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La differenza di prezzo e di qualità non elimina il rischio di confusione tra prodotti contrassegnati da marchi simili
pubblicato il 13/10/2009

La differenza qualitativa tra i prodotti contrassegnati da marchi confondibili e la differenza di prezzo, anche se notevole, non elimina il rischio di confusione. Ne consegue che anche in tale ipotesi sussiste la contraffazione del marchio e l'idoneità a danneggiare l'altrui azienda.(Corte di Cassazione Sezione 1 Civile
Sentenza del 22 luglio 2009, n. 17144)

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Il reato di introduzione e commercio nello Stato di prodotti con segni falsi, tutela la fede pubblica e non gli acquirenti
pubblicato il 19/07/2009

Il reato di introduzione e commercio nello Stato di prodotti con segni falsi, tutela la fede pubblica - intesa come affidamento nei marchi o nei segni distintivi -e non gli acquirenti ; ai fini della sua configurabilità, pertanto, è del tutto irrilevante che l'acquirente sia in grado, avuto riguardo alla qualità del prodotto, al prezzo, al luogo dell'esposizione nonché alla figura del venditore, di escludere la genuinità del prodotto, in quanto ciò che rileva è esclusivamente la possibilità di confusione tra i marchi e non già quella tra i prodotti (Tribunale Bologna Penale, Sentenza del 17 marzo 2009, n. 763).

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La confondibilità del marchio va accertata con riferimento alla qualità dei prodotti venduti
pubblicato il 17/05/2009

La destinazione alla medesima esigenza alimentare non rende affini i fagioli e le patate, restando essi prodotti diversi, in quanto destinati a soddisfare specifiche e non generiche esigenze alimentari, quali pervengono al consumatore attraverso filiere di mercato che ne escludono anch'esse la reciproca concorrenza (Cass. 23787/04 v. altresì Cass. 4295/97 in ordine alla non affinità tra formaggi e salumi). Ne deriva che l'azienda di confezioni non può impedire al pellicciaio di usare il suo stesso cognome perché da trent'anni la prima opera solo nell'abbigliamento maschile e ha dunque rinunciato alla tutela in campi "contigui". (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 4 maggio 2009, n. 10218)

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Se il transito nel mercato della vendita a stock è lesivo per la "griffe, il titolare del marchio può opporsi alla rivendita dei suoi prodotti da parte dei licenziatari
pubblicato il 03/05/2009

Quando la commercializzazione di prodotti di prestigio da parte del licenziatario in violazione di una clausola del contratto di licenza deve considerarsi nondimeno effettuata con il consenso del titolare del marchio, quest'ultimo può invocare tale clausola per opporsi ad una rivendita di tali prodotti sul fondamento dell'art. 7, n. 2, della direttiva 89/104, come modificata dall'Accordo sullo Spazio economico europeo, solo nel caso in cui si accerti, tenuto conto delle circostanze della fattispecie, che tale rivendita nuoce alla notorietà del marchio. (Corte di Giustizia delle Comunità europee Sezione 1, Sentenza del 23 aprile 2009, n. 59/08)

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L'uso di software pirata in uno professionale studio è reato
pubblicato il 13/10/2008

La condotta di duplicazione abusiva di un programma per elaboratore è punita, dall'articolo 171-bis, comma 1, della legge sul diritto d'autore, a titolo di dolo di profitto il quale, più ampio del previgente dolo di lucro, comprende anche l'intendo di destinare la copia all'uso in uno studio professionale. Non rileva, pertanto, lo scopo commerciale o imprenditoriale previsto per l'ipotesi della detenzione. (Corte di Cassazione Sezione 3 Penale, Sentenza del 19 giugno 2008, n. 25104)

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La detenzione e l'utilizzo di illecitamente riprodotti costituisce reato quando sia provato il fine del profitto
pubblicato il 27/09/2008

A seguito della modifica del comma 1 dell'articolo 171-bis della legge 22 aprile 1941 n. 633, apportata dall'articolo 13 della legge 18 agosto 2000 n. 248, per la configurabilità del reato di riproduzione abusiva di programmi informatici non è più previsto il dolo specifico del «fine di lucro», ma quello del «fine di trarne profitto»: non è, quindi, più richiesto che la riproduzione dei programmi sia finalizzata al commercio, determinandosi un'accezione più vasta che non implica necessariamente una finalità direttamente patrimoniale e amplia conseguentemente i confini della responsabilità dell'autore (da queste premesse, è stato ritenuto correttamente ravvisato il reato de quo relativamente alla detenzione e all'utilizzo di numerosi programmi software, illecitamente riprodotti, nello studio professionale del prevenuto).

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Commette reato il titolare di uno studio professionale che utlizzi software pirata
pubblicato il 13/07/2008

E' reato usare negli studi professionali programmi software pirata e della violazione ne risponde personalmente il titolare dell'attività. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza n. 25104/08). In particolare la Corte ha precisato che "per la configurabilità del reato di cui all'art. 171 bis non è richiesto...che la riproduzione dei software sia finalizzata al commercio, essendo sufficiente il fine di profitto, come contestato, né il dolo specifico del fine di lucro".

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la condotta di acquisto di musicassette prive del contrassegno della S.I.A.E. è stata depenalizzata, e, pertanto, il comportamento dell'acquirente integra un semplice illecito amministrativo
pubblicato il 10/06/2008

Successivamente alla L. n. 248/2000 la condotta di acquisto di musicassette prive del contrassegno della S.I.A.E. è stata depenalizzata, e, pertanto, il comportamento dell'acquirente integra un semplice illecito amministrativo, salve le ipotesi di concorso nei reati in tema di protezione del diritto d'autore, ed è evidente che l'art. 16 L. cit. si pone come speciale rispetto alla norma che punisce il reato di ricettazione, giacché presenta nella sua struttura tutti gli elementi propri di quest'ultima, oltre a quelli caratteristici della specializzazione, consistenti nella particolare natura dei beni acquistati dall'agente, derivandone che, avuto riguardo al principio di specialità stabilito dalla L. n. 689 del 1981 art. 9 l'applicabilità della sanzione amministrativa esclude che la medesima condotta possa essere punita a titolo di ricettazione. (Corte di Cassazione Sezione 2 Penale, Sentenza del 4 maggio 2007, n. 17216)


La "lego" non avrà più il monopolio della vendita dei "mattoncini" in Italia
pubblicato il 07/05/2008

La tutela della proprietà industriale di invenzioni e modelli di utilità risponde all'esigenza di incentivare la ricerca di nuove soluzioni tecniche, ma il riconoscimento di un diritto perpetuo di utilizzazione esclusiva di invenzioni e modelli finirebbe per ingessare il mercato, contraddicendo la stessa esigenza di favorire la ricerca; per questa ragione la tutela brevettale di invenzioni e modelli è solo temporanea, e una volta esaurito il tempo di tale tutela, i modelli e le invenzioni sono liberamente riproducibili, nel rispetto delle regole che disciplinano la concorrenza. E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Prima, con sentenza n.5437/2008. La S.C. ha così escluso la concorrenza sleale per la società canadese “Mega Block” nella vendita, nel mercato italiano, di blocchetti che si incastrano perfettamente con quelli realizzati dalla "Lego".

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La mancanza di brevetto (ovvero l'inaccessibilità della domanda) non precludono al terzo il potere di di agire in giudizio, rendendo improponibile la domanda di chi voglia contestare il diritto a ottenere il brevetto
pubblicato il 03/05/2008

La mancanza di brevetto (ovvero l'inaccessibilità della domanda), come anche la mancanza di titolarità del brevetto non concesso o la nullità di esso o la sua scadenza, non precludono al terzo il potere di agire in giudizio, rendendo improponibile la domanda di chi voglia contestare il diritto a ottenere il brevetto in capo a chi ha proposto la richiesta indicata, salvo il rigetto di una tale azione proposta dal terzo qualora al momento della decisione il brevetto non sia stato ancora rilasciato o la domanda di brevetto non sia stata ancora resa accessibile, ovvero il brevetto sia nullo o il suo titolare ne sia decaduto. In tutti questi casi, pertanto, si ha non già una domanda improponibile, ma una domanda infondata, vertendosi in ipotesi di carenza non di presupposti ma di condizione dell'azione. (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civile, Sentenza del 12 marzo 2008, n. 6532)

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