Sei in Diritto minorile

Ricevi una consulenza legale in 24 /48 ore
comodamente tramite email
Servizi forniti in Diritto minorile:  
Assegno di mantenimento Affidamento minori
Redazione lettera legale Riconoscimento di paternità
Modifica condizioni di separazione Redazione atti
Assistenza giudiziaria + Tutti i servizi

Costituzione

Art. 27

[1] La responsabilità penale è personale.

[2] L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

[3] Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

[4] Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.

art. 30 Cost.

È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità

Art. 31

[1] La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.

[2] Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

Codice Civile

Art. 2 - Maggiore età. Capacità di agire

La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa.

Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro.

Art. 84 - Età

I minori di età non possono contrarre matrimonio.

Il tribunale, su istanza dell'interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni.

Il decreto è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e al tutore.

Contro il decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione.

La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio.

Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine previsto nel quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo

art. 90 - Assistenza del minore

Con il decreto di cui all'articolo 84 il tribunale o la corte d'appello nominano, se le circostanze lo esigono, un curatore speciale che assista il minore nella stipulazione delle convenzioni matrimoniali.

art. 147 - Doveri verso i figli

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli1.

Art. 148 - Concorso negli oneri [1] [2]

1 La Corte Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto 21 ottobre 2005, n. 394, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del presente articolo, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione, dal Tribunale di Genova, con l'ordinanza 15 ottobre 2003.


2

[1] I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo [143 c. 2]. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli [147, 324 c. 2].

[2] In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole [193 c. 2].

[3] Il decreto, notificato [c.p.c. 137 ss.] agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo [c.p.c. 474], ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica. [3]

[4] L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione [c.p.c. 645], in quanto applicabili.

[5] Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 30, L. 19 maggio 1975, n. 151.

2 La Corte Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto 21 ottobre 2005, n. 394, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del presente articolo, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione, dal Tribunale di Genova, con l'ordinanza 15 ottobre 2003.

3 La Corte costituzionale con sentenza interpretativa di rigetto 14 giugno 2002, n. 236, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del presente comma , sollevata in riferimento agliartt. 3, 24 e 30 della Costituzione.

«Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi».

«Art. 155-bis. - (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che


 

3

l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Art. 155-ter. - (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli) – I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo. Art. 155-quater. – (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza) – Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643. Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici.

Art. 155-quinquies. - (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni) – Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto. Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.

Art. 155-sexies. - (Poteri del giudice e ascolto del minore) – Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli».

Art. 165 - Capacità del minore

Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali sono valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà su di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell'articolo 90.

art. 231 - Paternità del marito

Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio

art. 232 - Presunzione di concepimento durante il matrimonio

Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio [e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

art. 234 - Nascita del figlio dopo i trecento giorni

Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio.


 

4

Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di legittimo.

art. 235 - Disconoscimento di paternità

L'azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è consentita solo nei casi seguenti:

1) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della nascita;

2) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare;

3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità.

La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.

L'azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre o dal figlio che ha raggiunto la maggiore età in tutti i casi in cui può essere esercitata dal padre.

art. 236 - Atto di nascita e possesso di stato

La filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile.

Basta in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato di figlio legittimo.

art. 244 - Termini dell'azione di disconoscimento

L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio2 .

Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia3  e 4 .

L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento.

L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta di minore di età inferiore5  e 6 .

art. 249 - Reclamo della legittimità

L'azione per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se egli non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni, dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori, e, in loro mancanza, contro i loro eredi.

2  La Corte costituzionale, con sentenza del 14 maggio 1999, n. 170, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare di cui al numero 2) dell'art. 235 dello stesso codice, decorra per la moglie dal giorno in cui essa sia venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito.

3  La Corte costituzionale, con sentenza del 6 maggio 1985, n. 134, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. nella parte in cui dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie

4  La Corte costituzionale, con sentenza del 14 maggio 1999, n. 170, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare, contemplata dal n. 2) dell'art. 235 c.c., decorra per il marito dal giorno in cui esso sia venuto a conoscenza della propria impotenza di generare.

5  Comma sostituito dall'art. 81, L. 4 maggio 1983, n. 184

6  La Corte costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto del 27 novembre 1991, n. 429, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del presente comma c. nel testo sostituito dall'art. 81 della legge 4 maggio 1983, n. 184, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione.


 

5

L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

art. 250 - Riconoscimento

Il figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.

Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo assenso.

Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.

Il consenso non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda all'interesse del figlio. Se vi è opposizione, su ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l'intervento del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo del consenso mancante.

Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età.

Art. 251 - Riconoscimento di figli incestuosi

I figli nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, non possono essere riconosciuti dai loro genitori, salvo che questi al tempo del concepimento ignorassero il vincolo esistente tra di loro o che sia stato dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva l'affinità. Quando uno solo dei genitori è stato in buona fede, il riconoscimento del figlio può essere fatto solo da lui.

Il riconoscimento è autorizzato dal giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.

art. 254 - Forma del riconoscimento

Il riconoscimento del figlio naturale è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico o in un testamento importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo.

art. 262 - Cognome del figlio

Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre.

Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata, o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.

Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre.

art. 263 - Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità

Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.

L'impugnazione è ammessa anche dopo la legittimazione.

L'azione è imprescrittibile

art. 264 - Impugnazione da parte del riconosciuto

Colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore età o lo stato di interdizione per infermità di mente, impugnare il riconoscimento.

Tuttavia, il giudice, con provvedimento in camera di consiglio su istanza del pubblico ministero o del tutore o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio o del figlio stesso che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, può dare l'autorizzazione per impugnare il riconoscimento, nominando un curatore speciale.

art. 265 - Impugnazione per violenza


 

6

Il riconoscimento può essere impugnato per violenza dall'autore del riconoscimento entro un anno dal giorno in cui la violenza è cessata.

Se l'autore del riconoscimento è minore, l'azione può essere promossa entro un anno dal conseguimento dell'età maggiore.

art. 266 - Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione giudiziale

Il riconoscimento può essere impugnato per l'incapacità che deriva da interdizione giudiziale dal rappresentante dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione, dall'autore del riconoscimento, entro un anno dalla data della revoca.

art. 267 - Trasmissibilità dell'azione

Nei casi indicati dagli articoli 265 e 266, se l'autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia scaduto il termine, l'azione può essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi.

art. 270 - Legittimazione attiva e termine

L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio.

Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa può essere promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti, entro due anni dalla morte.

L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.

art. 271 - Legittimazione attiva e termine7

art. 272 - Dichiarazione giudiziale di maternità 8

Art. 273 - Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto

L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità naturale può essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la potestà prevista dall'articolo 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.

Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione se egli ha compiuto l'età di sedici anni.

Per l'interdetto l'azione può essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice.

art. 274 - Ammissibilità dell'azione9

L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata.

Sull'ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, su ricorso di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio.

L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine della inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative.

Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di minore o d'altra persona incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio.

art. 276 - Legittimazione passiva

La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore, o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi.

Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse

7  Articolo abrogato dall'art. 115, L. 19 maggio 1975, n. 151.

8  Articolo abrogato dall'art. 115, L. 19 maggio 1975, n. 151

9  Articolo dichiarato illegittimo con sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 10 febbraio 2006


 

7

art. 277 - Effetti della sentenza

La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento.

Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui

Art. 279 - Responsabilità per il mantenimento e l'educazione

In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti.

L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 274.

L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la potestà.

art. 280 - Legittimazione

La legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo.

Essa avviene per susseguente matrimonio dei genitori del figlio naturale o per provvedimento del giudice.

art. 283 - Effetti e decorrenza della legittimazione per susseguente matrimonio

I figli legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti dei figli legittimi dal giorno del matrimonio, se sono stati riconosciuti da entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o anteriormente, oppure dal giorno del riconoscimento se questo è avvenuto dopo il matrimonio.

art. 284 - Legittimazione per provvedimento del giudice

La legittimazione può essere concessa con provvedimento del giudice soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed inoltre se concorrono le seguenti condizioni:

1) che sia domandata dai genitori stessi o da uno di essi , e che il genitore abbia compiuto l'età indicata nel quinto comma dell'articolo 250;

2) che per il genitore vi sia l'impossibilità o un gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio;

3) che vi sia l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è unito in matrimonio e non è legalmente separato;

4) che vi sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli anni sedici, o dell'altro genitore o del curatore speciale, se il figlio è minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già riconosciuto.

La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli legittimi o legittimati. In tal caso il presidente del tribunale deve ascoltare i figli legittimi o legittimati, se di età superiore ai sedici anni.

art. 285 - Condizioni per la legittimazione dopo la morte dei genitori

Se uno dei genitori ha espresso in un testamento o in un atto pubblico la volontà di legittimare i figli naturali, questi possono, dopo la morte di lui, domandare la legittimazione se sussisteva la condizione prevista nel numero 2 dell'articolo precedente.

[In questo caso la domanda deve essere comunicata agli ascendenti, discendenti e coniuge o, in loro mancanza, a due tra i prossimi parenti del genitore entro il quarto grado.

art. 286 - Legittimazione domandata dall'ascendente

La domanda di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto può in caso di morte del genitore essere fatta da uno degli ascendenti legittimi di lui, se il genitore non ha comunque espressa una volontà in contrasto con quella di legittimare

art. 288 - Procedura

La domanda di legittimazione accompagnata dai documenti giustificativi deve essere diretta al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il richiedente ha la residenza.

Il tribunale, sentito il pubblico ministero, accerta la sussistenza delle condizioni stabilite negli articoli precedenti e delibera, in camera di consiglio, sulla domanda di legittimazione.

Il pubblico ministero e la parte possono, entro venti giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla corte d'appello. Questa, richiamati gli atti dal tribunale, delibera in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.


 

8

In ogni caso la sentenza che accoglie la domanda è annotata in calce all'atto di nascita del figlio.

Art. 291 - Condizioni

L'adozione è permessa alle persone che non hanno discendenti legittimi o legittimati 10 che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che intendano adottare.

Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale può autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'età di trent'anni, ferma restando la differenza di età di cui al comma precedente.

Art. 293 - Divieto di adozione di figli nati fuori del matrimonio

[1] I figli nati fuori del matrimonio non possono essere adottati dai loro genitori [250 ss.].

Art. 294 - Pluralità di adottati o di adottanti

[1] È ammessa l'adozione di più persone anche con atti successivi [1] [87 n. 7].

[2] Nessuno può essere adottato da più di una persona, salvo che i due adottanti siano marito e moglie.

Art. 295 - Adozione da parte del tutore

[1] Il tutore non può adottare la persona della quale ha avuto la tutela, se non dopo che sia stato approvato il conto della sua amministrazione, sia stata fatta la consegna dei beni e siano state estinte le obbligazioni risultanti a suo carico o data idonea garanzia per il loro adempimento [385 ss.].

Art. 296 - Consenso per l'adozione

[1] Per l'adozione si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando [311 ss.].

[2] [1]

[3] [2]

Note:

1 Comma sostituito dall'art. 5, L. 8 marzo 1975, n. 39 e, successivamente, abrogato dall'art. 67, L. 4 maggio 1983, n. 184.

2 Comma abrogato dall'art. 67, L. 4 maggio 1983, n. 184.

Art. 297 - Assenso del coniuge o dei genitori [1]

[1] Per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori dell'adottando e l'assenso del coniuge dell'adottante e dell'adottando, se coniugati e non legalmente separati [150].

[2] Quando è negato l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, può, ove ritenga il rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando, pronunziare ugualmente l'adozione, salvo che si tratti dell'assenso dei genitori esercenti la potestà o del coniuge, se convivente, dell'adottante o dell'adottando. Parimenti il tribunale può pronunziare l'adozione quando è impossibile ottenere l'assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo.

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 132, L. 19 maggio 1975, n. 151.

Art. 298 - Decorrenza degli effetti dell'adozione

[1] L'adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto che la pronunzia [313; disp. att. 35 c. 2].

[2] Finché il decreto non è emanato, tanto l'adottante quanto l'adottando possono revocare il loro consenso.

[3] Se l'adottante muore dopo la prestazione del consenso e prima dell'emanazione del decreto, si può procedere al compimento degli atti necessari per l'adozione.

[4] Gli eredi dell'adottante possono presentare al tribunale memorie e osservazioni per opporsi all'adozione [1] .

[5] Se l'adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell'adottante.

Note:

1 L'art. 3, L. 5 giugno 1967, n. 431 ha sostituito la competenza della corte d'appello con quella del tribunale nel cui circondario l'adottante ha la residenza.

10  La Corte Costituzionale, con sentenza 20 luglio 2004, n. 245, ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede che l'adozione di maggiorenni non possa essere pronunciata in presenza di figli naturali, riconosciuti dall'adottante, minorenni o, se maggiorenni, non consenzienti nonché, con sentenza del 19 maggio 1988, n. 557, l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non consente l'adozione a persone che abbiano discendenti legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti.


 

9

Art. 299 - Cognome dell'adottato [1]

[1] L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio [6, 262].

[2] L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto [250 ss.] dai propri genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente revocata [305 ss.]. Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante. [2]

[3] Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome del marito.

[4] Se l'adozione è compiuta da una donna maritata, l'adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei.

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 61, L. 4 maggio 1983, n. 184.

2 La Corte Costituzionale, consentenza 11 maggio 2001, n. 120, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma c. nella parte in cui non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, l'adottato possa aggiungere al cognome dell'adottante anche quello originariamente attribuitogli

Art. 300 - Diritti e doveri dell'adottato

[1] L'adottato conserva tutti i diritti [147] e i doveri [315 ss.] verso la sua famiglia di origine, salve le eccezioni stabilite dalla legge.

[2] L'adozione non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato, né tra l'adottato e i parenti dell'adottante [567 c. 2], salve le eccezioni stabilite dalla legge [87, 433].

Art. 304 - Diritti di successione

[1] L'adozione non attribuisce all'adottante alcun diritto di successione.

[2] I diritti dell'adottato nella successione dell'adottante sono regolati dalle norme contenute nel libro II [468, 536 c. 2, 567].

Art. 305 - Revoca dell'adozione

[1] L'adozione si può revocare soltanto nei casi preveduti dagli articoli seguenti [disp. att. 35 c. 2, 567].

Art. 306 - Revoca per indegnità dell'adottato

[1] La revoca dell'adozione può essere pronunziata dal tribunale su domanda dell'adottante, quando l'adottato abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso loro di delitto punibile con pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni.

[2] Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca dell'adozione può essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe l'eredità in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti

Art. 307 - Revoca per indegnità dell'adottante [1]

[1] Quando i fatti previsti dall'articolo precedente sono stati compiuti dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca può essere pronunciata su domanda dell'adottato.

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 62, L. 4 maggio 1983, n. 184.

Art. 309 - Decorrenza degli effetti della revoca

[1] Gli effetti dell'adozione [298 ss.] cessano quando passa in giudicato la sentenza di revoca [disp. att. 37 c. 2].

[2] Se tuttavia la revoca è pronunziata dopo la morte dell'adottante per fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi discendenti sono esclusi dalla successione dell'adottante [463 ss.].

Art. 311 - Manifestazione del consenso

[1] Il consenso dell'adottante e dell'adottando o del legale rappresentante di questo deve essere manifestato personalmente al presidente del tribunale nel cui circondario l'adottante ha residenza [disp. att. 35] [2] .

[2] [3]

[3] L'assenso delle persone indicate negli articoli 296 e 297 può essere dato da persona munita di procura speciale rilasciata per atto pubblico [2699] o per scrittura privata autenticata [2703].

Note:

1 Titolo sostituito dall'art. 63, L. 4 maggio 1983, n. 184. Precedentemente, il titolo era il seguente: "Delle forme dell'adozione".


 

10

2 L'art. 3, L. 5 giugno 1967, n. 431 ha sostituito la competenza della corte d'appello con quella del tribunale nel cui circondario l'adottante ha la residenza.

3 Comma soppresso dall'art. 3, L. 5 giugno 1967, n. 431.

Art. 312 - Accertamenti del tribunale [1]

[1] Il tribunale, assunte le opportune informazioni, verifica:

1) se tutte le condizioni della legge sono state adempiute;

2) se l'adozione conviene all'adottando.

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 64, L. 4 maggio 1983, n. 184.

Art. 313 - Provvedimento del tribunale [1]

[1] Il tribunale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni altra formalità di procedura, provvede con sentenza decidendo di far luogo o non far luogo alla adozione.

[2] L'adottante, il pubblico ministero, l'adottando, entro trenta giorni dalla comunicazione, possono proporre impugnazione avanti la Corte d'appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 65, L. 4 maggio 1983, n. 184 e, successivamente, dall'art. 30, comma c. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.

Art. 314 - Pubblicità [1]

[1] La sentenza definitiva che pronuncia l'adozione è trascritta a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice dell'impugnazione, su apposito registro e comunicata all'ufficiale di stato civile per l'annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato [disp. att. 37].

[2] Con la procedura di cui al primo comma deve essere altresì trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in giudicato [c.p.c. 324].

[3] L'autorità giudiziaria può inoltre ordinare la pubblicazione della sentenza che pronuncia l'adozione o della sentenza di revoca nei modi che ritiene opportuni [c.p.c. 120].

Note:

1 Articolo modificato dall'art. 66, L. 4 maggio 1983, n. 184 e, successivamente, sostituito dall'art. 31, comma c. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.

art. 315 - Doveri del figlio verso i genitori

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia, finché convive con essa.

art. 316 - Esercizio della potestà dei genitori

Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all'età maggiore o alla emancipazione.

La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori.

In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.

Se sussiste un incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio, il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili.

Il giudice, sentiti i genitori ed il figlio, se maggiore degli anni quattordici, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare. Se il contrasto permane, il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio

art. 320 - Rappresentanza e amministrazione

I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.

Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dell'articolo 316.


 

11

I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare.

I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l'impiego.

L'esercizio di un'impresa commerciale non può essere continuato se non con l'autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare . Questi può consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sull'istanza

Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa potestà, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all'altro genitore.

Art. 322 - Inosservanza delle disposizioni precedenti [1]

[1] Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli del presente titolo possono essere annullati su istanza dei genitori esercenti la potestà o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa [1441 ss.].

Art. 324 - Usufrutto legale [1]

[1] I genitori esercenti la potestà hanno in comune l'usufrutto dei beni del figlio.

[2] I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e all'istruzione ed educazione dei figli [147, 315].

[3] Non sono soggetti ad usufrutto legale:

1) i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro [315];

2) i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera, un'arte o una professione;

3) i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la potestà o uno di essi non ne abbiano l'usufrutto: la condizione però non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima [536 ss.];

4) i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati nell'interesse del figlio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà. Se uno solo di essi era favorevole all'accettazione, l'usufrutto legale spetta esclusivamente a lui.

Art. 330 - Decadenza dalla potestà sui figli [1]

[1] Il giudice [disp. att. 38, 51] può pronunziare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.

[2] In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore. [2]

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 152, L. 19 maggio 1975, n. 151.

2 Comma modificato dall'art. 37, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.

Art. 332 - Reintegrazione nella potestà [1]

[1] Il giudice [disp. att. 38, 51] può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 154, L. 19 maggio 1975, n. 151.

Art. 333 - Condotta del genitore pregiudizievole ai figli

[1] Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice [disp. att. 38, 51], secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.

[2] Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.

Art. 334 - Rimozione dall'amministrazione [1]


 

12

[1] Quando il patrimonio del minore è male amministrato, il tribunale [disp. att. 38, 51] può stabilire le condizioni a cui i genitori devono attenersi nell'amministrazione o può rimuovere entrambi o uno solo di essi dall'amministrazione stessa e privarli, in tutto o in parte, dell'usufrutto legale .

[2] L'amministrazione è affidata ad un curatore, se è disposta la rimozione di entrambi i genitori.

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 156, L. 19 maggio 1975, n. 151.

Art. 335 - Riammissione nell'esercizio dell'amministrazione

[1] Il genitore rimosso dall'amministrazione ed eventualmente privato dell'usufrutto legale può essere riammesso dal tribunale [disp. att. 38, 51] nell'esercizio dell'una e nel godimento dell'altro, quando sono cessati i motivi che hanno provocato il provvedimento.

Art. 336 - Procedimento [1] [2]

[1] I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato.

[2] Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero [c.p.c. 737 ss.]. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito.

[3] In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche di ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio.

[4] Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore. [3]

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 157, L. 19 maggio 1975, n. 151.

2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente articolo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.

3 Comma aggiunto dall'art. 37, comma 3, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U. e, successivamente, modificato dall'art. 299, comma 1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, a decorrere dal 1° luglio 2002.

Art. 343 - Apertura della tutela

[1] Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause [49, 330] non possono esercitare la potestà dei genitori [1] , si apre la tutela presso il tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari e interessi del minore [43; disp. att. 129] [2] .

[2] Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela può essere ivi trasferita [45 c. 2] con decreto del tribunale [3] .

Note:

1 Espressione sostituita a "patria potestà", dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.

2 Comma modificato dall'art. 139, comma 1, lett. a), D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.

3 Comma modificato dall'art. 139, comma 1, lett. b), D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.

Art. 344 - Funzioni del giudice tutelare

[1] Presso ogni tribunale il giudice tutelare soprintende alle tutele e alle curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge [389; disp. att. 43 ss.; c.p.c. 739 ss.] [1] .

[2] Il giudice tutelare può chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni [354, 400 ss.].

Note:

1 Comma modificato dall'art. 140, comma 1, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.


 

13

Art. 345 - Denunzie al giudice tutelare

[1] L'ufficiale dello stato civile, che riceve la dichiarazione di morte di una persona la quale ha lasciato figli in età minore ovvero la dichiarazione di nascita di un figlio di genitori ignoti, e il notaio, che procede alla pubblicazione di un testamento contenente la designazione di un tutore o di un protutore [348], devono darne notizia al giudice tutelare entro dieci giorni.

[2] Il cancelliere, entro quindici giorni dalla pubblicazione o dal deposito in cancelleria, deve dare notizia al giudice tutelare delle decisioni dalle quali derivi l'apertura di una tutela.

[3] I parenti entro il terzo grado [76] devono denunziare al giudice tutelare il fatto da cui deriva l'apertura della tutela entro dieci giorni da quello in cui ne hanno avuto notizia. La denunzia deve essere fatta anche dalla persona designata quale tutore o protutore [348] entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia della designazione.

Art. 346 - Nomina del tutore e del protutore

[1] Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l'apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del protutore [348, 354, 360, 389].

Art. 347 - Tutela di più fratelli [1]

[1] È nominato un solo tutore a più fratelli e sorelle, salvo che particolari circostanze consiglino la nomina di più tutori. Se vi è conflitto di interessi tra minori soggetti alla stessa tutela, il giudice tutelare nomina ai minori un curatore speciale [320 c. 6].

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 160, L. 19 maggio 1975, n. 151.

Art. 348 - Scelta del tutore

[1] Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la potestà dei genitori [316] [1]. La designazione può essere fatta per testamento [587 c. 2], per atto pubblico [2699] o per scrittura privata autenticata [2703].

[2] Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti [74] o affini [78] del minore, i quali, in quanto sia opportuno, devono essere sentiti.

[3] Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire il minore che abbia raggiunto l'età di anni sedici.

[4] In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto è prescritto nell'articolo 147.

[5] [2] .

Note:

1 Espressione sostituita a "patria potestà" dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.

2 Comma abrogato dall'art. 1, R.D.L. 20 gennaio 1944, n. 25 e, successivamente, dall'art. 3, D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 287.

Art. 349 - Giuramento del tutore

[1] Il tutore, prima di assumere l'ufficio, presta davanti al giudice tutelare giuramento di esercitarlo con fedeltà e diligenza.

Art. 350 - Incapacità all'ufficio tutelare

[1] Non possono essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono cessare dall'ufficio [disp. att. 129]:

1) coloro che non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio;

2) coloro che sono stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale per ultimo ha esercitato la potestà dei genitori [1] ;

3) coloro che hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i discendenti o il coniuge hanno o sono per avere col minore una lite, per effetto della quale può essere pregiudicato lo stato del minore o una parte notevole del patrimonio di lui;

4) coloro che sono incorsi nella perdita della potestà dei genitori [1] o nella decadenza da essa [330], o sono stati rimossi da altra tutela [384];

5) il fallito che non è stato cancellato dal registro dei falliti.


 

14

Note:

1 Espressione sostituita a "patria potestà" dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 351 - Dispensa dall'ufficio tutelare

[1] Sono dispensati dall'ufficio di tutore:

1) i Principi della Famiglia Reale, salve le disposizioni che regolano la tutela dei Principi della stessa Famiglia [1] ;

2) il Presidente del Consiglio dei Ministri;

3) i membri del Sacro Collegio;

4) i Presidenti delle Assemblee legislative;

5) i Ministri Segretari di Stato.

[2] Le persone indicate nei numeri 2, 3, 4 e 5 possono far noto al giudice tutelare che non intendono valersi della dispensa.

Note:

1 Numero abrogato per incompatibilità con la scelta istituzionale, espressa nella Costituzione, di sostituire la monarchia con la forma repubblicana.

Art. 352 - Dispensa su domanda

[1] Hanno diritto di essere dispensati su loro domanda dall'assumere o dal continuare l'esercizio della tutela:

1) i grandi ufficiali dello Stato non compresi nell'articolo precedente;

2) gli arcivescovi, i vescovi e i ministri del culto aventi cura d'anime;

3) [1]

4) i militari in attività di servizio;

5) chi ha compiuto gli anni sessantacinque;

6) chi ha più di tre figli minori;

7) chi esercita altra tutela;

8) chi è impedito di esercitare la tutela da infermità permanente;

9) chi ha missione dal Governo fuori dello Stato o risiede per ragioni di pubblico servizio fuori della circoscrizione del tribunale dove è costituita la tutela.

Note:

1 Numero abrogato dall'art. 161, L. 19 maggio 1975, n. 151.

Art. 353 - Domanda di dispensa

[1] La domanda di dispensa per le cause indicate nell'articolo precedente deve essere presentata al giudice tutelare prima della prestazione del giuramento salvo che la causa di dispensa sia sopravvenuta.

[2] Il tutore è tenuto ad assumere e a mantenere l'ufficio fino a quando la tutela non sia stata conferita ad altra persona [360].

Art. 354 - Tutela affidata a enti di assistenza

[1] La tutela dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può essere deferita dal giudice tutelare a un ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore [45 c. 2] o all'ospizio in cui questi è ricoverato [402]. L'amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela [355 c. 2].

[2] È tuttavia in facoltà del giudice tutelare di nominare un tutore al minore quando la natura o l'entità dei beni o altre circostanze lo richiedono.

Art. 356 - Donazione o disposizione testamentaria a favore del minore

[1] Chi fa una donazione o dispone con testamento a favore di un minore, anche se questi è soggetto alla potestà dei genitori [1] , può nominargli un curatore speciale per l'amministrazione dei beni donati o lasciati.

[2] Se il donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale deve osservare le forme stabilite dagli articoli 374 e 375 per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.

[3] Si applica in ogni caso al curatore speciale l'articolo 384.

Note:

1 Espressione sostituita a "patria potestà" dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.


 

15

Art. 357 - Funzioni del tutore

[1] Il tutore ha la cura della persona del minore [45 c. 2, 147, 371], lo rappresenta in tutti gli atti civili [320, 1387] e ne amministra i beni [2048, 2941 n. 3].

Art. 358 - Doveri del minore

[1] Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore [315]. Egli non può abbandonare la casa o l'istituto al quale è stato destinato, senza il permesso del tutore.

[2] Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di richiamarvelo, ricorrendo, se è necessario, al giudice tutelare.

Art. 361 - Provvedimenti urgenti

[1] Prima che il tutore o il protutore abbia assunto le proprie funzioni, spetta al giudice tutelare di dare, sia d'ufficio sia su richiesta del pubblico ministero, di un parente [74] o di un affine [78] del minore, i provvedimenti urgenti che possono occorrere per la cura del minore o per conservare e amministrare il patrimonio. Il giudice può procedere, occorrendo, all'apposizione dei sigilli, nonostante qualsiasi dispensa.

Art. 362 - Inventario

[1] Il tutore, nei dieci giorni successivi a quello in cui ha avuto legalmente notizia della sua nomina, deve procedere all'inventario dei beni del minore, nonostante qualsiasi dispensa [disp. att. 46 c. 1].

[2] L'inventario deve essere compiuto nel termine di trenta giorni, salva al giudice tutelare la facoltà di prorogare il termine se le circostanze lo esigono

Art. 363 - Formazione dell'inventario

[1] L'inventario si fa col ministero del cancelliere del tribunale o di un notaio a ciò delegato dal giudice tutelare, con l'intervento del protutore e, se è possibile, anche del minore che abbia compiuto gli anni sedici, e con l'assistenza di due testimoni scelti preferibilmente fra i parenti o gli amici della famiglia [1] .

[2] Il giudice può consentire che l'inventario sia fatto senza ministero di cancelliere o di notaio, se il valore presumibile del patrimonio non eccede euro 7,75 (quindicimila lire).

[3] L'inventario è depositato presso il tribunale [2] .

[4] Nel verbale di deposito il tutore e il protutore ne dichiarano con giuramento la sincerità.

Note:

1 Comma modificato dall'art. 141, comma 1, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.

2 Comma modificato dall'art. 141, comma 2, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.

Art. 364 - Contenuto dell'inventario

[1] Nell'inventario si indicano gli immobili, i mobili, i crediti e i debiti e si descrivono le carte, note e scritture relative allo stato attivo e passivo del patrimonio, osservando le formalità stabilite nel codice di procedura civile [c.p.c. 769 ss.].

Art. 365 - Inventario di aziende

[1] Se nel patrimonio del minore esistono aziende commerciali [2195, 2555] o agricole [2135], si procede con le forme usate nel commercio o nell'economia agraria alla formazione dell'inventario dell'azienda [2214], con l'assistenza e l'intervento delle persone indicate nell'articolo 363. Questi particolari inventari sono pure depositati presso il tribunale e il loro riepilogo è riportato nell'inventario generale [1] .

Note:

1 Comma modificato dall'art. 141, comma 2, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66.

Art. 366 - Beni amministrati da curatore speciale


 

16

[1] Il tutore deve comprendere nell'inventario generale del patrimonio del minore anche i beni, la cui amministrazione è stata deferita a un curatore speciale [356]. Se questi ha formato un inventario particolare di tali beni, deve rimetterne copia al tutore, il quale lo unirà all'inventario generale.

[2] Il curatore deve anche comunicare al tutore copia dei conti periodici della sua amministrazione, salvo che il disponente lo abbia esonerato.

Art. 367 - Dichiarazione di debiti o crediti del tutore

[1] Il tutore, che ha debiti, crediti o altre ragioni verso il minore, deve esattamente dichiararli prima della chiusura dell'inventario. Il cancelliere o il notaio hanno l'obbligo di interpellarlo al riguardo.

[2] Nel caso d'inventario senza opera di cancelliere o di notaio [363 c. 2], il tutore è interpellato dal giudice tutelare all'atto del deposito.

[3] In ogni caso si fa menzione dell'interpellazione e della dichiarazione del tutore nell'inventario o nel verbale di deposito [368].

Art. 368 - Omissione della dichiarazione

[1] Se il tutore, conoscendo il suo credito o le sue ragioni, espressamente interpellato non li ha dichiarati, decade da ogni suo diritto.

[2] Qualora, sapendo di essere debitore, non abbia dichiarato fedelmente il proprio debito, può essere rimosso dalla tutela [384].

Art. 369 - Deposito di titoli e valori

[1] Il tutore deve depositare il denaro, i titoli di credito al portatore [2003] e gli oggetti preziosi esistenti nel patrimonio del minore presso un istituto di credito [disp. att. 251] designato dal giudice tutelare, salvo che questi disponga diversamente per la loro custodia.

[2] Non è tenuto a depositare le somme occorrenti per le spese urgenti di mantenimento e di educazione del minore e per le spese di amministrazione.

Art. 370 - Amministrazione prima dell'inventario

[1] Prima che sia compiuto l'inventario, l'amministrazione del tutore deve limitarsi agli affari che non ammettono dilazione

Art. 371 - Provvedimenti circa l'educazione e l'amministrazione

[1] Compiuto l'inventario, il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera:

1) sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, sentito lo stesso minore se ha compiuto gli anni dieci, e richiesto, quando è opportuno, l'avviso dei parenti prossimi e del comitato di patronato dei minorenni;

2) sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e la istruzione del minore e per l'amministrazione del patrimonio, fissando i modi d'impiego del reddito eccedente;

3) sulla convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le aziende commerciali [2195, 2555], che si trovano nel patrimonio del minore, e sulle relative modalità e cautele [2294] [1].

[2] Nel caso in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il tutore deve domandare l'autorizzazione del tribunale [disp. att. 38]. In pendenza della deliberazione del tribunale il giudice tutelare può consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa [2198].

Note:

1 Per l'obbligazione cambiaria del genitore e del tutore non autorizzati all'esercizio del commercio per conto del minore, vedi l'art. 10, R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669; per l'assunzione di obbligazione da parte del genitore o del tutore non autorizzati all'esercizio del commercio per conto del minore, vedi l'art. 13, R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736.

Art. 372 - Investimento di capitali

[1] I capitali del minore devono, previa autorizzazione del giudice tutelare, essere dal tutore investiti:

1) in titoli dello Stato o garantiti dallo Stato;

2) nell'acquisto di beni immobili posti nello Stato;

3) in mutui garantiti da idonea ipoteca sopra beni posti nello Stato, o in obbligazioni emesse da pubblici istituti autorizzati a esercitare il credito fondiario;


 

17

4) in depositi fruttiferi presso le casse postali o presso altre casse di risparmio o monti di credito su pegno. Il giudice, sentito il tutore e il protutore, può autorizzare il deposito presso altri istituti di credito [disp. att. 251], ovvero, per motivi particolari, un investimento diverso da quelli sopra indicati [disp. att. 45].

Art. 373 - Titoli al portatore

[1] Se nel patrimonio del minore si trovano titoli al portatore [2003], il tutore deve farli convertire in nominativi [1999, 2021], salvo che il giudice tutelare disponga che siano depositati in cauta custodia [disp. att. 45 c. 1].

Art. 374 - Autorizzazione del giudice tutelare

[1] Il tutore non può senza l'autorizzazione del giudice tutelare [377; disp. att. 45 c. 1]:

1) acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del minore, per l'economia domestica e per l'amministrazione del patrimonio;

2) riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore e per l'ordinaria amministrazione del suo patrimonio;

3) accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni [320 c. 4];

4) fare contratti di locazione d'immobili oltre il novennio o che in ogni caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età [2];

5) promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi [471].

Art. 375 - Autorizzazione del tribunale

[1] Il tutore non può senza l'autorizzazione del tribunale [c.p.c. 732]:

1) alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento;

2) costituire pegni [2784] o ipoteche [2821];

3) procedere a divisioni [713 ss., 1111 ss.] o promuovere i relativi giudizi [c.p.c. 784 ss.];

4) fare compromessi [c.p.c. 806] e transazioni [1965, 1966 c. 1] o accettare concordati.

[2] L'autorizzazione è data su parere del giudice tutelare

Art. 376 - Vendita di beni

[1] Nell'autorizzare la vendita di beni, il tribunale determina se debba farsi all'incanto o a trattative private, fissandone in ogni caso il prezzo minimo [c.p.c. 733].

[2] Quando nel dare l'autorizzazione il tribunale non ha stabilito il modo di erogazione o di reimpiego del prezzo, lo stabilisce il giudice tutelare [disp. att. 45 c. 1].

Art. 377 - Atti compiuti senza l'osservanza delle norme dei precedenti articoli

[1] Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli possono essere annullati su istanza del tutore o del minore o dei suoi eredi o aventi causa [1425 ss.].

Art. 378 - Atti vietati al tutore e al protutore

[1] Il tutore e il protutore non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore [323, 779, 1261, 1471, 2233 c. 3].

[2] Non possono prendere in locazione i beni del minore senza l'autorizzazione e le cautele fissate dal giudice tutelare.

[3] Gli atti compiuti in violazione di questi divieti possono essere annullati su istanza delle persone indicate nell'articolo precedente, ad eccezione del tutore e del protutore che li hanno compiuti [1441 ss.].

[4] Il tutore e il protutore non possono neppure diventare cessionari di alcuna ragione o credito verso il minore [596, 1261].

Art. 379 - Gratuità della tutela

[1] L'ufficio tutelare è gratuito.

[2] Il giudice tutelare tuttavia, considerando l'entità del patrimonio e le difficoltà dell'amministrazione, può assegnare al tutore un'equa indennità. Può altresì, se particolari circostanze lo richiedono, sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare nell'amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da una o più persone stipendiate.

Art. 380 - Contabilità dell'amministrazione

[1] Il tutore deve tenere regolare contabilità della sua amministrazione e renderne conto ogni anno al giudice tutelare [disp. att. 46 c. 1].


 

18

[2] Il giudice può sottoporre il conto annuale all'esame del protutore e di qualche prossimo parente [74] o affine [78] del minore

Art. 381 - Cauzione

[1] Il giudice tutelare, tenuto conto della particolare natura ed entità del patrimonio, può imporre al tutore di prestare una cauzione, determinandone l'ammontare e le modalità [disp. att. 131].

[2] Egli può anche liberare il tutore in tutto o in parte dalla cauzione che avesse prestata.

Art. 382 - Responsabilità del tutore e del protutore

[1] Il tutore deve amministrare il patrimonio del minore con la diligenza del buon padre di famiglia [1176]. Egli risponde verso il minore di ogni danno a lui cagionato violando i propri doveri.

[2] Nella stessa responsabilità incorre il protutore per ciò che riguarda i doveri del proprio ufficio.

Art. 383 - Esonero dall'ufficio

[1] Il giudice tutelare può sempre esonerare il tutore dall'ufficio, qualora l'esercizio di esso sia al tutore soverchiamente gravoso e vi sia altra persona atta a sostituirlo [disp. att. 129 c. 2].

Art. 384 - Rimozione e sospensione del tutore

[1] Il giudice tutelare può rimuovere dall'ufficio il tutore che si sia reso colpevole di negligenza o abbia abusato dei suoi poteri, o si sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi, o sia divenuto immeritevole dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela, ovvero sia divenuto insolvente.

[2] Il giudice non può rimuovere il tutore se non dopo averlo sentito o citato; può tuttavia sospenderlo dall'esercizio della tutela nei casi che non ammettono dilazione [356, 393; disp. att. 129 c. 2].

Art. 385 - Conto finale

[1] Il tutore che cessa dalle funzioni deve fare subito la consegna dei beni e deve presentare nel termine di due mesi il conto finale dell'amministrazione al giudice tutelare. Questi può concedere una proroga [disp. att. 46 c. 1].

Art. 386 - Approvazione del conto

[1] Il giudice tutelare invita il protutore, il minore divenuto maggiore [2] o emancipato [390 ss.], ovvero, secondo le circostanze, il nuovo rappresentante legale a esaminare il conto e a presentare le loro osservazioni

[2] Se non vi sono osservazioni, il giudice che non trova nel conto irregolarità o lacune lo approva; in caso contrario nega l'approvazione [disp. att. 45 c. 1].

[3] Qualora il conto non sia stato presentato o sia impugnata la decisione del giudice tutelare, provvede l'autorità giudiziaria nel contraddittorio degli interessati [disp. att. 45 c. 3].

Art. 387 - Prescrizione delle azioni relative alla tutela

[1] Le azioni del minore contro il tutore e quelle del tutore contro il minore relative alla tutela si prescrivono in cinque anni dal compimento della maggiore età [2] o dalla morte del minore. Se il tutore ha cessato dall'ufficio e ha presentato il conto prima della maggiore età o della morte del minore, il termine decorre dalla data del provvedimento col quale il giudice tutelare pronunzia sul conto stesso [386, 2941 n. 3].

[2] Le disposizioni di quest'articolo non si applicano all'azione per il pagamento del residuo che risulta dal conto definitivo.

Art. 388 - Divieto di convenzioni prima dell'approvazione del conto

[1] Nessuna convenzione tra il tutore e il minore divenuto maggiore [2] può aver luogo prima che sia decorso un anno dall'approvazione del conto della tutela [295, 596, 779]. [1]

[2] La convenzione può essere annullata su istanza del minore o dei suoi eredi o aventi causa [1441 ss.].

Note:

1 Comma modificato dall'art. 3, comma 2, L. 9 gennaio 2004, n. 6, a decorrere dal 19 marzo 2004.

Art. 389 - Registro delle tutele

[1] Nel registro delle tutele, istituito presso ogni giudice tutelare, sono iscritti a cura del cancelliere l'apertura e la chiusura della tutela, la nomina, l'esonero e la rimozione del tutore e del protutore, le risultanze degli inventari e dei rendiconti e tutti i provvedimenti che portano modificazione nello stato personale o patrimoniale del minore [disp. att. 48 ss.].


 

19

[2] Dell'apertura e della chiusura della tutela il cancelliere dà comunicazione entro dieci giorni all'ufficiale dello stato civile per l'annotazione in margine all'atto di nascita del minore.

Art. 390 - Emancipazione di diritto

Il minore è di diritto emancipato col matrimonio.

Art. 392 - Curatore dell'emancipato

Curatore del minore sposato con persona maggiore di età è il coniuge.

Se entrambi i coniugi sono minori di età, il giudice tutelare può nominare un unico curatore, scelto preferibilmente fra i genitori.

Se interviene l'annullamento per una causa diversa dall'età, o lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o la separazione personale, il giudice tutelare nomina curatore uno dei genitori, se idoneo all'ufficio, o in mancanza, altra persona. Nel caso in cui il minore contrae successivamente matrimonio, il curatore lo assiste altresì negli atti previsti nell'articolo 165.

Art. 394 - Capacità dell'emancipato

L'emancipazione conferisce al minore la capacità di compiere gli atti che non eccedono l'ordinaria amministrazione.

Il minore emancipato può con l'assistenza del curatore riscuotere i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può stare in giudizio sia come attore sia come convenuto.

Per gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, oltre il consenso del curatore, è necessaria l'autorizzazione del giudice tutelare. Per gli atti indicati nell'articolo 375 l'autorizzazione, se curatore non è il genitore, deve essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare.

Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è nominato un curatore speciale a norma dell'ultimo comma dell'articolo 320.

Art. 397 - Emancipato autorizzato all'esercizio di un’impresa commerciale

Il minore emancipato può esercitare un’impresa commerciale senza l'assistenza del curatore, se è autorizzato dal tribunale, previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore.

L'autorizzazione può essere revocata dal tribunale su istanza del curatore o d'ufficio, previo, in entrambi i casi, il parere del giudice tutelare e sentito il minore emancipato.

Il minore emancipato, che è autorizzato all'esercizio di un’impresa commerciale, può compiere da solo gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, anche se estranei all'esercizio dell’impresa.

Disposizioni di attuazione del codice civile

art. 38 disp. att. c.c.

Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 171, 194, secondo comma, 250, 252, 262, 264, 316, 317-bis, 330, 332,333, 334, 335 e 371, ultimo comma, nonché nel caso di minori dall'articolo 269, primo comma, del codice civile.

Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria.

In ogni caso il tribunale provvede in camera di consiglio sentito il pubblico ministero.

Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni.

Codice di procedura civile

Art. 78 - Curatore speciale

[1] Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza [796 c. 2; c.c. 320, 343 ss.] o l'assistenza [c.c. 40, 334, 419, 424], e vi sono ragioni di urgenza [77 c. 1], può essere nominato all'incapace, alla persona giuridica [c.c. 11 ss.] o all'associazione non riconosciuta [c.c. 36 ss.] un curatore speciale che lo rappresenti o assista finché subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l'assistenza [c.c. 36, 41].

[2] Si procede altresì alla nomina di un curatore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto d'interessi col rappresentante [c.c. 320, 347, 360].


 

20

Art. 79 - Istanza di nomina del curatore speciale

[1] La nomina del curatore speciale di cui all'articolo precedente può essere in ogni caso chiesta [80] dal pubblico ministero. Può essere chiesta anche dalla persona che deve essere rappresentata o assistita, sebbene incapace, nonché dai suoi prossimi congiunti [c.c. 77] e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante [c.c. 1387].

[2] Può essere inoltre chiesta da qualunque altra parte in causa che vi abbia interesse [100].

Art. 80 - Provvedimento di nomina del curatore speciale

[1] L'istanza per la nomina del curatore speciale si propone al conciliatore [1] , o al presidente dell'Ufficio giudiziario davanti al quale s'intende proporre la causa [121, 125]. [2]

[2] Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite possibilmente le persone interessate, provvede con decreto [135]. Questo è comunicato [136, 739] al pubblico ministero affinché provochi, quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell'incapace, della persona giuridica o dell'associazione non riconosciuta.

Note:

1 Espressione sostituita da quella di "giudice di pace" dall'art. 39, L. 21 novembre 1991, n. 374 .

2 Comma modificato dall'art. 60, comma 1, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G. U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188 ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.

Art. 116 - Valutazione delle prove

[…]

Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell'articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo

Codice penale

Art. 22 - Ergastolo [1]

[1] La pena dell'ergastolo è perpetua, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati [2] , con l'obbligo del lavoro [3] e con l'isolamento notturno [29, 32, 36; disp. att. 1, 2].

[2] Il condannato all'ergastolo può essere ammesso al lavoro all'aperto [4] .

[3] [5]

[4] [5]

Note:

1 La Corte costituzionale, consentenza del 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non esclude l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile.

2 Per l'individuazione dei relativi istituti penitenziari, vedi cfr. gli artt. 59, n. 2 e61, L. 26 luglio 1975, n. 354 e l'art. 97, comma c. 6, D.P.R. 29 aprile 1976, n. 431. Successivamente il decreto n. 431/1976 è stato abrogato dall'art. 136, D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230. Per il nuovo regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, vedi cfr. il D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230.

3 Vedi Cfr. gli artt. 20, 20bis e 21, L. 26 luglio 1975, n. 354.

4 Comma sostituito dall'art. 1, L. 25 novembre 1962, n. 1634.

5 Comma abrogato dall'art. 1, L. 25 novembre 1962, n. 1634.

Art. 97 - Minore degli anni quattordici

Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni

Art. 98 - Minore degli anni diciotto

È imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d'intendere e di volere; ma la pena è diminuita.

Quando la pena detentiva inflitta è inferiore a cinque anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie . Se si tratta di pena più grave, la condanna importa soltanto l'interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori


 

21

Art. 120 - Diritto di querela

[1] Ogni persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d'ufficio [disp. att. 11] o dietro richiesta [8-11, 127, 313; c.p.p. 342] o istanza [9, 10, 130; c.p.p. 341] ha diritto di querela [c.p.p. 336-340].

[2] Per i minori degli anni quattordici [121] e per gli interdetti a cagione d'infermità di mente [c.c. 414], il diritto di querela è esercitato dal genitore o dal tutore [343, c.c. 424].

[3] I minori [c.c. 2] che hanno compiuto gli anni quattordici e gli inabilitati [c.c. 415] possono esercitare il diritto di querela [125], e possono altresì, in loro vece, esercitarlo il genitore ovvero il tutore o il curatore [392, c.c. 424], nonostante ogni contraria dichiarazione di volontà, espressa o tacita, del minore o dell'inabilitato [543, 597].

Art. 133 - Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena

[1] Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente [164, 169, 175, 203; c.p.p. 735], il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta:

1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell'azione;

2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;

3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa

[2] Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole [103-105, 108], desunta:

1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;

2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;

3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;

4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.

Art. 169 - Perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto

[1] Se, per il reato commesso dal minore degli anni diciotto, [la legge stabilisce una pena restrittiva della libertà personale non superiore nel massimo a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore nel massimo a euro 1.549 (lire tre milioni), anche se congiunta a detta pena] [1] , il giudice può astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio, quando, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'articolo 133, presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.

[2] Quando si proceda al giudizio il giudice può, nella sentenza, per gli stessi motivi, astenersi dal pronunciare condanna.

[3] Le disposizioni precedenti non si applicano nei casi preveduti dal numero 1 del primo capoverso dell'articolo 164.

[4] Il perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta [disp. att. c.p.p. 237] [2] .

Note:

1 Vedi Cfr. l'art. 19, R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404. Per l'aggiornamento della pena pecuniaria, vedi cfr. l'art. 113, comma c. 1, L. 24 novembre 1981, n. 689.

2 La Corte costituzionale:- con sentenza 5 luglio 1973, n. 108 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. "nella parte in cui non consente che possa estendersi il perdono giudiziale ad altri reati che si legano col vincolo della continuazione a quelli per i quali è stato concesso il beneficio"

- con sentenza 7 luglio 1976, n. 154 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. "nella parte in cui esclude che possa concedersi un nuovo perdono giudiziale in caso di reato commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono e di pena che, cumulata con quella precedente, non superi i limiti per l'applicazione del beneficio

Art. 570 - Violazione degli obblighi di assistenza familiare [1]

[1] Chiunque, abbandonando il domicilio domestico [c.c. 45, 143, 146], o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori [2] [c.c. 147, 316] [, alla tutela legale] [3] o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 (lire duecentomila) a euro 1.032 (due milioni) [4] .

[2] Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:

1) malversa o dilapida i beni del figlio minore [c.c. 2] o del pupillo o del coniuge;

2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti [c.c. 75; 540] o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa [5] [c.c. 150, 151].


 

22

[3] Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120-126; c.p.p. 336] salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma [6] .

[4] Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.

Note:

1 Vedi gli artt. 3, comma 1, n. 1, lett. d), e12sexies, L. 1° dicembre 1970, n. 898.

2 Il testo originario del presente comma parlava di "patria potestà". Questa espressione è stata sostituita dalla dizione "potestà dei genitori" dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.

3 L'istituto della "tutela legale" è stato soppresso con l'abrogazione dell'ultimo comma dell'art. 348 c.c. ad opera dell'art. 1, R.D.L. 20 gennaio 1944, n. 25..

4 Importo elevato dall'art. 113, L. 24 novembre 1981, n.689.

5 La L. 19 maggio 1975, n. 151, recante "Riforma del diritto di famiglia", non contiene più alcun riferimento alla separazione per colpa.

6 Comma inserito dall'art. 90, L . 24 novembre 1981, n. 689.

Codice di procedura penale

Art. 64 - Regole generali per l'interrogatorio [1]

1. La persona sottoposta alle indagini, anche se in stato di custodia cautelare o se detenuta per altra causa [disp. att. 22 ], interviene libera all'interrogatorio, salve le cautele necessarie per prevenire il pericolo di fuga o di violenze.

2. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti [188].

3. Prima che abbia inizio l'interrogatorio, la persona deve essere avvertita che:

a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;

b) salvo quanto disposto dall'articolo 66, comma 1, ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso;

c) se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l'ufficio di testimone, salve le incompatibilità previste dall'articolo 197 e le garanzie di cui all'articolo 197-bis. [2]

3-bis. L'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e b), rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In mancanza dell'avvertimento di cui al comma 3, lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilità di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potrà assumere, in ordine a detti fatti, l'ufficio di testimone. [3]

Note:

1 Articolo espressamente richiamato dagli artt. 294, 302, 350, 314, comma c. 2, 388, 391, comma c. 3, 421, comma c. 2, 422, comma c. 3 di questo codice. Per l'uso della lingua tedesca e ladina nei procedimenti giudiziari, vedi cfr. gli artt. 16, 17, comma c. 4, 18, commi c. 1, lett. a) e 2, D.P.R. 15 luglio 1988, n. 574. Vedi Cfr. inoltre l'art. 14, comma c. 3, lett. g), Patto internazionale sui diritti civili e politici, reso esecutivo con L. 25 ottobre 1977, n. 881.

2 Comma sostituito dall'art. 2, comma c. 1, L. 1° marzo 2001, n. 63. Per le modalità di applicazione delle presenti disposizioni ai processi penali in corso alla data di entrata in vigore della L. 1° marzo 2001, n. 63, vedi cfr. l'art. 26 della medesima L. 63/2001.

3 Comma inserito dall'art. 2, comma c. 1, L. 1° marzo 2001, n. 63. Per le modalità di applicazione delle presenti disposizioni ai processi penali in corso alla data di entrata in vigore della L. 1° marzo 2001, n. 63, vedi cfr. l'art. 26 della medesima L. 63/2001.

Art. 65 - Interrogatorio nel merito [1]

1. L'autorità giudiziaria contesta alla persona sottoposta alle indagini in forma chiara e precisa il fatto che le è attribuito, le rende noti gli elementi di prova esistenti contro di lei e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini, gliene comunica le fonti.

2. Invita, quindi, la persona ad esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e le pone direttamente domande.

3. Se la persona rifiuta di rispondere, ne è fatta menzione nel verbale. Nel verbale è fatta anche menzione, quando occorre, dei connotati fisici e di eventuali segni particolari della persona.

Note:


 

23

1 Articolo espressamente richiamato dagli artt. 294, 374, 421, comma c. 2, 422, comma c. 3 del presente codice.

Art. 90 - Diritti e facoltà della persona offesa dal reato [120 s. cp.]

1. La persona offesa dal reato, oltre ad esercitare i diritti e le facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge [101, 336, 341, 360, 367, 369, 394, 401, 406, 413, 428, 561, 564, 572], in ogni stato e grado del procedimento può presentare memorie [1] e, con esclusione del giudizio di cassazione, indicare elementi di prova.

2. La persona offesa minore, interdetta per infermità di mente o inabilitata [c.c. 415] esercita le facoltà e i diritti a essa attribuiti a mezzo dei soggetti indicati negli articoli 120 e 121 del codice penale.

3. Qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti di essa [c.p. 307].

Art. 97 - Difensore di ufficio

1. L'imputato che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo è assistito da un difensore di ufficio [disp. att. 17, 18, 27, 28, 31 ] [1] .

2. I consigli dell'ordine forense di ciascun distretto di corte d'appello, mediante un apposito ufficio centralizzato, al fine di garantire l'effettività della difesa d'ufficio, predispongono gli elenchi dei difensori che a richiesta dell'autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria sono indicati ai fini della nomina. I consigli dell'ordine fissano i criteri per la nomina dei difensori sulla base delle competenze specifiche, della prossimità alla sede del procedimento e della reperibilità. [2]

3. Il giudice, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, se devono compiere un atto per il quale è prevista l'assistenza del difensore e la persona sottoposta alle indagini o l'imputato ne sono privi, danno avviso dell'atto al difensore il cui nominativo è comunicato dall'ufficio di cui al comma 2. [3]

4. Quando è richiesta la presenza del difensore e quello di fiducia o di ufficio nominato a norma dei commi 2 e 3 non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa, il giudice designa come sostituto un altro difensore immediatamente reperibile per il quale si applicano le disposizioni di cui all'articolo 102. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, nelle medesime circostanze, richiedono un altro nominativo all'ufficio di cui al comma 2, salva, nei casi di urgenza, la designazione di un altro difensore immediatamente reperibile, previa adozione di un provvedimento motivato che indichi le ragioni dell'urgenza. Nel corso del giudizio può essere nominato sostituto solo un difensore iscritto nell'elenco di cui al comma 2. [4]

5. Il difensore di ufficio ha l'obbligo di prestare il patrocinio e può essere sostituito solo per giustificato motivo [disp. att. 30].

6. Il difensore di ufficio cessa dalle sue funzioni se viene nominato un difensore di fiducia.

Note:

1 Per la procedura in caso di nomina di un difensore di ufficio, vedi cfr. l'art. 8, L. 30 luglio 1990, n. 217.

2 Comma sostituito dall'art. 1, comma c. 1, L. 6 marzo 2001, n. 60.

3 Comma sostituito dall'art. 2, L. 6 marzo 2001, n. 60.

4 Comma sostituito dall'art. 3, L. 6 marzo 2001, n. 60.

Art. 408 - Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato

1. Entro i termini previsti dagli articoli precedenti, il pubblico ministero, se la notizia di reato [330] è infondata, presenta al giudice richiesta di archiviazione [411; disp. att. 125]. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari.

2. L'avviso della richiesta è notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione [154; disp. att. 126].

3. Nell'avviso è precisato che, nel termine di dieci giorni, la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari [410]

Art. 411 - Altri casi di archiviazione

1. Le disposizioni degli articoli 408, 409 e 410 si applicano anche quando risulta che manca una condizione di procedibilità [345], che il reato è estinto [c.p. 150 s.] o che il fatto non è previsto dalla legge come reato [disp. att. 232]


 

24

Art. 415-bis - Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari [1]

1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari.

2. L'avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia.

3. L'avviso contiene altresì l'avvertimento che l'indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l'indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi.

4. Quando il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell'indagato, dispone nuove indagini, queste devono essere compiute entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. Il termine può essere prorogato dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola volta e per non più di sessanta giorni.

5. Le dichiarazioni rilasciate dall'indagato, l'interrogatorio del medesimo ed i nuovi atti di indagine del pubblico ministero, previsti dai commi 3 e 4, sono utilizzabili se compiuti entro il termine stabilito dal comma 4, ancorché sia decorso il termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice per l'esercizio dell'azione penale o per la richiesta di archiviazione.

Note:

1 Articolo inserito dall'art. 17, comma c. 2, L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 419 - Atti introduttivi

1. Il giudice fa notificare all'imputato e alla persona offesa [90, 91], della quale risulti agli atti l'identità e il domicilio, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero e con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia. [409, 417] [1] [2] .

2. L'avviso è altresì comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore dell'imputato con l'avvertimento della facoltà di prendere visione degli atti e delle cose trasmessi a norma dell'articolo 416 comma 2 e di presentare memorie e produrre documenti.

3. L'avviso contiene inoltre l'invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio [407; disp. att. 131]. [3]

4. Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima della data dell'udienza. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile [83] e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria [89].

5. L'imputato può rinunciare all'udienza preliminare e richiedere il giudizio immediato [453, 458] con dichiarazione presentata in cancelleria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, almeno tre giorni prima della data dell'udienza. L'atto di rinuncia è notificato al pubblico ministero e alla persona offesa dal reato a cura dell'imputato.

6. Nel caso previsto dal comma 5, il giudice emette decreto di giudizio immediato [455].

7. Le disposizioni dei commi 1 e 4 sono previste a pena di nullità [177 s.].

Note:

1 Comma modificato dall'art. 2-quinquies, comma c. 1, D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma c. 1, L. 5 giugno 2000, n. 144.

2 Per le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, vedi cfr. gli artt. 7 e 31, comma c. 3, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448.

3 Comma modificato dall'art. 13, comma c. 1, L. 7 dicembre 2000, n. 397.

Art. 420 - Costituzione delle parti [1]

1. L'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell'imputato [2] .

2. Il giudice procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti ordinando la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara la nullità.


 

25

3. Se il difensore dell'imputato non è presente, il giudice provvede a norma dell'articolo 97 comma 4.

4. l verbale dell'udienza preliminare è redatto di regola in forma riassuntiva a norma dell'articolo 140, comma 2; il giudice, su richiesta di parte, dispone la riproduzione fonografica o audiovisiva ovvero la redazione del verbale con la stenotipia

Art. 420-bis - Rinnovazione dell'avviso [1]

1. Il giudice dispone, anche di ufficio, che sia rinnovato l'avviso dell'udienza preliminare a norma dell'articolo 419, comma 1, quando è provato o appare probabile che l'imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, sempre che il fatto non sia dovuto a sua colpa e fuori dei casi di notificazione mediante consegna al difensore a norma degli articoli 159, 161, comma 4, e 169.

2. La probabilità che l'imputato non abbia avuto conoscenza dell'avviso è liberamente valutata dal giudice. Tale valutazione non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.

Art. 420-ter - Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore [1]

1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d'ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l'avviso all'imputato, a norma dell'articolo 419, comma 1.

2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.

3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice rinvia anche d'ufficio l'udienza, fissa con ordinanza l data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all'imputato.

4. In ogni caso la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti.

5. Il giudice provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

Art. 420-quater - Contumacia dell'imputato

1. Se l'imputato, libero o detenuto, non compare all'udienza e non ricorrono le condizioni indicate negli articoli 420, comma 2, 420-bis e 420-ter, commi 1 e 2, il giudice, sentite le parti, ne dichiara la contumacia.

2. L'imputato, quando si procede in sua contumacia, è rappresentato dal suo difensore.

3. Se l'imputato compare prima che il giudice adotti i provvedimenti di cui al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza che ha dichiarato la contumacia. In tal caso l'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

4. L'ordinanza dichiarativa di contumacia è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta a mancata conoscenza dell'avviso a norma dell'articolo 420-bis ovvero ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo impedimento.

5. Se la prova dell'assenza indicata nel comma 4 perviene dopo la pronuncia dell'ordinanza prevista dal comma 1, ma prima dei provvedimenti cui al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza medesima e, se l'imputato non è comparso, rinvia anche d'ufficio l'udienza. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini dei provvedimenti di cui al comma 1 dell'articolo 424.

6. Quando si procede a carico di più imputati, si applicano le disposizioni dell'articolo 18, comma 1, lettere c) e d).

7. L'ordinanza dichiarativa della contumacia è allegata al decreto che dispone il giudizio. Nel decreto è in ogni caso indicato se l'imputato è contumace o assente.

Art. 420-quinquies - Assenza e allontanamento volontario dell'imputato [1]


 

26

1. Le disposizioni degli articoli 420-bis e 420-ter non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza preliminare avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi. L'imputato in tali casi è rappresentato dal difensore.

2. L'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore.

Art. 421 - Discussione

1. Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti [420], il giudice dichiara aperta la discussione [1]

2. Il pubblico ministero espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio. L'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64 e 65. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli articoli 498 e 499. Prendono poi la parola, nell'ordine, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato che espongono le loro difese. Il pubblico ministero e i difensori possono replicare una sola volta

3. Il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell'articolo 416 comma 2 nonché gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione.

4. Se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, dichiara chiusa la discussione [419].

Note:

1 Per le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, vedi cfr. l'art. 31, commi c. 2 e 5, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448.

Art. 421-bis - Ordinanza per l'integrazione delle indagini

1. Quando non provvede a norma del comma 4 dell'articolo 421, il giudice, se le indagini preliminari sono incomplete, indica le ulteriori indagini, fissando il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare. Del provvedimento è data comunicazione al procuratore generale presso la corte d'appello.

2. Il procuratore generale presso la corte d'appello può disporre con decreto motivato l'avocazione delle indagini a seguito della comunicazione prevista dal comma 1. Si applica, in quanto compatibile, la disposizione dell'articolo 412, comma 1.

Art. 422 - Attività di integrazione probatoria del giudice

1. Quando non provvede a norma del comma 4 dell'articolo 421, ovvero a norma dell'articolo 421-bis, il giudice può disporre, anche d'ufficio, l'assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere.

2. Il giudice, se non è possibile procedere immediatamente all'assunzione delle prove, fissa la data della nuova udienza e dispone la citazione dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle persone indicate nell'articolo 210 di cui siano stati ammessi l'audizione o l'interrogatorio.

3. L'audizione e l'interrogatorio delle persone indicate nel comma 2 sono condotti dal giudice. Il pubblico ministero e i difensori possono porre domande, a mezzo del giudice, nell'ordine previsto dall'articolo 421, comma 2. Successivamente, il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni.

4. In ogni caso l'imputato può chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64 e 65. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli articoli 498 e 499.

Art. 423 - Modificazione dell'imputazione

1. Se nel corso dell'udienza il fatto risulta diverso da come è descritto nell'imputazione [417] ovvero emerge un reato connesso a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b), o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l'imputazione e la contesta all'imputato presente. Se l'imputato non è presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l'imputato ai fini della contestazione [516, 517].

2. Se risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere di ufficio, il giudice ne autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e vi è il consenso dell'imputato [518].

Art. 424 - Provvedimenti del giudice [1]


 

27

1. Subito dopo che è stata dichiarata chiusa la discussione [421, 422], il giudice procede alla deliberazione pronunciando sentenza di non luogo a procedere [425] o decreto che dispone il giudizio [429] [2] .

2. Il giudice dà immediata lettura del provvedimento. La lettura equivale a notificazione per le parti presenti.

3. Il provvedimento è immediatamente depositato in cancelleria. Le parti hanno diritto di ottenerne copia.

4. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi della sentenza di non luogo a procedere, il giudice provvede non oltre il trentesimo giorno da quello della pronuncia [544].

Note:

1 Vedi Cfr. l'art. 226, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

2 Per le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, vedi cfr. gli artt. 32 e 32 bis, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448.

Art. 425 - Sentenza di non luogo a procedere [1] [2]

1. Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo.

2. Ai fini della pronuncia della sentenza di cui al comma 1, il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti. Si applicano le disposizioni dell'articolo 69 del codice penale.

3. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio.

4. Il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca. [3]

5. Si applicano le disposizioni dell'articolo 537.

Note:

1 Articolo modificato dall'art. 1, L. 8 aprile 1993, n. 105 e, successivamente, sostituito dall'art. 23, comma c. 1, L. 16 dicembre 1999, n. 479.

2 Vedi Cfr. l'art. 226, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

3 Comma modificato dall'art. 2-sexies, comma c. 1, D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma c. 1, L. 5 giugno 2000, n. 144.

Art. 438 - Presupposti del giudizio abbreviato [1] [2]

1. L'imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti, salve le disposizioni di cui al comma 5 del presente articolo e all'articolo 441, comma 5.

2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422.

3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583, comma 3.

4. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato.

5. L'imputato, ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell'articolo 442, comma 1-bis, può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se l'integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. In tal caso il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di prova contraria. Resta salva l'applicabilità dell'articolo 423.

6. In caso di rigetto ai sensi del comma 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2. [3]

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 27, comma c. 1, L. 16 dicembre 1999, n. 479.

2 A norma dell'art. 4–ter, comma c. 1, D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 giugno 2000, n. 144, le disposizioni sul giudizio abbreviato si applicano anche ai processi nei quali, ancorché sia scaduto il termine per la proposizione della richiesta di giudizio abbreviato, non sia ancora iniziata l'istruzione dibattimentale alla data di entrata in vigore della L. n. 144/2000.Per l'immediata definizione di taluni processi concernenti reati puniti con la pena dell'ergastolo in corso alla data di entrata in vigore della L. 5 giugno 2000, n. 144, vedi cfr. l'art. 4–ter, commi c. 2 e seguenti, D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 giugno 2000, n. 144.


 

282. In caso di condanna [533], la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita di un terzo. Alla pena dell'ergastolo [3] è sostituita quella della reclusione di anni trenta. Alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, è sostituita quella dell'ergastolo. [4] .

3 La Corte Costituzionale con sentenza del 23 maggio 2003 n. 169 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato.

Art. 441 - Svolgimento del giudizio abbreviato [1]

1. Nel giudizio abbreviato si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste per l'udienza preliminare, fatta eccezione per quelle di cui agli articoli 422 e 423.

2. La costituzione di parte civile, intervenuta dopo la conoscenza dell'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, equivale ad accettazione del rito abbreviato.

3. Il giudizio abbreviato si svolge in camera di consiglio; il giudice dispone che il giudizio si svolga in pubblica udienza quando ne fanno richiesta tutti gli imputati.

4. Se la parte civile non accetta il rito abbreviato non si applica la disposizione di cui all'articolo 75, comma 3.

5. Quando il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti assume, anche d'ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione. Resta salva in tale caso l'applicabilità dell'articolo 423.

6. All'assunzione delle prove di cui al comma 5 del presente articolo e all'articolo 438, comma 5, si procede nelle forme previste dall'articolo 422, commi 2, 3 e 4

Note:

1 Articolo sostituito dall'art. 29, comma c. 1, L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 441-bis - Provvedimenti del giudice a seguito di nuove contestazioni sul giudizio abbreviato [1]

1. Se, nei casi disciplinati dagli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5, il pubblico ministero procede alle contestazioni previste dall'articolo 423, comma 1, l'imputato può chiedere che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie.

2. La volontà dell'imputato è espressa nelle forme previste dall'articolo 438, comma 3.

3. Il giudice, su istanza dell'imputato o del difensore, assegna un termine non superiore a dieci giorni, per la formulazione della richiesta di cui ai commi 1 e 2 ovvero per l'integrazione della difesa, e sospende il giudizio per il tempo corrispondente.

4. Se l'imputato chiede che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie, il giudice revoca l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato e fissa l'udienza preliminare o la sua eventuale prosecuzione. Gli atti compiuti ai sensi degli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5, hanno la stessa efficacia degli atti compiuti ai sensi dell'articolo 422. La richiesta di giudizio abbreviato non può essere riproposta. Si applicano le disposizioni dell'articolo 303, comma 2. [2]

5. Se il procedimento prosegue nelle forme del giudizio abbreviato, l'imputato può chiedere l'ammissione di nuove prove, in relazione alle contestazioni ai sensi dell'articolo 423, anche oltre i limiti previsti dall'articolo 438, comma 5, ed il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di prova contraria.

Note:

1 Articolo inserito dall'art. 2-octies, comma c. 1, D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma c. 1, L. 5 giugno 2000, n. 144.

2 Comma modificato dall'art. 7-bis, comma c. 1, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4.

Art. 442 - Decisione [1]

1. Terminata la discussione [421], il giudice provvede a norma degli articoli 529 e seguenti.

1-bis. Ai fini della deliberazione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo di cui all'articolo 416, comma 2, la documentazione di cui all'articolo 419, comma 3, e le prove assunte nell'udienza; [2]

3. La sentenza è notificata all'imputato che non sia comparso [disp. att. 134].

4. Si applica la disposizione dell'articolo 426 comma 2.

Note:

1 La Corte costituzionale, con sentenza 15 febbraio 1991, n. 81 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 438, 439, 440, 442 del presente codice "nella parte in cui non prevede che il


 

29

pubblico ministero, in caso di dissenso, sia tenuto ad enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'articolo 442, c. 2 c.p.p.". Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 31 gennaio 1992, n. 23 ha dichiarato incostituzionale il combinato disposto di tali articoli "nella parte in cui non prevede che il giudice, all'esito del dibattimento, ritenendo che il processo poteva essere definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini preliminari, possa applicare la riduzione di pena prevista dall'articolo 442, c. 2 dello stesso codice".

2 Comma inserito dall'art. 30, comma c. 1, lett. a), L. 16 dicembre 1999, n. 479.

3 A norma dell'art. 7, comma c. 1, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4, l'espressione "pena dell'ergastolo" di cui al presente periodo deve intendersi riferita all'ergastolo senza isolamento diurno.

4 Comma modificato dall'art. 30, comma c. 1, lett. b), L. 16 dicembre 1999, n. 479. Precedentemente la Corte costituzionale, con sentenza 23 aprile 1991, n. 176 aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del penultimo periodo del presente comma c. nella medesima formulazione. Successivamente il presente comma c. è stato modificato dall'art. 7, comma c. 2, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4.

Art. 443 - Limiti all'appello

1. L'imputato e il pubblico ministero non possono proporre appello contro le sentenze di proscioglimento, quando l'appello tende ad ottenerre una diversa formula. [1] [2]

2. [3] .

3. Il pubblico ministero non può proporre appello contro le sentenze di condanna, salvo che si tratti di sentenza che modifica il titolo del reato [521].

4. Il giudizio di appello si svolge con le forme previste dall'articolo 599.

Note:

1 Comma sostituito dall'art. 31, comma c. 1, lett. a), L. 16 dicembre 1999, n. 479.

2 Vedi Cfr. gli artt. 53 segg., L. 24 novembre 1981, n. 689.

3 Comma abrogato dall'art. 31, comma c. 1, lett. b), L. 16 dicembre 1999, n. 479.

Art. 449 - Casi e modi del giudizio direttissimo

1. Quando una persona è stata arrestata in flagranza di un reato [380 s.], il pubblico ministero, se ritiene di dover procedere, può presentare direttamente l'imputato in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall'arresto [disp. att. 138; disp. att. 233]. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell'articolo 391, in quanto compatibili.

2. Se l'arresto non è convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando l'imputato e il pubblico ministero vi consentono.

3. Se l'arresto è convalidato, si procede immediatamente al giudizio.

4. Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato. In tal caso l'imputato è presentato all'udienza non oltre il quindicesimo giorno dall'arresto.

5. Il pubblico ministero può, inoltre, procedere al giudizio direttissimo nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio [294, 302, 364, 374, 388, 391] ha reso confessione. L'imputato libero è citato a comparire [450] a una udienza non successiva al quindicesimo giorno dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato [335]. L'imputato in stato di custodia cautelare [284 ss.] per il fatto per cui si procede è presentato all'udienza entro il medesimo termine.

6. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulta connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini [18, 19]. Se la riunione [17] risulta indispensabile, prevale in ogni caso il rito ordinario [1] .

Note:

1 Per le condizioni di applicabilità del giudizio direttissimo nei procedimenti davanti al tribunale per i minorenni, vedi cfr. l'art. 25 , D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448; per ulteriori casi in cui si applica il giudizio direttissimo vedi cfr. l'art. 12 bis, D.L. 8 giugno 1992, n. 306 e l'art. 6, comma c. 5, D.L. 26 aprile 1993, n. 122.