Il danno alla persona
Principio fondamentale nella disciplina del danno è la risarcibilità delle
lesioni dei soli beni ritenuti meritevoli di tutela.
Tradizionalmente il sistema si basava su:
-
Danno patrimoniale (sempre risarcibile)
-
Danno morale (risarcibile solo in presenza di un reato)
Solo in tempi relativamente recenti, e grazie all'elaborazione
giurisprudenziale, si è affermato il "tertium genus" ovvero il concetto di
risarcibilità del danno biologico inteso come menomazione
all'integrità psicofisica.
Ma procediamo con ordine analizzando le singole voci di danno.
Danno patrimoniale
Consiste nell'effettivo impoverimento subito da un soggetto in conseguenza di un
fatto illecito. Deve essere quindi riferito all'attività lavorativa svolta dal
danneggiato, ma anche a tutte le conseguenze economiche negative dell'evento
dannoso. Chiarificatrice è in proposito la Sent. Cass. 2368/84 "…diminuzione
del patrimonio tramite l'altrui condotta, anche per effetto delle spese
sostenute dal danneggiato per la ricostruzione o la riparazione delle cose su
cui ha avuto incidenza la causa dannosa, ovvero indirettamente con la perdita o
riduzione del reddito o anche con il venir meno di una attesa di guadagno
".
Il danno patrimoniale è stato definito dalla Consulta (Sent. 184/86)
"danno-conseguenza" perché si concretizza solo in un momento successivo
rispetto al fatto illecito e costituisce una derivazione del danno diretto che
è quello biologico. Trattandosi di un pregiudizio eventuale - non sempre
infatti una lesione determina una diminuzione patrimoniale - deve essere
specificamente provato.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 1223 e 2056 cod.civ., il
risarcimento deve comprendere il danno emergente (le effettive
perdite subite dal danneggiato rispetto all'epoca precedente all'avvenuta
lesione) ed il lucro cessante (il mancato guadagno, vantaggio,
utilità che il soggetto leso avrebbe potuto conseguire se il fatto illecito non
si fosse verificato).
Come si può immaginare, la prova del danno emergente (così
come la sua quantificazione) non presenta particolari problemi. Diversamente
per il lucro cessante, che pure deve essere provato, è necessario ricorrere ad
una previsione ragionevole e fondata che il guadagno si sarebbe prodotto. La
prova del lucro cessante è riferita, in particolare, al reddito
che l'infortunato avrebbe potuto produrre nel corso della vita se non si fosse
verificato l'evento dannoso: il risarcimento pertanto è strettamente
commisurato alla professione svolta.
Per il libero professionista si fa riferimento al reddito
netto da attività professionale più elevato dichiarato ai fini IRPEF negli
ultimi tre anni. Per il lavoro dipendente, la Cassazione fa
invece riferimento al reddito netto comprendendo oltre al salario o stipendio
tutti i compensi che abbiano carattere di continuità. Se la persona lesa è una
casalinga , il risarcimento deve essere commisurato al lavoro da
questa svolto e riferito al compenso dovuto ad altra persona per lo svolgimento
delle stesse attività.
Da ultimo il Nuovo codice delle assicurazioni private, il d.lgl 209 del 2005,
ha disciplinato la materia del danno patrimoniale all'art. 137. Prevede che,
nel caso di danno alla persona, quando per il risarcimento si debba considerare
l'incidenza dell'inabilita' temporanea o dell'invalidita' permanente
su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito deve determinarsi
come segue:
-
lavoro dipendente
Sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo
delle detrazioni e delle ritenute di legge, che risulta il piu' elevato tra
quelli degli ultimi tre anni
-
lavoro autonomo
Sulla base del reddito netto che risulta il piu' elevato tra quelli dichiarati
dal danneggiato ai fini IRPEF negli ultimi tre anni ovvero, nei casi previsti
dalla legge, dall'apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai
sensi delle norme di legge.
Tali indici non sono rigidi, ma le parti possono dimostrare di aver subito un
danno maggiuore. Tuttavia se da ciò si accerti che il reddito sia superiore di
oltre un quinto rispetto a quello risultante dall'applicazione dei criteri di
cui all'art. 137 d.lgl 209\05, giudice segnala tale risultanza al competente
ufficio dell'Agenzia delle entrate.
In tutti gli altri casi il reddito che occorre considerare ai fini del
risarcimento non puo' essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della
pensione sociale.
Danno biologico
E' il danno all'integrità fisica; la modificazione peggiorativa delle funzioni
naturali afferenti al soggetto ed antecedenti all'evento considerato. Il
concetto di risarcibilità della lesione fisica in quanto tale -
indipendentemente dalla perdita di capacità lavorativa - si è affermata in
tempi relativamente recenti.
L'evoluzione è stata determinata da una serie di pronunzie della Corte di
Cassazione e, soprattutto, della Corte Costituzionale che ha individuato
nell'art. 32 Cost. il fondamento normativo del c.d. danno biologico o danno
alla salute.
In materia RC auto, il danno biologico è specificamente definito come "lesione
temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona suscettibile di
accertamento medico-legale che esplica un incidenza negativa sulle attività
quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggiato,
indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di reddito "art
139 comma 2" codice delle assicurazioni private.
La quantificazione del danno, nasce da una corretta valutazione medico-legale
effettuata dal consulente sulla base di apposite tabelle che
tendono a favorire l'uniformità delle valutazioni rapportate ad un'ampia
casistica pratica. Nelle tabelle mediche ogni lesione fisica corrisponde ad una
diminuzione in termini percentuali dell'integrità della persona valutata al
100%.
I danni alla persona sono espressi, ai fini del risarcimento, in punti
percentuali distinguendo le lesioni permanenti da quelle temporanee (totali o
parziali) e facendo riferimento all'età della persona; con questo sistema gli
stessi punti di invalidità sono risarciti in misura decrescente con l'aumentare
dell'età del danneggiato.
Quanto al valore attribuito a tali punti, non esisteva uniformità di
valutazione: in assenza di una precisa normativa in materia ogni Tribunale
aveva elaborato le proprie tabelle di riferimento. Poichè il concetto di danno
biologico coinvolge la persona nella sua interezza, pertanto era ritenuto
risarcibile anche il pregiudizio che coinvolga aspetti diversi dalla salute in
senso stretto. In quest'ottica vanno considerate alcune specifiche accezioni di
danno quali: il danno estetico, il danno alla sfera sessuale e il danno
esistenziale correlato ad un genetico "diritto ad una vita felice e serena".
Ma il legislatore è intervenuto prima sulle c.d. lesioni "micropermanenti
". Si definiscono tali le lesioni che influiscono in misura minore al 9-10%
sulla capacità totale e, per la loro modestia, non coinvolgono la capacità
lavorativa della persona infortunata.
La legge 5 marzo 2001 n. 57 e il Codice delle assicurazioni del 2005 all'art.
138 stabiliscono i principi da liquidazione di tali danni stabilendo il
valore del punto base in €. 619,75 che aumenta in misura più che
proporzionale rispetto all'aumento percentuale assegnato ai postumi. Nel caso
di micropermanenti cui non siano associati danni a cose, l'assicurazione ha
l'obbligo di formulare l'offerta di risarcimento (o di comunicare i motivi che
ne impediscono la proposizione) nel termine di 90 giorni dalla domanda.
L'ammontare del danno biologico liquidato seguendo la tabella ministeriale puo'
essere aumentato dal giudice , qualora la menomazione incida
in maniera rilevante su aspetti dinamico - relazionali personali, in misura non
superiore ad un quinto rispetto alla quantificazione tabellare, con equo e
motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato.
La medesima discilplina è prevista dall'art. 138 per le lesioni permanenti di
non lieve entità, con la differenza che il limite entro il quale il giudice può
variare il risarcimento in funzione di un "maggior danno" subito è del 30 %.
Il legislatore, pertanto, ha scelto di limitare entro livelli predefiniti la
personalizzazione del danno, con l'unica differenza che il limite viene
spostato al 30 % per le lesioni di non lieve entità.
Ciò comporta che tutte le riprcussioni negative patite dalla vittima nella
sfera del c.d. danno esistenziale, trovano riscontro, secondo il legislatore,
attraverso il ristoro del danno biologico, entro quei limiti di
personalizzazione di cui sopra.
Appare comunque opportuno ricordare che nei settori diversi da quello
dell'infortunistica stradale restano in vigore le tabelle giurisprudenziali che
possono essere integrate delle compromissioni nella sfera esistenziale patite
della vittima attraverso la corresponsione di altre voci risarcitorie.
Ad oggi pertanto la vittima di un sinistro stradale che patisca identiche
lesioni originate da altri tipi di illecito verrebe risarcita in maniera
inferiore.
Danno morale
Consta dei patimenti morali, dalle ansie, dalle sofferenze psichiche (che non
rientrino nella patologia altrimenti saremmo nell'abito del danno biologico),
conseguenti alle lesioni subite. La base normativa del danno morale è
rappresentata dall'art. 2059 cod. civ. intitolato "Danni non patrimoniali" il
quale dispone che i danni non patrimoniali debbano essere risarciti solo
nei casi indicati dalla legge .
L'interpretazione tradizionale ravvisava quale unico caso indicato da una norma
la presenza di una reato sulla base del combinato disposto dell'art. 2059 c.c.
con il 2° comma dell'art. 185 cod. pen. "ogni reato che abbia cagionato un
danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e
le persone che, a norma delle leggi civili debbano rispondere del fatto di
lui".
Quest'interpretazione restrittiva, la cui erosione era cominciata ad opera
della dottrina, ha subito un'inversione di tendenza a seguito di recentissime
sentenze della Suprema Corte le quali estendono il risarcimento del danno ad
ipotesi che esulano dall'accertamento del reato.
La Suprema Corte nella Sent. 7- 31 maggio 2003 n. 8828, ha enunciato il
seguente principio di diritto: "alla risarcibilità del danno non patrimoniale
ex artt. 2059 c.c. e 185 c.p. non osta il mancato positivo accertamento della
colpa dell'autore del danno se essa, come nel caso di cui all'art. 2051 c.c.,
debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se,
ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato". Il
risarcimento del danno morale è generalmente determinato in misura pari ad
½ - ¼ del danno biologico.