CASSAZIONE: Prescrizione decennale per aver pagato "male" 
								un A/Circolare non trasferibile
							REPUBBLICA 
									ITALIANA
									
									IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
									
									LA CORTE SUPREMA DI
									CASSAZIONE
									
									SEZIONE PRIMA CIVILE
									
									Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
									
									Dott. Alessandro CRISCUOLO - Presidente
									Dott. Gianfranco GILARDI - Consigliere
									Dott. Luciano PANZANI - Consigliere
									Dott. Sergio DEL CORE - Rel. Consigliere
									Dott. Maria Rosaria SAN GIORGIO - Consigliere
									
									ha pronunciato la seguente
									
									SENTENZA
									
									sul ricorso proposto da:
									
									BANCA di ROMA S.P.A., in persona del Funzionario pro tempore, elettivamente 
									domiciliata in ROMA VIA CASSIODORO 19, presso l’avvocato LUIGI
									JANARI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAMPAOLO BRUNA, 
									giusta delega in calce al ricorso;
									
									- ricorrente -
									
									contro
									
									FALLIMENTO RIVIERA MOTORI DI B. & P. S.N.C., in persona del Curatore Dr. 
									M.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI BETTOLO 4, presso 
									l’avvocato FABRIZIO BROCHIERO MAGRONE, che lo rappresenta e difende unitamente 
									all’avvocato FRANCO
									DE GROSSI, giusta procura in calce al controricorso;
									
									- controricorrente -
									
									avverso la sentenza n. 943/01 della Corte d’Appello di GENOVA, depositata il 
									22/11/01;
									
									udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/07/2005 dal 
									Consigliere Dott. Sergio DEL CORE;
									
									udito per il resistente, l’Avvocato BROCHIERO MAGRONE che ha chiesto il rigetto 
									del ricorso;
									
									udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giacomo 
									CALIENDO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
									
									Svolgimento del processo
									
									Su ricorso in data 21 aprile 1997 della curatela del fallimento Riviera Motori 
									di B. e P. s.n.c., il Presidente del Tribunale di Imperia emise decreto con cui 
									ingiunse alla Banca di Roma s.p.a. di pagare alla ricorrente la somma di lire 
									53.150.000 - oltre interessi e spese - pari all’importo di sei assegni 
									circolari non trasferibili emessi nel 1991 dal Banco Ambrosiano Veneto s.p.a. a 
									favore della società poi fallita, girati per l’incasso alla Banca di Roma - 
									Filiale di Ventimiglia e da quest’ultima pagati a persona diversa dal 
									prenditore.
									
									L’ingiunta si oppose, eccependo la prescrizione dell’azione nel presupposto che 
									si verteva in tema di responsabilità extracontrattuale. In corso di giudizio, 
									chiese di provare per testi di avere pagato correttamente gli assegni in 
									questione a soggetto, tale G.L., delegato all’incasso dal B., legale 
									rappresentante della s.n.c. prenditrice e interessato a che le somme riscosse 
									non figurassero nei bilanci ufficiali della società amministrata.
									
									L’adito tribunale respinse l’opposizione e stessa sorte
									la Corte
									di appello di Genova riservò al gravame della Banca di Roma. Premise la corte 
									ligure che le obbligazioni ex lege nascenti da "ogni altro atto o fatto 
									previsto dalla legge" costituiscono, per l’art. 1173 c.c., un tertium genus 
									definito quasi contrattuale, la cui violazione importa responsabilità 
									contrattuale in quanto connessa a una obbligazione specifica inserita in un 
									rapporto obbligatorio con fonte legale, comunque preesistente alla violazione 
									stessa, in ciò distinguendosi dalla responsabilità aquiliana conseguente a 
									un’obbligazione costituitasi ex novo. Osservò, quindi, che la fonte della 
									responsabilità della banca opponente andava ravvisata nella violazione dei 
									doveri su di essa incombenti per legge, ai sensi dell’art.
									43 l.a., 
									ovverosia nel mancato rispetto dell’obbligo di diligente accertamento della 
									legittimazione cartolare del prenditore all’atto della presentazione 
									dell’assegno per l’incasso. Il sorgere della relazione intersoggettiva aveva 
									preceduto la causazione del danno chiaramente connesso alla violazione di 
									un’obbligazione specifica, in cui il responsabile è pre-individuato così come è 
									determinato il contenuto dell’obbligo risarcitorio, commisurato all’interesse 
									tutelato dalla legge. Si verteva, pertanto, nell’ambito di una responsabilità 
									contrattuale, con gli effetti che ne derivano sotto il profilo della 
									prescrizione dell’azione risarcitoria. Corretta era anche la sentenza in 
									relazione al rigetto della richiesta istruttoria, non essendo possibile 
									ritenere che lo specifico dovere imposto alla banca negoziatrice possa essere 
									stato disinvoltamente disatteso da un comportamento ai limiti della 
									responsabilità penale quanto alla banca medesima, resa edotta dei rapporti 
									intercorrenti tra il B. e il L. e delle ragioni che avevano indotto il primo a 
									non apparire come prenditore degli assegni; in ogni caso, le prove dedotte non 
									apparivano idonee a dimostrare l’esistenza di un legittimo atto di delega 
									all’incasso degli assegni ed erano, come tali, irrilevanti ai fini del 
									decidere.
									
									La cassazione di tale sentenza è stata chiesta dalla Banca di Roma con ricorso 
									affidato a due motivi.
									
									Resiste con controricorso il fallimento della Riviera Motori di B. e P. s.n.c.
									
									Entrambe le parti hanno depositato memoria.
									
									Motivi della decisione
									
									Con il primo motivo, denunziata la violazione del r.d. n. 1736/1933 e degli 
									artt. 2043 e 2947 c.c.,
									la Banca
									di Roma critica la sentenza per avere la corte ligure ravvisato nel 
									comportamento della banca girataria per l’incasso, che abbia violato il dovere 
									di identificazione del presentatore dell’assegno circolare non trasferibile, 
									una responsabilità ex contractu nei confronti dell’intestatario del titolo, 
									laddove, ai sensi dell’art. 43 r.d. citato, tale responsabilità va qualificata 
									come extracontrattuale e, quindi, assoggettata alla prescrizione quinquennale, 
									essendo il banchiere giratario per l’incasso del tutto estraneo al rapporto 
									cartolare. Peraltro, la somma portata dagli assegni fu pagata a persona diversa 
									dal prenditore e conosciuta dalla banca, che appose il timbro "per conoscenza e 
									garanzia", dietro precise disposizioni del B. che, nella qualità di 
									amministratore della Riviera Motori s.n.c., aveva sottoscritto la girata 
									"pagate all’ordine Banca di Roma". Non sussisteva, quindi, colpa per mancata 
									diligenza nell’identificazione del presentatore dei titoli, posto che il 
									versamento è stato effettuato al soggetto indicato dal prenditore e con il 
									pieno consenso di costui.
									
									Il motivo è da disattendere in entrambe le sue articolazioni.
									
									Anche se nell’impianto del mezzo, incentrato sulla natura della responsabilità 
									della banca girataria per l’incasso in caso di inesatto pagamento, è 
									prospettata quasi quale argomentazione di rincalzo (peraltro, senza 
									l’indicazione precisa della norma pretesamente violata dal giudice a quo), la 
									tesi della presunta assenza di responsabilità nella specie da parte della Banca 
									di Roma, avente priorità nell’ordine logico delle questioni, è palesemente 
									destituita di ogni minimo fondamento giuridico.
									
									Come correttamente statuito dai giudici di merito (la cui motivazione in 
									diritto sul punto va però integrata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con le 
									considerazioni di cui infra), la violazione dell’art. 43 legge assegno è 
									manifesta. Per effetto di questa norma, è la banca girataria per l’incasso che 
									è tenuta a identificare il presentatore girante, accertare che egli sia il 
									prenditore del titolo e provvedere al pagamento dell’assegno, che avverrà di 
									norma dopo che la banca trattaria abbia accertato l’autenticità della firma del 
									proprio cliente e inviato la valuta alla banca girataria per l’incasso; questa, 
									peraltro, può anche anticipare la valuta effettuando pur sempre il pagamento al 
									prenditore personalmente e non ad altro soggetto. Nella specie è 
									incontestabilmente accertato che, nonostante la clausola di non trasferibilità, 
									gli assegni circolari in questione, girati per l’incasso alla Banca di Roma 
									dalla beneficiaria Riviera Motori di B. e P. s.n.c., vennero pagati dal 
									cassiere, anziché a quest’ultima, a tale G.L., apponendo prima della relativa 
									firma la dicitura "per conoscenza e garanzia". L’irregolarità del pagamento è 
									dunque evidente, data la presenza della firma del L. (formalmente "per 
									conoscenza e garanzia", ma sostanzialmente "per quietanza"), il cui intervento 
									- figurante sui titoli in termini di attestazione dell’identità del prenditore, 
									a maggior tutela del cassiere sportellista - era in realtà inteso a sostituire 
									il prenditore medesimo nella percezione delle somme e non ad asseverarne la 
									legittimazione a riscuotere. Il tutto in violazione dell’obbligo, espressamente 
									posto a carico della banca negoziatrice dall’art.
									43 l.a., 
									di diligente accertamento, all’atto della presentazione dell’assegno per 
									l’incasso, della legittimazione cartolare del prenditore, che costituisce fonte 
									della facoltà di negoziare il titolo e, con la girata, di investire la banca 
									dei poteri del mandatario. In definitiva, essendo l’assegno circolare 
									intrasferibile, la clausola "per conoscenza e garanzia", apposta accanto alla 
									sottoscrizione del L., non era certamente idonea a legittimare il pagamento in 
									favore di persona diversa dalla società prenditrice.
									
									Anche il nucleo centrale del mezzo in esame è infondato.
									
									A termini dell’art.
									43 l.a. 
									(r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736) "L’assegno bancario emesso con la clausola "non 
									trasferibile" non può essere pagato se non al prenditore o, a richiesta di 
									costui, accreditato nel suo conto corrente. Questi non può girare l’assegno se 
									non ad un banchiere per l’incasso, il quale non può ulteriormente girarlo".
									
									Soggiunge il secondo comma di detto articolo "Colui che paga un assegno non 
									trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per 
									l’incasso risponde del pagamento".
									
									La regola, in virtù del rinvio operato dall’art. 86, comma 1°, ultima parte 
									l.a., si applica anche all’assegno circolare, in quanto non sia incompatibile 
									con la sua natura.
									
									E’ pacifico in giurisprudenza (Cass. n. 6778/1990, 10111/1993) e presso la 
									dottrina maggioritaria che tale disciplina, e la conseguente responsabilità in 
									caso di sua violazione, vale per "colui che paga" e quindi non soltanto per la 
									banca trattaria ovvero per la banca emittente, in ipotesi di assegno circolare, 
									ma anche per l’eventuale banchiere giratario per l’incasso. Si nota 
									convincentemente, al riguardo, che quantunque non sia corretto parlare di 
									"pagamento" in riferimento alla banca girataria per l’incasso, dovendosi 
									piuttosto dire che essa non "paga", non essendo a ciò obbligata sotto il 
									profilo cartolare, ma anticipa la valuta acquistando la legittimazione 
									all’esercizio del diritto cartolare, tuttavia l’espressione "colui che paga", 
									in una interpretazione che tenga conto altresì di quanto immediatamente prima 
									prescrive l’ultimo comma dell’art. 41 (dove chiaramente si dice "il trattario o 
									il banchiere"), abbia appunto il senso di estendere anche al banchiere 
									giratario per l’incasso le conseguenze per il pagamento dell’assegno effettuato 
									contra legem. Non essendo tenuto il trattario a verificare l’autenticità delle 
									firme, la protezione dei terzi interessati in caso di falsa o irregolare girata 
									per l’incasso sarebbe compromessa se il banchiere giratario non fosse obbligato 
									a tale verifica, cioè all’identificazione dell’intestatario girante.
									
									Contrasti presso la giurisprudenza di questa Corte, come anche in dottrina, si 
									sono registrati in ordine alla natura della responsabilità in cui incorre il 
									banchiere giratario per l’incasso che, in violazione dell’art.
									43 l.a., 
									paghi un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore.
									
									Secondo un primo indirizzo, sorto in tema di assegno bancario (non 
									trasferibile), la banca negoziatrice agirebbe quale sostituta nel mandato (art. 
									1717 c.c.) impartito dal traente dell’assegno alla propria banca trattaria. Più 
									in particolare, si è ritenuto che la banca girataria per l’incasso di un 
									assegno bancario non trasferibile sia da considerare non soltanto mandataria 
									del prenditore-girante, ma anche sostituta della banca trattaria 
									nell’esplicazione del servizio di pagamento dell’assegno, cui quest’ultima è 
									obbligata nei confronti del traente in base alla convenzione di chèque. 
									Subentrando alla banca trattaria, la banca girataria si sostituisce ad essa nel 
									dovere di identificazione del presentatore del titolo con l’uso della dovuta 
									diligenza professionale, mediante le cautele e gli accorgimenti suggeriti dal 
									caso concreto. Sotto questo profilo, la banca girataria viene chiamata a 
									rispondere del negligente pagamento non solo nei confronti della banca 
									trattaria, ma anche nei confronti del traente, ai sensi dell’art. 1717, ultimo 
									comma, c.c. In altri termini, il traente può esercitare verso la banca che ha 
									effettuato il pagamento irregolare la medesima azione contrattuale che avrebbe 
									potuto esercitare in forza della convenzione di assegno nei confronti della 
									banca trattaria, non potendo i di lui diritti ricevere una tutela diversa 
									secondo che il pagamento venga richiesto alla banca trattaria o ad altra banca 
									girataria per l’incasso (cfr. Cass. nn. 3928/1977, 6929/1986, 4187/1987, 
									6377/2000 - la quale, tuttavia, distingue l’ipotesi del pagamento in violazione 
									della causa di intrasferibilità dell’assegno circolare, rispetto al quale il 
									richiedente a nome altrui resta un terzo estraneo al rapporto cambiario ed ha 
									solo un’azione extracontrattuale contro la banca che abbia pagato l’assegno a 
									persona diversa dall’intestatario - 14359/2001).
									
									Per altro orientamento, anch’esso sorto in fattispecie di assegno bancario non 
									trasferibile, detta responsabilità sussiste erga omnes e si configura come 
									aquiliana o extracontrattuale non potendo qualificarsi il banchiere giratario 
									alla stregua di sostituto della banca trattaria o emittente nell’adempimento 
									della convenzione di assegno, come tale posto in rapporto diretto con il 
									traente, ma dovendosi piuttosto considerarlo, in quanto investito e attivato 
									dalla procura all’incasso, quale rappresentante del girante, in nome e per 
									conto del quale riceve il pagamento (così Cass. nn. 6778/1990, 10111/1993, 
									1641/1996, 1023/1998, 1087/1999, 9902/2000, 12425/2000).
									
									Ad avviso di questa Corte, nessuno dei due indirizzi merita di essere seguito.
									
									Non il primo che identifica nel banchiere giratario per l’incasso il sostituto 
									della banca trattaria nell’adempimento della convenzione di assegno, ponendolo 
									perciò in rapporto con il traente che può esercitare contro di lui l’azione 
									contrattuale fondata, appunto, sulla convenzione d’assegno. Una tale 
									costruzione è incompatibile con la considerazione che il banchiere giratario è 
									totalmente estraneo sia alla convenzione di assegno sia al rapporto di 
									emissione del titolo; esso, investito e attivato dalla procura all’incasso, 
									figura soltanto quale rappresentante del girante, in nome e per conto del quale 
									riceve il pagamento. Vero è che la banca trattaria o emittente non potrebbe 
									mai, in caso di girata per l’incasso, procedere direttamente al controllo della 
									legittimazione e all’identificazione del presentatore, cionondimeno appare 
									superfluo ogni richiamo ai principi in tema di mandato, posto che anche per ciò 
									che attiene alla negoziazione dei titoli di credito valgono le stesse regole 
									dettate per il pagamento; anzi, la previsione legislativa della possibilità di 
									girare per l’incasso l’assegno non trasferibile esclusivamente a un banchiere 
									assume un preciso significato proprio in considerazione della responsabilità 
									professionale e della funzione di pubblico interesse degli istituti di credito, 
									cioè dell’estrema sicurezza offerta dalla particolare qualità del soggetto 
									intermediario. In ogni caso, l’interpretazione dell’art.
									43 l.a. 
									offerta dalle sentenze che si iscrivono in questo indirizzo, se può apparire 
									confacente in tema di assegno bancario (per il quale è, in realtà, avanzata) la 
									cui struttura si spiega sullo schema della delegazione di pagamento, non sembra 
									per altro verso riproponibile per l’assegno circolare; è infatti largamente 
									contestato che all’atto dell’emissione dell’assegno circolare si stipuli un 
									contratto di mandato, in relazione al quale potrebbe aversi la sostituzione (o 
									il submandato nei confronti) della banca girataria.
									
									Ma neanche il secondo orientamento è persuasivo. Deve, in generale, premettersi 
									che esso pare ispirato all’intento pratico di evitare che la configurazione 
									della responsabilità sub specie contrattuale possa condurre a una sorta di 
									deresponsabilizzazione dell’istituto negoziatore, il quale, ove fosse 
									considerato quale mero sostituto della banca trattaria ed esecutore delle 
									istruzioni di quest’ultima, ben potrebbe limitarsi a pagare la somma al 
									presentatore una volta che la trattaria, ricevuto l’assegno in compensazione, 
									non abbia sollevato eccezioni sulla sua regolarità. Di qui l’esigenza di 
									investire la banca girataria di un titolo autonomo di responsabilità, la cui 
									rilevanza non viene meno per via della concorrente condotta della banca 
									trattaria.
									
									Ma, a parte ciò, la tesi non è condivisibile sul piano dei principi generali in 
									tema di obbligazioni. Com’è noto, la responsabilità extracontrattuale - 
									nonostante l’ampia portata della dizione dell’art. 2043 c.c., che fa 
									riferimento a "qualunque fatto doloso o colposo" - ricorre solo allorquando la 
									pretesa risarcitoria venga formulata nei confronti di un soggetto autore di un 
									danno ingiusto, non legato all’attore da alcun rapporto giuridico precedente o, 
									comunque, indipendente da tale eventuale rapporto, sicché essa può configurarsi 
									solo per effetto della violazione di una norma di condotta. Ove a fondamento 
									della pretesa dedotta in giudizio venga enunciato l’inadempimento di 
									un’obbligazione volontariamente contratta, o anche derivante dalla legge (art. 
									1173 c.c.), non vi è luogo per l’illecito aquiliano, ma è ipotizzabile 
									unicamente una responsabilità contrattuale o legale derivante da un 
									preesistente vincolo obbligatorio specifico posto in essere tra le parti dalla 
									volontà delle stesse ovvero direttamente da una disposizione di legge.
									
									Orbene, non v’è dubbio che l’obbligazione per l’istituto negoziatore di pagare 
									l’assegno solo al prenditore o al beneficiario deriva direttamente dalla 
									disposizione di legge innucleata nell’art.
									43 l.a., 
									a sua volta richiamata dall’art. 86 stesso decreto. Anzi, da tale disposizione 
									sembra promanare il richiamo a una più stretta diligenza proprio dell’istituto 
									negoziatore di assegni in ragione degli aspetti pratici e sostanziali 
									dell’operazione di pagamento. A questo proposito, si rammenta che la banca 
									girataria riceve materialmente il titolo dal proprio cliente, trovandosi così a 
									gestire in forma individuale la presentazione dell’assegno in versamento, con 
									maggiori possibilità di riscontrare eventuali irregolarità nella circolazione 
									del titolo o contraffazioni. Di contro, l’azienda trattaria e quella emittente 
									si vedono normalmente consegnare il titolo in stanza di compensazione, 
									all’interno di una rimessa comprendente una moltitudine di altri titoli, per 
									giunta con tempi assai ristretti per poterne eccepire l’irregolarità 
									(verificandosi, in caso contrario, la presunzione di "pagato" che consegue allo 
									spirare dei termini delle procedure interbancarie). A ciò si aggiunge che solo 
									l’azienda girataria per l’incasso ha la possibilità di un diligente vaglio 
									sulla persona del presentatore (ivi comprese le sue qualità) e sulla natura del 
									documento di identificazione esibito, elementi tutti che devono concorrere a 
									integrare un pagamento diligente e liberatorio. In diversi termini, l’art.
									43 l.a., 
									per agevolare l’incasso dell’assegno (assolutamente) intrasferibile, ne ammette 
									la girata per l’incasso esclusivamente a un banchiere sul cui vaglio fa 
									affidamento, rendendolo - per così dire - mallevadore verso la trattaria (o la 
									banca emittente dell’assegno circolare) della esatta identificazione del 
									prenditore e infine responsabile dell’inesatto pagamento, che si pone in 
									evidente contrasto con i principi che reggono il servizio bancario e impongono 
									al banchiere comportamenti conformi alle regole della specifica 
									professionalità.
									
									Quindi, promanando direttamente dalla legge, la responsabilità della banca 
									girataria per l’incasso non si configura come obbligazione ex delicto, ma, per 
									l’appunto, come obbligazione ex lege, riconducibile, in base all’art. 1173 
									c.c., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in 
									conformità dell’ordinamento giuridico. Trattasi, in fin dei conti, di 
									fattispecie tipica di obbligazione che, pur non avendo natura contrattuale, non 
									può per ciò solo essere ricondotta nello schema generale dell’art. 2043 c.c., 
									trovando invece il suo archetipo nell’art. 1173 c.c. Il fondamento della 
									correlativa azione risarcitoria è unico e non vi è bisogno di diversificarne il 
									titolo (contrattuale, extracontrattuale, cartolare) a seconda del soggetto che 
									si ritiene danneggiato. Il criterio per individuare il soggetto titolare della 
									pretesa dovrà essere fondato sull’individuazione della sfera giuridica 
									patrimoniale sulla quale è in concreto caduto il danno. In linea generale, il 
									pregiudizio derivante dal pagamento dell’assegno circolare a soggetto diverso 
									dal prenditore potrebbe ripercuotersi sul richiedente, ovvero sul prenditore, 
									ovvero infine sulla stessa banca emittente se nella negoziazione si sia 
									inserita una banca girataria per l’incasso.
									
									Corretto è, quindi, il percorso giuridico seguito dalla sentenza qui impugnata.
									
									Il banchiere giratario per l’incasso che paga un assegno circolare non 
									trasferibile a persona diversa dal beneficiario indicato dal titolo incorre in 
									una responsabilità, nei confronti del beneficiario, che non ha natura 
									contrattuale, non essendovi rapporto negoziale di sorta tra banca e 
									beneficiario medesimo, né extracontrattuale, che riguarda il comportamento 
									illecito per la violazione dell’obbligo generico del neminem laedere, bensì 
									quasi contrattuale ai sensi dell’ultima parte dell’art. 1173 c.c. 
									L’obbligazione deriva appunto direttamente dalla legge, ovverosia dalla norma 
									di cui all’art.
									43 l.a., 
									la quale prevede l’obbligo, a carico del banchiere giratario per l’incasso, di 
									pagare solo ed esclusivamente al soggetto ordinatario ed il correlativo 
									diritto, a favore di tale soggetto, di chiedere il risarcimento del pregiudizio 
									patrimoniale patito. Ne consegue che il termine di prescrizione per l’azione di 
									responsabilità nei confronti della banca negoziatrice è quello ordinario 
									decennale e non quello quinquennale previsto dall’art. 2947, comma 1, c.c. per 
									la domanda risarcitoria da fatto illecito.
									
									Con il secondo motivo, viene denunziata omessa e insufficiente e 
									contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Si 
									duole la ricorrente che la corte, al pari del tribunale, pur avendo ravvisato 
									nella fattispecie una ipotesi di responsabilità contrattuale, ha respinto la 
									prova per testi intesa a dimostrare che la banca non aveva alcuna colpa per 
									avere agito su espressa disposizione del prenditore degli assegni. Né, a 
									proposito della indicazione del L. quale delegato all’incasso da parte del B., 
									poteva obliterarsi che costui aveva agito nella veste di legale rappresentante 
									della Riviera Motori s.n.c.
									
									Il motivo è inammissibile sotto due profili.
									
									Valutare se la prova non ammessa riguardasse un punto decisivo della 
									controversia richiede, da parte della Corte di Cassazione, il raffronto tra il 
									fatto da provare e le circostanze dedotte a contenuto della prova nel giudizio 
									di appello. Perché
									la Corte
									sia posta in grado di compiere tale valutazione è necessario che la parte 
									interessata indichi nel ricorso il contenuto dei capitoli di prova, 
									diversamente il motivo di ricorso viene a mancare del requisito della 
									specificità. Ciò da tempo la giurisprudenza della corte viene affermando 
									attraverso l’enunciazione del principio secondo cui il ricorrente che, in sede 
									di legittimità, denunci la mancata ammissione in appello di una prova 
									testimoniale, ha l’onere di indicare specificatamente - occorrendo anche 
									mediante integrale trascrizione in ricorso - le circostanze che formavano 
									oggetto della prova, al fine di consentire al giudice di legittimità il 
									controllo sulla decisività dei fatti da provare in ordine alla risoluzione 
									della controversia e sulle prove stesse, in quanto, per il principio 
									dell’autosufficienza del ricorso per cassazione,
									la Corte
									di cassazione deve essere in grado di compiere tale verifica solo in base alle 
									deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con 
									indagini integrative (solo per indicare le più recenti, sentt. nn. 19138/2004, 
									9711/2004, 9290/2004, 5369/2004, 17904/2003, 15751/2003, 9712/2003).
									
									Orbene, nel caso, la ricorrente si è limitata a dedurre di avere formulato una 
									istanza di ammissione di prova testimoniale, ma di questa non ha poi indicato 
									il contenuto.
									
									Ulteriore profilo di inammissibilità del mezzo sta nel fatto che con esso non 
									risulta censurata la ratio decidendi autonoma espressa a riguardo dalla corte 
									del merito, per la quale la prova (oltre che inammissibile) era anche 
									irrilevante in quanto, dalla articolazione dei relativi capitoli, appariva 
									inidonea a dimostrare la esistenza di un legittimo atto di delega all’incasso 
									dei titoli.
									
									Infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso va rigettato con condanna 
									della sua proponente alle spese del presente giudizio di legittimità.
									
									P. Q. M.
									
									La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio 
									di cassazione liquidate in € 2.700,00, di cui 2.500,00 per onorari d’avvocato, 
									oltre spese e accessori di legge.
									
									Così deciso in Roma, l’8 luglio 2005.
									
									DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 6 OTT. 2005.
							16/01/2006