CASSAZIONE: Prescrizione decennale per aver pagato "male"
un A/Circolare non trasferibile
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Alessandro CRISCUOLO - Presidente
Dott. Gianfranco GILARDI - Consigliere
Dott. Luciano PANZANI - Consigliere
Dott. Sergio DEL CORE - Rel. Consigliere
Dott. Maria Rosaria SAN GIORGIO - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BANCA di ROMA S.P.A., in persona del Funzionario pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIA CASSIODORO 19, presso l’avvocato LUIGI
JANARI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAMPAOLO BRUNA,
giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO RIVIERA MOTORI DI B. & P. S.N.C., in persona del Curatore Dr.
M.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI BETTOLO 4, presso
l’avvocato FABRIZIO BROCHIERO MAGRONE, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FRANCO
DE GROSSI, giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 943/01 della Corte d’Appello di GENOVA, depositata il
22/11/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/07/2005 dal
Consigliere Dott. Sergio DEL CORE;
udito per il resistente, l’Avvocato BROCHIERO MAGRONE che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giacomo
CALIENDO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Su ricorso in data 21 aprile 1997 della curatela del fallimento Riviera Motori
di B. e P. s.n.c., il Presidente del Tribunale di Imperia emise decreto con cui
ingiunse alla Banca di Roma s.p.a. di pagare alla ricorrente la somma di lire
53.150.000 - oltre interessi e spese - pari all’importo di sei assegni
circolari non trasferibili emessi nel 1991 dal Banco Ambrosiano Veneto s.p.a. a
favore della società poi fallita, girati per l’incasso alla Banca di Roma -
Filiale di Ventimiglia e da quest’ultima pagati a persona diversa dal
prenditore.
L’ingiunta si oppose, eccependo la prescrizione dell’azione nel presupposto che
si verteva in tema di responsabilità extracontrattuale. In corso di giudizio,
chiese di provare per testi di avere pagato correttamente gli assegni in
questione a soggetto, tale G.L., delegato all’incasso dal B., legale
rappresentante della s.n.c. prenditrice e interessato a che le somme riscosse
non figurassero nei bilanci ufficiali della società amministrata.
L’adito tribunale respinse l’opposizione e stessa sorte
la Corte
di appello di Genova riservò al gravame della Banca di Roma. Premise la corte
ligure che le obbligazioni ex lege nascenti da "ogni altro atto o fatto
previsto dalla legge" costituiscono, per l’art. 1173 c.c., un tertium genus
definito quasi contrattuale, la cui violazione importa responsabilità
contrattuale in quanto connessa a una obbligazione specifica inserita in un
rapporto obbligatorio con fonte legale, comunque preesistente alla violazione
stessa, in ciò distinguendosi dalla responsabilità aquiliana conseguente a
un’obbligazione costituitasi ex novo. Osservò, quindi, che la fonte della
responsabilità della banca opponente andava ravvisata nella violazione dei
doveri su di essa incombenti per legge, ai sensi dell’art.
43 l.a.,
ovverosia nel mancato rispetto dell’obbligo di diligente accertamento della
legittimazione cartolare del prenditore all’atto della presentazione
dell’assegno per l’incasso. Il sorgere della relazione intersoggettiva aveva
preceduto la causazione del danno chiaramente connesso alla violazione di
un’obbligazione specifica, in cui il responsabile è pre-individuato così come è
determinato il contenuto dell’obbligo risarcitorio, commisurato all’interesse
tutelato dalla legge. Si verteva, pertanto, nell’ambito di una responsabilità
contrattuale, con gli effetti che ne derivano sotto il profilo della
prescrizione dell’azione risarcitoria. Corretta era anche la sentenza in
relazione al rigetto della richiesta istruttoria, non essendo possibile
ritenere che lo specifico dovere imposto alla banca negoziatrice possa essere
stato disinvoltamente disatteso da un comportamento ai limiti della
responsabilità penale quanto alla banca medesima, resa edotta dei rapporti
intercorrenti tra il B. e il L. e delle ragioni che avevano indotto il primo a
non apparire come prenditore degli assegni; in ogni caso, le prove dedotte non
apparivano idonee a dimostrare l’esistenza di un legittimo atto di delega
all’incasso degli assegni ed erano, come tali, irrilevanti ai fini del
decidere.
La cassazione di tale sentenza è stata chiesta dalla Banca di Roma con ricorso
affidato a due motivi.
Resiste con controricorso il fallimento della Riviera Motori di B. e P. s.n.c.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, denunziata la violazione del r.d. n. 1736/1933 e degli
artt. 2043 e 2947 c.c.,
la Banca
di Roma critica la sentenza per avere la corte ligure ravvisato nel
comportamento della banca girataria per l’incasso, che abbia violato il dovere
di identificazione del presentatore dell’assegno circolare non trasferibile,
una responsabilità ex contractu nei confronti dell’intestatario del titolo,
laddove, ai sensi dell’art. 43 r.d. citato, tale responsabilità va qualificata
come extracontrattuale e, quindi, assoggettata alla prescrizione quinquennale,
essendo il banchiere giratario per l’incasso del tutto estraneo al rapporto
cartolare. Peraltro, la somma portata dagli assegni fu pagata a persona diversa
dal prenditore e conosciuta dalla banca, che appose il timbro "per conoscenza e
garanzia", dietro precise disposizioni del B. che, nella qualità di
amministratore della Riviera Motori s.n.c., aveva sottoscritto la girata
"pagate all’ordine Banca di Roma". Non sussisteva, quindi, colpa per mancata
diligenza nell’identificazione del presentatore dei titoli, posto che il
versamento è stato effettuato al soggetto indicato dal prenditore e con il
pieno consenso di costui.
Il motivo è da disattendere in entrambe le sue articolazioni.
Anche se nell’impianto del mezzo, incentrato sulla natura della responsabilità
della banca girataria per l’incasso in caso di inesatto pagamento, è
prospettata quasi quale argomentazione di rincalzo (peraltro, senza
l’indicazione precisa della norma pretesamente violata dal giudice a quo), la
tesi della presunta assenza di responsabilità nella specie da parte della Banca
di Roma, avente priorità nell’ordine logico delle questioni, è palesemente
destituita di ogni minimo fondamento giuridico.
Come correttamente statuito dai giudici di merito (la cui motivazione in
diritto sul punto va però integrata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con le
considerazioni di cui infra), la violazione dell’art. 43 legge assegno è
manifesta. Per effetto di questa norma, è la banca girataria per l’incasso che
è tenuta a identificare il presentatore girante, accertare che egli sia il
prenditore del titolo e provvedere al pagamento dell’assegno, che avverrà di
norma dopo che la banca trattaria abbia accertato l’autenticità della firma del
proprio cliente e inviato la valuta alla banca girataria per l’incasso; questa,
peraltro, può anche anticipare la valuta effettuando pur sempre il pagamento al
prenditore personalmente e non ad altro soggetto. Nella specie è
incontestabilmente accertato che, nonostante la clausola di non trasferibilità,
gli assegni circolari in questione, girati per l’incasso alla Banca di Roma
dalla beneficiaria Riviera Motori di B. e P. s.n.c., vennero pagati dal
cassiere, anziché a quest’ultima, a tale G.L., apponendo prima della relativa
firma la dicitura "per conoscenza e garanzia". L’irregolarità del pagamento è
dunque evidente, data la presenza della firma del L. (formalmente "per
conoscenza e garanzia", ma sostanzialmente "per quietanza"), il cui intervento
- figurante sui titoli in termini di attestazione dell’identità del prenditore,
a maggior tutela del cassiere sportellista - era in realtà inteso a sostituire
il prenditore medesimo nella percezione delle somme e non ad asseverarne la
legittimazione a riscuotere. Il tutto in violazione dell’obbligo, espressamente
posto a carico della banca negoziatrice dall’art.
43 l.a.,
di diligente accertamento, all’atto della presentazione dell’assegno per
l’incasso, della legittimazione cartolare del prenditore, che costituisce fonte
della facoltà di negoziare il titolo e, con la girata, di investire la banca
dei poteri del mandatario. In definitiva, essendo l’assegno circolare
intrasferibile, la clausola "per conoscenza e garanzia", apposta accanto alla
sottoscrizione del L., non era certamente idonea a legittimare il pagamento in
favore di persona diversa dalla società prenditrice.
Anche il nucleo centrale del mezzo in esame è infondato.
A termini dell’art.
43 l.a.
(r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736) "L’assegno bancario emesso con la clausola "non
trasferibile" non può essere pagato se non al prenditore o, a richiesta di
costui, accreditato nel suo conto corrente. Questi non può girare l’assegno se
non ad un banchiere per l’incasso, il quale non può ulteriormente girarlo".
Soggiunge il secondo comma di detto articolo "Colui che paga un assegno non
trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per
l’incasso risponde del pagamento".
La regola, in virtù del rinvio operato dall’art. 86, comma 1°, ultima parte
l.a., si applica anche all’assegno circolare, in quanto non sia incompatibile
con la sua natura.
E’ pacifico in giurisprudenza (Cass. n. 6778/1990, 10111/1993) e presso la
dottrina maggioritaria che tale disciplina, e la conseguente responsabilità in
caso di sua violazione, vale per "colui che paga" e quindi non soltanto per la
banca trattaria ovvero per la banca emittente, in ipotesi di assegno circolare,
ma anche per l’eventuale banchiere giratario per l’incasso. Si nota
convincentemente, al riguardo, che quantunque non sia corretto parlare di
"pagamento" in riferimento alla banca girataria per l’incasso, dovendosi
piuttosto dire che essa non "paga", non essendo a ciò obbligata sotto il
profilo cartolare, ma anticipa la valuta acquistando la legittimazione
all’esercizio del diritto cartolare, tuttavia l’espressione "colui che paga",
in una interpretazione che tenga conto altresì di quanto immediatamente prima
prescrive l’ultimo comma dell’art. 41 (dove chiaramente si dice "il trattario o
il banchiere"), abbia appunto il senso di estendere anche al banchiere
giratario per l’incasso le conseguenze per il pagamento dell’assegno effettuato
contra legem. Non essendo tenuto il trattario a verificare l’autenticità delle
firme, la protezione dei terzi interessati in caso di falsa o irregolare girata
per l’incasso sarebbe compromessa se il banchiere giratario non fosse obbligato
a tale verifica, cioè all’identificazione dell’intestatario girante.
Contrasti presso la giurisprudenza di questa Corte, come anche in dottrina, si
sono registrati in ordine alla natura della responsabilità in cui incorre il
banchiere giratario per l’incasso che, in violazione dell’art.
43 l.a.,
paghi un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore.
Secondo un primo indirizzo, sorto in tema di assegno bancario (non
trasferibile), la banca negoziatrice agirebbe quale sostituta nel mandato (art.
1717 c.c.) impartito dal traente dell’assegno alla propria banca trattaria. Più
in particolare, si è ritenuto che la banca girataria per l’incasso di un
assegno bancario non trasferibile sia da considerare non soltanto mandataria
del prenditore-girante, ma anche sostituta della banca trattaria
nell’esplicazione del servizio di pagamento dell’assegno, cui quest’ultima è
obbligata nei confronti del traente in base alla convenzione di chèque.
Subentrando alla banca trattaria, la banca girataria si sostituisce ad essa nel
dovere di identificazione del presentatore del titolo con l’uso della dovuta
diligenza professionale, mediante le cautele e gli accorgimenti suggeriti dal
caso concreto. Sotto questo profilo, la banca girataria viene chiamata a
rispondere del negligente pagamento non solo nei confronti della banca
trattaria, ma anche nei confronti del traente, ai sensi dell’art. 1717, ultimo
comma, c.c. In altri termini, il traente può esercitare verso la banca che ha
effettuato il pagamento irregolare la medesima azione contrattuale che avrebbe
potuto esercitare in forza della convenzione di assegno nei confronti della
banca trattaria, non potendo i di lui diritti ricevere una tutela diversa
secondo che il pagamento venga richiesto alla banca trattaria o ad altra banca
girataria per l’incasso (cfr. Cass. nn. 3928/1977, 6929/1986, 4187/1987,
6377/2000 - la quale, tuttavia, distingue l’ipotesi del pagamento in violazione
della causa di intrasferibilità dell’assegno circolare, rispetto al quale il
richiedente a nome altrui resta un terzo estraneo al rapporto cambiario ed ha
solo un’azione extracontrattuale contro la banca che abbia pagato l’assegno a
persona diversa dall’intestatario - 14359/2001).
Per altro orientamento, anch’esso sorto in fattispecie di assegno bancario non
trasferibile, detta responsabilità sussiste erga omnes e si configura come
aquiliana o extracontrattuale non potendo qualificarsi il banchiere giratario
alla stregua di sostituto della banca trattaria o emittente nell’adempimento
della convenzione di assegno, come tale posto in rapporto diretto con il
traente, ma dovendosi piuttosto considerarlo, in quanto investito e attivato
dalla procura all’incasso, quale rappresentante del girante, in nome e per
conto del quale riceve il pagamento (così Cass. nn. 6778/1990, 10111/1993,
1641/1996, 1023/1998, 1087/1999, 9902/2000, 12425/2000).
Ad avviso di questa Corte, nessuno dei due indirizzi merita di essere seguito.
Non il primo che identifica nel banchiere giratario per l’incasso il sostituto
della banca trattaria nell’adempimento della convenzione di assegno, ponendolo
perciò in rapporto con il traente che può esercitare contro di lui l’azione
contrattuale fondata, appunto, sulla convenzione d’assegno. Una tale
costruzione è incompatibile con la considerazione che il banchiere giratario è
totalmente estraneo sia alla convenzione di assegno sia al rapporto di
emissione del titolo; esso, investito e attivato dalla procura all’incasso,
figura soltanto quale rappresentante del girante, in nome e per conto del quale
riceve il pagamento. Vero è che la banca trattaria o emittente non potrebbe
mai, in caso di girata per l’incasso, procedere direttamente al controllo della
legittimazione e all’identificazione del presentatore, cionondimeno appare
superfluo ogni richiamo ai principi in tema di mandato, posto che anche per ciò
che attiene alla negoziazione dei titoli di credito valgono le stesse regole
dettate per il pagamento; anzi, la previsione legislativa della possibilità di
girare per l’incasso l’assegno non trasferibile esclusivamente a un banchiere
assume un preciso significato proprio in considerazione della responsabilità
professionale e della funzione di pubblico interesse degli istituti di credito,
cioè dell’estrema sicurezza offerta dalla particolare qualità del soggetto
intermediario. In ogni caso, l’interpretazione dell’art.
43 l.a.
offerta dalle sentenze che si iscrivono in questo indirizzo, se può apparire
confacente in tema di assegno bancario (per il quale è, in realtà, avanzata) la
cui struttura si spiega sullo schema della delegazione di pagamento, non sembra
per altro verso riproponibile per l’assegno circolare; è infatti largamente
contestato che all’atto dell’emissione dell’assegno circolare si stipuli un
contratto di mandato, in relazione al quale potrebbe aversi la sostituzione (o
il submandato nei confronti) della banca girataria.
Ma neanche il secondo orientamento è persuasivo. Deve, in generale, premettersi
che esso pare ispirato all’intento pratico di evitare che la configurazione
della responsabilità sub specie contrattuale possa condurre a una sorta di
deresponsabilizzazione dell’istituto negoziatore, il quale, ove fosse
considerato quale mero sostituto della banca trattaria ed esecutore delle
istruzioni di quest’ultima, ben potrebbe limitarsi a pagare la somma al
presentatore una volta che la trattaria, ricevuto l’assegno in compensazione,
non abbia sollevato eccezioni sulla sua regolarità. Di qui l’esigenza di
investire la banca girataria di un titolo autonomo di responsabilità, la cui
rilevanza non viene meno per via della concorrente condotta della banca
trattaria.
Ma, a parte ciò, la tesi non è condivisibile sul piano dei principi generali in
tema di obbligazioni. Com’è noto, la responsabilità extracontrattuale -
nonostante l’ampia portata della dizione dell’art. 2043 c.c., che fa
riferimento a "qualunque fatto doloso o colposo" - ricorre solo allorquando la
pretesa risarcitoria venga formulata nei confronti di un soggetto autore di un
danno ingiusto, non legato all’attore da alcun rapporto giuridico precedente o,
comunque, indipendente da tale eventuale rapporto, sicché essa può configurarsi
solo per effetto della violazione di una norma di condotta. Ove a fondamento
della pretesa dedotta in giudizio venga enunciato l’inadempimento di
un’obbligazione volontariamente contratta, o anche derivante dalla legge (art.
1173 c.c.), non vi è luogo per l’illecito aquiliano, ma è ipotizzabile
unicamente una responsabilità contrattuale o legale derivante da un
preesistente vincolo obbligatorio specifico posto in essere tra le parti dalla
volontà delle stesse ovvero direttamente da una disposizione di legge.
Orbene, non v’è dubbio che l’obbligazione per l’istituto negoziatore di pagare
l’assegno solo al prenditore o al beneficiario deriva direttamente dalla
disposizione di legge innucleata nell’art.
43 l.a.,
a sua volta richiamata dall’art. 86 stesso decreto. Anzi, da tale disposizione
sembra promanare il richiamo a una più stretta diligenza proprio dell’istituto
negoziatore di assegni in ragione degli aspetti pratici e sostanziali
dell’operazione di pagamento. A questo proposito, si rammenta che la banca
girataria riceve materialmente il titolo dal proprio cliente, trovandosi così a
gestire in forma individuale la presentazione dell’assegno in versamento, con
maggiori possibilità di riscontrare eventuali irregolarità nella circolazione
del titolo o contraffazioni. Di contro, l’azienda trattaria e quella emittente
si vedono normalmente consegnare il titolo in stanza di compensazione,
all’interno di una rimessa comprendente una moltitudine di altri titoli, per
giunta con tempi assai ristretti per poterne eccepire l’irregolarità
(verificandosi, in caso contrario, la presunzione di "pagato" che consegue allo
spirare dei termini delle procedure interbancarie). A ciò si aggiunge che solo
l’azienda girataria per l’incasso ha la possibilità di un diligente vaglio
sulla persona del presentatore (ivi comprese le sue qualità) e sulla natura del
documento di identificazione esibito, elementi tutti che devono concorrere a
integrare un pagamento diligente e liberatorio. In diversi termini, l’art.
43 l.a.,
per agevolare l’incasso dell’assegno (assolutamente) intrasferibile, ne ammette
la girata per l’incasso esclusivamente a un banchiere sul cui vaglio fa
affidamento, rendendolo - per così dire - mallevadore verso la trattaria (o la
banca emittente dell’assegno circolare) della esatta identificazione del
prenditore e infine responsabile dell’inesatto pagamento, che si pone in
evidente contrasto con i principi che reggono il servizio bancario e impongono
al banchiere comportamenti conformi alle regole della specifica
professionalità.
Quindi, promanando direttamente dalla legge, la responsabilità della banca
girataria per l’incasso non si configura come obbligazione ex delicto, ma, per
l’appunto, come obbligazione ex lege, riconducibile, in base all’art. 1173
c.c., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in
conformità dell’ordinamento giuridico. Trattasi, in fin dei conti, di
fattispecie tipica di obbligazione che, pur non avendo natura contrattuale, non
può per ciò solo essere ricondotta nello schema generale dell’art. 2043 c.c.,
trovando invece il suo archetipo nell’art. 1173 c.c. Il fondamento della
correlativa azione risarcitoria è unico e non vi è bisogno di diversificarne il
titolo (contrattuale, extracontrattuale, cartolare) a seconda del soggetto che
si ritiene danneggiato. Il criterio per individuare il soggetto titolare della
pretesa dovrà essere fondato sull’individuazione della sfera giuridica
patrimoniale sulla quale è in concreto caduto il danno. In linea generale, il
pregiudizio derivante dal pagamento dell’assegno circolare a soggetto diverso
dal prenditore potrebbe ripercuotersi sul richiedente, ovvero sul prenditore,
ovvero infine sulla stessa banca emittente se nella negoziazione si sia
inserita una banca girataria per l’incasso.
Corretto è, quindi, il percorso giuridico seguito dalla sentenza qui impugnata.
Il banchiere giratario per l’incasso che paga un assegno circolare non
trasferibile a persona diversa dal beneficiario indicato dal titolo incorre in
una responsabilità, nei confronti del beneficiario, che non ha natura
contrattuale, non essendovi rapporto negoziale di sorta tra banca e
beneficiario medesimo, né extracontrattuale, che riguarda il comportamento
illecito per la violazione dell’obbligo generico del neminem laedere, bensì
quasi contrattuale ai sensi dell’ultima parte dell’art. 1173 c.c.
L’obbligazione deriva appunto direttamente dalla legge, ovverosia dalla norma
di cui all’art.
43 l.a.,
la quale prevede l’obbligo, a carico del banchiere giratario per l’incasso, di
pagare solo ed esclusivamente al soggetto ordinatario ed il correlativo
diritto, a favore di tale soggetto, di chiedere il risarcimento del pregiudizio
patrimoniale patito. Ne consegue che il termine di prescrizione per l’azione di
responsabilità nei confronti della banca negoziatrice è quello ordinario
decennale e non quello quinquennale previsto dall’art. 2947, comma 1, c.c. per
la domanda risarcitoria da fatto illecito.
Con il secondo motivo, viene denunziata omessa e insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Si
duole la ricorrente che la corte, al pari del tribunale, pur avendo ravvisato
nella fattispecie una ipotesi di responsabilità contrattuale, ha respinto la
prova per testi intesa a dimostrare che la banca non aveva alcuna colpa per
avere agito su espressa disposizione del prenditore degli assegni. Né, a
proposito della indicazione del L. quale delegato all’incasso da parte del B.,
poteva obliterarsi che costui aveva agito nella veste di legale rappresentante
della Riviera Motori s.n.c.
Il motivo è inammissibile sotto due profili.
Valutare se la prova non ammessa riguardasse un punto decisivo della
controversia richiede, da parte della Corte di Cassazione, il raffronto tra il
fatto da provare e le circostanze dedotte a contenuto della prova nel giudizio
di appello. Perché
la Corte
sia posta in grado di compiere tale valutazione è necessario che la parte
interessata indichi nel ricorso il contenuto dei capitoli di prova,
diversamente il motivo di ricorso viene a mancare del requisito della
specificità. Ciò da tempo la giurisprudenza della corte viene affermando
attraverso l’enunciazione del principio secondo cui il ricorrente che, in sede
di legittimità, denunci la mancata ammissione in appello di una prova
testimoniale, ha l’onere di indicare specificatamente - occorrendo anche
mediante integrale trascrizione in ricorso - le circostanze che formavano
oggetto della prova, al fine di consentire al giudice di legittimità il
controllo sulla decisività dei fatti da provare in ordine alla risoluzione
della controversia e sulle prove stesse, in quanto, per il principio
dell’autosufficienza del ricorso per cassazione,
la Corte
di cassazione deve essere in grado di compiere tale verifica solo in base alle
deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con
indagini integrative (solo per indicare le più recenti, sentt. nn. 19138/2004,
9711/2004, 9290/2004, 5369/2004, 17904/2003, 15751/2003, 9712/2003).
Orbene, nel caso, la ricorrente si è limitata a dedurre di avere formulato una
istanza di ammissione di prova testimoniale, ma di questa non ha poi indicato
il contenuto.
Ulteriore profilo di inammissibilità del mezzo sta nel fatto che con esso non
risulta censurata la ratio decidendi autonoma espressa a riguardo dalla corte
del merito, per la quale la prova (oltre che inammissibile) era anche
irrilevante in quanto, dalla articolazione dei relativi capitoli, appariva
inidonea a dimostrare la esistenza di un legittimo atto di delega all’incasso
dei titoli.
Infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso va rigettato con condanna
della sua proponente alle spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio
di cassazione liquidate in € 2.700,00, di cui 2.500,00 per onorari d’avvocato,
oltre spese e accessori di legge.
Così deciso in Roma, l’8 luglio 2005.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 6 OTT. 2005.
16/01/2006