Assegno di divorzio.
Poichè l'assegno di divorzio è determinato sulla base di criteri autonomi e distinti rispetto a quelli rilevanti per il trattamento economico al coniuge separato, non rappresenta una circostanza decisiva, ai fini della dimostrazione della attuale autosufficienza economica del coniuge richiedente l'assegno di divorzio, la mancata richiesta, in sede di separazione, da parte di questo, di un assegno di mantenimento.
Sez. I, sent. n. 1203 del 20-01-2006, Veronesi c. Businaro
Cassazione Civile Sent. n. 1203 del 20-01-2006
Svolgimento del processo
1. - Il Tribunale di Bologna - dopo avere, con sentenza parziale, pronunciato, su ricorso di D.V., la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario da questo contratto con B.R. - con sentenza definitiva del 29 settembre 2001 determinava in L. 600.000 al mese l'assegno di divorzio dovuto dal V. in favore dell'ex moglie ed in L. 300.000 al mese il contributo di mantenimento in favore del figlio A., maggiorenne ma non autosufficiente, ponendo le spese di causa a carico del V..
2. - La Corte d'Appello di Bologna, con sentenza n. 853 depositata il 18 luglio 2002, in parziale accoglimento del gravame interposto dal V., riformava, in parte, la sentenza di primo grado, riducendo l'assegno di divorzio a Euro 250,00 al mese, con rivalutazione ISTAT dal 1 luglio 2003, e rigettando la domanda della B. di corresponsione del contributo a carico dell'ex marito per il mantenimento del figlio A..
Circa l'assegno divorzile, la Corte d'Appello rilevava che la B., ormai quasi settantenne, a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio era rimasta priva di una fonte legale di sostentamento ed aveva dovuto contare unicamente sulla propria attività di "badante", priva peraltro del carattere di stabilità e certezza, mentre il V. percepiva una pensione modesta ma sicura. Faceva inoltre presente che correttamente il Tribunale aveva determinato l'assegno richiamando espressamente l'entità dei redditi realmente percepiti dal V. nel corso degli anni, espletando l'attività di tassista, e gli introiti derivanti dalla cessione della licenza. La Corte Territoriale, nel condividere l'argomentazione dei Giudici di primo grado sul parallelismo trai risparmi accumulati da entrambi i coniugi, ancorchè separatamente, nel corso della vita lavorativa, e sulla perdurante, seppure limitata, attività della B., concludeva per la conferma del riconoscimento dell'assegno divorzile, la cui misura peraltro riduceva ad Euro 250,00 mensili.
Quanto al contributo di mantenimento in favore del figlio A., la Corte Territoriale - premesso che il contributo deve ritenersi cessato allorchè il figlio, divenuto maggiorenne, abbia manifestato concretamente una capacità di provvedere a se stesso, espletando un'attività lavorativa remunerata che l'abbia reso economicamente indipendente dai genitori - rilevava che nella specie il figlio, iniziato il servizio di le, aveva poi raggiunto la propria indipendenza economica, prestando servizio militare volontario retribuito, in seguito aveva svolto attività lavorativa dopo il congedo per dimissioni, ed infine si era posto per propria colpa nelle condizioni di non essere in grado di lavorare.
3. - Avverso questa sentenza ha interposto ricorso per Cassazione V.D., con atto notificato il 29 maggio 2003, deducendo due motivi di censura.
L'intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Ad avviso del ricorrente, la B. non avrebbe dimostrato il carattere saltuario dell'attività di infermiera da essa svolta;
anzi, dagli atti emergerebbe che sia nel 1985 (in sede di separazione personale) sia nel 1996 (al momento del ricovero del figlio A. in un ospedale psichiatrico) essa ebbe a dichiarare di essere infermiera privata.
Inoltre la B. non ebbe mai a chiedere l'assegno di separazione, ai sensi dell'art. 156 cod. civ.: il che dimostrerebbe che la stessa è sempre stata economicamente autosufficiente.
Soprattutto, la Corte d'Appello avrebbe mancato di considerare che la B. è titolare di una pensione sociale fin dal gennaio 1998 (come risulterebbe da quanto dichiarato da un funzionario INPS all'udienza del 16 novembre 1999 dinanzi al Tribunale). L'assegno divorzile sarebbe stato concesso sull'erroneo presupposto che quest'ultima non avesse, al pari dal V., un reddito da pensione. Non vi sarebbe differenza - prosegue il ricorrente - tra i redditi da pensione degli ex coniugi, la prima percependo un assegno mensile di Euro 516,46, il secondo di Euro 558,48. 2. - Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della falsa applicazione dell'art. 115 cod. proc. civ. e art. 2729 cod. civ..
La Corte Territoriale avrebbe fatto ricorso alle presunzioni per dimostrare la mancanza di reddito della B., quando in realtà vi sarebbe la prova inconfutabile, resa dal funzionario INPS mediante produzione di documenti e dichiarazione a verbale, nella causa di primo grado all'udienza del 16 novembre 1999, sull'avvenuta erogazione della pensione sociale a favore dell'ex moglie a partire del gennaio 1998. La Corte d'Appello avrebbe concluso, in via presuntiva, per l'assenza di reddito da parte della B., laddove esisterebbe agli atti la prova che quest'ultima ha un reddito da pensione sociale quasi pari a quello del V..
3. - I due motivi vanno esaminati congiuntamente, investendo entrambi, sotto diverse prospettive, l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno divorzile operata dal Giudice di merito.
3.1. - Infondatamente il ricorrente si duole del fatto che la sentenza impugnata non abbia specificamente tenuto conto, nel valutare l'inadeguatezza dei mezzi della B. e l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, che costei avrebbe sempre dichiarato di essere un'infermiera privata.
Difatti, i Giudici d'Appello hanno preso in considerazione, al fine di accertare le condizioni economiche della parte istante, la sua attività di badante, ma hanno precisato che su questa attività, oramai svolta soltanto saltuariamente ed occasionalmente in considerazione dell'età avanzata, la B. non può contare per trarre una effettiva autonomia economica.
E poichè l'accertamento della capacità lavorativa del coniuge richiedente l'assegno di divorzio va compiuto non nella sfera della ipoteticità e della astrattezza, bensì in quella della effettività e della concretezza, dovendosi, all'uopo, tenere conto di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi del caso di specie, in rapporto ad ogni fattore, anche individuale, rilevante (cfr. Cass., sez. 1, 16 luglio 2004, n. 13169), la ponderata valutazione della Corte Territoriale - che, al fine di ritenere ampiamente ridotti i proventi ricavabili dalla attività di badante, ha fatto leva sul fatto che la B. ha oramai raggiunto l'età di settanta anni - ai sottrae alla
censura del ricorrente.
3.2. - Va ancora disattesa l'ulteriore doglianza dal V. in ordina alla mancata valutazione, da parte della Corte Territoriale, dall'assetto economico relativo alla separazione.
Poichè l'assegno di divorzio e determinato sulla base di criteri autonomi e distinti rispetto a quelli rilevanti per il trattamento economico al coniuge separato, non rappresenta una circostanza decisiva - ai fini della dimostrazione della attuale autosufficienza economica del coniuge richiedente l'assegno di divorzio e la mancata richiesta, in sede di separazione, da parte di questo, di un assegno di mantenimento (cfr. Cass., sez. 1, 22 settembre 1999, n. 10260;Cass., sez. 1, 11 settembre 2001, n. 11575).
3.3. - E' invece meritevole di accoglimento la censura relativa alla omessa valutazione della circostanza - risultante dagli atti del giudizio di merito, ed in particolare dalla dichiarazione resa, all'udienza del 16 novembre 1999, dal funzionario INPS - che la B. è titolare di pensione sociale, corrisposta a far data dal compimento del sessantacinquesimo anno di età.
Nella sentenza di appello si afferma che la B. a seguito del divorzio è "rimasta priva di una fonte legale di sostentamento", avendo dovuto "fare affidamento unicamente alla propria attività di badante, priva peraltro del carattere di stabilità e certezza", "mentre il V. può pur sempre contare su di una pensione modesta ma sicura".
In tale modo, la Corte d'Appello mostra di non dare alcuna rilevanza alla titolarità, in capo alla B., della pensione sociale; ma erroneamente, posto che quella titolarità, risolvendosi in una fonte idonea a sopperire in qualche misura alle esigenze di vita di chi la percepisce, rappresenta un elemento valutabile ai fini dell'accertamento della condizione economica del coniuge richiedente l'assegno di divorzio (cfr. Cass., sez. 1, 29 gennaio 1999, n. 788, con riferimento alla pensione di guerra; e Cass., sez. 1, 14 agosto 1997, n. 7629, in relazione alla pensione di invalidità e agli assegni ad essa connessi, inclusa l'indennità di accompagnamento e di superinvalidità).
4. - All'accoglimento, per quanto di ragione, del ricorso consegue la cassazione, in relazione alla censura accolta, della sentenza impugnata.
La causa va pertanto rinviata ad altra sezione della Corte d'Appello di Bologna, che la deciderà dando rilievo, ai fini dell'accertamento della situazione economica dell'ex coniuge richiedente l'assegno di divorzio, alla percezione, da parte sua, della pensione sociale.
Il Giudice di rinvio si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d'Appello di Bologna.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 novembre 2005.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2006