Il processo minorile.
Nel processo minorile le indagini preliminari, necessarie per l’accertamento
del fatto - reato e del suo autore materiale, sono dirette dal Pubblico
Ministero (Procura Distrettuale presso il Tribunale per i Minorenni) che
dispone direttamente delle Sezioni specializzate di Polizia Giudiziaria nel
rispetto del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale e di quello
dell’applicabilità delle norme procedurali del codice di procedura penale.
Sono, pertanto, a disposizione del PM minorile gli stessi mezzi di prova e di
ricerca della prova utilizzabili da un Pubblico Ministero c.d. ordinario
(sommarie informazioni testimoniali, interrogatori, perquisizioni,
intercettazioni, confronti, ricognizioni, prove documentali, ecc.), ma questi
mezzi devono essere utilizzati dal Pubblico Accusatore con un diverso
approccio, ossia un approccio adeguato alla personalità del minore e alle sue
esigenze educative.
L’avvio delle indagini preliminari avviene, come per i maggiorenni, con
querela, denuncia, fermo o arresto (eccezion fatta per l’accompagnamento a
seguito di flagranza previsto dall’art. 18bis DPR n. 448/88 solo per i minori).
Nel corso delle indagini preliminari, per ogni atto per il quale è necessaria
la presenza del difensore, il PM dovrà inviare l’informazione di garanzia
all’indagato, con l’indicazione delle norme che si intendono violate, della
data e del luogo del fatto e l’invito a esercitare la facoltà di nominare un
difensore di fiducia e che, altrimenti, in mancanza si procederà alla
formazione dell’atto alla presenza del difensore di ufficio.
La notifica dell’informazione di garanzia, come quella dell’avviso di chiusura
delle indagini preliminari, della fissazione dell’udienza preliminare e del
decreto di rinvio a giudizio deve essere effettuata, oltre che al minore, agli
esercenti la potestà genitoriale (genitori o tutore) in modo da garantire
l’assistenza psicologica e affettiva del minore (anche se i genitori o altra
persona indicata dal minore a tal fine non sono obbligati a presenziare
all’atto da compiere).
Bisogna precisare che solo l’omessa notifica dell’informazione di garanzia e
del decreto di fissazione udienza sono considerate dall’art. 7 DPR n. 448/88
causa di nullità degli atti in questione e che se il minore raggiunge la
maggiore età nel corso del procedimento penale la notificazione obbligatoria
non deve più avvenire.
Le indagini preliminari si chiudono diversamente a seconda degli elementi di
prova assunti o con la richiesta di archiviazione in tutti i casi di cui agli
artt. 408 e 411 c.p.p., ossia quando la notizia di reato è infondata, manca la
condizione di procedibilità del reato, il reato è estinto o non previsto dalla
legge come reato ovvero l’indagato ha meno di quattordici anni (il GIP – unico
organo monocratico dell’intero processo minorile - potrà accogliere la
richiesta ed emanare con apposito decreto l’archiviazione del procedimento a
carico del minore) ovvero con la richiesta di giudizio direttissimo o
immediato, quando gli elementi di prova lo consentano, oppure, infine, le
indagini possono sfociare nell’avviso di chiusura delle indagini preliminari
previsto dall’art. 415bis c.p.p., con termine di venti giorni dalla
notificazione del predetto avviso all’interessato per esercitare la facoltà di
essere interrogato e di indicare nuovi elementi e mezzi di prova al Pubblico
Ministero.
In quest’ultimo caso, il PM, qualora non ritenga gli elementi di prova
acquisiti in seguito all’interrogatorio del minore (unico mezzo probatorio al
quale è obbligatoriamente tenuto allorché il minore lo richieda con memoria ai
sensi dell’art. 415bis c.p.p.) o risultanti dalle altre indagini eventualmente
svolte, provvede a avanzare presso il GUP presso il Tribunale per i Minorenni
richiesta di rinvio a giudizio.
Altra particolarità del processo penale minorile è quella per la quale è
obbligatoria la fissazione dell’udienza preliminare innanzi al GUP anche per i
reati per i quali, se commessi da adulti, questo passaggio non è obbligatorio e
ciò perché l’udienza preliminare rappresenta il momento più significativo dell’iter
processuale minorile, in quanto nel corso della stessa si assumono la maggior
parte delle decisioni.
L’udienza dibattimentale rimane, invece, un episodio abbastanza raro, reso
necessario nelle ipotesi di reato più gravi per le quali sia necessario
giungere, addirittura, alla condanna a pena detentiva ovvero nel caso di
giudizio immediato o direttissimo.
La richiesta di rinvio a giudizio viene trasmessa al GUP, insieme con l’intero
fascicolo del PM, ai fini della fissazione dell’udienza preliminare. Il
relativo avviso dovrà essere notificato, almeno 10 giorni quello stabilito per
la trattazione del procedimento, al minore imputato, al suo difensore, alla
persona offesa, ai servizi minorili che hanno svolto attività per il minore,
all’esercente la potestà dei genitori e comunicato al Pubblico Ministero.
Solo l’omessa notifica all’imputato e agli esercenti la potestà genitoriale
determina nullità insanabile rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado
del procedimento, mentre la mancata notifica ai servizi minorili è rilevabile
non oltre la deliberazione di primo grado.
L’avviso alla persona offesa ha, invece, lo scopo specifico di permetterle di
partecipare ai sensi dell’art. 90 c.p.p., con la presentazione di memorie,
l’indicazione di elementi di prova e di avere un ruolo attivo nelle pratiche
conciliatorie, non essendo ammessa nel processo penale minorile (art. 10 DPR n.
448/88) la costituzione di parte civile, stante la presunzione di non capienza
del minore e l’intento del legislatore di evitare che elementi configgenti con
la finalità educativa tipizzante il diritto minorile possano influenzarne
l’andamento, determinando una maggiore tensione processuale.
L’udienza preliminare (come del resto di regola quella dibattimentale) è
camerale, al fine di salvaguardare la riservatezza del minore e di rispettare
la disposizione dell’art. 13 DPR n. 448/88, secondo cui sono vietate la
pubblicazione e la divulgazione di notizie e immagini idonee a consentire
l’identificazione del minore comunque coinvolto nel procedimento, e si svolge
secondo quanto disposto dall’art. 420 ss. c.p.p., con la caratteristica che,
dopo l’esposizione introduttiva, il GUP sente – e non interroga - personalmente
il minorenne (che sia presente all’udienza preliminare) ai sensi degli artt. 64
e 65 c.p.p.
Per effetto delle modificazioni recate dalla legge n. 63 del 2001, l’art. 32
del codice di procedura penale minorile prevede al primo comma che,
nell’udienza preliminare, prima dell’inizio della discussione, il GUP debba
chiedere all’imputato se consente alla definizione del processo in quella fase
(a meno che il consenso non sia stato recepito validamente in altra occasione).
Acquisto il consenso, il giudice può emanare sentenza di non luogo a procedere
nei casi previsti dall’art. 425 c.p.p., ovvero per concessione del perdono
giudiziale, per irrilevanza del fatto oppure sentenza di condanna a pena
pecuniaria con pena eventualmente diminuita fino alla metà o sanzione
sostitutiva (quando la pena detentiva relativa al fatto reato irrogabile in
concreto non superi i due anni, infatti, può essere sostituita, tenuto conto
della personalità e delle esigenze di studio del minore, nonché delle sue
condizioni familiari, sociali e ambientali, con la semidetenzione o la libertà
controllata, rispettivamente per lo stesso periodo o per un periodo pari a
doppio di quello che avrebbe causato la restrizione della libertà del minore).
In questa fase si può verificare anche la sospensione del processo per messa
alla prova del minore con la possibilità, all’esito positivo della stessa, di
dichiarare estinto il reato per il quale il minore avrebbe dovuto subire il
processo.
Se il GUP ritiene che il processo non possa essere concluso in udienza
preliminare, ma che lo stesso debba essere trattato in sede dibattimentale,
accoglie la richiesta del Pubblico Ministero e emana il decreto che dispone il
giudizio nei confronti del minore imputato.
L’udienza dibattimentale si tiene (anche nel caso di giudizio immediato o di
direttissimo) innanzi al Tribunale per i Minorenni (Collegio di quattro
persone, due magistrati togati e due onorari), di regola, a porte chiuse, salvo
che l’imputato, che, nel frattempo, sia diventato maggiorenne, non faccia
espressa richiesta motivata, affinché il processo venga trattato in udienza
pubblica.
Sulla relativa richiesta il Collegio decide sempre considerando l’interesse del
minore, rimanendo comunque vietato l’accoglimento dell’istanza del minore
diventato maggiorenne quando i suoi coimputati non abbiano compiuto i sedici
anni ovvero, pur avendoli compiuti, si oppongano a che il processo venga
celebrato a porte aperte.
Per lo svolgimento dell’udienza valgono le stesse regole previste per l’udienza
preliminare.
L’esame dell’imputato è svolto direttamente del Presidente del Tribunale, che
avrà anche l’onere di spiegare in modo chiaro e facilmente comprensibile
all’imputato il significato delle varie fasi e attività processuali.
Anche al fine di evitare che il minore venga sottoposto a uno stretto fuoco di
fila di domande che potrebbe confonderlo o suggestionarlo, è previsto che i
giudici, il PM e il difensore possano rivolgere delle domande al minore
imputato solo per il tramite del Presidente del Collegio.
Le prove (orali e documentali) acquisite nel dibattimento devono consentire al
Tribunale per i Minorenni di decidere se condannare o assolvere il minore dal
reato che gli viene ascritto.
Sono sempre possibili la condanna a sola pena pecuniaria o sanzione sostitutiva
ai sensi dell’art. 30 del codice di rito minorile, la concessione del perdono
giudiziale, quando ricorrano la tenuità del fatto, l’occasionalità del
comportamento criminoso contestato e la possibilità che l’ulteriore corso del
procedimento possa pregiudicare le esigenze educative del minore, la sentenza
di dichiarazione dell’irrilevanza del fatto (in forza della dichiarazione di
illegittimità costituzionale dell’art. 27 DPR 448/88 nella parte in cui essa
veniva esclusa nella fase dibattimentale).
Dopo la sentenza, il giudice sarà tenuto ad illustrare al minore il contenuto e
le ragioni della decisione in modo che il giovane possa acquisire
consapevolezza di quanto è accaduto e delle conseguenze che derivano dal
provvedimento decisorio.
Al minore è riconosciuta la più ampia capacità processuale di proporre
impugnazioni. La stessa facoltà spetta all’esercente la potestà genitoria, pur
non avendo quest’ultimo diritto alla notificazione del provvedimento da
impugnare emanato nei confronti del minore.
L’art. 34 del DPR 448 del 1988 stabilisce, però, che, nel caso in cui sia il
minore sia l’esercente la potestà abbiano impugnato la sentenza e tra i due
atti di impugnazione vi sia contraddizione, debba prevalere quella proposta
dall’imputato minorenne.
In linea generale, in ragione del richiamo operato dall’art. 1 del codice di
rito minorile alle norme del codice di procedura penale, le sentenze possono
essere impugnate con gli stessi mezzi di gravame previsti per il processo
penale nei confronti degli adulti, con la sola eccezione dell’opposizione,
mezzo di impugnazione, questo, previsto solo ed esclusivamente per i minorenni.
L’art. 32,ai commi 3 e 3bis, DPR 448/88 stabilisce espressamente che, contro la
sentenza di condanna a pena pecuniaria o sanzione sostitutiva e, in seguito
alla dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 32, comma 2, DPR 448/88
(sentenza n. 11 marzo 1993 n. 77) avverso la sentenza di non luogo a procedere
con le quali si è presupposta la responsabilità del minorenne – e, pertanto,
nel caso di perdono giudiziale o sentenza di non luogo a provvedere per difetto
di imputabilità ai sensi dell’art. 98 c.p. - “l'imputato e il difensore munito
di procura speciale possono proporre opposizione, con atto depositato nella
cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza, entro cinque giorni dalla
pronuncia o, quando l'imputato non è comparso, dalla notificazione
dell'estratto. La sentenza è irrevocabile quando è inutilmente decorso il
termine per proporre opposizione o quello per impugnare l'ordinanza che la
dichiara inammissibile. L'esecuzione della sentenza di condanna pronunciata a
carico di più minorenni imputati dello stesso reato rimane sospesa nei
confronti di coloro che non hanno proposto opposizione fino a quando il
giudizio conseguente all'opposizione non sia definito con pronuncia
irrevocabile .”
Sull’opposizione decide il Tribunale per i Minorenni, il quale in seguito al
relativo giudizio potrà anche revocare la sentenza di condanna, applicare una
pena diversa – anche più grave – di quella originariamente irrogata al minore
opponente e revocare i benefici già concessi.
Tuttavia, se il fatto non sussiste, non è previsto dalla legge come reato
ovvero è commesso in presenza di causa di giustificazione, il Tribunale dovrà
prosciogliere l’imputato e revocare la sentenza di condanna e la revoca della
sentenza conseguente alla opposizione alla sentenza proposta da uno degli
imputati, determinerà la revoca anche per coloro che, coimputati per lo stesso
fatto e nel medesimo procedimento, non abbiano proposto quel gravame contro la
sentenza.
L’opposizione è inammissibile se proposta da persona diversa dal minore
imputato, dal suo difensore munito di procura speciale o (per estensione ai
sensi dell’art. 34) dall’esercente la potestà genitoriale ovvero se depositata
fuori termine. La conseguente ordinanza di inammissibilità può essere impugnata
con ricorso per Cassazione
La sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, invece, può
essere impugnata dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello e dal
minorenne. La Sezione per i Minorenni della Corte di Appello decide in camera
di consiglio ai sensi dell’art. 127 c.p.p. e, se non conferma la sentenza di
primo grado, dispone la restituzione degli atti al PM (art. 27, comma 3, DPR n.
448/88).