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Addebito della separazione.

La dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza. Pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunziata la separazione senza addebito.

Sez. I, sent. n. 12383 del 11-06-2005

Cassazione Civile Sent. n. 12383 del 11-06-2005

Svolgimento del processo

Su ricorso di (omissis) il Tribunale di Benevento ne pronunciò la separazione personale da (omissis) respingendo le reciproche domande di addebito e riconoscendo alla convenuta un assegno di mantenimento nella misura mensile di lire 1.300.000.

Avverso tale sentenza il (omissis) propose appello chiedendo nuovamente che la separazione fosse addebitata alla moglie e che comunque l'assegno, riconosciuto dal Tribunale in misura addirittura eccedente quella richiesta, fossa ridotto a lira 400.000 mensili.

Il gravame fu respinto dalla Corte di appello di Napoli, la quale osservò che i fatti affermati da ciascun coniuge al fine di ottenere l'addebito della separazione a carico dell'altro costituivano solo estrinsecazioni di differenze caratteriali e, pur spiegando le difficoltà insorte nella vita coniugale e il determinarsi di una situazione di intollerabilità della convivenza, non potevano considerarsi cause del fallimento del matrimonio, in particolare, la litigiosità e l'aggressività della (omissis) confermate dalla prova testimoniale, pur avendo indiscutibilmente contribuito a rendere intollerabile la convivenza, non integravano in sè una grave violazione di regole di condotte imperative e inderogabili o di norme morali di particolare rilevanza e quindi costituivano, al pari del comportamento del marito, incline ad abusare della supremazia economica, solo manifestazione della crisi coniugale già verificatasi e non invece causa della stessa. Quanto all'assegno, era priva di qualsiasi rilievo la circostanza che, in corso di causa, il giudice istruttore ne aveva ridotto l'ammontare da lire 1.300.000, come stabilito dal presidente del tribunale con provvedimento emesso ai sensi dell'art. 708 c.p.c., a lire 800.000, dovendosi fare esclusivo riferimento in sede di appello alla decisione adottata dal tribunale con la sentenza. Non era provato, poi, che la (omissis) percepiva, da un fondo impiantato a vigneto, il reddito indicato dall'appellante con l'ausilio di una consulenza di parte, di contro, indubbiamente florida era la situazione patrimoniale del (omissis) che, oltre ad essere titolare di pensione e a percepire il reddito da fabbricati denunciato, è proprietario di altri beni immobili e aveva, inoltre, ricevuto all'atto del pensionamento la congrua liquidazione di circa lire 150.000.000. Sussistevano giusti motivi, in considerazione della natura della controversia, per compensare interamente fra le parti le spese.

La cassazione di tale sentenza è stata chiesta da (omissis) in base a un unico motivo.

Resiste con controricorso (omissis) che ha, a sua volta, proposto ricorso incidentale per un motivo.

Motivi della decisione

I due ricorsi, diretti contro una medesima decisione, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c..

Con l'unico motivo del suo ricorso, il (omissis) denunzia vizi di motivazione. Lamenta che la corte, ripetendo pedissequamente la motivazione del primo giudice, non ha tenuto conto delle censure rivolte contro la relativa decisione, e cioè di avere obliterato elementi essenziali del giudizio, omesso di indicare le fonti di prova da cui erano state tratte le affermate conclusioni e ritenuto comparabili i comportamenti dei due coniugi, laddove il comportamento addebitatogli dalla moglie, quand'anche provato, non avrebbe potuto essere paragonato a quello, ampiamente provato e avente capacità di rottura dell'equilibrio familiare, tenuto dalla (omissis) Si duole, poi, il ricorrente che la corte abbia ritenuto congrua la misura dell'assegno, fissata in lire 1.300.000 mensili dal presidente del Tribunale, in quanto comprensiva anche del mantenimento dei figli i quali, già nel corso del giudizio di primo grado, non risultavano più conviventi con la madre, tanto è vero che la misura dell'assegno venne ridotta dall'istruttore proprio in considerazione di tale mutata situazione familiare. Sempre con riferimento alla determinazione dell'assegno di mantenimento, il (omissis) lamenta, infine, che la corte del merito non ha valutato la consulenza di parte attestante il reddito della (omissis) Il motivo appare inammissibile nella sua formulazione, in quanto si risolve in una serie di censure di mero fatto, dirette a contrastare le valutazioni compiute nella sentenza impugnata e a proporre una diversa lettura del materiale probatorio acquisito, del quale si sostiene la idoneità a dimostrare la responsabilità della (omissis) nel fallimento dell'unione coniugale e l'eccessività dell'assegno di mantenimento posto a carico del (omissis) In particolare, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la corte di merito, ritenuto provato, sulla base degli accertamenti svolti dal primo giudice, che tutti i problemi coniugali traevano origine e fondamento dai caratteri dei due coniugi, ha logicamente considerato tale circostante come un impedimento aggettivo (e quindi rilevante a prescindere dalla responsabilità dei soggetti coinvolti) ed insuperabile alla prosecuzione della vita familiare in tale prospettiva, la medesima corte ha affermato che la provata litigiosità e aggressività della (omissis) pur avendo sicuramente contribuito a rendere intollerabile la convivenza, non poteva di per sè considerarsi causa della crisi coniugale. La corte ha quindi esaurientemente motivato, con argomentazioni proprie anche se convergenti con quelle sviluppate nella sentenza di primo grado, in ordine alle ragioni per cui non poteva essere accolta la richiesta di separazione con addebito alla moglie.

Le deduzioni del ricorrente volte a censurare la mancata considerazione di decisivi elementi di causa, si rilevano, da un lato, generiche, in quanto non precisano quali specifiche circostanze e quali specifici elementi probatori non siano stati valutati dal giudice di merito e quale efficacia essi abbiano eventualmente spiegato nella determinazione della crisi coniugale, per altro aspetto, esse si risolvono ancora una volta nella prospettazione di un apprezzamento dei fatti e delle prove diverso da quello compiuto dalla Corte territoriale, che, come detto, non può trovare ingresso in questa sede.

D'altra parte, in punto di diritto, la decisione e corretta in quanto il giudizio di addebitabilità della separazione personale dei coniugi deve essere formulato soltanto quando le circostanze accertate abbiano avuto l'effetto, ai sensi dell'art. 151 c.c., di rendere intollerabile la convivenza; l'accertamento di un comportamento riprovevole di un coniuge, che non si traduca in una violazione nell'ambito familiare di regole di condotta imperative e inderogabili o di norme morali di particolare rilevanza, non è di per sè sufficiente, dovendosi provare anche che ad esso sia riconducibile l'effetto indicato. La disposizione di cui all'art. 151 c.c. consente quindi, in presenza dell'irreversibile frattura familiare e dell'intollerabilità della convivenza dei coniugi, la pronunzia di separazione senza addebito quando non sia stata raggiunta la prova che uno del coniugi o entrambi abbiano tenuto un comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio ovvero che tale condotta, con la sua gravita, abbia determinato o contribuito a determinare la situazione di intollerabilità della ulteriore convivenza. Pertanto, poichè la pronuncia di separazione costituisce un minus rispetto a quella di addebitabilità della stessa, qualora sia stata chiesta la pronuncia con addebito ed il giudice di merito non abbia riscontrato la prova dei fatti costitutivi di tale attribuzione di responsabilità - o abbia ritenuto raggiunta la prova che la condotta di uno o di entrambi i coniugi, pur non idonea a giustificare la pronuncia di addebitabilità, ha determinato o contribuito a determinare la situazione di intollerabilità della convivenza - legittimamente viene pronunziata la separazione senza addebito. Nel caso in esame la sentenza impugnata ha accertato che fra i coniugi si era stabilito un clima di rapporti tale da non consentire la prosecuzione della convivenza, ma non ha accertato fatti specifici addebitatoli alla (omissis) che potevano essere considerati causa efficiente della irreversibile crisi coniugale. In diversi termini, la corte del merito ha ritrovato le ragioni della crisi del matrimonio in una serie di atteggiamenti dei coniugi che l'hanno determinata. La condotta della (omissis) non costituiva, in fin dei conti, se non uno dei vari atteggiamenti di insofferenza e di intolleranza che non appariva - secondo il giudizio dei giudici di merito, non rivalutabile in questa sede - eziologicamente determinante la situazione di intollerabilità della convivenza la frattura coniugale. Il ricorrente, ripetesi, non indica specificamente quali circostanze o ragioni, potenzialmente idonee a condurre ad una diversa soluzione della controversia, la corte di merito avrebbe trascurato o insufficientemente valutato, ma chiede una diversa interpretazione delle risultanze probatorie e, quindi, un riesame del merito non consentito in sede di legittimità. La corte partenopea ha dato puntuale risposta alle deduzioni ancora oggi prospettate ed ha chiaramente spiegato le ragioni che hanno determinato il giudizio di scarsa rilevanza, ai fini dalla dichiarazione di addebito, dei comportamenti di entrambi i coniugi, privi di efficacia causale e solo rivelatori di un rapporto matrimoniale ormai irrimediabilmente deteriorato. La convincente e chiara esposizione di tali ragioni consente il controllo del procedimento logico-giuridico seguito dai giudici del gravame, controllo che rappresenta anche il limite di sindacabilità della decisione di merito da parte della Corte di Cassazione.

Anche il profilo di censura riguardante l'assegno di mantenimento è, come anticipato, inammissibile.

Va infatti osservato che la corte ha, anzitutto, argomentatamente escluso che la (omissis) fruisse di redditi propri idonei a conservarle il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e che, conseguentemente, sussisteva tra le parti una evidente disparità economica. Tanto bastava per riconoscere il diritto della donna all'assegno di mantenimento. Di vero, il diritto del coniuge separato senza addebito al mantenimento da parte dell'altro è subordinato dall'art. 156 c.c. alla condizione che chi lo pretenda "non abbia adeguati redditi propri", a differenza di guanto previsto, in materia di divorzio, dall'art. 5, comma sesto, legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74, che condiziona altresì il diritto al fatto che chi lo pretende non possa procurarseli per ragioni oggettive.

Nel provvedere, poi, alla determinazione in concreto dell'assegno, la corte di appello ha proceduto a un'analitica disamina degli elementi acquisiti in giudizio, idonei a dimostrare la posizione reddituale e patrimoniale del (omissis) dando ampiamente conto del proprio apprezzamento e conclusivamente ritenendo che 1 redditi da lui goduti gli consentissero di corrispondere la somma liquidata dal primo giudice, in particolare, la corte campana ha dettagliatamente esaminato e valutato le condizioni economiche e le diverse fonti di reddito del coniuge onerato il quale disponeva della pensione di lire 3.200.000, era proprietario di due immobili dati in locazione e aveva ricevuto un trattamento di quiescenza pari a circa 150 milioni delle vecchie lire.

Oltre che condotto secondo corretti criteri giuridici, l'iter argomentativo espresso dal giudice del merito è privo di mende logiche e sorretto da stringente e esaustiva motivazione. Esso sfugge, pertanto, alle censure mosse dal (omissis) che, come anticipato, pretende di sottoporre al sindacato di questa Corte la valutazione delle prove istituzionalmente riservata al giudice del merito. Per l'ennesima volta, il ricorrente non spiega quale circostanza la corte avrebbe omesso di considerare, ma si limita a giudicare inadeguata la determinazione del quantum, sollecitando un diverso giudizio di fatto precluso a questa corte di legittimità.

Con l'unico motivo del suo ricorso, la (omissis) si duole della compensazione delle spese disposta dalla Corte senza motivazione alcuna, nonostante la totale infondatezza dell'appello prodotto dal (omissis) Il motivo è inammissibile in quanto - come affermato da consolidata giurisprudenza di questa Corte - rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, ed esula dal sindacato di legittimità anche se priva di motivazione, la valutazione in ordine all'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca sia nell'ipotesi di concorso di altri giusti motivi, a meno che essa non sia accompagnata dalla indicazione di ragioni palesemente illogiche, tali da inficiare, stante la loro inconsistenza, lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto, (cfr., e plurimis, Cass. nn. 1836/2003, 17424/2003, 13011/2003, 16012/2002, 3272/2001). E nello specifico, questa stessa Corte ha statuito che non ricorre tale ipotesi nel caso in cui, in un giudizio di separazione, il giudice di merito compensi le spese in relazione alla natura familiare della controversia ed all'interesse del minore, quale tema principale ed assorbente della medesima (sent. n. 12431/2000).

La soccombenza reciproca è di per sè giusto motivo di compensazione delle spese di questa fase di giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2005.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2005