per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa,
anche
al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo;
Vista
la legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista
la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione
del 15 dicembre 2000;
Udito
il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli
atti
normativi nell'adunanza del 15 gennaio 2001;
Acquisito
il parere delle competenti commissioni parlamentari;
Vista
la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21
marzo
2001;
Sulla
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la
solidarietà
sociale, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale,
della sanità, per le pari opportunità e per la funzione pubblica;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Capo
I - Disposizioni generali
1. Oggetto.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 5;legge
8 marzo 2000, n.
53,
art. 17, comma 3)
1. Il
presente testo unico disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela
delle
lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli
naturali,
adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità
e
alla paternità.
2.
Sono fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi,
regolamenti,
contratti collettivi, e da ogni altra disposizione.
2. Definizioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 1, e 13)
1. Ai
fini del presente testo unico:
a) per
«congedo di maternità» si intende l'astensione obbligatoria dal lavoro
della
lavoratrice;
b) per
«congedo di paternità» si intende l'astensione dal lavoro del lavoratore,
fruito
in alternativa al congedo di maternità;
c) per
«congedo parentale», si intende l'astensione facoltativa della lavoratrice
o del
lavoratore;
d) per
«congedo per la malattia del figlio» si intende l'astensione facoltativa dal
lavoro
della lavoratrice o del lavoratore in dipendenza della malattia stessa;
e) per
«lavoratrice» o «lavoratore», salvo che non sia altrimenti specificato, si
intendono
i dipendenti, compresi quelli con contratto di apprendistato, di
amministrazioni
pubbliche, di privati datori di lavoro nonché i soci lavoratori di
cooperative.
2. Le
indennità di cui al presente testo unico corrispondono, per le pubbliche
amministrazioni,
ai trattamenti economici previsti, ai sensi della legislazione
vigente,
da disposizioni normative e contrattuali. I trattamenti economici non
possono
essere inferiori alle predette indennità.
3. Divieto di
discriminazione.
1. È
vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda
l'accesso
al lavoro indipendentemente dalle modalità di assunzione e
qualunque
sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia
professionale,
attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di
famiglia
o di gravidanza, secondo quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 1
della
legge 9 dicembre 1977, n. 903.
2. È
vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le
iniziative
in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e
aggiornamento
professionale, per quanto concerne sia l'accesso sia i contenuti,
secondo
quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 1 della legge
9 dicembre
1977,
n. 903.
3. È
vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda la
retribuzione,
la classificazione professionale, l'attribuzione di qualifiche e
mansioni
e la progressione nella carriera, secondo quanto previsto dagli articoli
2 e 3
della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
4. Sostituzione di
lavoratrici e lavoratori in congedo.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 11;legge
8 marzo 2000, n. 53, art. 10)
1. In
sostituzione delle lavoratrici e dei lavoratori assenti dal lavoro, in virtù
delle
disposizioni del presente testo unico, il datore di lavoro può assumere
personale
con contratto a tempo determinato o utilizzare personale con
contratto
temporaneo, ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 1, secondo
comma,
lettera b), della legge
18 aprile 1962, n. 230, e dell'articolo 1, comma
2,
lettera c), della legge
24 giugno 1997, n. 196, e con l'osservanza delle
disposizioni
delle leggi medesime (2).
2.
L'assunzione di personale a tempo determinato e l'utilizzazione di personale
temporaneo,
in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo ai sensi del
presente
testo unico può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto
al
periodo di inizio del congedo, salvo periodi superiori previsti dalla
contrattazione
collettiva (3).
3.
Nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi a carico del
datore
di lavoro che assume personale con contratto a tempo determinato in
sostituzione
di lavoratrici e lavoratori in congedo, è concesso uno sgravio
contributivo
del 50 per cento. Quando la sostituzione avviene con contratto di
lavoro
temporaneo, l'impresa utilizzatrice recupera dalla società di fornitura le
somme
corrispondenti allo sgravio da questa ottenuto.
4. Le
disposizioni del comma 3 trovano applicazione fino al compimento di un
anno
di età del figlio della lavoratrice o del lavoratore in congedo o per un anno
dall'accoglienza
del minore adottato o in affidamento.
5.
Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui al Capo XI, è
possibile
procedere, in caso di maternità delle suddette lavoratrici, e comunque
entro
il primo anno di età del bambino o nel primo anno di accoglienza del
minore
adottato o in affidamento, all'assunzione di personale a tempo
determinato
e di personale temporaneo, per un periodo massimo di dodici
mesi,
con le medesime agevolazioni di cui al comma 3 (3/a).
(2) Comma
così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(3) Comma
così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(3/a)
Vedi, anche, l'art. 1, comma 4, D.Lgs. 25
febbraio 2000, n. 61, come
sostituito
dall'art. 46, D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
5. Anticipazione
del trattamento di fine rapporto.
(legge
8 marzo 2000, n. 53, art. 7)
1.
Durante i periodi di fruizione dei congedi di cui all'articolo 32, il
trattamento
di
fine rapporto può essere anticipato ai fini del sostegno economico, ai sensi
dell'articolo
7 della legge 8 marzo 2000, n. 53. Gli
statuti delle forme
pensionistiche
complementari di cui al decreto legislativo 21
aprile 1993, n.
124, e
successive modificazioni, possono prevedere la possibilità di conseguire
tale
anticipazione.
Capo
II - Tutela della salute della lavoratrice
6. Tutela della
sicurezza e della salute.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 1;legge
30 dicembre 1971,
n.
1204, art. 9)
1. Il
presente Capo prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute
delle
lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del
figlio,
che hanno informato il datore di lavoro del proprio stato, conformemente
alle
disposizioni vigenti, fatto salvo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 8.
2. La
tutela si applica, altresì, alle lavoratrici che hanno ricevuto bambini in
adozione
o in affidamento, fino al compimento dei sette mesi di età.
3.
Salva l'ordinaria assistenza sanitaria e ospedaliera a carico del Servizio
sanitario
nazionale, le lavoratrici, durante la gravidanza, possono fruire presso
le
strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, con esclusione dal costo
delle
prestazioni erogate, oltre che delle periodiche visite ostetricoginecologiche,
delle
prestazioni specialistiche per la tutela della maternità, in
funzione
preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale, previste dal
decreto
del Ministro della sanità di cui all'articolo 1, comma 5, lettera a),
del
decreto
legislativo 29 aprile 1998, n. 124, purché prescritte secondo
le
modalità
ivi indicate.
7. Lavori vietati.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 3, 30, comma 8, e 31, comma 1;
decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 3; legge
8 marzo 2000, n.
53,
art. 12, comma 3)
1. È
vietato adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché
ai
lavori pericolosi, faticosi ed insalubri. I lavori pericolosi, faticosi ed
insalubri
sono
indicati dall'articolo 5 del decreto del
Presidente della Repubblica 25
novembre
1976, n. 1026, riportato nell'allegato A
del presente testo unico. Il
Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della
sanità
e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, provvede ad
aggiornare
l'elenco di cui all'allegato A.
2.
Tra i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono inclusi quelli che
comportano
il
rischio di esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro, indicati
nell'elenco
di cui all'allegato B.
3. La
lavoratrice è addetta ad altre mansioni per il periodo per il quale è
previsto
il divieto.
4. La
lavoratrice è, altresì, spostata ad altre mansioni nei casi in cui i servizi
ispettivi
del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice,
accertino
che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla
salute
della donna.
5. La
lavoratrice adibita a mansioni inferiori a quelle abituali conserva la
retribuzione
corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la
qualifica
originale. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 della legge
20
maggio 1970, n. 300, qualora la lavoratrice sia adibita a mansioni
equivalenti
o superiori.
6.
Quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il
servizio
ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, può
disporre
l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui al presente Capo, in
attuazione
di quanto previsto all'articolo 17.
7.
L'inosservanza delle disposizioni contenute nei commi 1, 2, 3 e 4 è punita
con
l'arresto fino a sei mesi.
8. Esposizione a
radiazioni ionizzanti.
(decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 230, art. 69)
1. Le
donne, durante la gravidanza, non possono svolgere attività in zone
classificate
o, comunque, essere adibite ad attività che potrebbero esporre il
nascituro
ad una dose che ecceda un millisievert durante
il periodo della
gravidanza.
2. È
fatto obbligo alle lavoratrici di comunicare al datore di lavoro il proprio
stato
di gravidanza, non appena accertato.
3. È
altresì vietato adibire le donne che allattano ad attività comportanti un
rischio
di contaminazione.
9. Polizia di
Stato, penitenziaria e municipale.
(legge
7 agosto 1990, n. 232, art. 13;legge 8 marzo
2000, n. 53, art. 14)
1.
Fermo restando quanto previsto dal presente Capo, durante la gravidanza è
vietato
adibire al lavoro operativo le appartenenti alla Polizia di Stato.
2.
Per le appartenenti alla Polizia di Stato, gli accertamenti tecnico-sanitari
previsti
dal presente testo unico sono devoluti al servizio sanitario
dell'amministrazione
della pubblica sicurezza, in conformità all'articolo 6,
lettera
z), della legge 23
dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni.
3. Le
disposizioni di cui al comma 1 si applicano al personale femminile del
corpo
di polizia penitenziaria e ai corpi di polizia municipale.
10. Personale
militare femminile.
(decreto
legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, art. 4, comma 3)
1.
Fatti salvi i periodi di divieto di adibire al lavoro le donne previsti agli
articoli
16 e
17, comma 1, durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi
successivi
al parto il personale militare femminile non può svolgere incarichi
pericolosi,
faticosi ed insalubri, da determinarsi con decreti adottati, sentito il
comitato
consultivo di cui all'articolo 1, comma 3, della legge
20 ottobre 1999,
n.
380, dal Ministro della difesa, di concerto con i Ministri del lavoro e
della
previdenza
sociale e delle pari opportunità per il personale delle Forze armate,
nonché
con il Ministro dei trasporti e della navigazione per il personale delle
capitanerie
di porto, e dal Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri del
lavoro
e della previdenza sociale e delle pari opportunità per il personale del
Corpo
della guardia di finanza.
11. Valutazione dei
rischi.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 4)
1.
Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 7, commi 1 e 2, il datore di
lavoro,
nell'àmbito ed agli effetti della valutazione di cui all'articolo 4, comma
1,
del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, e successive
modificazioni,
valuta i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, in
particolare
i rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, processi o
condizioni
di lavoro di cui all'allegato C, nel
rispetto delle linee direttrici
elaborate
dalla Commissione dell'Unione europea, individuando le misure di
prevenzione
e protezione da adottare.
2.
L'obbligo di informazione stabilito dall'articolo 21 del decreto
legislativo 19
settembre
1994, n. 626, e successive modificazioni, comprende quello di
informare
le lavoratrici ed i loro rappresentati per la sicurezza sui risultati della
valutazione
e sulle conseguenti misure di protezione e di prevenzione adottate.
12. Conseguenze
della valutazione.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 5)
1.
Qualora i risultati della valutazione di cui all'articolo 11, comma 1, rivelino
un
rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro
adotta
le
misure necessarie affinché l'esposizione al rischio delle lavoratrici sia
evitata,
modificandone
temporaneamente le condizioni o l'orario di lavoro.
2.
Ove la modifica delle condizioni o dell'orario di lavoro non sia possibile per
motivi
organizzativi o produttivi, il datore di lavoro applica quanto stabilito
dall'articolo
7, commi 3, 4 e 5, dandone contestuale informazione scritta al
servizio
ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, che può
disporre
l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui all'articolo 6, comma
1, in
attuazione di quanto previsto all'articolo 17.
3. Le
disposizioni di cui ai commi 1 e 2 trovano applicazione al di fuori dei casi
di
divieto sanciti dall'articolo 7, commi 1 e 2.
4.
L'inosservanza della disposizione di cui al comma 1 è punita con la sanzione
di
cui all'articolo 7, comma 7.
13. Adeguamento
alla disciplina comunitaria.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, articoli 2 e 8)
1.
Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con
il Ministro della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente di
cui
all'articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, e
successive
modificazioni, sono recepite le linee direttrici elaborate dalla
Commissione
dell'Unione europea, concernenti la valutazione degli agenti
chimici,
fisici e biologici, nonché dei processi industriali ritenuti pericolosi per la
sicurezza
o la salute delle lavoratrici e riguardanti anche i movimenti, le
posizioni
di lavoro, la fatica mentale e fisica e gli altri disagi fisici e mentali
connessi
con l'attività svolta dalle predette lavoratrici.
2.
Con la stessa procedura di cui al comma 1, si provvede ad adeguare ed
integrare
la disciplina contenuta nel decreto di cui al comma 1, nonché a
modificare
ed integrare gli elenchi di cui agli allegati B e C, in
conformità alle
modifiche
alle linee direttrici e alle altre modifiche adottate in sede
comunitaria.
14. Controlli
prenatali.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 7)
1. Le
lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l'effettuazione
di
esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel
caso
in cui questi debbono essere eseguiti durante l'orario di lavoro.
2.
Per la fruizione dei permessi di cui al comma 1 le lavoratrici presentano al
datore
di lavoro apposita istanza e successivamente presentano la relativa
documentazione
giustificativa attestante la data e l'orario di effettuazione degli
esami.
15. Disposizioni
applicabili.
(decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 9)
1.
Per quanto non diversamente previsto dal presente Capo, restano ferme le
disposizioni
recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, e
successive
modificazioni, nonché da ogni altra disposizione in materia di
sicurezza
e salute nei luoghi di lavoro.
Capo
III - Congedo di maternità
16. Divieto di
adibire al lavoro le donne.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4)
1. È
vietato adibire al lavoro le donne:
a)
durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto
previsto
all'articolo 20;
b) ove
il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data
presunta
e la data effettiva del parto;
c)
durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'articolo 20 (4);
d)
durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto
avvenga
in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti
al
periodo di congedo di maternità dopo il parto.
(4) Lettera
così modificata dall'art. 2, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
17. Estensione del
divieto.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi
6,
7, 9
e 10)
1. Il
divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le
lavoratrici
sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di
gravidanza,
siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono
determinati
con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale,
sentite
le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative.
Fino
all'emanazione del primo decreto ministeriale, l'anticipazione del divieto di
lavoro
è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per
territorio.
2. Il
servizio ispettivo del Ministero del lavoro può disporre, sulla base di
accertamento
medico, avvalendosi dei competenti organi del Servizio sanitario
nazionale,
ai sensi degli articoli 2 e 7 del decreto
legislativo 30 dicembre 1992,
n.
502, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza,
fino al
periodo
di astensione di cui alla lettera a),
comma 1, dell'articolo 16, o fino ai
periodi
di astensione di cui all'articolo 7, comma 6, e all'articolo 12, comma 2,
per
uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dal servizio stesso, per i
seguenti
motivi:
a) nel
caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme
morbose
che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b)
quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla
salute
della donna e del bambino;
c)
quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo
quanto
previsto dagli articoli 7 e 12 (5).
3.
L'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del
comma 2 è disposta dal
servizio
ispettivo del Ministero del lavoro, secondo le risultanze
dell'accertamento
medico ivi previsto. In ogni caso il provvedimento dovrà
essere
emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della lavoratrice.
4.
L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del
comma 2 può essere
disposta
dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza
della
lavoratrice, qualora nel corso della propria attività di vigilanza constati
l'esistenza
delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima.
5. I
provvedimenti dei servizi ispettivi previsti dai presente articolo sono
definitivi.
(5) Comma
così modificato dall'art. 2, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
18. Sanzioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 1)
1.
L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 16 e 17 è punita con
l'arresto
fino a sei mesi.
19. Interruzione
della gravidanza.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 20)
1.
L'interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi previsti
dagli
articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n.
194, è considerata a tutti
gli
effetti come malattia.
2. Ai
sensi dell'articolo 17 della legge 22 maggio
1978, n. 194, la pena prevista
per
chiunque cagioni ad una donna, per colpa, l'interruzione della gravidanza o
un
parto prematuro è aumentata se il fatto è commesso con la violazione delle
norme
poste a tutela del lavoro.
20. Flessibilità
del congedo di maternità.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4-bis; legge
8 marzo 2000,n. 53, art.
12,
comma 2)
1.
Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, le
lavoratrici
hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese
precedente
la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a
condizione
che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso
convenzionato
e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della
salute
nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio
alla
salute della gestante e del nascituro.
2. Il
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri
della
sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, definisce con
proprio
decreto l'elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni del
comma
1.
21. Documentazione.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, comma 5, e 28)
1.
Prima dell'inizio del periodo di divieto di lavoro di cui all'articolo 16,
lettera
a), le
lavoratrici devono consegnare al datore di lavoro e all'istituto erogatore
dell'indennità
di maternità il certificato medico indicante la data presunta del
parto.
La data indicata nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di
previsione.
2. La
lavoratrice è tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato di
nascita
del figlio, ovvero la dichiarazione sostitutiva, ai sensi dell'articolo 46 del
decreto
del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
22. Trattamento
economico e normativo.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5; legge
9
dicembre
1977, n. 903, art. 3, comma 2; decreto-legge
20 maggio 1993, n.
148,
convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236,
art. 6, commi 4 e 5)
1. Le
lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento
della
retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in
attuazione
degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.
2.
L'indennità di maternità, comprensiva di ogni altra indennità spettante per
malattia,
è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del decreto-legge
30
dicembre
1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge
29 febbraio
1980,
n. 33, e con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni
dell'assicurazione
obbligatoria contro le malattie (6).
3. I
periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di
servizio
a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o
alla
gratifica natalizia e alle ferie.
4. I
medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento dei limiti di
permanenza
nelle liste di mobilità di cui all'articolo 7 della legge
23 luglio 1991,
n.
223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell'indennità di
mobilità. I
medesimi
periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di
sei
mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennità di
mobilità.
5.
Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera,
come
attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale
scopo
particolari requisiti.
6. Le
ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo
non
vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
7. Non
viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell'articolo 9 della legge
23
luglio 1991, n. 223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di
maternità,
rifiuta
l'offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero
l'avviamento
a corsi di formazione professionale.
(6) Comma
così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
23. Calcolo
dell'indennità.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 16)
1.
Agli effetti della determinazione della misura dell'indennità, per retribuzione
s'intende
la retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga
quadrisettimanale
o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello
nel
corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità.
2. Al
suddetto importo va aggiunto il rateo giornaliero relativo alla gratifica
natalizia
o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti
accessori
eventualmente erogati alla lavoratrice.
3.
Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono
considerati
agli effetti della determinazione delle prestazioni dell'assicurazione
obbligatoria
per le indennità economiche di malattia.
4.
Per retribuzione media globale giornaliera si intende l'importo che si ottiene
dividendo
per trenta l'importo totale della retribuzione del mese precedente a
quello
nel corso del quale ha avuto inizio il congedo. Qualora le lavoratrici non
abbiano
svolto l'intero periodo lavorativo mensile per sospensione del rapporto
di
lavoro con diritto alla conservazione del posto per interruzione del rapporto
stesso
o per recente assunzione si applica quanto previsto al comma 5, lettera
c).
5.
Nei confronti delle operaie dei settori non agricoli, per retribuzione media
globale
giornaliera s'intende:
a) nei
casi in cui, o per contratto di lavoro o per la effettuazione di ore di
lavoro
straordinario, l'orario medio effettivamente praticato superi le otto ore
giornaliere,
l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare complessivo degli
emolumenti
percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero
dei
giorni lavorati o comunque retribuiti;
b) nei
casi in cui, o per esigenze organizzative contingenti dell'azienda o per
particolari
ragioni di carattere personale della lavoratrice, l'orario medio
effettivamente
praticato risulti inferiore a quello previsto dal contratto di lavoro
della
categoria, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare complessivo
degli
emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il
numero
delle ore di lavoro effettuato e moltiplicando il quoziente ottenuto per il
numero
delle ore giornaliere di lavoro previste dal contratto stesso. Nei casi in
cui i
contratti di lavoro prevedano, nell'àmbito di una settimana, un orario di
lavoro
identico per i primi cinque giorni della settimana e un orario ridotto per
il
sesto giorno, l'orario giornaliero è quello che si ottiene dividendo per sei il
numero
complessivo delle ore settimanali contrattualmente stabilite;
c) in
tutti gli altri casi, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare
complessivo
degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in
considerazione
per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti, risultanti
dal
periodo stesso.
24. Prolungamento
del diritto alla corresponsione del trattamento economico.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17; decreto-legge
20 maggio 1993, n.
148,
convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236,
art. 6, comma 3)
1.
L'indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del
rapporto
di lavoro previsti dall'articolo 54, comma 3, lettere b) e c),
che si
verifichino
durante i periodi di congedo di maternità previsti dagli articoli 16 e
17 (7).
2. Le
lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo di congedo di
maternità,
sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate,
sono
ammesse al godimento dell'indennità giornaliera di maternità purché tra
l'inizio
della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e quello di detto
periodo
non siano decorsi più di sessanta giorni.
3. Ai
fini del computo dei predetti sessanta giorni, non si tiene conto delle
assenze
dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute
dagli
enti gestori delle relative assicurazioni sociali, né del periodo di congedo
parentale
o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente
maternità,
né del periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento,
né
del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di
lavoro
a tempo parziale di tipo verticale.
4.
Qualora il congedo di maternità abbia inizio trascorsi sessanta giorni dalla
risoluzione
del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio del periodo di
congedo
stesso, disoccupata e in godimento dell'indennità di disoccupazione,
ha
diritto all'indennità giornaliera di maternità anziché all'indennità ordinaria
di
disoccupazione.
5. La
lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel comma 4, ma che
non è
in godimento della indennità di disoccupazione perché nell'ultimo biennio
ha
effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all'obbligo
dell'assicurazione
contro la disoccupazione, ha diritto all'indennità giornaliera di
maternità,
purché al momento dell'inizio del congedo di maternità non siano
trascorsi
più di centottanta giorni dalla data di risoluzione del rapporto e,
nell'ultimo
biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo favore,
nell'assicurazione
obbligatoria per le indennità di maternità, ventisei contributi
settimanali.
6. La
lavoratrice che, nel caso di congedo di maternità iniziato dopo sessanta
giorni
dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi, all'inizio del congedo
stesso,
sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale a
carico
della Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogo di tale
trattamento,
all'indennità giornaliera di maternità.
7. Le
disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai casi di
fruizione
dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7 della legge
23 luglio
1991,
n. 223.
(7) La
Corte costituzionale, con sentenza 3-14 dicembre
2001, n. 405 (Gazz.
Uff.
19 dicembre 2001, n. 49 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro,
l'illegittimità
del presente comma nella parte in cui esclude la corresponsione
dell'indennità
di maternità nell'ipotesi prevista dall'art. 54, comma 3, lettera
a),
del presente decreto.
25. Trattamento
previdenziale.
(decreto
legislativo 16 settembre 1996, n. 564, art. 2, commi 1, 4, 6)
1.
Per i periodi di congedo di maternità, non è richiesta, in costanza di rapporto
di
lavoro, alcuna anzianità contributiva pregressa ai fini dell'accreditamento dei
contributi
figurativi per il diritto alla pensione e per la determinazione della
misura
stessa.
2. In
favore dei soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle
forme
di previdenza sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale
obbligatoria
per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, i periodi corrispondenti al
congedo
di maternità di cui agli articoli 16 e 17, verificatisi al di fuori del
rapporto
di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il
soggetto
possa far valere, all'atto della domanda, almeno cinque anni di
contribuzione
versata in costanza di rapporto di lavoro. La contribuzione
figurativa
viene accreditata secondo le disposizioni di cui all'articolo 8 della
legge
23 aprile 1981, n. 155, con effetto dal periodo in cui si
colloca l'evento.
3.
Per i soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti ed ai fondi
sostitutivi
dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia
ed i
superstiti, gli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 2 sono
addebitati
alla relativa gestione pensionistica. Per i soggetti iscritti ai fondi
esclusivi
dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia
ed i
superstiti, gli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 2 sono posti
a
carico dell'ultima gestione pensionistica del quinquennio lavorativo richiesto
nel
medesimo comma.
26. Adozioni e
affidamenti.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1)
1. Il
congedo di maternità di cui alla lettera c),
comma 1, dell'articolo 16 può
essere
richiesto dalla lavoratrice che abbia adottato, o che abbia ottenuto in
affidamento
un bambino di età non superiore a sei anni all'atto dell'adozione o
dell'affidamento.
2. Il
congedo deve essere fruito durante i primi tre mesi successivi all'effettivo
ingresso
del bambino nella famiglia della lavoratrice.
27. Adozioni e
affidamenti preadottivi internazionali.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1; legge
4 maggio 1983, n.
184,
art. 31, comma 3, lettera n), e 39-quater, lettere a) e c)
1.
Nel caso di adozione e di affidamento preadottivo internazionali, disciplinati
dal
Titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184, e
successive modificazioni, il
congedo
di maternità di cui al comma 1 dell'articolo 26 spetta anche se il
minore
adottato o affidato abbia superato i sei anni e sino al compimento della
maggiore
età.
2.
Per l'adozione e l'affidamento preadottivo internazionali, la lavoratrice ha,
altresì,
diritto a fruire di un congedo di durata corrispondente al periodo di
permanenza
nello Stato straniero richiesto per l'adozione e l'affidamento. Il
congedo
non comporta indennità né retribuzione.
3.
L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di
adozione
certifica la durata del congedo di cui al comma 1 dell'articolo 26,
nonché
la durata del periodo di permanenza all'estero nel caso del congedo
previsto
al comma 2 del presente articolo.
Capo
IV - Congedo di paternità
28. Congedo di
paternità.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, commi 1 e 2)
1. Il
padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del
congedo
di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla
lavoratrice,
in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di
abbandono,
nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
2. Il
padre lavoratore che intenda avvalersi del diritto di cui al comma 1
presenta
al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste.
In
caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi
dell'articolo
47 del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000,
n.
445.
29. Trattamento
economico e normativo.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 3)
1. Il
trattamento economico e normativo è quello spettante ai sensi degli
articoli
22 e 23.
30. Trattamento
previdenziale.
1. Il
trattamento previdenziale è quello previsto dall'articolo 25.
31. Adozioni e
affidamenti.
1. Il
congedo di cui agli articoli 26, comma 1, e 27, comma 1, che non sia stato
chiesto
dalla lavoratrice, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore.
2. Il
congedo di cui all'articolo 27, comma 2, spetta, alle medesime condizioni,
al
lavoratore.
3. Al
lavoratore, alle medesime condizioni previste dai commi 1 e 2, è
riconosciuto
il diritto di cui all'articolo 28.
Capo
V - Congedo parentale
32. Congedo
parentale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, e 7, commi 1, 2 e
3)
1.
Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto
di
astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I
relativi
congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere
il
limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente
articolo.
Nell'àmbito
del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:
a)
alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità di cui al
Capo
III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
b) al
padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o
frazionato
non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma
2;
c)
qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non
superiore
a dieci mesi.
2.
Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un
periodo
continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo
dei
congedi parentali dei genitori è elevato a undici mesi.
3. Ai
fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo
casi
di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le
modalità
e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di
preavviso
non inferiore a quindici giorni.
4. Il
congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro
genitore
non ne abbia diritto.
33. Prolungamento
del congedo.
(legge
5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, commi 1 e 2; legge
8 marzo 2000, n.
53,
art. 20)
1. La
lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre di minore con
handicap
in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1,
della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto al
prolungamento fino a tre
anni
del congedo parentale a condizione che il bambino non sia ricoverato a
tempo
pieno presso istituti specializzati.
2. In
alternativa al prolungamento del congedo possono essere fruiti i riposi di
cui
all'articolo 42, comma 1.
3. Il
congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non
ne
abbia diritto.
4.
Resta fermo il diritto di fruire del congedo di cui all'articolo 32. Il
prolungamento
di cui al comma 1 decorre dal termine del periodo
corrispondente
alla durata massima del congedo parentale spettante al
richiedente
ai sensi dell'articolo 32.
34. Trattamento
economico e normativo.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 15, commi 2 e 4, e 7, comma 5)
1.
Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 alle lavoratrici e ai
lavoratori
è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari al
30
per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i
genitori
di sei mesi. L'indennità è calcolata secondo quanto previsto all'articolo
23,
ad esclusione del comma 2 dello stesso.
2. Si
applica il comma 1 per tutto il periodo di prolungamento del congedo di
cui
all'articolo 33.
3.
Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 ulteriori rispetto a
quanto
previsto ai commi 1 e 2 è dovuta un'indennità pari al 30 per cento della
retribuzione,
a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore
a 2,5
volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico
dell'assicurazione
generale obbligatoria. Il reddito è determinato secondo i
criteri
previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo.
4.
L'indennità è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 22, comma 2.
5. I
periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio,
esclusi
gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica
natalizia.
6. Si
applica quanto previsto all'articolo 22, commi 4, 6 e 7 (8).
(8) In
deroga a quanto previsto nel presente articolo vedi gli artt. 21 e 58,
D.P.R.
18 giugno 2002, n. 164.
35. Trattamento
previdenziale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 15, comma 2, lettere a) e b); decreto
legislativo
16 settembre 1996, n. 564, articoli 2, commi 2, 3 e 5)
1. I
periodi di congedo parentale che danno diritto al trattamento economico e
normativo
di cui all'articolo 34, commi 1 e 2, sono coperti da contribuzione
figurativa.
Si applica quanto previsto al comma 1 dell'articolo 25.
2. I
periodi di congedo parentale di cui all'articolo 34, comma 3, compresi
quelli
che non danno diritto al trattamento economico, sono coperti da
contribuzione
figurativa, attribuendo come valore retributivo per tale periodo il
200
per cento del valore massimo dell'assegno sociale, proporzionato ai periodi
di
riferimento, salva la facoltà di integrazione da parte dell'interessato, con
riscatto
ai sensi dell'articolo 13 della legge 12 agosto
1962, n. 1338, ovvero
con
versamento dei relativi contributi secondo i criteri e le modalità della
prosecuzione
volontaria.
3.
Per i dipendenti di amministrazioni pubbliche e per i soggetti iscritti ai
fondi
sostitutivi
dell'assicurazione generale obbligatoria gestita dall'Istituto nazionale
previdenza
sociale (INPS) ai quali viene corrisposta una retribuzione ridotta o
non
viene corrisposta alcuna retribuzione nei periodi di congedo parentale,
sussiste
il diritto, per la parte differenziale mancante alla misura intera o per
l'intera
retribuzione mancante, alla contribuzione figurativa da accreditare
secondo
le disposizioni di cui all'articolo 8 della legge 23
aprile 1981, n. 155.
4.
Gli oneri derivanti dal riconoscimento della contribuzione figurativa di cui al
comma
3, per i soggetti iscritti ai fondi esclusivi o sostitutivi dell'assicurazione
generale
obbligatoria, restano a carico della gestione previdenziale cui i
soggetti
medesimi risultino iscritti durante il predetto periodo.
5.
Per i soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle forme di
previdenza
sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria per
l'invalidità,
la vecchiaia e i superstiti, i periodi non coperti da assicurazione e
corrispondenti
a quelli che danno luogo al congedo parentale, collocati
temporalmente
al di fuori del rapporto di lavoro, possono essere riscattati,
nella
misura massima di cinque anni, con le modalità di cui all'articolo 13 della
legge
12 agosto 1962, n. 1338, e successive modificazioni, a
condizione che i
richiedenti
possano far valere, all'atto della domanda, complessivamente
almeno
cinque anni di contribuzione versata in costanza di effettiva attività
lavorativa.
36. Adozioni e
affidamenti.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 2; legge
5 febbraio 1992, n.
104,
art. 33, comma 7; legge 8 marzo 2000, n. 53,
art. 3, comma 5)
1. Il
congedo parentale di cui al presente Capo spetta anche per le adozioni e
gli
affidamenti.
2. Il
limite di età, di cui all'articolo 34, comma 1, è elevato a sei anni. In ogni
caso,
il congedo parentale può essere fruito nei primi tre anni dall'ingresso del
minore
nel nucleo familiare.
3.
Qualora, all'atto dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età
compresa
fra i sei e i dodici anni, il congedo parentale è fruito nei primi tre
anni
dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.
37. Adozioni e
affidamenti preadottivi internazionali.
[(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 2; legge 4 maggio 1983, n.
184,
art. 31, comma 3, lettera n), e 39-quater, lettera b)]
1. In
caso di adozione e di affidamento preadottivo internazionali si applicano
le
disposizioni dell'articolo 36.
2.
L'Ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di
adozione
certifica la durata del congedo parentale.
38. Sanzioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)
1. Il
rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal
lavoro
di cui al presente Capo sono puniti con la sanzione amministrativa da
lire
un milione a lire cinque milioni.
Capo
VI - Riposi, permessi e congedi (9)
39. Riposi
giornalieri della madre.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10)
1. Il
datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo
anno di
vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la
giornata.
Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a
sei
ore.
2. I
periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora ciascuno e
sono
considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del
lavoro.
Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda.
3. I
periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca
dell'asilo
nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unità
produttiva
o nelle immediate vicinanze di essa.
(9) Rubrica
così sostituita dall'art. 3, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
40. Riposi
giornalieri del padre.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-ter)
1. I
periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore:
a) nel
caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in
alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel
caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in
caso di morte o di grave infermità della madre.
41. Riposi per
parti plurimi.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10, comma 6)
1. In
caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore
aggiuntive
rispetto a quelle previste dall'articolo 39, comma 1, possono essere
utilizzate
anche dal padre.
42. Riposi e
permessi per i figli con handicap grave.
(legge
8 marzo 2000, n. 53, articoli 4, comma 4-bis, e 20)
1.
Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap
in
situazione
di gravità e in alternativa al prolungamento del periodo di congedo
parentale,
si applica l'articolo 33, comma 2, della legge 5
febbraio 1992, n.
104,
relativo alle due ore di riposo giornaliero retribuito.
2.
Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino con
handicap
in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il
lavoratore
padre hanno diritto ai permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della
legge
5 febbraio 1992, n. 104. Detti permessi sono fruibili anche in
maniera
continuativa
nell'àmbito del mese.
3.
Successivamente al raggiungimento della maggiore età del figlio con
handicap
in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il
lavoratore
padre hanno diritto ai permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della
legge
5 febbraio 1992, n. 104. Ai sensi dell'articolo 20 della legge
8 marzo
2000,
n. 53, detti permessi, fruibili anche in maniera continuativa nell'àmbito
del
mese, spettano a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in
assenza
di convivenza, che l'assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva.
4. I
riposi e i permessi, ai sensi dell'articolo 33, comma 4 della legge
5 febbraio
1992,
n. 104, possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e
con
il congedo per la malattia del figlio.
5. La
lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro
scomparsa,
uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap
in
situazione
di gravità di cui all'articolo 3, comma 3, della legge
5 febbraio 1992,
n.
104, accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge medesima e
che
abbiano
titolo a fruire dei benefìci di cui all'articolo 33, comma 1, del presente
testo
unico e all'articolo 33, commi 2 e 3, della legge 5
febbraio 1992, n. 104,
per
l'assistenza del figlio, hanno diritto a fruire del congedo di cui al comma 2
dell'articolo
4 della legge 8 marzo 2000, n. 53,
entro sessanta giorni dalla
richiesta.
Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire
un'indennità
corrispondente all'ultima retribuzione e il periodo medesimo è
coperto
da contribuzione figurativa; l'indennità e la contribuzione figurativa
spettano
fino a un importo complessivo massimo di lire 70 milioni annue per il
congedo
di durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a
decorrere
dall'anno 2002, sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi
al
consumo per le famiglie di operai e impiegati. L'indennità è corrisposta dal
datore
di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei
trattamenti
economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia
contributiva,
detraggono l'importo dell'indennità dall'ammontare dei contributi
previdenziali
dovuti all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei
predetti
datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista
l'assicurazione
per le prestazioni di maternità, l'indennità di cui al presente
comma
è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del decreto-legge
30
dicembre
1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge
29 febbraio
1980,
n. 33. Il congedo fruito ai sensi del presente comma alternativamente da
entrambi
i genitori non può superare la durata complessiva di due anni;
durante
il periodo di congedo entrambi i genitori non possono fruire dei
benefìci
di cui all'articolo 33, comma 1, del presente testo unico e all'articolo
33,
commi 2 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
fatte salve le disposizioni
di
cui ai commi 5 e 6 del medesimo articolo (10).
6. I
riposi, i permessi e i congedi di cui al presente articolo spettano anche
qualora
l'altro genitore non ne abbia diritto.
(10) Comma
così modificato prima dall'art. 3, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115 e
poi
dall'art. 3, comma 106, L. 24 dicembre 2003, n. 350.
Successivamente la
Corte
costituzionale, con sentenza 8-16 giugno 2005, n. 233 (Gazz.
Uff. 22
giugno
2005, n. 25 - Prima Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del
presente
comma, nella parte in cui non prevede il diritto di uno dei fratelli o
delle
sorelle conviventi con soggetto con handicap in situazione di gravità a
fruire
del congedo ivi indicato, nell'ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati
a
provvedere
all'assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabili.
42-bis. Assegnazione
temporanea dei lavoratori dipendenti alle
amministrazioni
pubbliche.
1.
Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di
amministrazioni
pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo
30
marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere
assegnato, a
richiesta,
anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non
superiore
a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o
regione
nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa,
subordinatamente
alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di
corrispondente
posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di
provenienza
e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato.
L'assenso
o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta
giorni
dalla domanda.
2.
Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai
fini di
una
nuova assunzione (10/a).
(10/a)
Articolo aggiunto dall'art. 3, comma 105, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
43. Trattamento
economico e normativo.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 8; legge
5 febbraio 1992, n. 104, art. 33,
comma
4; decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324,
convertito dalla legge 27
ottobre
1993, n. 423, art. 2, comma 3-ter)
1.
Per i riposi e i permessi di cui al presente Capo è dovuta un'indennità, a
carico
dell'ente assicuratore, pari all'intero ammontare della retribuzione
relativa
ai riposi e ai permessi medesimi. L'indennità è anticipata dal datore di
lavoro
ed è portata a conguaglio con gli apporti contributivi dovuti all'ente
assicuratore.
2. Si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 34, comma 5.
44. Trattamento
previdenziale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10, comma 5; legge
5 febbraio 1992,
n.
104, art. 33, comma 4)
1. Ai
periodi di riposo di cui al presente Capo si applicano le disposizioni di cui
all'articolo
35, comma 2.
2. I
tre giorni di permesso mensile di cui all'articolo 42, commi 2 e 3, sono
coperti
da contribuzione figurativa.
45. Adozioni e
affidamenti.
(legge
8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5; legge
5 febbraio 1992, n. 104,
art.
33, comma 7)
1. Le
disposizioni in materia di riposi di cui agli articoli 39, 40 e 41 si applicano
anche
in caso di adozione e di affidamento entro il primo anno di vita del
bambino
(11).
2. Le
disposizioni di cui all'articolo 42 si applicano anche in caso di adozione e
di
affidamento di soggetti con handicap in
situazione di gravità.
(11) La
Corte costituzionale, con sentenza 26 marzo - 1°
aprile 2003, n. 104
(Gazz.
Uff. 9 aprile 2003, n. 14 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra
l'altro,
l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui prevede che i riposi
di
cui agli artt. 39, 40 e 41 si applichino, anche in caso di adozione e di
affidamento,
«entro il primo anno di vita del bambino» anziché «entro il primo
anno
dall'ingresso del minore nella famiglia».
46. Sanzioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)
1.
L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 39, 40 e 41 è punita
con
la sanzione amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni.
Capo
VII - Congedi per la malattia del figlio
47. Congedo per la
malattia del figlio.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, 7, comma 4, e 30,
comma
5)
1.
Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro
per
periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a
tre
anni.
2.
Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro,
nel
limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio di
età
compresa
fra i tre e gli otto anni.
3.
Per fruire dei congedi di cui ai commi 1 e 2 il genitore deve presentare il
certificato
di malattia rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitario
nazionale
o con esso convenzionato.
4. La
malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a
richiesta
del genitore, il decorso delle ferie in godimento per i periodi di cui ai
commi
1 e 2.
5. Ai
congedi di cui al presente articolo non si applicano le disposizioni sul
controllo
della malattia del lavoratore.
6. Il
congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non
ne
abbia diritto.
48. Trattamento
economico e normativo.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 7, comma 5)
1. I
periodi di congedo per la malattia del figlio sono computati nell'anzianità di
servizio,
esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla
gratifica
natalizia.
2. Si
applica quanto previsto all'articolo 22, commi 4, 6 e 7.
49. Trattamento
previdenziale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 15, comma 3)
1.
Per i periodi di congedo per la malattia del figlio è dovuta la contribuzione
figurativa
fino al compimento del terzo anno di vita del bambino. Si applica
quanto
previsto all'articolo 25.
2.
Successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al compimento
dell'ottavo
anno, è dovuta la copertura contributiva calcolata con le modalità
previste
dall'articolo 35, comma 2.
3. Si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 35, commi 3, 4 e 5.
50. Adozioni e
affidamenti.
(legge
8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5)
1. Il
congedo per la malattia del bambino di cui al presente Capo spetta anche
per
le adozioni e gli affidamenti.
2. Il
limite di età, di cui all'articolo 47, comma 1, è elevato a sei anni. Fino al
compimento
dell'ottavo anno di età si applica la disposizione di cui al comma 2
del
medesimo articolo.
3.
Qualora, all'atto dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età
compresa
fra i sei e i dodici anni, il congedo per la malattia del bambino è
fruito
nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare alle
condizioni
previste dall'articolo 47, comma 2.
51. Documentazione.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 7, comma 5)
1. Ai
fini della fruizione del congedo di cui al presente Capo, la lavoratrice ed il
lavoratore
sono tenuti a presentare una dichiarazione rilasciata ai sensi
dell'articolo
47 del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000,
n.
445, attestante che l'altro genitore non sia in congedo negli stessi
giorni per
il
medesimo motivo.
52. Sanzioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)
1. Il
rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal
lavoro
di cui al presente Capo sono puniti con la sanzione amministrativa da
lire
un milione a lire cinque milioni.
Capo
VIII - Lavoro notturno
53. Lavoro
notturno.
[legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 5, commi 1 e 2, lettere a) e b)]
1. È
vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6,
dall'accertamento
dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di
età
del bambino.
2.
Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:
a) la
lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa,
il
lavoratore
padre convivente con la stessa;
b) la
lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio
convivente
di età inferiore a dodici anni.
3. Ai
sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c),
della legge 9 dicembre 1977, n.
903, non
sono altresì obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il
lavoratore
che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge
5
febbraio
1992, n. 104, e successive modificazioni.
Capo
IX - Divieto di licenziamento, dimissioni e diritto al rientro (12)
(giurisprudenza
di legittimità)
54. Divieto di
licenziamento.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, commi 1, 2, 3, 5, e art. 31,
comma
2; legge
9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 4; decreto
legislativo 9
settembre
1994, n. 566, art. 2, comma 2; legge
8 marzo 2000, n. 53, art. 18,
comma
1)
1. Le
lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di
gravidanza
fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal
Capo
III, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.
2. Il
divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di
gravidanza,
e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il
divieto,
è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla
quale
risulti l'esistenza all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo
vietavano.
3. Il
divieto di licenziamento non si applica nel caso:
a) di
colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la
risoluzione
del rapporto di lavoro;
b) di
cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;
c) di
ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o
di
risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;
d) di
esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui
all'articolo
4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e
successive modificazioni.
4.
Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice
non
può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività
dell'azienda
o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia
autonomia
funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in
mobilità
a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della legge
23 luglio
1991,
n. 223, e successive modificazioni, salva l'ipotesi di collocamento in
mobilità
a seguito della cessazione dell'attività dell'azienda di cui al comma 3,
lettera
b) (13).
5. Il
licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni di cui
ai
commi 1, 2 e 3, è nullo.
6. È
altresì nullo il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del
congedo
parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o
del
lavoratore.
7. In
caso di fruizione del congedo di paternità, di cui all'articolo 28, il divieto
di
licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo
stesso
e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. Si
applicano
le disposizioni del presente articolo, commi 3, 4 e 5.
8.
L'inosservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo è punita con
la
sanzione amministrativa da lire due milioni a lire cinque milioni. Non è
ammesso
il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge
24
novembre
1981, n. 689.
9. Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e
di
affidamento. Il divieto di licenziamento si applica fino a un anno dall'ingresso
del
minore nel nucleo familiare, in caso di fruizione del congedo di maternità e
di
paternità.
(12) Rubrica
così modificata dall'art. 4, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(13) Comma
così modificato dall'art. 4, D.Lgs. 23 aprile
2003, n. 115.
55. Dimissioni.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 12; legge
8 marzo 2000, n. 53, art. 18,
comma
2)
1. In
caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è
previsto,
a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha
diritto
alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso
di
licenziamento.
2. La
disposizione di cui al comma 1 si applica al padre lavoratore che ha fruito
del
congedo di paternità.
3. La
disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel caso di adozione e di
affidamento,
entro un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.
4. La
richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di
gravidanza,
e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del
bambino
o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento,
deve
essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro,
competente
per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del
rapporto
di lavoro.
5.
Nel caso di dimissioni di cui al presente articolo, la lavoratrice o il
lavoratore
non
sono tenuti al preavviso.
(giurisprudenza
di legittimità)
56. Diritto al
rientro e alla conservazione del posto.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 6; legge
8 marzo 2000, n.
53,
art. 17, comma 1)
1. Al
termine dei periodi di divieto di lavoro previsti dal Capo II e III, le
lavoratrici
hanno diritto di conservare il posto di lavoro e, salvo che
espressamente
vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano
occupate
all'inizio del periodo di gravidanza o in altra ubicata nel medesimo
comune,
e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino;
hanno
altresì diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a
mansioni
equivalenti.
2. La
disposizione di cui al comma 1 si applica anche al lavoratore al rientro al
lavoro
dopo la fruizione del congedo di paternità.
3.
Negli altri casi di congedo, di permesso o di riposo disciplinati dal presente
testo
unico, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alla conservazione del
posto
di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, al rientro nella stessa
unità
produttiva ove erano occupati al momento della richiesta, o in altra
ubicata
nel medesimo comune; hanno altresì diritto di essere adibiti alle
mansioni
da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
4. Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e
di
affidamento. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano fino a un anno
dall'ingresso
del minore nel nucleo familiare.
4-bis.
L'inosservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo è punita
con
la sanzione amministrativa di cui all'articolo 54, comma 8. Non è ammesso
il
pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge
24 novembre
1981,
n. 689 (14).
(14) Comma
aggiunto dall'art. 4, D.Lgs. 23 aprile 2003, n. 115.
Capo
X - Disposizioni speciali
57. Rapporti di
lavoro a termine nelle pubbliche amministrazioni.
(decreto-legge
29 marzo 1991, n. 103, convertito dalla legge
1° giugno 1991,
n.
166, art. 8)
1.
Ferma restando la titolarità del diritto ai congedi di cui al presente testo
unico,
alle lavoratrici e ai lavoratori assunti dalle amministrazioni pubbliche con
contratto
a tempo determinato, di cui alla legge 18 aprile
1962, n. 230, o
utilizzati
con contratto di lavoro temporaneo, di cui alla legge
24 giugno 1997,
n.
196, spetta il trattamento economico pari all'indennità prevista dal
presente
testo
unico per i congedi di maternità, di paternità e parentali, salvo che i
relativi
ordinamenti prevedano condizioni di migliore favore (15).
2.
Alle lavoratrici e ai lavoratori di cui al comma 1 si applica altresì quanto
previsto
dall'articolo 24, con corresponsione del trattamento economico a cura
dell'amministrazione
pubblica presso cui si è svolto l'ultimo rapporto di lavoro.
(15) Comma
così modificato dall'art. 5, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
58. Personale
militare.
(decreto
legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, art. 4, comma 2, e 5, commi
2 e
3)
1. Le
assenze dal servizio per motivi connessi allo stato di maternità,
disciplinate
dal presente testo unico, non pregiudicano la posizione di stato
giuridico
del personale in servizio permanente delle Forze armate e del Corpo
della
guardia di finanza, salvo quanto previsto dal comma 2.
2. I
periodi di congedo di maternità, previsti dagli articoli 16 e 17, sono validi a
tutti
gli effetti ai fini dell'anzianità di servizio. Gli stessi periodi sono
computabili
ai fini della progressione di carriera, salva la necessità dell'effettivo
compimento
nonché del completamento degli obblighi di comando, di
attribuzioni
specifiche, di servizio presso enti o reparti e di imbarco, previsti
dalla
normativa vigente.
3. Il
personale militare che si assenta dal servizio per congedo parentale e per
la
malattia del figlio è posto in licenza straordinaria per motivi privati,
equiparata
a tutti gli effetti a quanto previsto agli articoli 32 e 47. Il periodo
trascorso
in tale licenza è computabile, ai fini della progressione di carriera, nei
limiti
previsti dalla disciplina vigente in materia di documenti caratteristici degli
ufficiali,
dei sottufficiali e dei militari di truppa dell'Esercito, della Marina e
dell'Aeronautica
relativamente al periodo massimo di assenza che determina la
fine
del servizio.
(giurisprudenza
di legittimità)
59. Lavoro
stagionale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 4)
1. Le
lavoratrici addette ad industrie e lavorazioni che diano luogo a
disoccupazione
stagionale, di cui alla tabella annessa al decreto
ministeriale 30
novembre
1964, e successive modificazioni, le quali siano licenziate a norma
della
lettera b) del comma 3 dell'articolo
54, hanno diritto, per tutto il periodo
in
cui opera il divieto di licenziamento, sempreché non si trovino in periodo di
congedo
di maternità, alla ripresa dell'attività lavorativa stagionale e alla
precedenza
nelle riassunzioni.
2.
Alle lavoratrici e ai lavoratori stagionali si applicano le disposizioni
dell'articolo
7 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n.
564, in materia
contributiva.
3.
Alle straniere titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale è
riconosciuta
l'assicurazione di maternità, ai sensi della lettera d),
comma 1,
dell'articolo
25 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
60. Lavoro a tempo
parziale.
(decreto
legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, art. 4, comma 2)
1. In
attuazione di quanto previsto dal decreto
legislativo 25 febbraio 2000, n.
61, e,
in particolare, del principio di non discriminazione, la lavoratrice e il
lavoratore
a tempo parziale beneficiano dei medesimi diritti di un dipendente a
tempo
pieno comparabile, per quanto riguarda la durata dei congedi previsti
dal
presente testo unico. Il relativo trattamento economico è riproporzionato in
ragione
della ridotta entità della prestazione lavorativa.
2.
Ove la lavoratrice o il lavoratore a tempo parziale e il datore di lavoro
abbiano
concordato la trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a
tempo
pieno per un periodo in parte coincidente con quello del congedo di
maternità,
è assunta a riferimento la base di calcolo più favorevole della
retribuzione,
agli effetti di quanto previsto dall'articolo 23, comma 4.
3.
Alle lavoratrici e ai lavoratori di cui al comma 1 si applicano le disposizioni
dell'articolo
8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n.
564, in materia
contributiva.
61. Lavoro a
domicilio.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, 13, 18, 22; legge
8 marzo 2000,
n.
53, art. 3)
1. Le
lavoratrici e i lavoratori a domicilio hanno diritto al congedo di maternità
e di
paternità. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3, 16,
17,
22, comma 3, e 54, ivi compreso il relativo trattamento economico e
normativo.
2.
Durante il periodo di congedo, spetta l'indennità giornaliera di cui
all'articolo
22, a
carico dell'INPS, in misura pari all'80 per cento del salario medio
contrattuale
giornaliero, vigente nella provincia per i lavoratori interni, aventi
qualifica
operaia, della stessa industria.
3.
Qualora, per l'assenza nella stessa provincia di industrie similari che
occupano
lavoratori interni, non possa farsi riferimento al salario contrattuale
provinciale
di cui al comma 2, si farà riferimento alla media dei salari
contrattuali
provinciali vigenti per la stessa industria nella regione, e, qualora
anche
ciò non fosse possibile, si farà riferimento alla media dei salari
provinciali
vigenti nella stessa industria del territorio nazionale.
4.
Per i settori di lavoro a domicilio per i quali non esistono corrispondenti
industrie
che occupano lavoratori interni, con apposito decreto del Ministro per
il
lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali
interessate,
si
prenderà a riferimento il salario medio contrattuale giornaliero vigente nella
provincia
per i lavoratori aventi qualifica operaia dell'industria che presenta
maggiori
caratteri di affinità.
5. La
corresponsione dell'indennità di cui al comma 2 è subordinata alla
condizione
che, all'inizio del congedo di maternità, la lavoratrice riconsegni al
committente
tutte le merci e il lavoro avuto in consegna, anche se non
ultimato.
62. Lavoro
domestico.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, 13, 19, 22; legge
8 marzo 2000,
n.
53, art. 3)
1. Le
lavoratrici e i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari hanno
diritto
al congedo di maternità e di paternità. Si applicano le disposizioni di cui
agli
articoli 6, comma 3, 16, 17, 22, comma 3 e 6, ivi compreso il relativo
trattamento
economico e normativo.
2.
Per il personale addetto ai servizi domestici familiari, l'indennità di cui
all'articolo
22 ed il relativo finanziamento sono regolati secondo le modalità e
le
disposizioni stabilite dal decreto del Presidente
della Repubblica 31 dicembre
1971,
n. 1403.
63. Lavoro in
agricoltura.
(decreto-legge
22 dicembre 1981, n. 791, convertito dalla legge
26 febbraio
1982,
n. 54, art. 14; decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463,
convertito
dalla
legge 11 novembre 1983, n. 638,
art. 5; decreto legislativo 16 aprile
1997,
n. 146, art. 4; legge 17 maggio 1999, n. 144,
art. 45, comma 21)
1. Le
prestazioni di maternità e di paternità di cui alle presenti disposizioni per
le
lavoratrici e i lavoratori agricoli a tempo indeterminato sono corrisposte,
ferme
restando le modalità erogative di cui all'articolo 1, comma 6 del decretolegge
30
dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge
29
febbraio
1980, n. 33, con gli stessi criteri previsti per i
lavoratori dell'industria.
2. Le
lavoratrici e i lavoratori agricoli con contratto a tempo determinato iscritti
o
aventi diritto all'iscrizione negli elenchi nominativi di cui all'articolo 7,
n. 5),
del decreto-legge
3 febbraio 1970, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla
legge
11 marzo 1970, n. 83, hanno diritto alle prestazioni di maternità e
di
paternità
a condizione che risultino iscritti nei predetti elenchi nell'anno
precedente
per almeno 51 giornate.
3. È
consentita l'ammissione delle lavoratrici e dei lavoratori alle prestazioni di
maternità
e di paternità, mediante certificazione di iscrizione d'urgenza negli
elenchi
nominativi dei lavoratori agricoli, ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del
decreto
legislativo luogotenenziale 9 aprile 1946, n. 212, e
successive
modificazioni.
4.
Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli a tempo indeterminato le prestazioni
per i
congedi, riposi e permessi di cui ai Capi III, IV, V e VI sono calcolate sulla
base
della retribuzione di cui all'articolo 12 della legge
30 aprile 1969, n. 153,
prendendo
a riferimento il periodo mensile di paga precedente a quello nel
corso
del quale ha avuto inizio il congedo.
5.
Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli a tempo determinato, esclusi quelli
di
cui
al comma 6, le prestazioni per i congedi, riposi e permessi sono
determinate
sulla base della retribuzione fissata secondo le modalità di cui
all'articolo
28 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1968, n.
488, ai
sensi dell'articolo 3 della legge 8 agosto 1972, n. 457.
6.
Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli di cui al comma 2 il salario medio
convenzionale
determinato con decreto del Ministero del lavoro e della
previdenza
sociale e rilevato nel 1995, resta fermo, ai fini della contribuzione e
delle
prestazioni temporanee, fino a quando il suo importo per le singole
qualifiche
degli operai agricoli non sia superato da quello spettante nelle
singole
province in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle
organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative. A decorrere da tale
momento
trova applicazione l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge
9 ottobre
1989,
n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge
7 dicembre 1989, n.
389, e
successive modificazioni.
7.
Per le lavoratrici e i lavoratori agricoli compartecipanti e piccoli coloni
l'ammontare
della retribuzione media è stabilito in misura pari a quella di cui al
comma
5.
64. Lavoratrici
iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26,
della
legge 8 agosto 1995, n. 335 (16).
1. In
materia di tutela della maternità, alle lavoratrici di cui all'articolo 2,
comma
26 della legge 8 agosto 1995, n. 335, non
iscritte ad altre forme
obbligatorie,
si applicano le disposizioni di cui al comma 16 dell'articolo 59
della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, e
successive modificazioni.
2. Ai
sensi del comma 12 dell'articolo 80 della legge 23
dicembre 2000, n. 388,
la
tutela della maternità prevista dalla disposizione di cui al comma 16, quarto
periodo,
dell'articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n.
449, avviene nelle
forme
e con le modalità previste per il lavoro dipendente. A tal fine, con
decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro
dell'economia e delle finanze, è disciplinata tale estensione nei limiti
delle
risorse rinvenienti dallo specifico gettito contributivo. Fino ad eventuali
modifiche
apportate con il predetto provvedimento, si applica il D.M.
4 aprile
2002
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro
dell'economia
e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12
giugno
2002 (17).
(16) Rubrica
così sostituita dall'art. 5, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(17) Comma
così modificato dall'art. 5, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
65. Attività
socialmente utili.
(decreto
legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, art. 8, comma 3, 15, 16 e
17;
decreto
legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, articoli 4 e 10)
1. Le
lavoratrici e i lavoratori di cui al decreto
legislativo 1° dicembre 1997, n.
468, e
successive modificazioni, impegnati in attività socialmente utili hanno
diritto
al congedo di maternità e di paternità. Alle lavoratrici si applica altresì la
disciplina
di cui all'articolo 17 del presente testo unico.
2.
Alle lavoratrici e ai lavoratori di cui al comma 1, che non possono vantare
una
precedente copertura assicurativa ai sensi dell'articolo 24, per i periodi di
congedo
di maternità e di paternità, viene corrisposta dall'INPS un'indennità
pari
all'80 per cento dell'importo dell'assegno previsto dall'articolo 8, comma 3,
del decreto
legislativo 1 dicembre 1997, n. 468. I conseguenti oneri sono
rimborsati,
annualmente, tramite rendiconto dell'INPS, a carico del Fondo per
l'occupazione
di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge
20 maggio 1993,
n.
148, convertito, con modificazioni, dalla legge
19 luglio 1993, n. 236, o del
soggetto
finanziatore dell'attività socialmente utile.
3.
Alle lavoratrici e ai lavoratori viene riconosciuto il diritto a partecipare
alle
medesime
attività socialmente utili ancora in corso o prorogate al termine del
periodo
di congedo di maternità e di paternità.
4.
Alle lavoratrici e ai lavoratori impegnati a tempo pieno in lavori socialmente
utili
sono riconosciuti, senza riduzione dell'assegno, i riposi di cui agli articoli
39 e
40.
5.
L'assegno è erogato anche per i permessi di cui all'articolo 33, comma 3,
della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, anche ai sensi di
quanto previsto
all'articolo
42, commi 2, 3 e 6, del presente testo unico.
Capo
XI - Lavoratrici autonome
(giurisprudenza
di legittimità)
66. Indennità di
maternità per le lavoratrici autonome e le imprenditrici
agricole.
(legge
29 dicembre 1987, n. 546, art. 1)
1.
Alle lavoratrici autonome, coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane
ed
esercenti attività commerciali di cui alle leggi 26 ottobre 1957, n. 1047, 4
luglio
1959, n. 463, e 22 luglio 1966, n. 613, e alle imprenditrici agricole a
titolo
principale, è corrisposta una indennità giornaliera per il periodo di
gravidanza
e per quello successivo al parto calcolata ai sensi dell'articolo 68.
67. Modalità di
erogazione.
(legge
29 dicembre 1987, n. 546, art. 2)
1.
L'indennità di cui all'articolo 66 viene erogata dall'INPS a seguito di
apposita
domanda
in carta libera, corredata da un certificato medico rilasciato
dall'azienda
sanitaria locale competente per territorio, attestante la data di
inizio
della gravidanza e quella presunta del parto ovvero dell'interruzione della
gravidanza
spontanea o volontaria ai sensi della legge 22 maggio
1978, n.
194.
2. In
caso di adozione o di affidamento, l'indennità di maternità di cui
all'articolo
66 spetta, sulla base di idonea documentazione, per tre mesi
successivi
all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia a condizione che
questo
non abbia superato i sei anni di età, secondo quanto previsto all'articolo
26, o
i 18 anni di età, secondo quanto previsto all'articolo 27.
3.
L'INPS provvede d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari.
68. Misura
dell'indennità.
(legge
29 dicembre 1987, n. 546, articoli 3, 4 e 5)
1.
Alle coltivatrici dirette, colone e mezzadre e alle imprenditrici agricole è
corrisposta,
per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi
successivi
alla stessa, una indennità giornaliera pari all'80 per cento della
retribuzione
minima giornaliera per gli operai agricoli a tempo indeterminato,
come
prevista dall'articolo 14, comma 7, del decreto-legge
22 dicembre 1981,
n.
791, convertito, con modificazioni, dalla legge
26 febbraio 1982, n. 54, in
relazione
all'anno precedente il parto.
2.
Alle lavoratrici autonome, artigiane ed esercenti attività commerciali è
corrisposta,
per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi
successivi
alla stessa data effettiva del parto, una indennità giornaliera pari
all'80
per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall'articolo 1 del
decreto-legge
29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge
26
settembre 1981, n. 537, nella misura risultante, per la
qualifica di
impiegato,
dalla tabella A e dai successivi decreti
ministeriali di cui al secondo
comma
del medesimo articolo 1.
3. In
caso di interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi
previsti
dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio
1978, n. 194, verificatasi
non
prima del terzo mese di gravidanza, su certificazione medica rilasciata
dall'azienda
sanitaria locale competente per territorio, è corrisposta una
indennità
giornaliera calcolata ai sensi dei commi 1 e 2 per un periodo di trenta
giorni.
69. Congedo
parentale.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1, comma 4)
1.
Alle lavoratrici di cui al presente Capo, madri di bambini nati a decorrere dal
1°
gennaio 2000, è esteso il diritto al congedo parentale di cui all'articolo 32,
compresi
il relativo trattamento economico e il trattamento previdenziale di cui
all'articolo
35, limitatamente ad un periodo di tre mesi, entro il primo anno di
vita
del bambino (18).
1-bis. Le
disposizioni del presente articolo trovano applicazione anche nei
confronti
dei genitori adottivi o affidatari (19).
(18) Comma
così modificato dall'art. 6, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(19) Comma
aggiunto dall'art. 6, D.Lgs. 23 aprile 2003, n. 115.
Capo
XII - Libere professioniste
(giurisprudenza
di legittimità)
70. Indennità di
maternità per le libere professioniste.
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 1)
1.
Alle libere professioniste, iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie
di
previdenza di cui alla tabella D allegata
al presente testo unico, è corrisposta
un'indennità
di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e i tre
mesi
successivi alla stessa (20).
2.
L'indennità di cui al comma 1 viene corrisposta in misura pari all'80 per
cento
di cinque dodicesimi del solo reddito professionale percepito e
denunciato
ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo dalla libera
professionista
nel secondo anno precedente a quello dell'evento (20/a).
3. In
ogni caso l'indennità di cui al comma 1 non può essere inferiore a cinque
mensilità
di retribuzione calcolata nella misura pari all'80 per cento del salario
minimo
giornaliero stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge
29 luglio 1981, n.
402,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26
settembre 1981, n. 537, e
successive
modificazioni, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato,
dalla
tabella A e dai successivi decreti
ministeriali di cui al secondo comma del
medesimo
articolo.
3-bis.
L'indennità di cui al comma 1 non può essere superiore a cinque volte
l'importo
minimo derivante dall'applicazione del comma 3, ferma restando la
potestà
di ogni singola cassa di stabilire, con delibera del consiglio di
amministrazione,
soggetta ad approvazione del Ministero del lavoro e delle
politiche
sociali, un importo massimo più elevato, tenuto conto delle capacità
reddituali
e contributive della categoria professionale e della compatibilità con
gli
equilibri finanziari dell'ente (20/b) (20/c).
(20) Comma
così modificato dall'art. 7, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(20/a)
Comma così modificato dall'art. 1, L. 15 ottobre
2003, n. 289 (Gazz.
Uff.
28 ottobre 2003, n. 251), entrata in vigore il giorno successivo a quello
della
sua pubblicazione.
(20/b)
Comma aggiunto dall'art. 1, L. 15 ottobre 2003, n. 289 (Gazz.
Uff. 28
ottobre
2003, n. 251), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione.
(20/c)
La Corte costituzionale, con sentenza 11-14
ottobre 2005, n. 385 (Gazz.
Uff.
19 ottobre 2005, n. 42 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità
degli
artt. 70 e 72 del presente decreto, nella parte in cui non prevedono il
principio
che al padre spetti di percepire in alternativa alla madre l'indennità di
maternità,
attribuita solo a quest'ultima.
71. Termini e
modalità della domanda.
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 2)
1.
L'indennità di cui all'articolo 70 è corrisposta, indipendentemente
dall'effettiva
astensione dall'attività, dal competente ente che gestisce forme
obbligatorie
di previdenza in favore dei liberi professionisti, a seguito di
apposita
domanda presentata dall'interessata a partire dal compimento del
sesto
mese di gravidanza ed entro il termine perentorio di centottanta giorni
dal
parto (21).
2. La
domanda, in carta libera, deve essere corredata da certificato medico
comprovante
la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto,
nonché
dalla dichiarazione redatta ai sensi del decreto del
Presidente della
Repubblica
28 dicembre 2000, n. 445, attestante l'inesistenza del diritto
alle
indennità
di maternità di cui al Capo III, al Capo X e al Capo XI (22).
3.
L'indennità di maternità spetta in misura intera anche nel caso in cui, dopo il
compimento
del sesto mese di gravidanza, questa sia interrotta per motivi
spontanei
o volontari, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge
22
maggio
1978, n. 194.
4. I
competenti enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza in favore
dei
liberi professionisti provvedono d'ufficio agli accertamenti amministrativi
necessari
(23).
(21) Comma
così modificato dall'art. 7, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(22) Comma
così modificato dall'art. 7, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(23) Comma
così modificato dall'art. 7, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
72. Adozioni e
affidamenti.
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 3)
1.
L'indennità di cui all'articolo 70 spetta altresì per l'ingresso del bambino
adottato
o affidato, a condizione che non abbia superato i sei anni di età.
2. La
domanda, in carta libera, deve essere presentata dalla madre al
competente
ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei
liberi
professionisti entro il termine perentorio di centottanta giorni
dall'ingresso
del bambino e deve essere corredata da idonee dichiarazioni, ai
sensi
del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445,
attestanti
l'inesistenza del diritto a indennità di maternità per qualsiasi altro
titolo
e la data di effettivo ingresso del bambino nella famiglia (24).
3.
Alla domanda di cui al comma 2 va allegata copia autentica del
provvedimento
di adozione o di affidamento (24/a) (24/b) (24/cost).
(24) Comma
così modificato dall'art. 7, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(24/a)
La Corte costituzionale, con sentenza 17-23
dicembre 2003, n. 371
(Gazz.
Uff. 31 dicembre 2003, n. 52 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra
l'altro,
l'illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede che nel
caso
di adozione internazionale l'indennità di maternità spetta nei tre mesi
successivi
all'ingresso del minore adottato o affidato, anche se abbia superato i
sei
anni di età.
(24/b)
La Corte costituzionale, con sentenza 11-14
ottobre 2005, n. 385
(Gazz.
Uff. 19 ottobre 2005, n. 42 - Prima serie speciale), ha dichiarato
l'illegittimità
degli artt. 70 e 72 del presente decreto, nella parte in cui non
prevedono
il principio che al padre spetti di percepire in alternativa alla madre
l'indennità
di maternità, attribuita solo a quest'ultima.
(24/cost)
La Corte costituzionale, con sentenza 17-23
dicembre 2003, n. 371
(Gazz.
Uff. 31 dicembre 2003, n. 52, 1ª Serie speciale), ha dichiarato
l'inammissibilità
della questione di legittimità costituzionale dell'art. 72
sollevata
in riferimento agli artt. 3, 31 e 37 della Costituzione.
73. Indennità in
caso di interruzione della gravidanza.
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 4)
1. In
caso di interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi
previsti
dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio
1978, n. 194, verificatasi
non
prima del terzo mese di gravidanza, l'indennità di cui all'articolo 70 è
corrisposta
nella misura pari all'80 per cento di una mensilità del reddito o
della
retribuzione determinati ai sensi dei commi 2 e 3 del citato articolo 70.
2. La
domanda deve essere corredata da certificato medico, rilasciato dalla
U.S.L.
che ha fornito le prestazioni sanitarie, comprovante il giorno
dell'avvenuta
interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, ai sensi
della
legge 22 maggio 1978, n. 194, e deve essere presentata
al competente
ente
che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi
professionisti
entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data
dell'interruzione
della gravidanza (25).
(25) Comma
così modificato dall'art. 7, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
Capo
XIII - Sostegno alla maternità e alla paternità
74. Assegno di
maternità di base.
(legge
23 dicembre 1998, n. 448, art. 66, commi 1, 2, 3, 4, 5-bis, 6; legge
23
dicembre
1999, n. 488, art. 49, comma 12; legge
23 dicembre 2000, n. 388,
art.
80, commi 10 e 11)
1.
Per ogni figlio nato dal 1° gennaio 2001, o per ogni minore in affidamento
preadottivo
o in adozione senza affidamento dalla stessa data, alle donne
residenti,
cittadine italiane o comunitarie o in possesso di carta di soggiorno ai
sensi
dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che
non
beneficiano
dell'indennità di cui agli articoli 22, 66 e 70 del presente testo
unico,
è concesso un assegno di maternità pari a complessive L. 2.500.000.
2. Ai
trattamenti di maternità corrispondono anche i trattamenti economici di
maternità
corrisposti da datori di lavoro non tenuti al versamento dei contributi
di
maternità.
3.
L'assegno è concesso dai comuni nella misura prevista alla data del parto,
alle
condizioni di cui al comma 4. I comuni provvedono ad informare gli
interessati
invitandoli a certificare il possesso dei requisiti all'atto dell'iscrizione
all'anagrafe
comunale dei nuovi nati.
4.
L'assegno di maternità di cui al comma 1, nonché l'integrazione di cui al
comma
6, spetta qualora il nucleo familiare di appartenenza della madre risulti
in
possesso di risorse economiche non superiori ai valori dell'indicatore della
situazione
economica (ISE), di cui al decreto legislativo 31
marzo 1998, n.
109,
tabella 1, pari a lire 50 milioni annue con riferimento a nuclei familiari con
tre
componenti.
5.
Per nuclei familiari con diversa composizione detto requisito economico è
riparametrato
sulla base della scala di equivalenza prevista dal predetto
decreto
legislativo n. 109 del 1998, tenendo anche conto delle maggiorazioni
ivi
previste.
6.
Qualora il trattamento della maternità corrisposto alle lavoratrici che godono
di
forme di tutela economica della maternità diverse dall'assegno istituito al
comma
1 risulti inferiore all'importo di cui al medesimo comma 1, le lavoratrici
interessate
possono avanzare ai comuni richiesta per la concessione della
quota
differenziale.
7.
L'importo dell'assegno è rivalutato al 1° gennaio di ogni anno, sulla base
della
variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e
impiegati
calcolato dall'ISTAT (26).
8.
L'assegno di cui al comma 1, ferma restando la titolarità concessiva in capo
ai
comuni, è erogato dall'INPS sulla base dei dati forniti dai comuni, secondo
modalità
da definire nell'àmbito dei decreti di cui al comma 9.
9.
Con uno o più decreti del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con
i
Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della
programmazione
economica, sono emanate le necessarie disposizioni
regolamentari
per l'attuazione del presente articolo.
10.
Con tali decreti sono disciplinati i casi nei quali l'assegno, se non ancora
concesso
o erogato, può essere corrisposto al padre o all'adottante del minore.
11.
Per i procedimenti di concessione dell'assegno di maternità relativi ai figli
nati
dal 2 luglio 1999 al 30 giugno 2000 continuano ad applicarsi le disposizioni
di
cui all'articolo 66 della legge 23 dicembre 1998, n.
448. Per i procedimenti di
concessione
dell'assegno di maternità relativi ai figli nati dal 1° luglio 2000 al
31
dicembre 2000 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al comma 12
dell'articolo
49 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (26/a).
(26) Per
la rivalutazione dell'assegno e dei requisiti economici di cui al
presente
articolo vedi, per l'anno 2001, il Comunicato 4 maggio 2001; per
l'anno
2002, il Comunicato 7 febbraio 2002; per l'anno 2003, il Comunicato 11
marzo
2003; per l'anno 2004, il Comunicato 4 febbraio 2004; per l'anno 2005,
il
Comunicato 3 febbraio 2005.
(26/a)
Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 14 aprile 2003, n. 73,
come sostituito dalla
relativa
legge di conversione.
75. Assegno di
maternità per lavori atipici e discontinui.
(legge
23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, commi 8, 9, 11, 12, 13, 14; legge
23
dicembre 2000, n. 388, art. 80, comma 10)
1.
Alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie ovvero in possesso di
carta
di soggiorno ai sensi dell'articolo 9 del decreto
legislativo 25 luglio 1998,
n.
286, per le quali sono in atto o sono stati versati contributi per la
tutela
previdenziale
obbligatoria della maternità, è corrisposto, per ogni figlio nato, o
per
ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento
dal 2
luglio 2000, un assegno di importo complessivo pari a lire 3 milioni, per
l'intero
nel caso in cui non beneficiano dell'indennità di cui agli articoli 22, 66 e
70
del presente testo unico, ovvero per la quota differenziale rispetto alla
prestazione
complessiva in godimento se questa risulta inferiore, quando si
verifica
uno dei seguenti casi:
a)
quando la donna lavoratrice ha in corso di godimento una qualsiasi forma di
tutela
previdenziale o economica della maternità e possa far valere almeno tre
mesi
di contribuzione nel periodo che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti
alla
nascita o all'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare;
b)
qualora il periodo intercorrente tra la data della perdita del diritto a
prestazioni
previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento, per almeno
tre
mesi, di attività lavorativa, così come individuate con i decreti di cui al
comma
5, e la data della nascita o dell'effettivo ingresso del minore nel nucleo
familiare,
non sia superiore a quello del godimento di tali prestazioni, e
comunque
non sia superiore a nove mesi. Con i medesimi decreti è altresì
definita
la data di inizio del predetto periodo nei casi in cui questa non risulti
esattamente
individuabile;
c) in
caso di recesso, anche volontario, dal rapporto di lavoro durante il periodo
di
gravidanza, qualora la donna possa far valere tre mesi di contribuzione nel
periodo
che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti alla nascita.
2. Ai
trattamenti di maternità corrispondono anche i trattamenti economici di
maternità
corrisposti da datori di lavoro non tenuti al versamento dei contributi
di
maternità.
3.
L'assegno di cui al comma 1 è concesso ed erogato dall'INPS, a domanda
dell'interessata,
da presentare in carta semplice nel termine perentorio di sei
mesi
dalla nascita o dall'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare.
4.
L'importo dell'assegno è rivalutato al 1° gennaio di ogni anno, sulla base
della
variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e
impiegati
calcolato dall'ISTAT.
5.
Con i decreti di cui al comma 6 sono disciplinati i casi nei quali l'assegno,
se
non
ancora concesso o erogato, può essere corrisposto al padre o all'adottante
del
minore.
6.
Con uno o più decreti del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con
i
Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della
programmazione
economica, sono emanate le disposizioni regolamentari
necessarie
per l'attuazione del presente articolo.
Capo
XIV - Vigilanza
76. Documentazione.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 29 e 30, commi 2, 3 e 4)
1. Al
rilascio dei certificati medici di cui al presente testo unico, salvo i casi di
ulteriore
specificazione, sono abilitati i medici del Servizio sanitario nazionale.
2.
Qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quelli di cui al comma
1, il
datore di lavoro o l'istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata per
il
trattamento
di maternità hanno facoltà di accettare i certificati stessi ovvero di
richiederne
la regolarizzazione alla lavoratrice interessata.
3. I
medici dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro hanno facoltà di
controllo.
4.
Tutti i documenti occorrenti per l'applicazione del presente testo unico sono
esenti
da ogni imposta, tassa, diritto o spesa di qualsiasi specie e natura.
77. Vigilanza.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 30, comma 1, e 31, comma 4)
1.
L'autorità competente a ricevere il rapporto per le violazioni amministrative
previste
dal presente testo unico e ad emettere l'ordinanza di ingiunzione è il
servizio
ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.
2. La
vigilanza sul presente testo unico, ad eccezione dei Capi XI, XII e XIII, è
demandata
al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la esercita
attraverso
i servizi ispettivi.
3. La
vigilanza in materia di controlli di carattere sanitario spetta alle regioni, e
per
esse al Servizio sanitario nazionale.
Capo
XV - Disposizioni in materia di oneri contributivi
78. Riduzione degli
oneri di maternità.
(legge
23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, commi 1, 4, e 11)
1.
Con riferimento ai parti, alle adozioni o agli affidamenti intervenuti
successivamente
al 1° luglio 2000 per i quali è riconosciuta dal vigente
ordinamento
la tutela previdenziale obbligatoria, il complessivo importo della
prestazione
dovuta se inferiore a lire 3 milioni, ovvero una quota fino a lire 3
milioni
se il predetto complessivo importo risulta pari o superiore a tale valore,
è
posto a carico del bilancio dello Stato. Conseguentemente, e, quanto agli
anni
successivi al 2001, subordinatamente all'adozione dei decreti di cui al
comma
2 dell'articolo 49 della legge 23 dicembre 1999, n.
488, sono ridotti gli
oneri
contributivi per maternità, a carico dei datori di lavoro, per 0,20 punti
percentuali
(27).
2.
Gli oneri contributivi per maternità, a carico dei datori di lavoro del settore
dei
pubblici servizi di trasporto e nel settore elettrico, sono ridotti dello 0,57
per
cento.
3.
L'importo della quota di cui al comma 1 è rivalutato al 1° gennaio di ogni
anno,
sulla base della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le
famiglie
di operai e impiegati calcolato dall'ISTAT.
(27) La
riduzione del contributo previsto dal presente comma è stata
confermata,
a decorrere dall'anno 2002, dal comma 1 dell'art. 43, L.
28
dicembre
2001, n. 448.
79. Oneri
contributivi nel lavoro subordinato privato.
(legge
30 dicembre 1971, n. 1204, art. 21)
1.
Per la copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al presente
testo
unico relativi alle lavoratrici e ai lavoratori con rapporto di lavoro
subordinato
privato e in attuazione della riduzione degli oneri di cui all'articolo
78, è
dovuto dai datori di lavoro un contributo sulle retribuzioni di tutti i
lavoratori
dipendenti nelle seguenti misure:
a)
dello 0,46 per cento sulla retribuzione per il settore dell'industria,
dell'artigianato,
marittimi, spettacolo;
b)
dello 0,24 per cento sulla retribuzione per il settore del terziario e servizi,
proprietari
di fabbricati e servizi di culto;
c)
dello 0,13 per cento sulla retribuzione per il settore del credito,
assicurazione
e servizi tributari appaltati;
d)
dello 0,03 per cento per gli operai agricoli e dello 0,43 per cento per gli
impiegati
agricoli. Il contributo è calcolato, per gli operai a tempo
indeterminato
secondo le disposizioni di cui al decreto-legge
22 dicembre
1981,
n. 791, convertito dalla legge 26 febbraio 1982, n.
54, per gli operai
agricoli
a tempo determinato secondo le disposizioni del decreto
legislativo 16
aprile
1997, n. 146; e per i piccoli coloni e compartecipanti
familiari prendendo
a
riferimento i salari medi convenzionali di cui all'articolo 28 del decreto
del
Presidente
della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488;
e)
dello 0,01 per cento per gli allievi dei cantieri scuola e lavoro di cui alla
legge
6 agosto 1975, n. 418.
2.
Per gli apprendisti è dovuto un contributo di lire 32 settimanali.
3.
Per i giornalisti iscritti all'Istituto nazionale di previdenza per i
giornalisti
italiani
«Giovanni Amendola» è dovuto un contributo pari allo 0,65 per cento
della
retribuzione.
4. In
relazione al versamento dei contributi di cui al presente articolo, alle
trasgressioni
degli obblighi relativi ed a quanto altro concerne il contributo
medesimo,
si applicano le disposizioni relative ai contributi obbligatori.
5.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il
lavoro
e la previdenza sociale, di concerto con quello per il tesoro, la misura
dei
contributi stabiliti dal presente articolo può essere modificata in relazione
alle
effettive esigenze delle relative gestioni.
80. Oneri derivanti
dall'assegno di maternità di base.
(legge
23 dicembre 1998, n. 448, art. 66, commi 5 e 5-bis)
1.
Per il finanziamento dell'assegno di maternità di cui all'articolo 74 è
istituito
un
Fondo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la cui dotazione è
stabilita
in lire 25 miliardi per l'anno 1999, in lire 125 miliardi per l'anno 2000
e in
lire 150 miliardi a decorrere dall'anno 2001.
2. A
tal fine sono trasferite dal bilancio dello Stato all'INPS le relative somme,
con
conguaglio, alla fine di ogni esercizio, sulla base di specifica
rendicontazione.
81. Oneri derivanti
dall'assegno di maternità per lavori atipici e discontinui.
(legge
23 dicembre 1999, n. 488, art. 49, comma 9)
1.
L'assegno di cui all'articolo 75 è posto a carico dello Stato.
82. Oneri derivanti
dal trattamento di maternità delle lavoratrici autonome.
(legge
29 dicembre 1987, n. 546, artt. 6, 7 e 8; legge
23 dicembre 1999, n.
488,
art. 49, comma 1)
1.
Alla copertura degli oneri derivanti dall'applicazione del Capo XI, si provvede
con
un contributo annuo di lire 14.500 per ogni iscritto all'assicurazione
generale
obbligatoria per l'invalidità, vecchiaia e superstiti per le gestioni dei
coltivatori
diretti, coloni e mezzadri, artigiani ed esercenti attività commerciali
(28).
2. Al
fine di assicurare l'equilibrio delle singole gestioni previdenziali, il
Ministro
del
lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro,
sentito
il consiglio di amministrazione dell'INPS, con proprio decreto stabilisce
le
variazioni dei contributi di cui al comma 1, in misura percentuale uguale alle
variazioni
delle corrispettive indennità.
(28) Per
la conferma del contributo previsto dal presente comma vedi l'art. 43,
comma
1, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
83. Oneri derivanti
dal trattamento di maternità delle libere professioniste.
(legge
11 dicembre 1990, n. 379, art. 5; legge
23 dicembre 1999, n. 488, art.
49,
comma 1)
1.
Alla copertura degli oneri derivanti dall'applicazione del Capo XII, si
provvede
con un contributo annuo a carico di ogni iscritto a casse di
previdenza
e assistenza per i liberi professionisti. Il contributo è annualmente
rivalutato
con lo stesso indice di aumento dei contributi dovuti in misura fissa
di
cui all'articolo 22 della legge 3 giugno 1975, n. 160, e
successive
modificazioni
(29).
2. A
seguito della riduzione degli oneri di maternità di cui all'articolo 78, per
gli
enti
comunque denominati che gestiscono forme obbligatorie di previdenza in
favore
dei liberi professionisti, la ridefinizione dei contributi dovuti dagli
iscritti
ai
fini del trattamento di maternità avviene mediante delibera degli enti
medesimi,
approvata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto
con il Ministero dell'economia e delle finanze, nonché con gli altri
Ministeri
rispettivamente competenti ad esercitare la vigilanza sul relativo ente
(30).
3. Ai
fini dell'approvazione della delibera di cui al comma 2, gli enti presentano
ai
Ministeri vigilanti idonea documentazione che attesti la situazione di
equilibrio
tra contributi versati e prestazioni erogate (31).
(29) Per
la conferma del contributo previsto dal presente comma vedi l'art. 43,
comma
1, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
(30) Comma
così sostituito dall'art. 8, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(31) Comma
così sostituito dall'art. 8, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
84. Oneri derivanti
dal trattamento di maternità delle collaboratrici coordinate
e
continuative.
(legge
27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 16)
1.
Per i soggetti che non risultano iscritti ad altre forme obbligatorie, il
contributo
alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge
8
agosto
1995, n. 335, è elevato di una ulteriore aliquota
contributiva pari a 0,5
punti
percentuali, per il finanziamento dell'onere derivante dall'estensione agli
stessi
anche della tutela relativa alla maternità.
Capo
XVI - Disposizioni finali
85. Disposizioni in
vigore.
1.
Restano in vigore, in particolare, le seguenti disposizioni legislative, fatte
salve
le disapplicazioni disposte dai contratti collettivi ai sensi dell'articolo 72,
comma
1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29:
a)
l'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n.
3;
b)
l'articolo 157-sexies del decreto
del Presidente della Repubblica 5 gennaio
1967,
n. 18, come sostituito dall'articolo 1 del decreto
legislativo 7 aprile 2000,
n.
103;
c)
l'articolo 3 della legge 8 agosto 1972, n. 457;
d)
l'articolo 10 della legge 18 maggio 1973, n. 304;
e) la
lettera c) del comma 2 dell'articolo 5
della legge 9 dicembre 1977, n.
903;
f)
l'articolo 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;
g)
l'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663,
convertito, con
modificazioni,
dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33;
h) il
comma 2 dell'articolo 54 della legge 1° aprile
1981, n. 121;
i)
l'articolo 12 della legge 23 aprile 1981, n. 155;
j)
l'articolo 8-bis del decreto-legge
30 aprile 1981, n. 168, convertito, con
modificazioni,
dalla legge 27 giugno 1981, n. 331;
k)
l'articolo 14 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791,
convertito, con
modificazioni,
dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54;
l)
l'articolo 7 della legge 26 aprile 1985, n. 162;
m) la
lettera d) del comma 1 dell'articolo 4
del decreto-legge 4 agosto 1987, n.
325,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre
1987, n. 402;
n) il
comma 1-bis dell'articolo 3 del decreto-legge
22 gennaio 1990, n. 6,
convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1990, n. 58;
o) il
comma 8 dell'articolo 7 della legge 23 luglio
1991, n. 223;
p) il
comma 2 dell'articolo 7, il comma 2 dell'articolo 18 e il comma 2
dell'articolo
27 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n.
443;
q) il
comma 4 dell'articolo 2 del decreto legislativo 12
maggio 1995, n. 197;
r) il
comma 2, seconda parte, dell'articolo 5 del decreto
legislativo 12 maggio
1995,
n. 201;
s) il
comma 40 dell'articolo 1 della legge 8 agosto
1995, n. 335;
t) gli
articoli 5, 7 e 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n.
564;
u)
l'articolo 23 della legge 4 marzo 1997, n. 62;
v) il
comma 16 dell'articolo 59 della legge 27
dicembre 1997, n. 449;
w) il
comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge 20 gennaio
1998, n. 4,
convertito,
con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52;
x) il
comma 1 dell'articolo 25 e il comma 3 dell'articolo 34 e il comma 3
dell'articolo
35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
y) la
lettera a) del comma 5 dell'articolo 1
del decreto legislativo 29 aprile
1998,
n. 124;
z)
l'articolo 18 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135;
aa) la
lettera e) del comma 2, dell'articolo
1 del decreto legislativo 22 giugno
1999,
n. 230;
bb)
l'articolo 65 della legge 2 agosto 1999, n. 302;
cc) il
comma 1 dell'articolo 41 della legge 23
dicembre 1999, n. 488;
dd) i
commi 2 e 3 dell'articolo 12 della legge 8 marzo
2000, n. 53,
limitatamente
alla previsione del termine di sei mesi ivi previsto;
ee) il
comma 2 dell'articolo 10 e il comma 2 dell'articolo 23 del decreto
legislativo
21 maggio 2000, n. 146;
ff) gli
articoli 5 e 18, il comma 3 dell'articolo 25, il comma 3 dell'articolo 32, il
comma
6 dell'articolo 41 e il comma 3 dell'articolo 47 del decreto
legislativo 5
ottobre
2000, n. 334;
gg) il
comma 12 dell'articolo 80 della legge 23
dicembre 2000, n. 388.
2.
Restano in vigore, in particolare, le seguenti disposizioni regolamentari:
a) il decreto
del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403;
b) il decreto
del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, ad
eccezione
degli articoli 1, 11 e 21;
c) il
comma 4 dell'articolo 58 del decreto del
Presidente della Repubblica 11
luglio
1980, n. 382;
d) il
comma 2, dell'articolo 20-quinquies e il
comma 2 dell'articolo 25-quater
del decreto
del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 337;
e) il
decreto 2 giugno 1982 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale;
f) il
decreto 23 maggio 1991 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale;
g)
l'articolo 14 del decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 21 aprile
1994,
n. 439, fino al momento della sua abrogazione così come prevista dalla
lettera
c) del comma 1 dell'articolo 10 del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n.
287;
h) il
decreto 6 marzo 1995 del Ministro della sanità;
i) il
comma 4 dell'articolo 8 e il comma 3 dell'articolo 19 del decreto
del
Presidente
della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465;
j) il
comma 2 dell'articolo 7 del decreto 25 marzo 1998, n. 142 del Ministro del
lavoro
e della previdenza sociale;
k) il D.M.
4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali
(32);
l) il
comma 1 dell'articolo 1 del decreto 10 settembre 1998 del Ministro della
sanità;
m) gli
articoli 1 e 3 del decreto 12 febbraio 1999 del Ministro del lavoro e della
previdenza
sociale;
n) il
comma 2 dell'articolo 6 del decreto 30 aprile 1999, n. 224 del Ministro
dell'università
e della ricerca scientifica;
o) il
decreto 4 agosto 1999 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale;
p) il
comma 6 dell'articolo 42 del decreto del
Presidente della Repubblica 31
agosto
1999, n. 394;
q) il
decreto 20 dicembre 1999, n. 553 del Ministro del lavoro e della
previdenza
sociale;
r) il
decreto 24 aprile 2000 del Ministro della sanità;
r-bis) il D.M.
21 dicembre 2000, n. 452 del Ministro per la solidarietà sociale,
e
successive
modificazioni (33).
(32) Lettera
così sostituita dall'art. 9, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(33) Lettera
aggiunta dall'art. 9, D.Lgs. 23 aprile 2003, n. 115.
86. Disposizioni
abrogate.
(legge
9 dicembre 1977, n. 903, articolo 3, comma 2; legge
29 dicembre
1987,
n. 546, articolo 9; legge 8 marzo 2000, n. 53,
articoli 15 e 17, comma
4)
1.
Restano abrogate le seguenti disposizioni:
a) gli
articoli 18 e 19 della legge 26 aprile 1934, n.
653;
b) la legge
26 agosto 1950, n. 860.
2.
Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogate, in
particolare,
le seguenti disposizioni legislative:
a) la legge
30 dicembre 1971, n. 1204 e successive modificazioni;
b) il
secondo comma dell'articolo 3; i commi 1 e 2, lettere a) e b),
dell'articolo
5;
gli articoli 6, 6-bis, 6-ter
e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903;
c) la
lettera n) del comma 3 dell'articolo
31 e l'articolo 39-quater della legge
4
maggio
1983, n. 184, nonché le parole «e gli articoli 6 e 7 della legge
9
dicembre
1977, n. 903, si applicano anche agli affidatari di cui al comma
precedente»
del secondo comma dell'articolo 80 della legge 4 maggio
1983, n.
184;
d) il
comma 4 dell'articolo 31 della legge 28
febbraio 1986, n. 41;
e) la legge
29 dicembre 1987, n. 546;
f)
l'articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n. 232,
così come modificato
dall'articolo
3 del decreto-legge 6 maggio 1994, n. 271,
convertito, con
modificazioni,
dalla legge 6 luglio 1994, n. 433;
g) la legge
11 dicembre 1990, n. 379;
h)
l'articolo 8 del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103,
convertito, con
modificazioni,
dalla legge 1° giugno 1991, n. 166;
i) il
comma 1 dell'articolo 33 della legge 5
febbraio 1992, n. 104;
j) i
commi 1 e 3 dell'articolo 14 del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n.
503;
k) i
commi 3, 4 e 5 dell'articolo 6 del decreto-legge
20 maggio 1993, n. 148,
convertito,
con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n.
236;
l) il
comma 2 dell'articolo 2 del decreto legislativo 9
settembre 1994, n. 566;
m)
l'articolo 69 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230;
n)
l'articolo 2 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n.
564;
o) il decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 645;
p) il
comma 15 dell'articolo 8 del decreto
legislativo 1° dicembre 1997, n. 468;
q)
l'articolo 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448,
così come modificato
dagli
articoli 50 e 63 della legge 17 maggio 1999, n.
144;
r) i
commi 1, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 dell'articolo 49 della legge
23 dicembre
1999,
n. 488;
s) i
commi 2 e 3 dell'articolo 4 e i commi 2 e 3 dell'articolo 5 del decreto
legislativo
31 gennaio 2000, n. 24;
t) il
comma 5 dell'articolo 3, il comma 4-bis dell'articolo
4 e l'articolo 10 e i
commi
2 e 3 dell'articolo 12, salvo quanto previsto dalla lettera dd)
dell'articolo
85
del presente testo unico, e l'articolo 14 della legge
8 marzo 2000, n. 53 (34);
u) i
commi 10 e 11 dell'articolo 80 della legge 23
dicembre 2000, n. 388.
3.
Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogate le
seguenti
disposizioni regolamentari:
a) gli
articoli 1, 11 e 21 del decreto del Presidente
della Repubblica 25
novembre
1976, n. 1026 (35).
3-bis. Le
disposizioni di cui agli articoli 17 e 18 della legge
8 marzo 2000, n.
53, non
si applicano con riferimento ai congedi disciplinati dal presente testo
unico
(36).
(34) Lettera
così modificata dall'art. 9, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.
(35) Comma
così corretto con Comunicato 8 ottobre 2001 (Gazz. Uff. 8 ottobre
2001,
n. 234).
(36) Comma
aggiunto dall'art. 9, D.Lgs. 23 aprile 2003, n. 115.
87. Disposizioni
regolamentari di attuazione.
1.
Fino all'entrata in vigore delle disposizioni regolamentari di attuazione del
presente
testo unico, emanate ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge
23
agosto 1988, n. 400, si applicano le disposizioni del decreto
del Presidente
della
Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, salvo quanto stabilito
dall'articolo
86 del presente testo unico.
2. Le
disposizioni del citato decreto del Presidente
della Repubblica 25
novembre
1976, n. 1026, che fanno riferimento alla disciplina della legge
30
dicembre
1971, n. 1204, sono da intendersi riferite alle corrispondenti
disposizioni
del presente testo unico.
88. Entrata in
vigore.
1. Il
presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello
della
sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Allegato
A
(Articolo
5 del decreto del Presidente della
Repubblica
25 novembre 1976, n. 1026)
Elenco
dei lavori faticosi, pericolosi e insalubri di cui all'art. 7
Il
divieto di cui all'art. 7, primo comma, del testo unico si intende riferito al
trasporto,
sia a braccia e a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida,
e al
sollevamento dei pesi, compreso il carico e scarico e ogni altra operazione
connessa.
I
lavori faticosi, pericolosi ed insalubri, vietati ai sensi dello stesso
articolo,
sono
i seguenti:
A)
quelli previsti dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345 e dal
decreto
legislativo
18 agosto 2000, n. 262;
B)
quelli indicati nella tabella allegata al decreto
del Presidente della
Repubblica
19 marzo 1956, n. 303, per i quali vige l'obbligo delle visite
mediche
preventive e periodiche: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il
parto;
C)
quelli che espongono alla silicosi e all'asbestosi, nonché alle altre malattie
professionali
di cui agli allegati 4 e 5 al decreto del
Presidente della Repubblica
30
giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni: durante la
gestazione e
fino
a 7 mesi dopo il parto;
D) i
lavori che comportano l'esposizione alle radiazioni ionizzanti: durante la
gestazione
e per 7 mesi dopo il parto;
E) i
lavori su scale ed impalcature mobili e fisse: durante la gestazione e fino al
termine
del periodo di interdizione dal lavoro;
F) i
lavori di manovalanza pesante: durante la gestazione e fino al termine del
periodo
di interdizione dal lavoro;
G) i
lavori che comportano una stazione in piedi per più di metà dell'orario o
che
obbligano ad una posizione particolarmente affaticante, durante la
gestazione
e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
H) i
lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a pedale, quando il
ritmo
del movimento sia frequente, o esiga un notevole sforzo: durante la
gestazione
e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro;
I) i
lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense
vibrazioni:
durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione
dal
lavoro;
L) i
lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per
malattie
infettive e per malattie nervose e mentali: durante la gestazione e per
7
mesi dopo il parto;
M) i
lavori agricoli che implicano la manipolazione e l'uso di sostanze tossiche o
altrimenti
nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame:
durante
la gestazione e per 7 mesi dopo il parto;
N) i
lavori di monda e trapianto del riso: durante la gestazione e fino al
termine
del periodo di interdizione dal lavoro;
O) i
lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullman e di ogni altro
mezzo
di comunicazione in moto: durante la gestazione e fino al termine del
periodo
di interdizione dal lavoro.
Allegato
B
(Decreto
legislativo 25 novembre 1996,
n.
645, allegato 2)
Elenco
non esauriente di agenti e condizioni di lavoro di cui all'art. 7
A.
Lavoratrici gestanti di cui all'art. 6 del testo unico.
1.
Agenti:
a)
agenti fisici: lavoro in atmosfera di sovrapressione elevata, ad esempio in
camere
sotto pressione, immersione subacquea;
b)
agenti biologici:
toxoplasma;
virus
della rosolia, a meno che sussista la prova che la lavoratrice è
sufficientemente
protetta contro questi agenti dal suo stato di immunizzazione;
c)
agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui questi agenti
possono
essere assorbiti dall'organismo umano.
2.
Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.
B.
Lavoratrici in periodo successivo al parto di cui all'art. 6 del testo unico.
1.
Agenti:
a)
agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui tali agenti possono
essere
assorbiti dall'organismo umano.
2.
Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.
Allegato
C
(Decreto
legislativo 25 novembre 1996,
n.
645, allegato 1)
Elenco
non esauriente di agenti processi e condizioni di lavoro di cui
all'art.
11
A.
Agenti.
1.
Agenti fisici, allorché vengono considerati come agenti che comportano
lesioni
del feto e/o rischiano di provocare il distacco della placenta, in
particolare:
a)
colpi, vibrazioni meccaniche o movimenti;
b)
movimentazione manuale di carichi pesanti che comportano rischi,
soprattutto
dorsolombari;
c)
rumore;
d)
radiazioni ionizzanti;
e)
radiazioni non ionizzanti;
f)
sollecitazioni termiche;
g)
movimenti e posizioni di lavoro, spostamenti, sia all'interno sia all'esterno
dello
stabilimento, fatica mentale e fisica e altri disagi fisici connessi
all'attività
svolta
dalle lavoratrici di cui all'art. 1.
2.
Agenti biologici. Agenti biologici dei gruppi di rischio da 2 a 4 ai sensi
dell'art.
75 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, e successive
modificazioni
ed integrazioni, nella misura in cui sia noto che tali agenti o le
terapie
che essi rendono necessarie mettono in pericolo la salute delle gestanti
e del
nascituro, sempreché non figurino ancora nell'allegato II.
3.
Agenti chimici. Gli agenti chimici seguenti, nella misura in cui sia noto che
mettono
in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreché non
figurino
ancora nell'allegato II:
a)
sostanze etichettate R 40; R 45; R 46 e R 47 ai sensi della direttiva
n.
67/548/CEE,
purché non figurino ancora nell'allegato II;
b)
agenti chimici che figurano nell'allegato VIII del decreto
legislativo 19
settembre
1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni;
c)
mercurio e suoi derivati;
d)
medicamenti antimitotici;
e)
monossido di carbonio;
f)
agenti chimici pericolosi di comprovato assorbimento cutaneo.
B.
Processi.
Processi
industriali che figurano nell'allegato VIII del decreto
legislativo 19
settembre
1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni.
C.
Condizioni di lavoro.
Lavori
sotterranei di carattere minerario.
Allegato
D (37)
Elenco
degli enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza in
favore
dei liberi professionisti.
1.
Cassa nazionale del notariato.
2.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense.
3.
Ente nazionale di previdenza ed assistenza farmacisti.
4.
Ente nazionale di previdenza ed assistenza veterinari.
5.
Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici.
6.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza dei geometri liberi
professionisti.
7.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori
commercialisti.
8.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti
liberi
professionisti.
9.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti
commerciali.
10.
Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i consulenti del lavoro.
11.
Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli psicologi.
12.
Ente di previdenza dei periti industriali.
13.
Ente nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei biologi.
14.
Cassa di previdenza ed assistenza a favore degli infermieri professionali,
assistenti
sanitarie e vigilatrici d'infanzia.
15.
Ente di previdenza ed assistenza pluricategoriale.
16.
Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani «G. Amendola»,
limitatamente
alla gestione separata per i giornalisti professionisti.
17.
Ente nazionale di previdenza per gli addetti e gli impiegati in agricoltura,
limitatamente
alle gestioni separate dei periti agrari e degli agrotecnici.
(37) Allegato
così sostituito dall'art. 10, D.Lgs. 23
aprile 2003, n. 115.