Il procedimento di separazione
Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o la omologazione di quella
consensuale spetta ai soli coniugi, a norma dell’art. 150, comma 2, c. c. Non è
dunque possibile chiedere la separazione o raggiungere un accordo tramite un
procuratore fornito di poteri decisori, mentre è possibile avvalersi di un
nuncius, ossia di un soggetto che si limiti a riferire la volontà del coniuge
(in tal senso, Corte d’App. Roma 12 gennaio 1998).
Per questo motivo non può chiedere la separazione l’interdetto, il quale non
può essere sostituito dal tutore né come attore in giudizio, né tanto meno in
sede di accordo, trattandosi della regolamentazione di diritti personalissimi.
Se però egli è convenuto in giudizio dal coniuge, il rappresentante legale,
secondo la giurisprudenza di merito, può, oltre che resistere, anche avanzare
un’autonoma domanda affinché la separazione sia addebitata al coniuge attore
(cfr. Trib. Torino 7 giugno 1982).
In caso di separazione giudiziale il coniuge, obbligatoriamente assistito da un
legale, notifica il ricorso introduttivo del procedimento ed il relativo
decreto di fissazione dell’udienza all’altro, invitandolo a comparire dinanzi
al Tribunale. Il giudizio, di cui sono parte solo i coniugi, con esclusione dei
parenti, si compone di due fasi.
La prima si svolge dinanzi al Presidente del Tribunale, il quale, convocate le
parti mediante il suddetto decreto, esperisce il tentativo obbligatorio di
conciliazione tra i coniugi e, in caso di esito negativo di esso, emette i
provvedimenti provvisori ed urgenti (c. d. provvedimenti presidenziali) con
cui, tra l’altro, autorizza i coniugi a vivere separatamente (anche se, in
tempo di crisi degli alloggi, talvolta autorizza la coabitazione dichiarandola
compatibile con lo stato di separazione), fissa l’assegno, sempre modificabile
con la sentenza di separazione, ed indica, sempre provvisoriamente, il genitore
affidatario dei figli minori.
Una volta pronunciati i provvedimenti urgenti, il Presidente rimette le parti
davanti al Giudice Istruttore, davanti al quale, cioè, si svolgerà l’istruzione
della causa. In questa fase il giudice assume le prove, anche d’ufficio, ossia
senza domanda di parte, almeno secondo un indirizzo della Suprema Corte del
1985 (sent. n. 6063/85).
In caso di separazione consensuale, invece, se la conciliazione non riesce, si
dà atto a verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni
pattuite in ordine alla prole ed ai rapporti patrimoniali. Successivamente, in
camera di consiglio, il Tribunale decide sull’omologazione, a norma dell’art.
711 c. p. c.
L’accordo in tal caso raggiunto dai coniugi ha un contenuto essenziale,
costituito dal reciproco consenso a vivere separati, ed uno eventuale,
costituito dalle pattuizioni necessarie ed opportune in relazione
all’instaurarsi della vita separata , ma anche quelle che riconoscono o
attribuiscono la proprietà di beni e che trovano nella separazione una semplice
occasione. Peraltro sono anche possibili pattuizioni che si affiancano al
verbale di separazione e sono valide, a prescindere dall’omologazione, se non
interferiscono con l’accordo omologato (si vedano in tal senso Cass. sent. n.
657 del 1994 e sent. n. 9287 del 1997), come nel caso di fissazione
dell’assegno in misura superiore a quella poi omologata (Cass. sent. n. 2270
del 1993).
I coniugi possono cmunque di comune accordo far cessare gli effetti della
separazione, sia giudiziale sia consensuale, senza che sia necessario
l’intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento
non equivoco che sia incompatibile con tale stato, ai sensi dell’art. 157 c. c.
Si parla al riguardo di riconciliazione dei coniugi, che si può anche avere in
pendenza del giudizio di separazione, comportando allora l’abbandono della
domanda e, secondo un orientamento condivisibile, l’impossibilità di riproporla
se non per fatti sopravvenuti (in tal senso, Cass. sent. n. 104 del 1983 e
sent. n. 11523 del 1990).