La messa alla prova.
L’art. 28 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988
disciplina l’istituto della sospensione del processo e della messa alla prova
dell’imputato minorenne.
Si tratta di una delle maggiori espressioni di civiltà giuridica in campo
minorile, poiché consente di contemperare l’esigenza del rispetto della
personalità del minore con quella di difesa della collettività.
Difatti, la messa alla prova permette, come più sopra più volte anticipato, di
estinguere il reato se l’esito è positivo, rispettando il disposto dell’art. 27
Cost., secondo cui il carcere deve intendersi come extrema ratio, e di
occuparsi del piccolo reo affinché comprenda il proprio gesto, così realizzando
un’efficace prevenzione speciale.
Dal punto di vista operativo, la sospensione del processo avviene con ordinanza
da parte del giudice che, sentite le parti, la dispone quando ritiene di dover
valutare la personalità del minorenne all’esito della prova.
In tal caso, il processo è sospeso per un periodo non superiore a tre anni
quando si procede per reati per i quali è prevista in astratto la pena
dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a 12 anni; mentre
negli altri casi, per un periodo non superiore a un anno. Durante tale periodo
è sospeso anche il decorso del termine prescrizionale del reato.
A questo proposito si precisa che la pena deve essere considerata in astratto e
non in concreto e che l’ergastolo non può essere applicato ai minori imputabili
in forza della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 22 c.p.
con la sentenza del 28 aprile 1994, n. 168, nella parte in cui non esclude
l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile
Con l’ordinanza di sospensione il giudice affida il minorenne ai servizi
minorili dell’amministrazione della giustizia per lo svolgimento, anche in
collaborazione con i servizi sociali locali, delle opportune attività di
osservazione, trattamento e sostegno.
La presa in carico ad opera dei servizi sociali consente di valutare e il
vissuto del minorenne, affinché realizzi una piena consapevolezza circa la sua
responsabilità e le motivazioni che lo hanno spinto a delinquere.
Inoltre il giudice, con la stessa ordinanza, può impartire prescrizioni dirette
a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del
minorenne con la persona offesa dal reato allo scopo di tentare di far
comprendere al minore la quantità di sofferenza,disagio e paura che ha
procurato col suo comportamento, accrescendo la capacità di condivisione di
sentimenti ed emozioni della vittima, responsabilizzandolo e sviluppando la
capacità di immedesimazione.
Pertanto, l’istituto della messa alla prova presuppone l’adesione del minore al
progetto che consiste implicitamente in un’ammissione di responsabilità, ma al
tempo stesso permette di eludere la condanna, la pena e il ricorso agli
istituti detentivi consentendo la maturazione del carattere e una maggiore
consapevolezza dei valori di solidarietà umana.
Il progetto di messa alla prova deve essere un programma di intervento
elaborato dai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia in
collaborazione con i servizi socio – assistenziali degli enti locali che
preveda, tra l’altro, le modalità di coinvolgimento del minorenne, del suo
nucleo familiare e del suo ambiente di vita, degli impegni specifici che il
minore dovrà assumere, le modalità di partecipazione al progetto degli
operatori della giustizia e dell’ente locale e quelle di attuazione
eventualmente dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la
conciliazione del minorenne con la persona offesa.
La necessità che concorrano questi elementi fondamentali ha indotto la Corte di
Cassazione a ritenere nullo il provvedimento di sospensione del processo e la
messa alla prova disposto senza che sul progetto di intervento fosse stato
consentito il contraddittorio tra le parti.
Sull’attività svolta durante il progetto di messa alla prova e sull’evoluzione
del caso i servizi minorili informano il giudice periodicamente. I servizi
possono proporre anche al giudice modifiche del progetto, abbreviazioni ovvero
la revoca nel caso di ripetute e gravi violazioni.
Al fine della sospensione del processo e della conseguente messa alla prova, il
giudice dovrà compiere un giudizio prognostico positivo circa l’esito della
prova e la possibilità di recuperare il minore mediante l’attuazione del
progetto.
Deve trattarsi di un giudizio svolto sulla base di taluni indici positivi in
ordine alla forte probabilità che la personalità del minore, nel corso del
progetto, evolva e maturi e che, pertanto, all’udienza di verifica, lo stesso
sia una persona in qualche modo diversa dal minore autore del reato.
Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza nella
quale dichiara, con sentenza, estinto il reato, se, tenuto conto del
comportamento del minorenne e della evoluzione della sua personalità, ritiene
che la prova abbia esito positivo; in caso contrario il processo si riaprirà,
riprendendo il suo corso.