(2) Ai sensi dell'art. 31, comma 15, l. 27 dicembre 2002,
n. 289, in attesa che venga data attuazione al titolo V della
parte seconda della Costituzione, come modificato dalla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e che venga formulata
la proposta al Governo dall'Alta Commissione di cui all'articolo
3, comma 1, lettera b), della medesima l. 27 dicembre 2002,
n. 289, in ordine ai principi generali del coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario, sono abrogate le
disposizioni del titolo VIII del presente decreto legislativo
, che disciplinano l'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché la contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento. Resta ferma l'applicazione
delle predette disposizioni per il risanamento degli enti
dissestati la cui deliberazione di dissesto è stata adottata
prima della data di entrata in vigore della legge costituzionale
n. 3 del 2001.
Preambolo
Il
Presidente della Repubblica:
Visti
gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l'art. 14 della
legge 23 agosto 1988, n. 400; Visto l'art. 31 della legge 3 agosto
1999, n. 265, recante delega al Governo per l'adozione di un testo
unico in materia di ordinamento degli enti locali; Vista la preliminare
deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 20 aprile 2000; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni
del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati; Udito
il parere del Consiglio di Stato, espresso nell'adunanza generale
dell'8 giugno 2000; Acquisito il parere della Conferenza Stato-città
ed autonomie locali e della Conferenza unificata, istituita ai
sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Vista la
deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 4 agosto 2000; Sulla proposta del Ministro dell'interno, di
concerto con i Ministri per gli affari regionali e della giustizia;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Articolo
unico
1. E' approvato l'unito testo unico delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali, composto di 275 articoli.
Preambolo
TESTO
UNICO DELLE LEGGI SULL'ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI
(art.
31 legge 3 agosto 1999, n. 265).
Parte
I
TESTO UNICO [2/2]
PARTE
I
ORDINAMENTO
ISTITUZIONALE
Titolo
I
Articolo
1
Oggetto.
1.
Il presente testo unico contiene i princìpi e le disposizioni
in materia di ordinamento degli enti locali.
2.
Le disposizioni del presente testo unico non si applicano alle
regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento
e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli
statuti e dalle relative norme di attuazione.
3.
La legislazione in materia di ordinamento degli enti locali e
di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite
enuncia espressamente i princìpi che costituiscono limite inderogabile
per la loro autonomia normativa. L'entrata in vigore di nuove
leggi che enunciano tali princìpi abroga le norme statutarie con
essi incompatibili. Gli enti locali adeguano gli statuti entro
120 giorni dalla data di entrata in vigore delle leggi suddette.
4.
Ai sensi dell'art. 128 della Costituzione le leggi della Repubblica
non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non
mediante espressa modificazione delle sue disposizioni.
Articolo
2
Ambito
di applicazione.
1.
Ai fini del presente testo unico si intendono per enti locali
i comuni, le province, le città metropolitane, le Comunità montane,
le comunità isolane e le unioni di comuni.
2.
Le norme sugli enti locali previste dal presente testo unico si
applicano, altresì, salvo diverse disposizioni, ai consorzi cui
partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono
attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove
previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi
sociali.
Articolo
3
Autonomia
dei comuni e delle province.
1.
Le comunità locali, ordinate in comuni e province, sono autonome.
2.
Il comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità,
ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.
3.
La provincia, ente locale intermedio tra comune e regione, rappresenta
la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina
lo sviluppo.
4.
I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa,
organizzativa e amministrativa nonchè autonomia impositiva e finanziaria
nell'ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di
coordinamento della finanza pubblica.
5.
I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di
quelle conferite loro con legge dello Stato e della regione, secondo
il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono
le loro funzioni anele attraverso le attività che possono essere
adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini
e delle loro formazioni sociali.
Articolo
4
Sistema
regionale delle autonomie locali.
1.
Ai sensi dell'art. 117, primo e secondo comma, e dell'art. 118,
primo comma, della Costituzione, le regioni, ferme restando le
funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario nei rispettivi
territori, organizzano l'esercizio delle funzioni amministrative
a livello locale attraverso i comuni e le province.
2.
Ai fini di cui al comma 1, le leggi regionali si conformano ai
princìpi stabiliti dal presente testo unico in ordine alle funzioni
del comune e della provincia, identificando nelle materie e nei
casi previsti dall'art. 117 della Costituzione, gli interessi
comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della
popolazione e del territorio.
3.
La generalità dei compiti e delle funzioni amministrative è attribuita
ai comuni, alle province e alle Comunità montane, in base ai princìpi
di cui all'art. 4, comma 3, della legge del 15 marzo 1997, n.
59, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed organizzative,
con esclusione delle sole funzioni che richiedono l'unitario esercizio
a livello regionale.
4.
La legge regionale indica i princìpi della cooperazione dei comuni
e delle province tra loro e con la regione, al fine di realizzare
un efficiente sistema delle autonomie locali al servizio dello
sviluppo economico, sociale e civile.
5.
Le regioni, nell'ambito della propria autonomia legislativa, prevedono
strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti,
che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali,
al fine di consentire la collaborazione e l'azione coordinata
fra regioni ed enti locali nell'ambito delle rispettive competenze.
Articolo
5
Programmazione
regionale e locale.
1.
La regione indica gli obiettivi generali della programmazione
economico-sociale e territoriale e su questi ripartisce le risorse
destinate al finanziamento del programma di investimenti degli
enti locali.
2.
Comuni e province concorrono alla determinazione degli obiettivi
contenuti nei piani e programmi dello Stato e delle regioni e
provvedono, per quanto di propria competenza, alla loro specificazione
ed attuazione.
3.
La legge regionale stabilisce forme e modi della partecipazione
degli enti locali alla formazione dei piani e programmi regionali
e degli altri provvedimenti della regione.
4.
La legge regionale indica i criteri e fissa le procedure per gli
atti e gli strumenti della programmazione socio-economica e della
pianificazione territoriale dei comuni e delle province rilevanti
ai fini dell'attuazione dei programmi regionali.
5.
La legge regionale disciplina, altresì, con norme di carattere
generale, modi e procedimenti per la verifica della compatibilità
fra gli strumenti di cui al comma 4 e i programmi regionali, ove
esistenti.
Articolo
6
Statuti
comunali e provinciali.
1.
I comuni e le province adottano il proprio statuto.
2.
Lo statuto, nell'ambito dei princìpi fissati dal presente testo
unico, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente
e, in particolare, specifica le attribuzioni degli organi e le
forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, i modi
di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio.
Lo statuto stabilisce, altresì, i criteri generali in materia
di organizzazione dell'ente, le forme di collaborazione fra comuni
e province, della partecipazione popolare, del decentramento,
dell'accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti
amministrativi, lo stemma e il gonfalone e quanto ulteriormente
previsto dal presente testo unico.
3.
Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare
condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della
legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di
entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune
e della provincia, nonchè degli enti, aziende ed istituzioni da
essi dipendenti.
4.
Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto
favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale
maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive
sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato
se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza
assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al
presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie.
5.
Dopo l'espletamento del controllo da parte del competente organo
regionale, lo statuto è pubblicato nel Bollettino
Ufficiale della regione, affisso all'albo pretorio dell'ente
per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero dell'interno
per essere inserito nella raccolta ufficiale degli statuti. Lo
statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione
all'albo pretorio dell'ente.
6.
L'ufficio del Ministero dell'interno, istituito per la raccolta
e la conservazione degli statuti comunali e provinciali, cura
anche adeguate forme di pubblicità degli statuti stessi.
Articolo
7
Regolamenti.
1.
Nel rispetto dei princìpi fissati dalla legge e dello statuto,
il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di
propria competenza ed in particolare per l'organizzazione e il
funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione,
per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio
delle funzioni.
Articolo
7/bis
Sanzioni
amministrative.
1.
Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni
dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro.
1-bis.
La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica anche
alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal presidente
della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di
specifiche norme regolamentari (1).
2. L'organo competente a irrogare la sanzione amministrativa è
individuato ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre
1981, n. 689 (2).
(1)
Comma aggiunto dall'art. 1-quater, D.L. 31 marzo 2003, n. 50,
nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(2)
Articolo aggiunto dall'art. 16, l. 16 gennaio 2003, n. 3.
Articolo
8
Partecipazione
popolare.
1.
I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano
le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione
popolare all'amministrazione locale. I rapporti di tali forme
associative sono disciplinati dallo statuto.
2.
Nel procedimento relativo all'adozione di atti che incidono su
situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme
di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite
dallo statuto, nell'osservanza dei princìpi stabiliti dalla legge
7 agosto 1990, n. 241.
3.
Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della
popolazione nonchè procedure per l'ammissione di istanze, petizioni
e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere
interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono
essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo
esame. Possono essere, altresì, previsti referendum
anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.
4.
Le consultazioni e i referendum di cui
al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza
locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni
elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali.
5.
Lo statuto, ispirandosi ai princìpi di cui alla legge 8 marzo
1994, n. 203, e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei
cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.
Articolo
9
Azione
popolare e delle associazioni di protezione ambientale.
1.
Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi
che spettano al comune e alla provincia.
2.
Il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti
del comune ovvero della provincia. In caso di soccombenza, le
spese sono a carico di chi ha promosso l'azione o il ricorso,
salvo che l'ente costituendosi abbia aderito alle azioni e ai
ricorsi promossi dall'elettore.
3.
Le associazioni di protezione ambientale di cui all'art. 13 della
legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie
di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla
provincia, conseguenti a danno ambientale. L'eventuale risarcimento
è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali
sono liquidate in favore o a carico dell'associazione.
Articolo
10
Diritto
di accesso e di informazione.
1.
Tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono
pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione
di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione
del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l'esibizione,
conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la
loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza
delle persone, dei gruppi o delle imprese.
2.
Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il
diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio
di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con
norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili
dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai
cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure
e sull'ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che
comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere,
in generale, alle informazioni di cui è in possesso l'amministrazione.
3.
Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività
dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle
strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato
e alle associazioni.
Articolo
11
Difersore
civico.
1.
Lo statuto comunale e quello provinciale possono prevedere l'istituzione
del difensore civico, con compiti di garanzia dell'imparzialità
e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o
provinciale, segnalando, anche di propria iniziativa, gli abusi,
le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'amministrazione nei
confronti dei cittadini.
2.
Lo statuto disciplina l'elezione, le prerogative ed i mezzi del
difensore civico nonchè i suoi rapporti con il consiglio comunale
o provinciale.
3.
Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresì
la funzione di controllo nell'ipotesi prevista all'art. 127.
Articolo
12
Sistemi
informativi e statistici.
1.
Gli enti locali esercitano i compiti conoscitivi e informativi
concernenti le loro funzioni in modo da assicurare, anche tramite
sistemi informativo-statistici automatizzati, la circolazione
delle conoscenze e delle informazioni fra le amministrazioni,
per consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il territorio
nazionale.
2.
Gli enti locali, nello svolgimento delle attività di rispettiva
competenza e nella conseguente verifica dei risultati, utilizzano
sistemi informativo-statistici che operano in collegamento con
gli uffici di statistica in applicazione del decreto legislativo
6 settembre 1989, n. 322. E' in ogni caso assicurata l'integrazione
dei sistemi informativo-statistici settoriali con il sistema statistico
nazionale.
3.
Le misure necessarie sono adottate con le procedure e gli strumenti
di cui agli articoli 6 e 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
II
Capo
I
Articolo
13
Funzioni.
1.
Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano
la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori
organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto
ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo
quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla
legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
2.
Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali
adeguati, attua forme sia di decentramento sia di cooperazione
con altri comuni e con la provincia.
Articolo
14
Compiti
del comune per servizi di competenza statale.
1.
Il comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe,
di leva militare e di statistica.
2.
Le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale
del Governo, ai sensi dell'art. 54.
3.
Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale
possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche
i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie.
Articolo
15
Modifiche
territoriali, fusione ed istituzione di comuni.
1.
A norma degli articoli 117 e 133 della Costituzione, le regioni
possono modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni sentite
le popolazioni interessate, nelle forme previste dalla legge regionale.
Salvo i casi di fusione tra più comuni, non possono essere istituiti
nuovi comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o la
cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri comuni
scendano sotto tale limite.
2.
La legge regionale che istituisce nuovi comuni, mediante fusione
di due o più comuni contigui, prevede che alle comunità di origine
o ad alcune di esse siano assicurate adeguate forme di partecipazione
e di decentramento dei servizi.
3.
Al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi
della regione, lo Stato eroga, per i dieci anni successivi alla
fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad
una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si
fondono.
4.
La denominazione delle borgate e frazioni è attribuita ai comuni
ai sensi dell'art. 118 della Costituzione.
Articolo
16
Municipi.
1.
Nei comuni istituiti mediante fusione di due o più comuni contigui
lo statuto comunale può prevedere l'istituzione di municipi nei
territori delle comunità di origine o di alcune di esse.
2.
Lo statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione e le
funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi eletti a
suffragio universale diretto. Si applicano agli amministratori
dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni
con pari popolazione.
Articolo
17
Circoscrizioni
di decentramento comunale.
1.
I comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti articolano
il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento,
quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione
di servizi di base, nonchè di esercizio delle funzioni delegate
dal comune.
2.
L'organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate
dallo statuto comunale e da apposito regolamento.
3.
I comuni con popolazione tra i 30.000 ed i 100.000 abitanti possono
articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni
di decentramento secondo quanto previsto dal comma 2.
4.
Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della
popolazione delle circoscrizioni nell'ambito dell'unità del comune
e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento.
5.
Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto
può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento
di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando,
altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni
aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento,
lo status dei componenti e le relative
modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale
può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati,
la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni
esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia
ai sensi della normativa statutaria.
Articolo
18
Titolo
di città.
1.
Il titolo di città può essere concesso con decreto del Presidente
della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno ai comuni
insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale importanza.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
II
Articolo
19
Funzioni.
1.
Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse
provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero
territorio provinciale nei seguenti settori:
a)
difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione
delle calamità;
b)
tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
c)
valorizzazione dei beni culturali;
d)
viabilità e trasporti;
e)
protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali;
f)
caccia e pesca nelle acque interne;
g)
organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale,
rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque
e delle emissioni atmosferiche e sonore;
h)
servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti
dalla legislazione statale e regionale;
i)
compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed
artistica ed alla formazione professionale, compresa l'edilizia
scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
l)
raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa
agli enti locali.
2.
La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi
da essa proposti, promuove e coordina attività, nonchè realizza
opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico,
produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale
e sportivo.
3.
La gestione di tali attività ed opere avviene attraverso le forme
previste dal presente testo unico per la gestione dei servizi
pubblici locali.
Articolo
20
Compiti
di programmazione.
1.
La provincia:
a)
raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini
della programmazione economica, territoriale ed ambientale della
regione;
b)
concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo
e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate
dalla legge regionale;
c)
formula e adotta, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi
del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali
sia di carattere generale che settoriale e promuove il coordinamento
dell'attività programmatoria dei comuni.
2.
La provincia, inoltre, ferme restando le competenze dei comuni
ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali,
predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che
determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e,
in particolare, indica:
a)
le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente
vocazione delle sue parti;
b)
la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle
principali linee di comunicazione;
c)
le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica
ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del
suolo e la regimazione delle acque;
d)
le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.
3.
I programmi pluriennali e il piano territoriale di coordinamento
sono trasmessi alla regione ai fini di accertarne la conformità
agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica
e territoriale.
4.
La legge regionale detta le procedure di approvazione, nonchè
norme che assicurino il condono dei comuni alla formazione dei
programmi pluriennali e dei piani territoriali di coordinamento.
5.
Ai fini del coordinamento e dell'approvazione degli strumenti
di pianificazione territoriale predisposti dai comuni, la provincia
esercita le funzioni ad essa attribuite dalla regione ed ha, in
ogni caso, il compito di accertare la compatibilità di detti strumenti
con le previsioni del piano territoriale di coordinamento.
6.
Gli enti e le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle
rispettive competenze, si conformano ai piani territoriali di
coordinamento delle province e tengono conto dei loro programmi
pluriennali.
Articolo
21
Circondari
e revisione delle circoscrizioni provinciali.
1.
La provincia, in relazione all'ampiezza e peculiarità del territorio,
alle esigenze della popolazione ed alla funzionalità dei servizi,
può disciplinare nello statuto la suddivisione del proprio territorio
in circondari e sulla base di essi organizzare gli uffici, i servizi
e la partecipazione dei cittadini.
2.
Nel rispetto della disciplina regionale, in materia di circondario,
lo stanato della provincia può demandare ad un apposito regolamento
l'istituzione dell'assemblea dei sindaci del circondario, con
funzioni consultive, propositive e di coordinamento, e la previsione
della nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza
assoluta dall'assemblea dei sindaci e componente del consiglio
comunale di uno dei comuni appartenenti al circondario. Il presidente
ha funzioni di rappresentanza, promozione e coordinamento. Al
presidente del circondario si applicano le disposizioni relative
allo status, del presidente del consiglio
di comune con popolazione pari a quella ricompresa nel circondario.
3.
Per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione
di nuove province i comuni esercitano l'iniziativa di cui all'art.
133 della Costituzione, tenendo conto dei seguenti criteri ed
indirizzi:
a)
ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro
la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici
e culturali della popolazione residente;
b)
ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per
ampiezza, entità demografica, nonchè per le attività produttive
esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello
sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale
e culturale del territorio provinciale e regionale;
c)
l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola
provincia;
d)
l'iniziativa dei comuni, di cui all'art. 133 della Costituzione,
deve conseguire l'adesione della maggioranza dei comuni dell'area
interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della
popolazione complessiva dell'area stessa, con delibera assunta
a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati;
e)
di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni
territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti;
f)
l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione
di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli
altri enti pubblici;
g)
le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione
al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni,
strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati.
4.
Ai sensi del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione le
regioni emanano norme intese a promuovere e coordinare l'iniziativa
dei comuni di cui alla lettera d) del
comma 3.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
III
Articolo
22
Aree
metropolitane.
1.
Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni
di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari,
Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi
rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle
attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale,
nonchè alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.
2.
Su conforme proposta degli enti locali interessati la regione
procede entro centottanta giorni dalla proposta stessa alla delimitazione
territoriale dell'area metropolitana. Qualora la regione non provveda
entro il termine indicato, il Governo, sentita la Conferenza unificata
di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
invita la regione a provvedere entro un ulteriore termine, scaduto
il quale procede alla delimitazione dell'area metropolitana.
3.
Restano ferme le città metropolitane e le aree metropolitane definite
dalle regioni a statuto speciale.
Articolo
23
Città
metropolitane.
1.
Nelle aree metropolitane di cui all'art. 22, il comune capoluogo
e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e
da rapporti di stretta integrazione in ordine all'attività economica,
ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni
sociali e culturali possono costituirsi in città metropolitane
ad ordinamento differenziato.
2.
A tale fine, su iniziativa degli enti locali interessati, il sindaco
del comune capoluogo e il presidente della provincia convocano
l'assemblea dei rappresentanti degli enti locali interessati.
L'assemblea su conforme deliberazione dei consigli comunali, adotta
una proposta di statuto della città metropolitana, che ne indichi
il territorio, l'organizzazione, l'articolazione interna e le
funzioni.
3.
La proposta di istituzione della città metropolitana è sottoposta
a referendum a cura di ciascun comune
partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione.
Se la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli
aventi diritto al voto espressa nella metà più uno dei comuni
partecipanti, essa è presentata dalla regione entro i successivi
novanta giorni ad una delle due Camere per l'approvazione con
legge.
4.
All'elezione degli organi della città metropolitana si procede
al primo turno utile ai sensi delle leggi vigenti in materia di
elezioni degli enti locali.
5.
La città metropolitana, comunque denominata, acquisisce le funzioni
della provincia; attua il decentramento previsto dallo statuto,
salvaguardando l'identità delle originarie collettività locali.
6.
Quando la città metropolitana non coincide con il territorio di
una provincia, si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni
provinciali o all'istituzione di nuove province anche in deroga
alle previsioni di cui all'art. 21, considerando l'area della
città come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto
speciale possono adeguare il proprio ordinamento ai princìpi contenuti
nel presente comma.
7.
Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in
materia di riordino, ad opera dello Stato, delle circoscrizioni
provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali siano
istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale.
Articolo
24
Esercizio
coordinato di funzioni.
1.
La regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può
definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle
funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di
cooperazione, nelle seguenti materie:
a)
pianificazione territoriale;
b)
reti infrastrutturali e servizi a rete;
c)
piani di traffico intercomunali;
d)
tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento
atmosferico;
e)
interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
f)
raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;
g)
smaltimento dei rifiuti;
h)
grande distribuzione commerciale;
i)
attività culturali;
l)
funzioni dei sindaci ai sensi dell'art. 50, comma 7.
2.
Le disposizioni regionali emanate ai sensi del comma 1 si applicano
fino all'istituzione della città metropolitana.
Articolo
25
Revisione
delle circoscrizioni comunali.
1.
Istituita la città metropolitana, la regione, previa intesa con
gli enti locali interessati, può procedere alla revisione delle
circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nell'area metropolitana.
Articolo
26
Norma
transitoria.
1.
Sono fatte salve le leggi regionali vigenti in materia di aree
metropolitane.
2.
La legge istitutiva della città metropolitana stabilisce i termini
per il conferimento, da parte della regione, dei compiti e delle
funzioni amministrative in base ai princìpi dell'art. 4, comma
3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e le modalità per l'esercizio
dell'intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a
quanto previsto dall'art. 3, comma 4, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
IV
Articolo
27
Natura
e ruolo.
1.
Le Comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti
fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti
a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per
l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio
associato delle funzioni comunali.
2.
La Comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo
composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti.
Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di
uno dei comuni della Comunità. I rappresentanti dei comuni della
Comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti
con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza
delle minoranze.
3.
La regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di
cui all'art. 4, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione
delle Comunità montane, in modo da consentire gli interventi per
la valorizzazione della montagna e l'esercizio associato delle
funzioni comunali. La costituzione della Comunità montana avviene
con provvedimento del Presidente della Giunta regionale.
4.
La legge regionale disciplina le Comunità montane stabilendo in
particolare:
a)
le modalità di approvazione dello statuto;
b)
le procedure di concertazione;
c)
la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;
d)
i criteri di ripartizione tra le Comunità montane dei finanziamenti
regionali e di quelli dell'Unione europea;
e)
i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
5.
La legge regionale può escludere dalla Comunità montana i comuni
parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio
montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva,
restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con
popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L'esclusione
non priva i rispettivi territori montani dei benefici e degli
interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea
e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale può prevedere,
altresì, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi
svolti in forma associata, l'inclusione dei comuni confinanti,
con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte
integrante del sistema geografico e socio-economico della Comunità.
6.
Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio
coincide con quello di una Comunità montana sono assegnate le
funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie,
nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso
in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani.
Con la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede
allo scioglimento della Comunità montana.
7.
Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi
di competenza delle regioni e delle Comunità montane, le regioni,
con propria legge, possono provvedere ad individuare nell'ambito
territoriale delle singole Comunità montane fasce altimetriche
di territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima,
della vegetazione, delle difficoltà nell'utilizzazione agricola
del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e
della realtà socio-economica.
8.
Ove in luogo di una preesistente Comunità montana vengano costituite
più Comunità montane, ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti
erariali attribuiti all'ente originario, ripartiti in attuazione
dei criteri stabiliti dall'art. 36 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni.
Articolo
28
Funzioni.
1.
L'esercizio associato di funzioni proprie dei comuni o a questi
conferite dalla regione spetta alle Comunità montane. Spetta,
altresì, alle Comunità montane l'esercizio di ogni altra funzione
ad esse conferita dai comuni, dalla provincia e dalla regione.
2.
Spettano alle Comunità montane le funzioni attribuite dalla legge
e gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla Unione
europea o dalle leggi statali e regionali.
3.
Le Comunità montane adottano piani pluriennali di opere ed interventi
e individuano gli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi
dello sviluppo socio-economico, ivi compresi quelli previsti dalla
Unione europea, dallo Stato e dalla regione, che possono concorrere
alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione
del piano.
4.
Le Comunità montane, attraverso le indicazioni urbanistiche del
piano pluriennale di sviluppo, concorrono alla formazione del
piano territoriale di coordinamento.
5.
Il piano pluriennale di sviluppo socio-economico ed i suoi aggiornamenti
sono adottati dalle Comunità montane ed approvati dalla provincia
secondo le procedure previste dalla legge regionale.
6.
Gli interventi finanziari disposti dalle Comunità montane e da
altri soggetti pubblici a favore della montagna sono destinati
esclusivamente ai territori classificati montani.
7.
Alle Comunità montane si applicano le disposizioni dell'art. 32,
comma 5.
Articolo
29
Comunità
isolane o di arcipelago.
1.
In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia
e della Sardegna, ove esistono più comuni, può essere istituita,
dai comuni interessati, la comunità isolana o dell'arcipelago,
cui si estendono le norme sulle Comunità montane.
Articolo
30
Convenzioni.
1.
Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati,
gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni.
2.
Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di
consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari
ed i reciproci obblighi e garanzie.
3.
Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio
o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la regione, nelle
materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione
obbligatoria fra enti locali, previa statuizione di un disciplinare-tipo.
4.
Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche
la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato
dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni
pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero
la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo
a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli
enti deleganti.
Articolo
31
Consorzi.
1.
Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi
e l'esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio
secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'art.
114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri
enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi
alle quali sono soggetti.
2.
A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta
dei componenti una convenzione ai sensi dell'art. 30, unitamente
allo statuto del consorzio.
3.
In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le
competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto
dai commi 8, 9 e 10 dell'art. 50 e dell'art. 42, comma 2, lettera
m), e prevedere la trasmissione, agli
enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto,
in conformità alla convenzione, deve disciplinare l'organizzazione,
la nomina e le funzioni degli organi consortili.
4.
Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i
consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti
legali anche enti diversi dagli enti locali, l'assemblea del consorzio
è composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona
del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con
responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla
convenzione e dallo statuto.
5.
L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva
gli atti fondamentali previsti dallo statuto.
6.
Tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un
consorzio.
7.
In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato
può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l'esercizio
di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda
l'attuazione alle leggi regionali.
8.
Ai consorzi che gestiscono attività di cui all'art. 113-bis, si
applicano le norme previste per le aziende speciali. (1)
(1)
Comma modificato dall'art. 35, comma 12, l. 28 dicembre 2001,
n. 448; si veda il comma 8 dell'art. 35 citato.
Articolo
32
Unioni
di comuni.
1.
Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni
di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una
pluralità di funzioni di loro competenza.
2.
L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai
consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza
richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli
organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e individua
altresì le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.
3.
Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto
tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri
organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli
dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze.
4.
L'unione ha potestà regolamentare per la disciplina della propria
organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad essa affidate
e per i rapporti anche finanziari con i comuni.
5.
Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i princìpi
previsti per l'ordinamento dei comuni. Si applicano, in particolare,
le norme in materia di composizione degli organi dei comuni; il
numero dei componenti degli organi non può comunque eccedere i
limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione
complessiva dell'ente. Alle unioni competono gli introiti derivanti
dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse
affidati.
Articolo
33
Esercizio
associato di funzioni e servizi da parte dei comuni.
1.
Le regioni, nell'emanazione delle leggi di conferimento delle
funzioni ai comuni, attuano il trasferimento delle funzioni nei
confronti della generalità dei comuni.
2.
Al fine di favorire l'esercizio associato delle funzioni dei comuni
di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli
ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative
di cui all'art. 4. Nell'ambito della previsione regionale, i comuni
esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente
i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine temporale
indicato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il
termine di cui sopra, la regione esercita il potere sostitutivo
nelle forme stabilite dalla legge stessa.
3.
Le regioni predispongono, concordandolo con i comuni nelle apposite
sedi concertative, un programma di individuazione degli ambiti
per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi,
realizzato anche attraverso le unioni, che può prevedere altresì
la modifica di circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione
di contributi e incentivi alla progressiva unificazione. Il programma
è aggiornato ogni tre anni, tenendo anche conto delle unioni di
comuni regolarmente costituite.
4.
Al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale
dei servizi, delle funzioni e delle strutture, le regioni provvedono
a disciplinare, con proprie leggi, nell'ambito del programma territoriale
di cui al comma 3, le forme di incentivazione dell'esercizio associato
delle funzioni da parte dei comuni, con l'eventuale previsione
nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tal fine, oltre a
quanto stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le regioni
si attengono ai seguenti princìpi fondamentali:
a)
nella disciplina delle incentivazioni:
1)
favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando
la corresponsione dei benefici in relazione al livello di unificazione,
rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia
ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati
trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle
ipotesi di massima integrazione;
2)
prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle
ipotesi di fusione e di unione, rispetto alle altre forme di gestione
sovracomunale;
b)
promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo alla successiva
fusione, prevedendo comunque ulteriori benefici da corrispondere
alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta
dei consigli comunali interessati, di procedere alla fusione.
Articolo
34
Accordi
di programma.
1.
Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di
programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione,
l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni,
di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque
di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione
o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla
competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi
o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo
di programma, anche su richiesta di uno o più soggetti interessati,
per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinare
i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso
adempimento.
2.
L'accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonchè
interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti
partecipanti.
3.
Per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma,
il presidente della regione o il presidente della provincia o
il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte
le amministrazioni interessate.
4.
L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della
regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre
amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del
presidente della regione o del presidente della provincia o del
sindaco ed è pubblicato nel Bollettino Ufficiale
della regione. L'accordo, qualora adottato con decreto
del presidente della regione, produce gli effetti della intesa
di cui all'art. 81 del decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti
variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni
edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato.
5.
Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici,
l'adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal
consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza.
6.
Per l'approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei
programmi dell'amministrazione e per le quali siano immediatamente
utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma dei precedenti
commi. L'approvazione dell'accordo di programma comporta la dichiarazione
di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime
opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere
non hanno avuto inizio entro tre anni.
7.
La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma e gli eventuali
interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal
presidente della regione o dal presidente della provincia o dal
sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali interessati,
nonchè dal commissario del Governo nella regione o dal prefetto
nella provincia interessata se all'accordo partecipano amministrazioni
statali o enti pubblici nazionali.
8.
Allorchè l'intervento o il programma di intervento comporti il
concorso di due o più regioni finitime, la conclusione dell'accordo
di programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio
di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto da un
rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed
è composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato
all'accordo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita
le funzioni attribuite dal comma 7 al commissario del Governo
ed al prefetto.
Articolo
35
Norma
transitoria.
1.
L'adozione delle leggi regionali previste dall'art. 33, comma
4, avviene entro il 21 febbraio 2001. Trascorso inutilmente tale
termine, il Governo, entro i successivi sessanta giorni, sentite
le regioni inadempienti e la Conferenza unificata di cui all'art.
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede a dettare
la relativa disciplina nel rispetto dei princìpi enunciati nel
citato articolo del presente testo unico. La disciplina adottata
nell'esercizio dei poteri sostitutivi si applica fino alla data
di entrata in vigore della legge regionale.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
III
Capo
I
Organi
di governo del comune e della provincia.
Articolo
36
Organi
di governo.
1.
Sono organi di governo del comune il consiglio, la giunta, il
sindaco.
2.
Sono organi di governo della provincia il consiglio, la giunta,
il presidente.
Articolo
37
Composizione
dei consigli.
1.
Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:
a)
da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione
di abitanti;
b)
da 50 membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti;
c)
da 46 membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti;
d)
da 40 membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti
o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;
e)
da 30 membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti;
f)
da 20 membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
g)
da 16 membri nei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti;
h)
da 12 membri negli altri comuni.
2.
Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia
e:
a)
da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore
a 1.400.000 abitanti;
b)
da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore
a 700.000 abitanti;
c)
da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore
a 300.000 abitanti;
d)
da 24 membri nelle altre province.
3.
Il presidente della provincia e i consiglieri provinciali rappresentano
la intera provincia.
4
La popolazione è determinata in base ai risultati dell'ultimo
censimento ufficiale.
Articolo
38
Consigli
comunali e provinciali.
1.
L'elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro durata
in carica, il numero dei consiglieri e la loro posizione giuridica
sono regolati dal presente testo unico.
2.
Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei princìpi stabiliti
dallo statuto, e disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza
assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione
e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento
indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità
delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza
di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente,
senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia.
3.
I consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa.
Con norme regolamentari i comuni e le province fissano le modalità
per fornire ai consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie.
Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle
province possono essere previste strutture apposite per il funzionamento
dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 2 i consigli
disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il
proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari regolarmente
costituiti.
4.
I consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ovvero,
in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la
relativa deliberazione.
5.
I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi,
dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali,
ad adottare gli atti urgenti e improrogabili.
6.
Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni
costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il regolamento
determina i poteri delle commissioni e ne disciplina l'organizzazione
e le forme di pubblicità dei lavori.
7.
Le sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche salvi
i casi previsti dal regolamento.
8.
Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo
consiglio, devono essere assunte immediatamente al protocollo
dell'ente nell'ordine temporale di presentazione. Esse sono irrevocabili,
non necessitano di presa d'atto e sono immediatamente efficaci.
Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla
surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni,
seguendo l'ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta
dal protocollo. Non si fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone
i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio
a norma dell'art. 141.
9.
In occasione delle riunioni del consiglio vengono esposte all'esterno
degli edifici, ove si tengono, la bandiera della Repubblica italiana
e quella dell'Unione europea per il tempo in cui questi esercita
le rispettive funzioni e attività. Sono fatte salve le ulteriori
disposizioni emanate sulla base della legge 5 febbraio 1998, n.
22, concernente disposizioni generali sull'uso della bandiera
italiana ed europea.
Articolo
39
Presidenza
dei consigli comunali e provinciali.
1.
I consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti sono presieduti da un presidente eletto
tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio. Al presidente
del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione
e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Quando
lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di presidente
del consiglio sono esercitate dal consigliere anziano individuato
secondo le modalità di cui all'art. 40. Nei comuni con popolazione
sino a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la figura del
presidente del consiglio.
2.
Il presidente del consiglio comunale o provinciale è tenuto a
riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni,
quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o
il presidente della provincia, inserendo all'ordine del giorno
le questioni richieste.
3.
Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio
è presieduto dal sindaco che provvede anche alla convocazione
del consiglio salvo differente previsione statutaria.
4.
Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura una
adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari ed ai
singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio.
5.
In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione del consiglio,
previa diffida, provvede il prefetto.
Articolo
40
Convocazione
della prima seduta del consiglio.
1.
La prima seduta del consiglio comunale e provinciale deve essere
convocata entro il termine perentorio di dieci giorni dalla proclamazione
e deve tenersi entro il termine di dieci giorni dalla convocazione.
2.
Nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, la prima
seduta, è convocata dal sindaco ed è presieduta dal consigliere
anziano fino alla elezione del presidente del consiglio. La seduta
prosegue poi sotto la presidenza del presidente del consiglio
per la comunicazione dei componenti della giunta e per gli ulteriori
adempimenti. E' consigliere anziano colui che ha ottenuto la maggior
cifra individuale ai sensi dell'art. 73 con esclusione del sindaco
neoeletto e dei candidati alla carica di sindaco, proclamati consiglieri
ai sensi del comma 11 del medesimo art. 73.
3.
Qualora il consigliere anziano sia assente o rifiuti di presiedere
l'assemblea, la presidenza è assunta dal consigliere che, nella
graduatoria di anzianità determinata secondo i criteri di cui
al comma 2, occupa il posto immediatamente successivo.
4.
La prima seduta del consiglio provinciale è presieduta e convocata
dal presidente della provincia sino alla elezione del presidente
del consiglio.
5.
Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, la prima
seduta del consiglio è convocata e presieduta dal sindaco sino
all'elezione del presidente del consiglio.
6.
Le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 si applicano salvo
diversa previsione regolamentare nel quadro dei princìpi stabiliti
dallo statuto.
Articolo
41
Adempimenti
della prima seduta.
1.
Nella prima seduta il consiglio comunale e provinciale, prima
di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorchè non sia stato
prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti
a norma del capo II titolo III e dichiarare la ineleggibilità
di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo
secondo la procedura indicata dall'art. 69.
2.
Il consiglio comunale, nella prima seduta, elegge tra i propri
componenti la commissione elettorale comunale ai sensi degli articoli
12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo
1967, n. 223.
Articolo
42
Attribuzioni
dei consigli.
1.
Il consiglio è l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo.
2.
Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali:
a)
statuti dell'ente e delle aziende speciali, regolamenti salva
l'ipotesi di cui all'art. 48, comma 3, criteri generali in materia
di ordinamento degli uffici e dei servizi;
b)
programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari,
programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci
annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani
territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per
la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere
per dette materie;
c)
convenzioni tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia, costituzione
e modificazione di forme associative;
d)
istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi
di decentramento e di partecipazione;
e)
organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni
e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione
dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività
o servizi mediante convenzione; (1)
f)
istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione
delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per
la fruizione dei beni e dei servizi;
g)
indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli
enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza;
h)
contrazione dei mutui non previsti espressamente in atti fondamentali
del consiglio comunale ed emissione dei prestiti obbligazionari;
i)
spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse
quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione
e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo;
l)
acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti
e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali
del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che,
comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni
e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri
funzionari;
m)
definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei
rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni,
nonchè nomina dei rappresentanti del consiglio presso enti, aziende
ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla legge.
3.
Il consiglio, nei modi disciplinati dallo statuto, partecipa altresì
alla definizione, all'adeguamento e alla verifica periodica dell'attuazione
delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente
della provincia e dei singoli assessori.
4.
Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo
non possono essere adottate in via d'urgenza da altri organi del
comune o della provincia, salvo quelle attinenti alle variazioni
di bilancio adottate dalla giunta da sottoporre a ratifica del
consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza.
(1)
Lettera modificata dall'art. 35, comma 12, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
Articolo
43
Diritti
dei consiglieri.
1.
I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di iniziativa
su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio.
Hanno inoltre il diritto di chiedere la convocazione del consiglio
secondo le modalità dettate dall'art. 39, comma 2, e di presentare
interrogazioni e mozioni.
2.
I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere
dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonchè
dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni
in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato.
Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati
dalla legge.
3.
Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da
essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni
e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai
consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e delle
relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento
consiliare.
4.
Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione
alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del
consigliere a far valere le cause giustificative.
Articolo
44
Garanzia
delle minoranze e controllo consiliare.
1.
Lo statuto prevede le forme di garanzia e di partecipazione delle
minoranze attribuendo alle opposizioni la presidenza delle commissioni
consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite.
2.
Il consiglio comunale o provinciale, a maggioranza assoluta dei
propri membri, può istituire al proprio interno commissioni di
indagine sull'attività dell'amministrazione. I poteri, la composizione
ed il funzionamento delle suddette commissioni sono disciplinati
dallo statuto e dal regolamento consiliare.
Articolo
45
Surrogazione
e supplenza dei consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali.
1.
Nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali il seggio
che durante il quinquennio rimanga vacante per qualsiasi causa,
anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella medesima
lista segue immediatamente l'ultimo eletto.
2.
Nel caso di sospensione di un consigliere ai sensi dell'art. 59,
il consiglio, nella prima adunanza successiva alla notifica del
provvedimento di sospensione, procede alla temporanea sostituzione
affidando la supplenza per l'esercizio delle funzioni di consigliere
al candidato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti,
il maggior numero di voti. La supplenza ha termine con la cessazione
della sospensione. Qualora sopravvenga la decadenza si fa luogo
alla surrogazione a norma del comma 1.
Articolo
46
Elezione
del sindaco e del presidente della provincia - Nomina della giunta.
1.
Il sindaco e il presidente della provincia sono eletti dai cittadini
a suffragio universale e diretto secondo le disposizioni dettate
dalla legge e sono membri dei rispettivi consigli.
2.
Il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti
della giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne
danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva
alla elezione.
3.
Entro il termine fissato dallo statuto, il sindaco o il presidente
della provincia, sentita la giunta, presenta al consiglio le linee
programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare
nel corso del mandato.
4.
Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno
o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio.
Articolo
47
Composizione
delle giunte.
1.
La giunta comunale e la giunta provinciale sono composte rispettivamente
dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono,
e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non
deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente,
del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando
a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque
non superiore a sedici unità.
2.
Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono
fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli
stessi.
3.
Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle
province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente
della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio,
fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità
e compatibilità alla carica di consigliere.
4.
Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto
può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti
parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità,
eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere
5.
Fino all'adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le
giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori
stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:
a)
non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000
abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa
tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con
popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi
di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non
superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001
e 500.000 abitanti; non superiore a 14 nei comuni con popolazione
compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a
16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;
b)
non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri;
non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri;
non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri;
non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.
Articolo
48
Competenze
delle giunte.
1.
La giunta collabora con il sindaco o con il presidente della provincia
nel governo del comune o della provincia ed opera attraverso deliberazioni
collegiali.
2.
La giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell'art.
107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo, che
non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano
nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco
o del presidente della provincia o degli organi di decentramento;
collabora con il sindaco e con il presidente della provincia nell'attuazione
degli indirizzi generali del consiglio; riferisce annualmente
al consiglio sulla propria attività e svolge attività propositive
e di impulso nei confronti dello stesso.
3.
E' altresì, di competenza della giunta l'adozione dei regolamenti
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei
criteri generali stabiliti dal consiglio.
Articolo
49
Pareri
dei responsabili dei servizi.
1.
Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al
consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto
il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile
del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa
o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine
alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2.
Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il
parere è espresso dal Segretario dell'ente, in relazione alle
sue competenze.
3.
I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa
e contabile dei pareri espressi.
Articolo
50
Competenze
del sindaco e del presidente della provincia.
1.
Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili
dell'amministrazione del comune e della provincia.
2.
Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente,
convocano e presiedono la giunta, nonchè il consiglio quando non
è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento
dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti.
3.
Salvo quanto previsto dall'art. 107 essi esercitano le funzioni
loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e
sovrintendono altresì all'espletamento delle funzioni statali
e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia
4.
Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale
autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni
di legge.
5.
In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica
a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e
urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della
comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti
d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi
di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in
ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento
di più ambiti territoriali regionali.
6.
In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni,
ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano
i soggetti competenti ai sensi del precedente comma.
7.
Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli
indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri
eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi
commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonchè,
d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle
amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico
degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare
l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali
degli utenti.
8.
Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco
e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione
e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia
presso enti, aziende ed istituzioni.
9.
Tutte le nomine e le designazioni debbono essere effettuate entro
quarantacinque giorni dall'insediamento ovvero entro i termini
di scadenza del precedente incarico. In mancanza, il comitato
regionale di controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi
dell'art. 136.
10.
Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili
degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi
dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità
ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonchè dai rispettivi
statuti e regolamenti comunali e provinciali
11.
Il sindaco e il presidente della provincia prestano davanti al
consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di osservare
lealmente la Costituzione italiana.
12.
Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della
Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla. Distintivo
del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro
con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia
da portare a tracolla.
Articolo
51
Durata
del mandato del sindaco, del presidente della provincia e dei consigli.
Limitazione dei mandati.
1.
Il sindaco e il consiglio comunale, il presidente della provincia
e il consiglio provinciale durano in carica per un periodo di
cinque anni.
2.
Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco
e di presidente della provincia non è, allo scadere del secondo
mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche.
3.
E' consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati
precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un
giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie.
Articolo
52
Mozione
di sfiducia.
1.
Il voto del consiglio comunale o del consiglio provinciale contrario
ad una proposta del sindaco, del presidente della provincia o
delle rispettive giunte non comporta le dimissioni degli stessi.
2.
Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte
cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di
sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta
dei componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere
motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati,
senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della provincia,
e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre
trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata,
si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un
commissario ai sensi dell'art. 141.
Articolo
53
Dimissioni,
impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso del sindaco
o del presidente della provincia.
1.
In caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso
del sindaco o del presidente della provincia, la giunta decade
e si procede allo scioglimento del consiglio. Il consiglio e la
giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio
e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette
elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia
sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente.
2.
Il vicesindaco ed il vicepresidente sostituiscono il sindaco e
il presidente della provincia in caso di assenza o di impedimento
temporaneo, nonchè nel caso di sospensione dall'esercizio della
funzione ai sensi dell'art. 59.
3.
Le dimissioni presentate dal sindaco o dal presidente della provincia
diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di 20
giorni dalla loro presentazione al consiglio. In tal caso si procede
allo scioglimento del rispettivo consiglio, con contestuale nomina
di un commissario.
4.
Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina
in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente della provincia
nonchè delle rispettive giunte.
Articolo
54
Attribuzioni
del sindaco nei servizi di competenza statale.
1.
Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovraintende:
a)
alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ed agli
adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di
leva militare e di statistica;
b)
alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi
e dai regolamenti in materia di ordine e di sicurezza pubblica;
c)
allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia
giudiziaria, delle funzioni affidategli dalla legge;
d)
alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza
e l'ordine pubblico, informandone il prefetto.
2.
Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato
e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico,
provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare
gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini; per
l'esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove
occorra, l'assistenza della forza pubblica.
3.
In casi di emergenza, connessi con il traffico e/o con l'inquinamento
atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie
si verifichino particolari necessità dell'utenza, il sindaco può
modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici
esercizi e dei servizi pubblici, nonchè, d'intesa con i responsabili
territorialmente competenti delle amministrazioni interessate,
gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati
nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 2.
4.
Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 2 è rivolta a persone
determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il
sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza
pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui fossero incorsi.
5.
Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al
presente articolo.
6.
Nell'ambito dei servizi di cui al presente articolo, il prefetto
può disporre ispezioni per accertare il regolare funzionamento
dei servizi stessi nonchè per l'acquisizione di dati e notizie
interessanti altri servizi di carattere generale.
7.
Nelle materie previste dalle lettere a),
b), c) e d)
del comma 1, nonchè dall'art. 14, il sindaco, previa comunicazione
al prefetto, può delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate
al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti
gli organi di decentramento comunale, il sindaco può conferire
la delega ad un consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni
nei quartieri e nelle frazioni.
8.
Ove il sindaco o chi ne esercita le funzioni non adempia ai compiti
di cui al presente articolo, il prefetto può nominare un commissario
per l'adempimento delle funzioni stesse.
9.
Alle spese per il commissario provvede l'ente interessato.
10
Ove il sindaco non adotti i provvedimenti di cui al comma 2, il
prefetto provvede con propria ordinanza.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
II
Incandidabilità,
ineleggibilità, incompatibilità.
Articolo
55
Elettorato
passivo.
1.
Sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere
comunale, provinciale e circoscrizionale gli elettori di un qualsiasi
comune della Repubblica che abbiano compiuto il diciottesimo anno
di età, nel primo giorno fissato per la votazione.
2.
Per l'eleggibilità alle elezioni comunali dei cittadini dell'Unione
europea residenti nella Repubblica si applicano le disposizioni
del decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197.
Articolo
56
Requisiti
della candidatura.
1.
Nessuno può presentarsi come candidato a consigliere in più di
due province o in più di due comuni o in più di due circoscrizioni,
quando le elezioni si svolgano nella stessa data. I consiglieri
provinciali, comunali o di circoscrizione in carica non possono
candidarsi, rispettivamente, alla medesima carica in altro consiglio
provinciale, comunale o circoscrizionale.
2.
Nessuno può essere candidato alla carica di sindaco o di presidente
della provincia in più di un comune ovvero di una provincia.
Articolo
57
Obbligo
di opzione.
1.
Il candidato che sia eletto contemporaneamente consigliere in
due province, in due comuni, in due circoscrizioni, deve optare
per una delle cariche entro cinque giorni dall'ultima deliberazione
di convalida. Nel caso di mancata opzione rimane eletto nel consiglio
della provincia, del comune o della circoscrizione in cui ha riportato
il maggior numero di voti in percentuale rispetto al numero dei
votanti ed è surrogato nell'altro consiglio.
Articolo
58
Cause
ostative alla candidatura.
1.
Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali
e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche
di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere
provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio
circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione
dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte
delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente
delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'art. 114,
presidente e componente degli organi delle Comunità montane:
a)
coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto
previsto dall'art. 416-bis del codice
penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico
illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'art.
74 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309,
o per un delitto di cui all'art. 73 del citato testo unico concernente
la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto
concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione,
la vendita o cessione, nonchè, nei casi in cui sia inflitta la
pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto
e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per
il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione
a taluno dei predetti reati;
b)
coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti
dagli articoli 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto
dell'errore altrui), 316- bis(malversazione
a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un
atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri
d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti
giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico
servizio) del codice penale;
c)
coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla
pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per
uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione
dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio
diversi da quelli indicati nella lettera b);
d)
coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una
pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo;
e)
coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento
definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di
appartenere ad una delle associazioni di cui all'art. 1 della
legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'art. 13 della
legge 13 settembre 1982, n. 646.
2.
Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo e dall'art.
59 la sentenza prevista dall'art. 444 del codice di procedura
penale è equiparata a condanna.
3.
Le disposizioni previste dal comma 1 si applicano a qualsiasi
altro incarico con riferimento al quale l'elezione o la nomina
è di competenza:
a)
del consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale;
b)
della giunta provinciale o del presidente, della giunta comunale
o del sindaco, di assessori provinciali o comunali.
4.
L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni
di cui al comma 1 è nulla. L'organo che ha provveduto alla nomina
o alla convalida dell'elezione è tenuto a revocare il relativo
provvedimento non appena venuto a conoscenza dell'esistenza delle
condizioni stesse.
5.
Le disposizioni previste dai commi precedenti non si applicano
nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in
giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione
con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione
ai sensi dell'art. 178 del codice penale o dell'art. 15 della
legge 3 agosto 1988, n. 327.
Articolo
59
Sospensione
e decadenza di diritto.
1.
Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell'art.
58:
a)
coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno
dei delitti indicati all'art. 58, comma 1, lettera a),
o per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma
316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter
e 320 del codice penale;
b)
coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello
per la stessa imputazione, hanno riportato, dopo l'elezione o
la nomina, una condanna ad una pena non inferiore a due anni di
reclusione per un delitto non colposo;
c)
coloro nei cui confronti l'autorità giudiziaria ha applicato,
con provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione in
quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui
all'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito
dall'art. 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. La sospensione
di diritto consegue, altresì, quando è disposta l'applicazione
di una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e
286 del codice di procedura penale.
2.
Nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, ove non sia possibile
la sostituzione ovvero fino a quando non sia convalidata la supplenza,
non sono computati al fine della verifica del numero legale, nè
per la determinazione di qualsivoglia quorum
o maggioranza qualificata.
3.
La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto
mesi. La cessazione non opera, tuttavia se entro i termini di
cui al precedente periodo l'impugnazione in punto di responsabilità
è rigettata anche con sentenza non definitiva. In quest'ultima
ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti decorso il termine
di dodici mesi dalla sentenza di rigetto.
4.
A cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del
pubblico ministero i provvedimenti giudiziari che comportano la
sospensione sono comunicati al prefetto, il quale, accertata la
sussistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare
il relativo provvedimento agli organi che hanno convalidato l'elezione
o deliberato la nomina
5.
La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell'interessato
venga meno l'efficacia della misura coercitiva di cui al comma
1, ovvero venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato,
di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione
o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza
di annullamento ancorchè con rinvio. In tal caso la sentenza o
il provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell'albo
pretorio e comunicati alla prima adunanza dell'organo che ha proceduto
all'elezione, alla convalida dell'elezione o alla nomina
6.
Chi ricopre una delle cariche indicate al comma 1 dell'art. 58
decade da essa di diritto dalla data del passaggio in giudicato
della sentenza di condanna o dalla data in cui diviene definitivo
il provvedimento che applica la misura di prevenzione.
7.
Quando, in relazione a fatti o attività comunque riguardanti gli
enti di cui all'art. 58, l'autorità giudiziaria ha emesso provvedimenti
che comportano la sospensione o la decadenza dei pubblici ufficiali
degli enti medesimi e vi è la necessità di verificare che non
ricorrano pericoli di infiltrazione di tipo mafioso nei servizi
degli stessi enti, il prefetto può accedere presso gli enti interessati
per acquisire dati e documenti ed accertare notizie concernenti
i servizi stessi.
8.
Copie dei provvedimenti di cui al comma 7 sono trasmesse al Ministro
dell'interno, ai sensi dell'art. 2, comma 2- quater,
del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 dicembre 1991, n. 110 e successive modifiche ed
integrazioni.
Articolo
60
Ineleggibilità.
1.
Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere
comunale, provinciale e circoscrizionale:
1)
il Capo della Polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori
generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il
Ministero dell'interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgano
le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori ed
i capi di gabinetto dei Ministri;
2)
nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari
di Governo, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i
funzionari di pubblica sicurezza;
3)
nel territorio, nel quale esercitano il comando, gli ufficiali
generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze
armate dello Stato;
4)
nel territorio, nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici
ed i ministri di culto, che hanno giurisdizione e cura di anime
e coloro che ne fanno ordinariamente le veci;
5)
i titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali
che esercitano poteri di controllo istituzionale sull'amministrazione
del comune o della provincia nonchè i dipendenti che dirigono
o coordinano i rispettivi uffici;
6)
nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati
addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi
regionali, nonchè i giudici di pace;
7)
i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli;
8)
il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore
sanitario delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere;
9)
i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate
per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio
dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati
o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a costituire
l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate;
10)
i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni
con capitale maggioritario rispettivamente del comune o della
provincia;
11)
gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza
o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di
istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal comune
o dalla provincia;
12)
i sindaci, presidenti di provincia, consiglieri comunali, provinciali
o circoscrizionali in carica, rispettivamente in altro comune,
provincia o circoscrizione.
2.
Le cause di ineleggibilità di cui al n. 8) non hanno effetto se
le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni
prima della data di scadenza dei periodi di durata degli organi
ivi indicati. In caso di scioglimento anticipato delle rispettive
assemblee elettive, le cause di ineleggibilità non hanno effetto
se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi
alla data del provvedimento di scioglimento. Il direttore generale,
il direttore amministrativo ed il direttore sanitario, in ogni
caso, non sono eleggibili nei collegi elettorali nei quali sia
ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'azienda sanitaria
locale o ospedaliera presso la quale abbiano esercitato le proprie
funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data
di accettazione della candidatura. I predetti, ove si siano candidati
e non siano stati eletti, non possono esercitare per un periodo
di cinque anni le loro funzioni in aziende sanitarie locali e
ospedaliere comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale
nel cui ambito si sono svolte le elezioni.
3.
Le cause di ineleggibilità previste nei numeri 1), 2), 3), 4),
5), 6), 7), 9), 10), 11) e 12) non hanno effetto se l'interessato
cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico
o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non
oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature.
4.
Le strutture convenzionate, di cui al n. 9) del comma 1, sono
quelle indicate negli articoli 43 e 44 della legge 23 dicembre
1978, n. 833.
5.
La pubblica amministrazione è tenuta ad adottare i provvedimenti
di cui al comma 3 entro cinque giorni dalla richiesta. Ove l'amministrazione
non provveda, la domanda di dimissioni o aspettativa accompagnata
dalla effettiva cessazione delle funzioni ha effetto dal quinto
giorno successivo alla presentazione.
6.
La cessazione delle funzioni importa la effettiva astensione da
ogni atto inerente all'ufficio rivestito.
7.
L'aspettativa è concessa anche in deroga ai rispettivi ordinamenti
per tutta la durata del mandato, ai sensi dell'art. 81.
8.
Non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti
a tempo determinato.
9.
Le cause di ineleggibilità previste dal n. 9) del comma 1 non
si applicano per la carica di consigliere provinciale.
Articolo
61
Ineleggibilità
a sindaco e presidente della provincia.
1.
Non può essere eletto alla carica di sindaco o di presidente della
provincia:
1)
il ministro di un culto;
2)
coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini
fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni
il posto di segretario comunale o provinciale, di appaltatore
di lavori o di servizi comunali o provinciali o in qualunque modo
loro fideiussore. (1)
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 31 ottobre 2000, n. 450,
ha dichiarato, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo
1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale del presente numero,
nella parte in cui stabilisce che chi ha ascendenti o discendenti
ovvero parenti o affini fino al secondo grado che rivestano
la qualità di appaltatore di lavori o di servizi comunali non
può essere eletto alla carica di sindaco, anziché stabilire
che chi si trova in detta situazione non può ricoprire la carica
di sindaco.
Articolo
62
Decadenza
dalla carica di sindaco e di presidente della provincia.
1.
Fermo restando quanto previsto dall'art. 7 del decreto del Presidente
della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dall'art. 5 del decreto
legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, l'accettazione della candidatura
a deputato o senatore comporta in ogni caso, per i sindaci dei
comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i presidenti
delle province la decadenza dalle cariche elettive ricoperte.
Articolo
63
Incompatibilità.
1.
Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia,
consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale:
1)
l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza
o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza
rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli
stessi riceva in via continuativa una sovvenzione in tutto o in
parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno
il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente;
2)
colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri
di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o
indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni
o appalti, nell'interesse del comune o della provincia ovvero
in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate
da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non
siano dovute in forza di una legge dello Stato o della regione;
3)
il consulente legale, amministrativo e tecnico che presta opera
in modo continuativo in favore delle imprese di cui ai numeri
1) e 2) del presente comma;
4)
colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento
civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la
provincia. La pendenza di una lite in materia tributaria ovvero
di una lite promossa ai sensi dell'articolo 9 del presente decreto
non determina incompatibilità. Qualora il contribuente venga eletto
amministratore comunale, competente a decidere sul suo ricorso
è la commissione del comune capoluogo di circondario sede di tribunale
ovvero sezione staccata di tribunale. Qualora il ricorso sia proposto
contro tale comune, competente a decidere è la commissione del
comune capoluogo di provincia. Qualora il ricorso sia proposto
contro quest'ultimo comune, competente a decidere è, in ogni caso,
la commissione del comune capoluogo di regione. Qualora il ricorso
sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere
è la commissione del capoluogo di provincia territorialmente più
vicino. La lite promossa a seguito di o conseguente a sentenza
di condanna determina incompatibilità soltanto in caso di affermazione
di responsabilità con sentenza passata in giudicato. La costituzione
di parte civile nel processo penale non costituisce causa di incompatibilità.
La presente disposizione si applica anche ai procedimenti in corso;
(1)
5)
colui che, per, fatti compiuti allorchè era amministratore o impiegato,
rispettivamente, del comune o della provincia ovvero di istituto
o azienda da esso dipendente o vigilato, è stato, con sentenza
passata in giudicato, dichiarato responsabile verso l'ente, istituto
od azienda e non ha ancora estinto il debito;
6)
colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente,
verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda
da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo
un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei
riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso
di cui all'art. 46 del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 602;
7)
colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione
di ineleggibilità prevista nei precedenti articoli.
2.
L'ipotesi di cui al n. 2) del comma 1 non si applica a coloro
che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte
regolarmente nei registri pubblici.
3.
L'ipotesi di cui al n. 4) del comma 1 non si applica agli amministratori
per fatto connesso con l'esercizio del mandato.
(1)
Numero modificato dallart. 3-ter, d.l. 22 febbraio 2002, n.
13, conv., con modificazioni, in l. 24 aprile 2002, n. 75.
Articolo
64
Incompatibilità
tra consigliere comunale e provinciale e assessore nella rispettiva
giunta.
1.
La carica di assessore è incompatibile con la carica di consigliere
comunale e provinciale.
2.
Qualora un consigliere comunale o provinciale assuma la carica
di assessore nella rispettiva giunta, cessa dalla carica di consigliere
all'atto dell'accettazione della nomina, ed al suo posto subentra
il primo dei non eletti.
3.
Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai comuni
con popolazione sino a 15.000 abitanti.
4.
Non possono far parte della giunta il coniuge, gli ascendenti,
i discendenti, i parenti ed affini fino al terzo grado, rispettivamente,
del sindaco e del presidente della provincia. Gli stessi non possono
essere nominati rappresentanti del comune e della provincia.
Articolo
65
Incompatibilità
per consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale.
1.
Il presidente e gli assessori provinciali, nonchè il sindaco e
gli assessori dei comuni compresi nel territorio della regione,
sono incompatibili con la carica di consigliere regionale.
2.
Le cariche di consigliere provinciale, comunale e circoscrizionale
sono, altresì, incompatibili, rispettivamente, con quelle di consigliere
provinciale di altra provincia, di consigliere comunale di altro
comune, di consigliere circoscrizionale di altra circoscrizione.
3.
La carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di
consigliere di una circoscrizione del comune.
Articolo
66
Incompatibilità
per gli organi delle aziende sanitarie locali e ospedaliere.
1.
La carica di direttore generale, di direttore amministrativo e
di direttore sanitario delle aziende sanitarie locali e ospedaliere
è incompatibile con quella di consigliere provinciale, di sindaco,
di assessore comunale, di presidente o di assessore della Comunità
montana.
Articolo
67
Esimente
alle cause di ineleggibilità o incompatibilità.
1.
Non costituiscono cause di ineleggibilità o di incompatibilità
gli incarichi e le funzioni conferite ad amministratori del comune,
della provincia e della circoscrizione previsti da norme di legge,
statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo.
Articolo
68
Perdita
delle condizioni di eleggibilità e incompatibilità.
1.
La perdita delle condizioni di eleggibilità previste dal presente
capo importa la decadenza dalla carica di sindaco, presidente
della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale.
2.
Le cause di incompatibilità, sia che esistano al momento della
elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza
dalle predette cariche.
3.
Ai fini della rimozione delle cause di ineleggibilità sopravvenute
alle elezioni ovvero delle cause di incompatibilità sono applicabili
le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 5, 6 e 7 dell'art. 60.
4.
La cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro dieci giorni
dalla data in cui è venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibilità
o di incompatibilità.
Articolo
69
Contestazione
delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità.
1.
Quando successivamente alla elezione si verifichi qualcuna delle
condizioni previste dal presente capo come causa di ineleggibilità
ovvero esista al momento della elezione o si verifichi successivamente
qualcuna delle condizioni di incompatibilità previste dal presente
capo il consiglio di cui l'interessato fa parte gliela contesta.
2.
L'amministratore locale ha dieci giorni di tempo per formulare
osservazioni o per eliminare le cause di ineleggibilità sopravvenute
o di incompatibilità.
3.
Nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede
giurisdizionale ai sensi del successivo art. 70, il temine di
dieci giorni previsto dal comma 2 decorre dalla data di notificazione
del ricorso.
4.
Entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui
al comma 2 il consiglio delibera definitivamente e, ove ritenga
sussistente la causa di ineleggibilità o di incompatibilità, invita
l'amministratore a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la
opzione per la carica che intende conservare.
5.
Qualora l'amministratore non vi provveda entro i successivi 10
giorni il consiglio lo dichiara decaduto. Contro la deliberazione
adottata è ammesso ricorso giurisdizionale al tribunale competente
per territorio.
6.
La deliberazione deve essere, nel giorno successivo, depositata
nella segreteria del consiglio e notificata, entro i cinque giorni
successivi, a colui che è stato dichiarato decaduto.
7.
Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di
ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.
Articolo
70
Azione
popolare.
1.
La decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia,
consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale può essere
promossa in prima istanza da qualsiasi cittadino elettore del
comune, o da chiunque altro vi abbia interesse davanti al tribunale
civile, con ricorso da notificare all'amministratore ovvero agli
amministratori interessati, nonchè al sindaco o al presidente
della provincia.
2.
L'azione può essere promossa anche dal prefetto.
3.
Per tali giudizi si osservano le norme di procedura ed i termini
stabiliti dall'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica
16 maggio 1960, n. 570.
4.
Contro la sentenza del Tribunale, sono ammesse le impugnazioni
ed i ricorsi previsti dagli articoli 82/2 e 82/3 del decreto del
Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
III
Articolo
71
Elezione
del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti.
1.
Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, l'elezione
dei consiglieri comunali si effettua con sistema maggioritario
contestualmente alla elezione del sindaco.
2.
Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche
presentato il nome e cognome del candidato alla carica di sindaco
e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio.
3.
Ciascuna candidatura alla carica di sindaco è collegata ad una
lista di candidati alla carica di consigliere comunale, comprendente
un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri
da eleggere e non inferiore ai tre quarti.
4.
Nella scheda è indicato, a fianco del contrassegno, il candidato
alla carica di sindaco.
5.
Ciascun elettore ha diritto di votare per un candidato alla carica
di sindaco, segnando il relativo contrassegno. Può altresì esprimere
voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere
comunale compreso nella lista collegata al candidato alla carica
di sindaco prescelto, scrivendone il cognome nella apposita riga
stampata sotto il medesimo contrassegno.
6.
E' proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene
il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede
ad un turno di ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto
il maggior numero di voti, da effettuarsi la seconda domenica
successiva. In caso di ulteriore parità viene eletto il più anziano
di età.
7.
A ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere si intendono
attribuiti tanti voti quanti sono i voti conseguiti dal candidato
alla carica di sindaco ad essa collegato.
8.
Alla lista collegata al candidato alla carica di sindaco che ha
riportato il maggior numero di voti sono attribuiti due terzi
dei seggi assegnati al consiglio, con arrotondamento all'unità
superiore qualora il numero dei consiglieri da assegnare alla
lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. I
restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente fra le altre liste.
A tal fine si divide la cifra elettorale di ciascuna lista successivamente
per 1, 2, 3, 4, ... sino a concorrenza del numero dei seggi da
assegnare e quindi si scelgono, tra i quozienti così ottenuti,
i più alti, in numero eguale a quello dei seggi da assegnare,
disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista ottiene
tanti seggi quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi
nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e
decimali, il posto è attribuito alla lista che ha ottenuto la
maggiore cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio.
9.
Nell'ambito di ogni lista i candidati sono proclamati eletti consiglieri
comunali secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali,
costituite dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza.
A parità di cifra, sono proclamati eletti i candidati che precedono
nell'ordine di lista. Il primo seggio spettante a ciascuna lista
di minoranza è attribuito al candidato alla carica di sindaco
della lista medesima.
10.
Ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti
i candidati compresi nella lista, ed il candidato a sindaco collegato,
purchè essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore
al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato
inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste
elettorali del comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali,
la elezione è nulla.
11.
In caso di decesso di un candidato alla carica di sindaco, intervenuto
dopo la presentazione delle candidature e prima del giorno fissato
per le elezioni, si procede al rinvio delle elezioni con le modalità
stabilite dall'art. 18, terzo, quarto e quinto comma del decreto
del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, consentendo,
in ogni caso, l'integrale rinnovo del procedimento di presentazione
di tutte le liste e candidature a sindaco e a consigliere comunale.
Articolo
72
Elezione
del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
1.
Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il sindaco
è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente all'elezione
del consiglio comunale.
2.
Ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare all'atto
della presentazione della candidatura il collegamento con una
o più liste presentate per l'elezione del consiglio comunale.
La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga
dichiarazione resa dai delegati delle liste interessate.
3.
La scheda per l'elezione del sindaco è quella stessa utilizzata
per l'elezione del consiglio. La scheda reca i nomi e i cognomi
dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro un apposito
rettangolo, al cui fianco sono riportati i contrassegni della
lista o delle liste con cui il candidato è collegato. Ciascun
elettore può, con un unico voto, votare per un candidato alla
carica di sindaco e per una delle liste ad esso collegate, tracciando
un segno sul contrassegno di una di tali liste. Ciascun elettore
può altresì votare per un candidato alla carica di sindaco, anche
non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo
rettangolo.
4.
E' proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene
la maggioranza assoluta dei voti validi.
5.
Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma
4, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda
domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo
turno i due candidati alla carica di sindaco che hanno ottenuto
al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di
voti tra i candidati, è ammesso al ballottaggio il candidato collegato
con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del consiglio
comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva.
A parità di cifra elettorale, partecipa al ballottaggio il candidato
più anziano di età.
6.
In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati
ammessi al ballottaggio ai sensi del comma 5, secondo periodo,
partecipa al ballottaggio il candidato che segue nella graduatoria.
Detto ballottaggio ha luogo la domenica successiva al decimo giorno
dal verificarsi dell'evento.
7.
Per i candidati ammessi al ballottaggio rimangono fermi i collegamenti
con le liste per l'elezione del consiglio dichiarati al primo
turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno tuttavia facoltà,
entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento
con ulteriori liste rispetto a quelle con cui è stato effettuato
il collegamento nel primo turno. Tutte le dichiarazioni di collegamento
hanno efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni
rese dai delegati delle liste interessate.
8.
La scheda per il ballottaggio comprende il nome e il cognome dei
candidati alla carica di sindaco, scritti entro l'apposito rettangolo,
sotto il quale sono riprodotti i simboli delle liste collegate.
Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il
quale è scritto il nome del candidato prescelto.
9.
Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco il candidato
che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità
di voti, è proclamato eletto sindaco il candidato collegato, ai
sensi del comma 7, con la lista o il gruppo di liste per l'elezione
del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale
complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto
sindaco il candidato più anziano d'età.
Articolo
73
Elezione
del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000
abitanti.
1.
Le liste per l'elezione del consiglio comunale devono comprendere
un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri
da eleggere e non inferiore ai due terzi, con arrotondamento all'unità
superiore qualora il numero dei consiglieri da comprendere nella
lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi.
2.
Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche
presentato il nome e cognome del candidato alla carica di sindaco
e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio.
Più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di
sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo programma
amministrativo e si considerano fra di loro collegate.
3.
Il voto alla lista viene espresso, ai sensi del comma 3 dell'art.
72, tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta.
Ciascun elettore può esprimere inoltre un voto di preferenza per
un candidato della lista da lui votata, scrivendone il cognome
sull'apposita riga posta a fianco del contrassegno.
4.
L'attribuzione dei seggi alle liste è effettuata successivamente
alla proclamazione dell'elezione del sindaco al termine del primo
o del secondo turno.
5.
La cifra elettorale di una lista è costituita dalla somma dei
voti validi riportati dalla lista stessa in tutte le sezioni del
comune.
6.
La cifra individuale di ciascun candidato a consigliere comunale
è costituita dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza.
7.
Non sono ammesse all'assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano
ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e
che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato
tale soglia.
8.
Salvo quanto disposto dal comma 10, per l'assegnazione del numero
dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste collegate,
nel turno di elezione del sindaco, con i rispettivi candidati
alla carica di sindaco si divide la cifra elettorale di ciascuna
lista o gruppo di liste collegate successivamente per 1, 2, 3,
4, ... sino a concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere
e quindi si scelgono, fra i quozienti così ottenuti, i più alti,
in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli
in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista o gruppo di liste
avrà tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad essa appartenenti
compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre
intere e decimali, il posto è attribuito alla lista o gruppo di
liste che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità
di quest'ultima, per sorteggio. Se ad una lista spettano più posti
di quanti sono i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti,
fra le altre liste, secondo l'ordine dei quozienti.
9.
Nell'ambito di ciascun gruppo di liste collegate la cifra elettorale
di ciascuna di esse, corrispondente ai voti riportati nel primo
turno, è divisa per 1, 2, 3, 4, ... sino a concorrenza del numero
dei seggi spettanti al gruppo di liste. Si determinano in tal
modo i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti
ad ogni lista.
10.
Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto
al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate
che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il
60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno
il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento
dei seggi, semprechè nessuna altra lista o altro gruppo di liste
collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi. Qualora
un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo
turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non
abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento
dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi,
semprechè nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate
al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per
cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle
altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8.
11.
Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna
lista o gruppo di liste collegate, sono in primo luogo proclamati
eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di sindaco,
non risultati eletti, collegati a ciascuna lista che abbia ottenuto
almeno un seggio. In caso di collegamento di più liste al medesimo
candidato alla carica di sindaco risultato non eletto, il seggio
spettante a quest'ultimo è detratto dai seggi complessivamente
attribuiti al gruppo di liste collegate.
12.
Compiute le operazioni di cui al comma 11 sono proclamati eletti
consiglieri comunali i candidati di ciascuna lista secondo l'ordine
delle rispettive cifre individuali. In caso di parità di cifra
individuale, sono proclamati eletti i candidati che precedono
nell'ordine di lista.
Articolo
74
Elezione
del presidente della provincia.
1.
Il presidente della provincia è eletto a suffragio universale
e diretto, contestualmente alla elezione del consiglio provinciale.
La circoscrizione per l'elezione del presidente della provincia
coincide con il territorio provinciale.
2.
Oltre a quanto previsto dall'art. 14 della legge 8 marzo 1951,
n. 122 e successive modificazioni, il deposito, l'affissione presso
l'albo pretorio della provincia e la presentazione delle candidature
alla carica di consigliere provinciale e di presidente della provincia
sono disciplinati dalle disposizioni di cui all'art. 3, commi
3 e 4, della legge 25 marzo 1993, n. 81, in quanto compatibili.
3.
All'atto di presentare la propria candidatura ciascun candidato
alla carica di presidente della provincia deve dichiarare di collegarsi
ad almeno uno dei gruppi di candidati per l'elezione del consiglio
provinciale. La dichiarazione di collegamento ha efficacia solo
se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei
gruppi interessati.
4.
La scheda per l'elezione del presidente della provincia è quella
stessa utilizzata per l'elezione del consiglio e reca, alla destra
del nome e cognome di ciascun candidato alla carica di presidente
della provincia, il contrassegno o i contrassegni del gruppo o
dei gruppi di candidati al consiglio cui il candidato ha dichiarato
di collegarsi. Alla destra di ciascun contrassegno è riportato
il nome e cognome del candidato al consiglio provinciale facente
parte del gruppo di candidati contraddistinto da quel contrassegno.
5.
Ciascun elettore può votare per uno dei candidati al consiglio
provinciale tracciando un segno sul relativo contrassegno. Ciascun
elettore può, altresì, votare sia per un candidato alla carica
di presidente della provincia, tracciando un segno sul relativo
rettangolo, sia per uno dei candidati al consiglio provinciale
ad esso collegato, tracciando anche un segno sul relativo contrassegno.
Il voto espresso nei modi suindicati si intende attribuito sia
al candidato alla carica di consigliere provinciale corrispondente
al contrassegno votato sia al candidato alla carica di presidente
della provincia. Ciascun elettore può, infine, votare per un candidato
alla carica di presidente della provincia tracciando un segno
sul relativo rettangolo. Il voto in tal modo espresso si intende
attribuito solo al candidato alla carica di presidente della provincia.
6.
E' proclamato eletto presidente della provincia, il candidato
alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi.
7.
Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma
6, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la seconda
domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo
turno i due candidati alla carica di presidente della provincia
che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In
caso di parità di voti fra il secondo ed il terzo candidato è
ammesso al ballottaggio il più anziano di età.
8.
In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati
ammessi al ballottaggio, partecipa al secondo turno il candidato
che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio dovrà aver luogo
la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell'evento.
9.
I candidati ammessi al ballottaggio mantengono i collegamenti
con i gruppi di candidati al consiglio provinciale dichiarati
al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno facoltà,
entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento
con ulteriori gruppi di candidati rispetto a quelli con cui è
stato effettuato il collegamento nel primo turno. La dichiarazione
ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa
dai delegati dei gruppi interessati.
10.
La scheda per il ballottaggio comprende il nome ed il cognome
dei candidati alla carica di presidente della provincia, scritti
entro l'apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i
simboli dei gruppi di candidati collegati. Il voto si esprime
tracciando un segno sul rettangolo entro il quale è scritto il
nome del candidato prescelto.
11.
Dopo il secondo turno è proclamato eletto presidente della provincia
il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi.
In caso di parità di voti, è proclamato eletto presidente della
provincia il candidato collegato con il gruppo o i gruppi di candidati
per il consiglio provinciale che abbiano conseguito la maggiore
cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è
proclamato eletto il candidato più anziano di età.
Articolo
75
Elezione
del consiglio provinciale.
1.
L'elezione dei consiglieri provinciali è effettuata sulla base
di collegi uninominali e secondo le disposizioni dettate dalla
legge 8 marzo 1951, n. 122 e successive modificazioni, in quanto
compatibili con le norme di cui all'art. 74 e al presente articolo.
2.
Con il gruppo di candidati collegati deve essere anche presentato
il nome e cognome del candidato alla carica di presidente della
provincia e il programma amministrativo da affiggere all'albo
pretorio. Più gruppi possono presentare lo stesso candidato alla
carica di presidente della provincia. In tal caso i gruppi debbono
presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano
fra di loro collegati.
3.
L'attribuzione dei seggi del consiglio provinciale ai gruppi di
candidati collegati è effettuata dopo la proclamazione dell'elezione
del presidente della provincia.
4.
La cifra elettorale di ogni gruppo è data dal totale dei voti
validi ottenuti da tutti i candidati del gruppo stesso nei singoli
collegi della Provincia.
5.
Non sono ammessi all'assegnazione dei seggi i gruppi di candidati
che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti
validi e che non appartengano a nessuna coalizione di gruppi che
abbia superato tale soglia.
6.
Per l'assegnazione dei seggi a ciascun gruppo di candidati collegati,
si divide la cifra elettorale conseguita da ciascun gruppo di
candidati successivamente per 1, 2, 3, 4, ... sino a concorrenza
del numero di consiglieri da eleggere. Quindi tra i quozienti
così ottenuti si scelgono i più alti, in numero eguale a quello
dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente.
A ciascun gruppo di candidati sono assegnati tanti rappresentanti
quanti sono i quozienti ad esso appartenenti compresi nella graduatoria.
A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto
è attribuito al gruppo di candidati che ha ottenuto la maggior
cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio. Se
ad un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi candidati,
i posti eccedenti sono distribuiti tra gli altri gruppi, secondo
l'ordine dei quozienti.
7.
Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano quando il gruppo
o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato eletto
presidente della provincia abbiano conseguito almeno il 60 per
cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale.
8.
Qualora il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato
proclamato eletto presidente della provincia non abbiano conseguito
almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale,
a tale gruppo o gruppi di candidati viene assegnato il 60 per
cento dei seggi, con arrotondamento all'unità superiore qualora
il numero dei consiglieri da attribuire al gruppo o ai gruppi
contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. In caso
di collegamento di più gruppi con il candidato proclamato eletto
presidente, per determinare il numero di seggi spettanti a ciascun
gruppo, si dividono le rispettive cifre elettorali corrispondenti
ai voti riportati al primo turno, per 1, 2, 3, 4 ... sino a concorrenza
del numero dei seggi da assegnare. Si determinano in tal modo
i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti
ad ogni gruppo di candidati.
9.
I restanti seggi sono attribuiti agli altri gruppi di candidati
ai sensi del comma 6.
10.
Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascun
gruppo di candidati, sono in primo luogo proclamati eletti alla
carica di consigliere i candidati alla carica di presidente della
provincia non risultati eletti, collegati a ciascun gruppo di
candidati che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento
di più gruppi con il candidato alla carica di presidente della
provincia non eletto, il seggio spettante a quest'ultimo è detratto
dai seggi complessivamente attribuiti ai gruppi di candidati collegati.
11.
Compiute le operazioni di cui al comma 10 sono proclamati eletti
consiglieri provinciali i candidati di ciascun gruppo secondo
l'ordine delle rispettive cifre individuali.
12.
La cifra individuale dei candidati a consigliere provinciale viene
determinata moltiplicando il numero dei voti validi ottenuto da
ciascun candidato per cento e dividendo il prodotto per il totale
dei voti validi espressi nel collegio per i candidati a consigliere
provinciale. Nel caso di candidature presentate in più di un collegio
si assume, ai fini della graduatoria, la maggiore cifra individuale
riportata dal candidato.
Articolo
76
Anagrafe
degli amministratori locali e regionali.
1.
Avvenuta la proclamazione degli eletti, il competente ufficio
del Ministero dell'interno in materia elettorale raccoglie i dati
relativi agli eletti a cariche locali e regionali nella apposita
anagrafe degli amministratori locali, nonchè i dati relativi alla
tenuta ed all'aggiornamento anche in corso di mandato.
2.
L'anagrafe è costituita dalle notizie relative agli eletti nei
comuni, province e regioni concernenti i dati anagrafici, la lista
o gruppo di appartenenza o di collegamento, il titolo di studio
e la professione esercitata. I dati sono acquisiti presso comuni,
province e regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione
telematica.
3.
Per gli amministratori non elettivi l'anagrafe è costituita dai
dati indicati al comma 2 consensualmente forniti dagli amministratori
stessi.
4.
Al fine di assicurare la massima trasparenza è riconosciuto a
chiunque il diritto di prendere visione ed estrarre copia, anche
su supporto informatico, dei dati contenuti nell'anagrafe.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
IV
Status
degli amministratori locali.
Articolo
77
Definizione
di amministratore locale.
1.
La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire
cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare
il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse
necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi
e nei limiti previsti dalla legge.
2.
Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi
e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per
amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i
sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri
dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti
delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti
dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti,
i consiglieri e gli assessori delle Comunità montane, i componenti
degli argani delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali,
nonchè i componenti degli organi di decentramento.
Articolo
78
Doveri
e condizione giuridica.
1.
Il comportamento degli amministratori, nell'esercizio delle proprie
funzioni, deve essere improntato all'imparzialità e al principio
di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione
tra le funzioni, competenze e responsabilità degli amministratori
di cui all'art. 77, comma 2, e quelle proprie dei dirigenti delle
rispettive amministrazioni.
7.
Gli amministratori di cui all'art. 77, comma 2, devono astenersi
dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere
riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al
quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti
normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici,
se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta
fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore
o di parenti o affini fino al quarto grado.
3.
I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica,
di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare
attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica
nel territorio da essi amministrato.
4.
Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e
diretta di cui al comma 2 sia stata accertata con sentenza passata
in giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano
oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante
nuova variante urbanistica parziale. Nelle more dell'accertamento
di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto
della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore
o di parenti o affini è sospesa la validità delle relative disposizioni
del piano urbanistico.
5.
Al sindaco ed al presidente della provincia, nonchè agli assessori
ed ai consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi
e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o
comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi
comuni e province.
6.
Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati,
non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti
durante l'esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori
di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo
deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità.
Nell'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare
di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori
locali la proprietà per la sede di espletamento del mandato amministrativo
o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di
leva non può essere espletato nell'ente nel quale il soggetto
è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima
amministrazione.
Articolo
79
Permessi
e licenze.
1.
I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli
comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e
delle unioni di comuni, nonchè dei consigli circoscrizionali dei
comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto
di assentarsi dal servizio per l'intera giornata in cui sono convocati
in rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano
in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere
il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in
cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte,
hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata
successiva.
2.
Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì nei confronti
dei militari di leva o richiamati e di coloro che svolgono il
servizio sostitutivo previsto dalla legge. Ai sindaci, ai presidenti
di provincia, ai presidenti delle Comunità montane che svolgono
servizio militare di leva o che sono richiamati o che svolgono
il servizio sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata
in attesa di congedo per la durata del mandato.
3.
I lavoratori dipendenti facenti parte delle Giunte comunali, provinciali,
metropolitane, delle Comunità montane, nonchè degli organi esecutivi
dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni
e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni
consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonchè delle
commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze
dei capogruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti
dagli statuti e dai regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi
dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui
fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi
di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il
luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. Le disposizioni
di cui al presente comma si applicano altresì nei confronti dei
militari di leva o di coloro che sono richiamati o che svolgono
il servizio sostitutivo.
4.
I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province,
delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle Comunità
montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli
comunali, provinciali e circoscrizionali, nonchè i presidenti
dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi
di cui ai precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti
di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate
a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani,
presidenti delle Comunità montane, presidenti dei consigli provinciali
e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.
5.
I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto
ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24
ore lavorative mensili qualora risultino necessari per l'espletamento
del mandato.
6.
L'attività ed i tempi di espletamento del mandato per i quali
i lavoratori chiedono ed ottengono permessi, retribuiti e non
retribuiti, devono essere prontamente e puntualmente documentati
mediante attestazione dell'ente.
Articolo
80
Oneri
per permessi retribuiti.
1.
Le assenze dal servizio di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'art.
79 sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. Gli oneri
per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati
o da enti pubblici economici sono a carico dell'ente presso il
quale gli stessi lavoratori esercitano le funzioni pubbliche di
cui all'articolo 79. L'ente, su richiesta documentata del datore
di lavoro, e tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto,
per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva
assenza del lavoratore. Il rimborso viene effettuato dall'ente
entro trenta giorni dalla richiesta. Le somme rimborsate sono
esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 8, comma
35, della legge 11 marzo 1988, n. 67. (1)
(1)
Comma modificato dall'art. 2-bis del d.l. 27 dicembre 2000,
n. 392, conv., con modificazioni in l. 28 febbraio 2001, n.
26.
Articolo
81
Aspettative.
1.
Gli amministratori locali di cui all'art. 77, comma 2, che siano
lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in
aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento
del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio
effettivamente prestato, nonchè come legittimo impedimento per
il compimento del periodo di prova.
Articolo
82
Indennità.
1.
Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una
indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo,
per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano,
il presidente della Comunità montana, i presidenti dei consigli
circoscrizionali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali,
nonchè i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste
delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane,
delle Comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi
fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti
che non abbiano richiesto l'aspettativa.
2.
I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle
Comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati
dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione
a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito
nell'ambito di un mese da un consigliere può superare l'importo
pari ad un terzo dell'indennità massima prevista per il rispettivo
sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8.
3.
Ai soli fini dell'applicazione delle norme relative al divieto
di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi
1 e 2 non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi
natura.
4.
Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all'interessato
competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza
in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità
comporti per l'ente pari o minori oneri finanziari. Il regime
di indennità di funzione per i consiglieri prevede l'applicazione
di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza
dalle sedute degli organi collegiali.
5.
Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra
loro cumulabili. L'interessato opta per la percezione di una delle
due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.
6.
Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza
quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi,
ricoperti dalla stessa persona.
7.
Agli amministratori ai quali viene corrisposta l'indennità di
funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone
per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo
ente, nè di commissioni che di quell'organo costituiscono articolazioni
interne ed esterne.
8.
La misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza
di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri
a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell'interno,
di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali
nel rispetto dei seguenti criteri:
a)
equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;
b)
articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica
degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione,
della percentuale delle entrate proprie dell'ente rispetto al
totale delle entrate, nonchè dell'ammontare del bilancio di parte
corrente;
c)
articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti dei consigli,
dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori
e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto
alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente
della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di
comuni, dei consorzi fra enti locali e delle Comunità montane
sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista
per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione
di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana
della Comunità montana;
d)
definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori
delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni
ad esse assegnate:
e)
determinazione dell'indennità spettante al presidente della provincia
e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila
abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale
del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con
popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione
dell'indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale
del segretario comunale;
f)
previsione dell'integrazione dell'indennità dei sindaci e dei
presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a
una indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato.
9.
Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali
si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui
al comma 8 con la medesima procedura ivi indicata.
10.
Il decreto ministeriale di cui al comma 8 è rinnovato ogni tre
anni ai fini dell'adeguamento della misura delle indennità e dei
gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali
dell'ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle
misure stabilite per l'anno precedente, la variazione verificatasi
nel biennio nell'indice dei prezzi al consumo rilevata dall'ISTAT
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine
del biennio.
11.
Le indennità di funzione e i gettoni di presenza, determinati
ai sensi del comma 8, possono essere incrementati o diminuiti
con delibera di giunta e di consiglio per i rispettivi componenti.
Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve
superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio
per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica
degli enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla
possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto
finanziario.
Articolo
83
Divieto
di cumulo.
1.
I parlamentari nazionali o europei, nonchè i consiglieri regionali
possono percepire solo i gettoni di presenza previsti dal presente
capo.
Articolo
84
Rimbsrsi
spese e indennità di missione.
1.
Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino
fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente,
previa autorizzazione del capo dell'amministrazione, nel caso
di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del
consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle
spese di viaggio effettivamente sostenute, nonchè la indennità
di missione alle condizioni dell'art. 1, comma 1, e dell'art.
3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l'ammontare
stabilito al n. 2) della tabella A allegata
alla medesima legge e successive modificazioni.
2.
La liquidazione del rimborso delle spese o dell'indennità di missione
è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell'interessato,
corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno
effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e
sulle finalità della missione.
3.
Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune
ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole
spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione
ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi,
nonchè per la presenza necessaria presso la sede degli uffici
per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.
4.
I consigli e le assemblee possono sostituire all'indennità di
missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando
con regolamento i casi in cui si applica l'uno o l'altro trattamento.
Articolo
85
Partecipazione
alle associazioni rappresentative degli enti locali.
1.
Le norme stabilite dal presente capo, relative alla posizione,
al trattamento e ai permessi dei lavoratori pubblici e privati
chiamati a funzioni elettive, si applicano anche per la partecipazione
dei rappresentanti degli enti locali alle associazioni internazionali,
nazionali e regionali tra enti locali.
2.
Le spese che gli enti locali ritengono di sostenere, per la partecipazione
dei componenti dei propri organi alle riunioni e alle attività
degli organi nazionali e regionali delle associazioni, fanno carico
ai bilanci degli enti stessi.
Articolo
86
Oneri
previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni fiscali
e assicurative.
1.
L'amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione
tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali,
previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci,
per i presidenti di provincia, per i presidenti di Comunità montane,
di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori
provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore
a 10.000 abitanti, per i presidenti dei consigli dei comuni con
popolazione superiore a 50.000 abitanti, per i presidenti dei
consigli provinciali che siano collocati in aspettativa non retribuita
ai sensi del presente testo unico. La medesima disposizione si
applica per i presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi
in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo
decentramento di funzioni e per i presidenti delle aziende anche
consortili fino all'approvazione della riforma in materia di servizi
pubblici locali che si trovino nelle condizioni previste dall'art.
81.
2.
Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti
e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l'amministrazione
locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento
di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con
decreto dei Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza
sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie
in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da
conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto
era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell'incarico.
3.
L'amministrazione locale provvede, altresì, a rimborsare al datore
di lavoro la quota annuale di accantonamento per l'indennità di
fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo dell'indenità di
carica annua da parte dell'ente e per l'eventuale residuo da parte
dell'amministratore.
4.
Alle indennità di funzione e ai gettoni di presenza si applicano
le disposizioni di cui all'art. 26, comma 1, delle legge 23 dicembre
1994, n. 724.
5.
I comuni, le province, le Comunità montane, le unioni di comuni
e i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri amministratori
contro i rischi conseguenti all'espletamento del loro mandato.
6.
Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale
dei soggetti destinatari dei benefici di cui al comma 1 è consentita
l'eventuale ripetizione degli oneri assicurativi, assistenziali
e previdenziali, entro cinque anni dalla data del loro versamento,
se precedente alla data di entrata in vigore della legge 3 agosto
1999, n. 265, ed entro tre anni se successiva.
Articolo
87
Consigli
di amministrazione delle aziende speciali.
1.
Fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici
locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende
speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute
nell'art. 78, comma 2, nell'art. 79, commi 3 e 4, nell'art. 81,
nell'art. 85 e nell'art. 86.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
IV
Organizzazione
e personale.
Capo
I
Articolo
88
Disciplina
applicabile agli uffici ed al personale degli enti locali.
1.
All'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali,
ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali,
si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre
disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle
pubbliche amministrazioni nonchè quelle contenute nel presente
testo unico.
Articolo
89
Fonti.
1.
Gli enti locali disciplinano, con propri regolamenti, in conformità
allo statuto, l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi,
in base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di
gestione e secondo princìpi di professionalità e responsabilità.
2.
La potestà regolamentare degli enti locali si esercita, tenendo
conto di quanto demandato alla contrattazione collettiva nazionale,
nelle seguenti materie:
a)
responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell'espletamento
delle procedure amministrative;
b)
organi, uffici, modi di conferimento della titolarità dei medesimi;
c)
princìpi fondamentali di organizzazione degli uffici;
d)
procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di avviamento
al lavoro;
e)
ruoli, dotazioni organiche e loro consistenza complessiva;
f)
garanzia della libertà di insegnamento ed autonomia professionale
nello svolgimento dell'attività didattica scientifica e di ricerca;
g)
disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra impiego
nelle pubbliche amministrazioni ed altre attività e casi di divieto
di cumulo di impieghi e incarichi pubblici.
3.
I regolamenti di cui al comma 1, nella definizione delle procedure
per le assunzioni, fanno riferimento ai princìpi fissati dall'art.
36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive
modificazioni ed integrazioni.
4.
In mancanza di disciplina regolamentare sull'ordinamento degli
uffici e dei servizi o per la parte non disciplinata dalla stessa,
si applica la procedura di reclutamento prevista dal decreto del
Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487.
5.
Gli enti locali, nel rispetto dei princìpi fissati dal presente
testo unico, provvedono alla rideterminazione delle proprie dotazioni
organiche, nonchè all'organizzazione e gestione del personale
nell'ambito della propria autonomia normativa ed organizzativa
con i soli limiti derivanti dalle proprie capacità di bilancio
e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei
compiti loro attribuiti. Restano salve le disposizioni dettate
dalla normativa concernente gli enti locali dissestati e strutturalmente
deficitari.
6.
Nell'ambito delle leggi, nonchè dei regolamenti di cui al comma
1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure
inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dai
soggetti preposti alla gestione con la capacità e i poteri del
privato datore di lavoro.
Articolo
90
Uffici
di supporto agli organi di direzione politica.
1.
Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può
prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze
del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli
assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo
loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell'ente,
ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari,
da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i
quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati
in aspettativa senza assegni.
2.
Al personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo
determinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro
del personale degli enti locali.
3.
Con provvedimento motivato della giunta, al personale di cui al
comma 2 il trattamento economico accessorio previsto dai contratti
collettivi può essere sostituito da un unico emolumento comprensivo
dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività
collettiva e per la qualità della prestazione individuale.
Articolo
91
Assunzioni.
1.
Gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di funzionalità
e di ottimizzazione delle risorse per il migliore funzionamento
dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e
di bilancio. Gli organi di vertice delle amministrazioni locali
sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale,
comprensivo delle unità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68,
finalizzata alla riduzione programmata delle spese del personale.
2.
Gli enti locali, ai quali non si applicano discipline autorizzatorie
delle assunzioni, programmano le proprie politiche di assunzioni
adeguandosi ai princìpi di riduzione complessiva della spesa di
personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi
2-bis, 3, 3-bis
e 3- terdell'art. 39 del decreto legislativo
27 dicembre 1997, n. 449, per quanto applicabili, realizzabili
anche mediante l'incremento della quota di personale ad orario
ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel quadro
delle assunzioni compatibili con gli obiettivi della programmazione
e giustificate dai processi di riordino o di trasferimento di
funzioni e competenze.
3.
Gli enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente
deficitarie possono prevedere concorsi interamente riservati al
personale dipendente, solo in relazione a particolari profili
o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita
esclusivamente all'interno dell'ente.
4.
Pa gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci
per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l'eventuale
copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente
vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o
trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo.
Articolo
92
Rapporti
di lavoro a tempo determinato e a tempo parziale.
1.
Gli enti locali possono costituire rapporti di lavoro a tempo
parziale e a tempo determinato, pieno o parziale, nel rispetto
della disciplina vigente in materia. I dipendenti degli enti locali
a tempo parziale, purchè autorizzati dall'amministrazione di appartenenza,
possono prestare attività lavorativa presso altri enti.
2.
Nei comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in
relazione a flussi turistici o a particolari manifestazioni anche
a carattere periodico, al fine di assicurare il mantenimento di
adeguati livelli quantitativi e qualitativi dei servizi pubblici,
il regolamento può prevedere particolari modalità di selezione
per l'assunzione del personale a tempo determinato per esigenze
temporanee o stagionali, secondo criteri di rapidità e trasparenza
ed escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano, in
ogni caso, le disposizioni dei commi 7 e 8 dell'art. 36 del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni
ed integrazioni.
Articolo
93
Responsabilità
patrimoniale.
1.
Per gli amministratori e per il personale degli enti locali si
osservano le disposizioni vigenti in materia di responsabilità
degli impiegati civili dello Stato.
2.
Il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio
di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni degli
enti locali, nonchè coloro che si ingeriscano negli incarichi
attribuiti a detti agenti devono rendere il conto della loro gestione
e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti secondo
le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti.
3.
Gli agenti contabili degli enti locali, salvo che la Corte dei
conti lo richieda, non sono tenuti alla trasmissione della documentazione
occorrente per il giudizio di conto di cui all'art. 74 del regio
decreto 18 novembre 1923, n. 2440, ed agli articoli 44 e seguenti
del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214.
4.
L'azione di responsabilità si prescrive in cinque anni dalla commissione
del fatto. La responsabilità nei confronti degli amministratori
e dei dipendenti dei comuni e delle province è personale e non
si estende agli eredi salvo il caso in cui vi sia stato illecito
arricchimento del dante causa e conseguente illecito arricchimento
degli eredi stessi.
Articolo
94
Responsabilità
disciplinare.
1.
Qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere a),
b), c), d)
ed e) del comma 1 dell'art. 58, nonchè
alle lettere a), b)
e c) del comma 1 dell'art. 59 nei confronti
del personale dipendente delle amministrazioni locali, compresi
gli enti ivi indicati, si fa luogo alla immediata sospensione
dell'interessato dalla funzione o dall'ufficio ricoperti. La sospensione
è disposta dal responsabile dell'ufficio secondo la specifica
competenza, con le modalità e procedure previste dai rispettivi
ordinamenti. A tal fine i provvedimenti emanati dal giudice sono
comunicati, a cura della cancelleria del tribunale o della segreteria
del pubblico ministero, ai responsabili delle amministrazioni
o enti locali indicati nelle predette disposizioni.
2.
Al personale dipendente di cui al comma precedente si applicano
altresì le disposizioni del comma 5 dell'art. 58 e del comma 6
dell'art. 59 previa attivazione del procedimento disciplinare.
Articolo
95
Dati
sul personale degli enti locali.
1.
Il Ministero dell'interno aggiorna periodicamente, sentiti l'Associazione
nazionale comuni italiani (Anci), l'Unione delle province d'Italia
(Upi) e l'Unione nazionale comuni, comunità enti montani (Uncem),
i dati del censimento generale del personale in servizio presso
gli enti locali.
2.
Resta ferma la disciplina sulla banca dati sulle dotazioni organiche
degli enti locali prevista dall'art. 16- terdel
decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 marzo 1993, n. 68.
Articolo
96
Riduzione
degli organismi collegiali.
1.
Al fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza
nei tempi dei procedimenti amministrativi i consigli e le giunte,
secondo le rispettive competenze, con provvedimento da emanare
entro sei mesi dall'inizio di ogni esercizio finanziario, individuano
i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale
con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione
dei fini istituzionali dell'amministrazione o dell'ente interessato.
Gli organismi non identificati come indispensabili sono soppressi
a decorrere dal mese successivo all'emanazione del provvedimento.
Le relative funzioni sono attribuite all'ufficio che riveste preminente
competenza nella materia.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
II
Segretari
comunali e provinciali.
Articolo
97
Ruolo
e funzioni.
1.
Il comune e la provincia hanno un segretario titolare dipendente
dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari
comunali e provinciali, di cui all'art. 102 e iscritto all'albo
di cui all'art. 98.
2.
Il segretario comunale e provinciale svolge compiti di collaborazione
e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti
degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa
alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti.
3.
Il sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgano della
facoltà prevista dal comma 1 dell'art. 108, contestualmente al
provvedimento di nomina del direttore generale disciplinano, secondo
l'ordinamento dell'ente e nel rispetto dei loro distinti ed autonomi
ruoli, i rapporti tra il segretario ed il direttore generale.
4.
Il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei
dirigenti e ne coordina l'attività, salvo quando ai sensi e per
gli effetti del comma 1 dell'art. 108 il sindaco e il presidente
della provincia abbiano nominato il direttore generale. Il segretario
inoltre:
a)
partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle
riunioni del consiglio e della giunta e ne cura la verbalizzazione;
b)
esprime il parere di cui all'art. 49, in relazione alle sue competenze,
nel caso in cui l'ente non abbia responsabili dei servizi;
c)
può rogare tutti i contratti nei quali l'ente è parte ed autenticare
scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente;
d)
esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai
regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della
provincia;
e)
esercita le funzioni di direttore generale nell'ipotesi prevista
dall'art. 108, comma 4.
5.
Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, può
prevedere un vicesegretario per coadiuvare il segretario e sostituirlo
nei casi di vacanza, assenza o impedimento.
6.
Il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali è disciplinato
dai contratti collettivi ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni.
Articolo
98
Albo
nazionale.
1.
L'albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, al quale
si accede per concorso, è articolato in sezioni regionali.
2.
Il numero complessivo degli iscritti all'albo non può essere superiore
al numero dei comuni e delle province ridotto del numero delle
sedi unificate, maggiorato di una percentuale determinata ogni
due anni dal consiglio di amministrazione dell'Agenzia di cui
all'art. 102 e funzionale all'esigenza di garantire una adeguata
opportunità di scelta da parte dei sindaci e dei presidenti di
provincia.
3.
I comuni possono stipulare convenzioni per l'ufficio di segretario
comunale comunicandone l'avvenuta costituzione alla Sezione regionale
dell'Agenzia.
4.
L'iscrizione all'albo è subordinata al possesso dell'abilitazione
concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione
dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla
sezione autonoma della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno.
5.
Al relativo corso si accede mediante concorso nazionale a cui
possono partecipare i laureati in giurisprudenza, scienze politiche,
economia.
Articolo
99
Nomina.
1.
Il sindaco e il presidente della provincia nominano il segretario,
che dipende funzionalmente dal capo dell'amministrazione, scegliendolo
tra gli iscritti all'albo di cui all'art. 98.
2.
Salvo quanto disposto dall'art. 100, la nomina ha durata corrispondente
a quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia
che lo ha nominato. Il segretario cessa automaticamente dall'incarico
con la cessazione del mandato del sindaco e del presidente della
provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino alla nomina
del nuovo segretario.
3.
La nomina è disposta non prima di sessanta giorni e non oltre
centoventi giorni dalla data di insediamento del sindaco e del
presidente della provincia, decorsi i quali il segretario è confermato.
Articolo
100
Revoca.
1.
Il segretario può essere revocato con provvedimento motivato del
sindaco o del presidente della provincia, previa deliberazione
della giunta, per violazione dei doveri d'ufficio.
Articolo
101
Disponibilità
e mobilità.
1.
Il segretario comunale o provinciale non confermato, revocato
o comunque privo di incarico è collocato in posizione di disponibilità
per la durata massima di quattro anni.
2.
Durante il periodo di disponibilità rimane iscritto all'albo ed
è posto a disposizione dell'Agenzia autonoma di cui all'art. 102
per le attività dell'Agenzia stessa o per l'attività di consulenza,
nonchè per incarichi di supplenza e di reggenza ovvero per l'espletamento
di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre
amministrazioni pubbliche che lo richiedano con oneri a carico
dell'ente presso cui presta servizio. Per il periodo di disponibilità
al segretario compete il trattamento economico in godimento in
relazione agli incarichi conferiti.
3.
Nel caso di collocamento in disponibilità per mancato raggiungimento
di risultati imputabile al segretario oppure motivato da gravi
e ricorrenti violazioni dei doveri d'ufficio, allo stesso, salva
diversa sanzione, compete il trattamento economico tabellare sperante
per la sua qualifica detratti i compensi percepiti a titolo di
indennità per l'espletamento degli incarichi di cui al comma 2.
4.
Decorsi quattro anni senza che abbia preso servizio in qualità
di titolare in altra sede il segretario viene collocato d'ufficio
in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni nella piena
salvaguardia della posizione giuridica ed economica.
4-bis.
Le disposizioni di cui all'articolo 23-bis del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, si applicano ai segretari comunali e provinciali
equiparati ai dirigenti statali ai fini delle procedure di mobilità
per effetto del contratto collettivo nazionale di lavoro. Alla
cessazione dell'incarico, il segretario comunale o provinciale
viene collocato nella posizione di disponibilità nell'ambito dell'albo
di appartenenza. (1)
(1)
Comma aggiunto dall'art. 7 della l. 15 luglio 2002, n. 145.
Articolo
102
Agenzia
autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali.
1.
E' istituita l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei
segretari comunali e provinciali, avente personalità giuridica
di diritto pubblico e sottoposta alla vigilanza del Ministero
dell'interno.
2.
L'Agenzia è gestita da un consiglio di amministrazione, nominato
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e composto
da due sindaci nominati dall'Anci, da un presidente di provincia
designato dall'Upi, da tre segretari comunali e provinciali eletti
tra gli iscritti all'albo e da tre esperti designati dalla Conferenza
Stato-città e autonomie locali. Il consiglio elegge nel proprio
seno un presidente e un vicepresidente (2).
3.
Con la stessa composizione e con le stesse modalità sono costituiti
i consigli di amministrazione delle sezioni regionali.
4.
L'Agenzia con deliberazione del consiglio nazionale di amministrazione,
può adeguare la dotazione organica in relazione alle esigenze
di funzionamento, entro i limiti derivanti dalle disponibilità
di bilancio. Al reclutamento del personale, ferma restando l'utilizzazione
delle procedure e degli istituti previsti dal comma 2, lettera
a), dell'articolo 103, si provvede anche con le modalità previste
dall'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
e successive modificazioni, nel rispetto della disciplina programmatoria
delle assunzioni del personale prevista dall'articolo 39 della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni. (1)
5.
All'Agenzia è attribuito un fondo finanziario di mobilità a carico
degli enti locali, disciplinato dal regolamento di cui all'art.
103, percentualmente determinato sul trattamento economico del
segretario dell'ente, graduato in rapporto alla dimensione dell'ente,
e definito in sede di accordo contrattuale.
6.
Per il proprio funzionamento e per quello della Scuola superiore
per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica
amministrazione locale l'Agenzia si avvale del fondo di mobilità
di cui al comma 5 a cui sono attribuiti i proventi dei diritti
di segreteria di cui all'art. 42 della legge 8 giugno 1962, n.
604 e successive modificazioni.
(1)
Comma modificato dall'art. 2 del d.l. 27 dicembre 2000, n. 392,
conv., con modificazioni in l. 28 febbraio 2001, n. 26.
(2)
Comma così modificato dall'art. 5, l. 16 gennaio 2003, n. 3.
Articolo
103
Organizzazione
e funzionamento dell'Agenzia autonoma.
1.
Salvo quanto previsto dal presente tesso unico, sono disciplinati
con regolamento, emanato ai sensi dell'art. 17, comma 2, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente,
sentite le organizzazioni sindacali e le rappresentanze degli
enti locali, l'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento
contabile dell'Agenzia, l'amministrazione dell'albo e la sua articolazione
in sezioni e in fasce professionali, le modalità di svolgimento
dei concorsi per l'iscrizione all'albo, il passaggio tra le fasce
professionali, il procedimento disciplinare e le modalità di utilizzazione
dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria.
2.
Il regolamento si conforma ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a)
reclutamento del personale da destinare all'Agenzia mediante utilizzo
delle procedure in materia di mobilità, ricorrendo prioritariamente,
anche in deroga alle disposizioni dell'ordinamento speciale, al
personale dell'amministrazione civile dell'interno, utilizzando
anche l'istituto del comando o del fuori ruolo;
b)
previsione di un esame di idoneità per l'iscrizione all'albo riservato
ai frequentatori dei corsi promossi dalla Scuola superiore per
la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica
amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola
superiore dell'amministrazione dell'interno;
c)
disciplina dell'ordinamento contabile dell'Agenzia anche in deroga
alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, fermo
restando l'obbligo di sottoporre il rendiconto della gestione
finanziaria al controllo della Corte dei conti;
d)
utilizzazione in via prioritaria dei segretari non chiamati a
ricoprire sedi di segreteria per le esigenze dell'Agenzia e per
incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento
di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre
amministrazioni pubbliche con oneri retributivi a loro carico.
Articolo
104
Scuola
superiore della pubblica amministrazione locale e scuole regionali
e interregionali.
1.
L'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile della
Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti
della pubblica amministrazione locale e delle scuole di cui al
comma 2 sono disciplinati con regolamento, determinando i criteri
per l'eventuale stipula di convenzioni per l'attività formativa
anche in sede decentrata con istituti, enti, società di formazione
e ricerca.
2.
L'Agenzia istituisce scuole regionali ed interregionali per la
formazione e la specializzazione dei segretari comunali e provinciali
e dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero può
avvalersi, previa convenzione, della sezione autonoma della Scuola
superiore dell'amministrazione dell'interno.
Articolo
105
Regioni
a statuto speciale.
1.
Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento
e di Bolzano disciplinano le materie di cui al presente capo con
propria legislazione.
2.
Nel territorio della Regione Trentino-Alto Adige, fino all'emanazione
di apposita legge regionale, rimane ferma l'applicazione del titolo
VI della legge 11 marzo 1972, n. 118.
Articolo
106
Disposizioni
finali e transitorie.
1.
Fino alla stipulazione di una diversa disciplina del contratto
collettivo nazionale di lavoro resta ferma la classificazione
dei comuni e delle province ai fini dell'assegnazione del segretario
prevista dalle tabelle A e B
allegate al decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno
1972, n. 749.
2.
I segretari già iscritti alla sezione speciale dell'albo ai sensi
dell'art. 17, comma 82, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e
trasferiti presso altre pubbliche amministrazioni, permangono
nel ruolo statale e mantengono ad esaurimento qualifica e trattamento
economico pensionabile in godimento.
3.
Ai fini dell'attuazione della legge 8 marzo 1999, n. 50, i segretari
comunali di cui all'art. 18, comma 14, del decreto del Presidente
della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, o all'art. 39, comma
22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, possono essere collocati
o mantenuti in posizione di fuori ruolo con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, anche dopo il trasferimento alle amministrazioni
di destinazione e con effetto dalla data di entrata in vigore
della citata legge n. 50 del 1999. Gli oneri relativi al trattamento
economico, fondamentale ed accessorio, dei predetti dipendenti
rimangono a carico dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo
dei segretari comunali fino alla data del trasferimento alle amministrazioni
di destinazione; successivamente sono a queste imputate. Analogamente
si provvede, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto
con il Ministro per la funzione pubblica, per i segretari comunali
in servizio presso il Ministero dell'interno ai sensi dell'art.
34, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre
1997, n. 465.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
III
Articolo
107
Funzioni
e responsabilità della dirigenza.
1.
Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo
i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti.
Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo
e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di
governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica
è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di
organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
2.
Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli
atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione
verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo
statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo
degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni
del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente
agli articoli 97 e 108.
3.
Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli
obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati
dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità
stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente:
a)
la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;
b)
la responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso;
c)
la stipulazione dei contratti;
d)
gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di
impegni di spesa;
e)
gli atti di amministrazione e gestione del personale;
f)
i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il
cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di
natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla
legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese
le autorizzazioni e le concessioni edilizie;
g)
tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento
e riduzione in pristino di competenza comunale, nonchè i poteri
di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative
previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia
di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale;
h)
le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali,
autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente
manifestazione di giudizio e di conoscenza;
i)
gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o,
in base a questi, delegati dal sindaco.
4.
Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di
cui all'art. 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente
e ad opera di specifiche disposizioni legislative.
5.
A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo
unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al
capo I titolo III l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti
amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza
spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall'art. 50, comma
3, e dall'art. 54.
6.
I dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva,
in relazione agli obiettivi dell'ente, della correttezza amministrativa,
della efficienza e dei risultati della gestione.
7.
Alla valutazione dei dirigenti degli enti locali si applicano
i princìpi contenuti nell'art. 5, commi 1 e 2, del decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 286, secondo le modalità previste dall'art.
147 del presente testo unico.
Articolo
108
Direttore
generale.
1.
Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti
e il presidente della provincia, previa deliberazione della giunta
comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale,
al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato,
e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione
degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi
e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo
le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia,
e che sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli
ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al
direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di
obiettivi previsto dall'art. 197, comma 2, lettera a),
nonchè la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'art.
169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio
delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione
del segretario del comune e della provincia.
2.
Il direttore generale è revocato dal sindaco o dal presidente
della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o
provinciale. La durata dell'incarico non può eccedere quella del
mandato del sindaco o del presidente della provincia.
3.
Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito
procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di
convenzione tra comuni le cui popolazioni assommale raggiungano
i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovrà provvedere
anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni
interessati.
4.
Quando non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma
3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia stato
nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco
o dal presidente della provincia al segretario.
Articolo
109
Conferimento
di funzioni dirigenziali.
1.
Gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato,
ai sensi dell'art. 50, comma 10, con provvedimento motivato e
con le modalità fissate dal regolamento sull'ordinamento degli
uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza professionale,
in relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo
del sindaco o del presidente della provincia e sono revocati in
caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente
della provincia, della giunta o dell'assessore di riferimento,
o in caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun anno
finanziario degli obiettivi assegnati nel piano esecutivo di gestione
previsto dall'art. 169 o per responsabilità particolarmente grave
o reiterata e negli altri casi disciplinati dai contratti collettivi
di lavoro. L'attribuzione degli incarichi può prescindere dalla
precedente assegnazione di funzioni di direzione a seguito di
concorsi.
2.
Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni
di cui all'art. 107, commi 2 e 3, fatta salva l'applicazione dell'art.
97, comma 4, lettera d), possono essere
attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai
responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla
loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione.
Articolo
110
Incarichi
a contratto.
1.
Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili
dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta
specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato
di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata,
di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla
qualifica da ricoprire.
2.
Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli
enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri
e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della
dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti
e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti
per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in
misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale
della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva
e comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti,
i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di
fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità
analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo determinato
di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva,
fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire.
Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore
al 5 per cento della dotazione organica dell'ente arrotondando
il prodotto all'unità superiore, o ad una unità negli enti con
una dotazione organica inferiore alle 20 unità. (1)
3.
I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata
superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della
provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello
previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati
per il personale degli enti locali, può essere integrato, con
provvedimento motivato della giunta, da una indennità ad personam,
commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale,
anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle
condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali.
Il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono
definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non
vanno imputati al costo contrattuale e del personale.
4.
Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso
in cui l'ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle
situazioni strutturalmente deficitarie
5.
Il rapporto di impiego del dipendente di una pubblica amministrazione
è risolto di diritto con effetto dalla data di decorrenza del
contratto stipulato con l'ente locale ai sensi del comma 2. L'amministrazione
di provenienza dispone, subordinatamente alla vacanza del posto
in organico o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione
del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta entro i 30
giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo
determinato o alla data di disponibilità del posto in organico.
6.
Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento
può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità.
(1)
Comma modificato dall'art. 51, comma 9, della l. 23 dicembre
2000, n. 388.
Articolo
111
Adeguamento
della disciplina della dirigenza.
1.
Gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità, nell'esercizio
della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo
statuto ed il regolamento ai princìpi del presente capo e del
capo II del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n. 29 e successive
modificazioni ed integrazioni.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
V
Servizi
e interventi pubblici locali.
Articolo
112
Servizi
pubblici locali.
1.
Gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono
alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione
di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere
lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.
2.
(Omissis). (1)
3.
Ai servizi pubblici locali si applica il capo III del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 286, relativo alla qualità dei
servizi pubblici locali e carte dei servizi.
(1)
Comma abrogato dall'art. 35, comma 12, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
Articolo
113
Gestione
delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica (1).
1.
Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità
di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono
la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative
delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni
di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie.
Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo
i settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999,
n. 79, e 23 maggio 2000, n. 164 (2).
2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti,
delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei
servizi pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal
comma 13.
3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l'attività
di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione
dei servizi pubblici locali di cui al comma 1 può essere separata
da quella di erogazione degli stessi. È, in ogni caso, garantito
l'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione
dei relativi servizi.
4. Qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi,
per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:
a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di
capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico
cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione
che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino
sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri
servizi e che la società realizzi la parte più importante della
propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano
(3);
b)
di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza
pubblica, ai sensi del comma 7.
5.
L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore
e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento
della titolarità del servizio:
a)
a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di
gare con procedure ad evidenza pubblica;
b)
a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio
privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure
ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle
norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo
le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso
provvedimenti o circolari specifiche;
c)
a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente
o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla
società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi
e che la società realizzi la parte più importante della propria
attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (2).
5-bis.
Le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici,
possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella
gestione dei servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto
delle disposizioni di cui al comma 5, criteri di gradualità nella
scelta della modalità di conferimento del servizio (8).
5-ter.
In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata
con l'erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara
ad evidenza pubblica, i soggetti gestori di cui ai precedenti
commi provvedono all'esecuzione dei lavori comunque connessi alla
gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto
o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di
procedure di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti
di cui all'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e
all'articolo 143 del regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione
della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi,
sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto gestore
può realizzare direttamente i lavori connessi alla gestione della
rete, purché qualificato ai sensi della normativa vigente e purché
la gara espletata abbia avuto ad oggetto sia la gestione del servizio
relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi. Qualora,
invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente la gestione
del servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori
a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione
vigente (8).
6.
Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le
società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo
servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di
una procedura non ad evidenza pubblica, o aseguito dei relativi
rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate,
alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate
con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al
comma 4.
7. La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard
qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul
territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di
settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara è aggiudicata
sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle
condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani
di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti
e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei
contenuti di innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi
fanno parte integrante del contratto di servizio. Le previsioni
di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle
discipline di settore (4).
8.
Qualora sia economicamente più vantaggioso, è consentito l'affidamento
contestuale con gara di una pluralità di servizi pubblici locali
diversi da quelli di trasporto collettivo. In questo caso, la
durata dell'affidamento, unica per tutti i servizi, non può essere
superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti
indicata dalle discipline di settore.
9.
Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva
gara di affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni
patrimoniali di proprietà degli enti locali o delle società di
cui al comma 13 sono assegnati al nuovo gestore. Sono, inoltre,
assegnati al nuovo gestore le reti o loro porzioni, gli impianti
e le altre dotazioni realizzate, in attuazione dei piani di investimento
di cui al comma 7, dal gestore uscente. A quest'ultimo è dovuto
da parte del nuovo gestore un indennizzo pari al valore dei beni
non ancora ammortizzati, il cui ammontare è indicato nel bando
di gara.
10.
È vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori
di pubblico servizio in ordine al regime tributario, nonché alla
concessione da chiunque dovuta di contribuzioni o agevolazioni
per la gestione del servizio.
11.
I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del
servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti
sono regolati da contratti di servizio, allegati ai capitolati
di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire
e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti.
12.
L'ente locale può cedere in tutto o in parte la propria partecipazione
nelle società erogatrici di servizi mediante procedure ad evidenza
pubblica da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento.
Tale cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni
e degli affidamenti in essere (4).
13.
Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non
sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà
delle reti, degli impianti, e delle altre dotazioni patrimoniali
a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile. Tali
società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali
a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio
o, ove prevista la gestione separata della rete, dei gestori di
quest'ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente
Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società
suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della
lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito
di espletare le gare di cui al comma 5 (4).
14. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, se le reti, gli
impianti e le altre dotazioni patrimoniali per la gestione dei
servizi di cui al comma 1 sono di proprietà di soggetti diversi
dagli enti locali, questi possono essere autorizzati a gestire
i servizi o loro segmenti, a condizione che siano rispettati gli
standard di cui al comma 7 e siano praticate tariffe non superiori
alla media regionale, salvo che le discipline di carattere settoriale
o le relative Autorità dispongano diversamente. Tra le parti è
in ogni caso stipulato, ai sensi del comma 11, un contratto di
servizio in cui sono definite, tra l'altro, le misure di coordinamento
con gli eventuali altri gestori.
15.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni
a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano,
se incompatibili con le attribuzioni previste dallo statuto e
dalle relative norme di attuazione (5).
15-bis.
Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori
non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione
delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni
rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano
comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, senza
necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono
escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale
misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato
scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato
garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia
di concorrenza, nonché quelle affidate a società a capitale interamente
pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale
sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte
più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici
che la controllano. Sono altresì escluse dalla cessazione le concessioni
affidate alla data del 1º ottobre 2003 a società già quotate in
borsa e a quelle da esse direttamente partecipate a tale data
a condizione che siano concessionarie esclusive del servizio,
nonché a società originariamente a capitale interamente pubblico
che entro la stessa data abbiano provveduto a collocare sul mercato
quote di capitale attraverso procedure ad evidenza pubblica, ma,
in entrambe le ipotesi indicate, le concessioni cessano comunque
allo spirare del termine equivalente a quello della durata media
delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a seguito di
procedure di evidenza pubblica, salva la possibilità di determinare
caso per caso la cessazione in una data successiva qualora la
stessa risulti proporzionata ai tempi di recupero di particolari
investimenti effettuati da parte del gestore (6).
15-ter.
Il termine del 31 dicembre 2006, di cui al comma 15-bis,
può essere differito ad una data successiva, previo accordo, raggiunto
caso per caso, con la Commissione europea, alle condizioni sotto
indicate:
a)
nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere del suddetto
termine si dia luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione
di una nuova società capace di servire un bacino di utenza complessivamente
non inferiore a due volte quello originariamente servito dalla
società maggiore; in questa ipotesi il differimento non può comunque
essere superiore ad un anno;
b)
nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a),
un'impresa affidataria, anche a seguito di una o più fusioni,
si trovi ad operare in un àmbito corrispondente almeno all'intero
territorio provinciale ovvero a quello ottimale, laddove previsto
dalle norme vigenti; in questa ipotesi il differimento non può
comunque essere superiore a due anni (7).
15-quater.
A decorrere dal 1º gennaio 2007 si applica il divieto di cui al
comma 6, salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle
prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti
alla gara stessa. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo
17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni, sentite le Autorità indipendenti del settore e
la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, il Governo definisce le condizioni per
l'ammissione alle gare di imprese estere, o di imprese italiane
che abbiano avuto all'estero la gestione del servizio senza ricorrere
a procedure di evidenza pubblica, a condizione che, nel primo
caso, sia fatto salvo il principio di reciprocità e siano garantiti
tempi certi per l'effettiva apertura dei relativi mercati (8).
(1)
Rubrica così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre
2003, n. 269.
(2)
Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre
2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(3)
Lettera così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre
2003, n. 269.
(4)
Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre
2003, n. 269.
(5)
Articolo sostituito dall'art. 35, l. 28 dicembre 2001, n. 448;
si vedano le disposizioni contenute nei commi dal 2 al 11 dell'art.
35 citato.
(6)
Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003,
n. 269 e poi così modificato dal comma 234 dell'art. 4, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
(7)
Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003,
n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(8)
Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003,
n. 350.
Articolo
113/bis
Gestione
dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica (1).
1. Ferme restando le disposizioni previste per i singoli settori,
i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono gestiti
mediante affidamento diretto a (2):
a)
istituzioni;
b)
aziende speciali, anche consortili;
c)
società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti
pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società
un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e
che la società realizzi la parte più importante della propria
attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (3).
2. È consentita la gestione in economia quando, per le modeste
dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non sia opportuno
procedere ad affidamento ai soggetti di cui al comma 1.
3.
Gli enti locali possono procedere all'affidamento diretto dei
servizi culturali e del tempo libero anche ad associazioni e fondazioni
da loro costituite o partecipate.
4.
[Quando sussistano ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale,
i servizi di cui ai commi 1, 2 e 3 possono essere affidati a terzi,
in base a procedure ad evidenza pubblica, secondo le modalità
stabilite dalle normative di settore] (4).
5.
I rapporti tra gli enti locali ed i soggetti erogatori dei servizi
di cui al presente articolo sono regolati da contratti di servizio
(5).
(1)
Rubrica così modificata dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre
2003, n. 269.
(2)
Alinea così modificato dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre
2003, n. 269.
(3)
Lettera così sostituita dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre
2003, n. 269.
(4)
Comma abrogato dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003,
n. 269.
(5)
Articolo inserito dall'art. 35, comma 15, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
Articolo
114
Aziende
speciali ed istituzioni.
1.
L'azienda speciale è ente strumentale dell'ente locale dotato
di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio
statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale.
2.
L'istituzione è organismo strumentale dell'ente locale per l'esercizio
di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale.
3.
Organi dell'azienda e dell'istituzione sono il consiglio di amministrazione,
il presidente e il direttore, al quale compete la responsabilità
gestionale. Le modalità di nomina e revoca degli amministratori
sono stabilite dallo statuto dell'ente locale.
4.
L'azienda e l'istituzione informano la loro attività a criteri
di efficacia, efficienza ed economicità ed hanno l'obbligo del
pareggio di bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio dei
costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti.
5.
Nell'ambito della legge, l'ordinamento ed il funzionamento delle
aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto e dai regolamenti;
quelli delle istituzioni sono disciplinati dallo statuto e dai
regolamenti dell'ente locale da cui dipendono.
6.
L'ente locale conferisce il capitale di dotazione; determina le
finalità e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita
la vigilanza; verifica i risultati della gestione; provvede alla
copertura degli eventuali costi sociali.
7.
Il collegio dei revisori dei conti dell'ente locale esercita le
sue funzioni anche nei confronti delle istituzioni. Lo statuto
dell'azienda speciale prevede un apposito organo di revisione,
nonchè forme autonome di verifica della gestione.
8.
Ai fini di cui al comma 6 sono fondamentali i seguenti atti:
a)
il piano-programma, comprendente un contratto di servizio che
disciplini i rapporti tra ente locale ed azienda speciale;
b)
i bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale;
c)
il conto consuntivo;
d)
il bilancio di esercizio
Articolo
115
Trasformazione
delle aziende speciali in società per azioni.
1.
I comuni, le province e gli altri enti locali possono, per atto
unilaterale trasformare le aziende speciali, in società di capitali,
di cui possono restare azionisti unici per un periodo comunque
non superiore a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale
di tali società è determinato dalla deliberazione di trasformazione
in misura non inferiore al fondo di dotazione delle aziende speciali
risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato e comunque
in misura non inferiore all'importo minimo richiesto per la costituzione
delle società medesime. L'eventuale residuo del patrimonio netto
conferito è imputato a riserve e fondi, mantenendo ove possibile
le denominazioni e le destinazioni previste nel bilancio delle
aziende originarie. Le società conservano tutti i diritti e gli
obblighi anteriori alla trasformazione e subentrano pertanto in
tutti i rapporti attivi e passivi delle aziende originarie. (1)
2.
La deliberazione di trasformazione tiene luogo di tutti gli adempimenti
in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa
vigente, ferma l'applicazione delle disposizioni degli articoli
2330, commi terzo e quarto, e 2330-bis
del codice civile.
3.
Ai fini della definitiva determinazione dei valori patrimoniali
conferiti, entro tre mesi dalla costituzione delle società, gli
amministratori devono richiedere a un esperto designato dal presidente
del tribunale una relazione giurata ai sensi e per gli effetti
dell'art. 2343, primo comma, del codice civile. Entro sei mesi
dal ricevimento di tale relazione gli amministratori e i sindaci
determinano i valori definitivi di conferimento dopo avere controllato
le valutazioni contenute nella relazione stessa e, se sussistono
fondati motivi, aver proceduto alla revisione della stima. Fino
a quando i valori di conferimento non sono stati determinati in
via definitiva le azioni delle società sono inalienabili.
4.
Le società di cui al comma 1 possono essere costituite anche ai
fini dell'applicazione delle norme di cui al decreto-legge 31
maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 1994, n. 474.
5.
(Omissis). (2)
6.
Il conferimento e l'assegnazione dei beni degli enti locali e
delle aziende speciali alle società di cui al comma 1 sono esenti
da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali.
7.
La deliberazione di cui al comma 1 può anche prevedere la scissione
dell'azienda speciale e la destinazione a società di nuova costituzione
di un ramo aziendale di questa. Si applicano, in tal caso, per
quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del
presente articolo, nonchè agli articoli 2504- septies
e 2504-decies del codice civile.
7-bis.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche
alla trasformazione dei consorzi, intendendosi sostituita al consiglio
comunale l'assemblea consortile. In questo caso le deliberazioni
sono adottate a maggioranza dei componenti; gli enti locali che
non intendono partecipare alla società hanno diritto alla liquidazione
sulla base del valore nominale iscritto a bilancio della relativa
quota di capitale. (3)
(1)
Comma modificato dall'art. 35, comma 12, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
(2)
Comma abrogato dall'art. 35, comma 12, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
(3)
Comma aggiunto dall'art. 35, comma 12, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
Articolo
116
Società
per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali.
1.
Gli enti locali possono, per l'esercizio di servizi pubblici di
cui all'articolo 113-bis e per la realizzazione delle opere necessarie
al corretto svolgimento del servizio, nonchè per la realizzazione
di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico, che non
rientrino, ai sensi della vigente legislazione statale e regionale,
nelle competenze istituzionali di altri enti, costituire apposite
società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria
anche in deroga ai vincoli derivanti da disposizioni di legge
specifiche. Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci
privati e all'eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato
con procedure di evidenza pubblica. L'atto costitutivo delle società
deve prevedere l'obbligo dell'ente pubblico di nominare uno o
più amministratori e sindaci. Nel caso di servizi pubblici locali
una quota delle azioni può essere destinata all'azionariato diffuso
e resta comunque sul mercato. (1)
2.
La costituzione di società miste con la partecipazione non maggioritaria
degli enti locali è disciplinata da apposito regolamento adottato
ai sensi dell'art. 4, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 1995,
n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995,
n. 95 e successive modifiche e integrazioni.
3.
Per la realizzazione delle opere di qualunque importo si applicano
le norme vigenti di recepimento delle direttive comunitarie in
materia di lavori pubblici.
4.
Fino al secondo esercizio successivo a quello dell'entrata in
funzione dell'opera, l'ente locale partecipante potrà rilasciare
garanzia fidejussoria agli istituti mutuanti in misura non superiore
alla propria quota di partecipazione alla società di cui al presente
articolo.
5.
Per i conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami
di essi e di ogni altro bene effettuati dai soggetti di cui al
comma 1, anche per la costituzione con atto unilaterale delle
società di cui al medesimo comma, si applicano le disposizioni
dell'art. 7, commi 1 e 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218 e
successive modificazioni.
(1)
Comma modificato dall'art. 2-ter del d.l. 27 dicembre 2000,
n. 392, conv., con modificazioni in l. 28 febbraio 2001, n.
26; successivamente modificato dall'art. 35, comma 12, l. 28
dicembre 2001, n. 448.
Articolo
117
Tariffe
dei servizi.
1.
Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici
in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario
dell'investimento e della connessa gestione. I criteri per il
calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti:
a)
la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la
integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento
tecnico-finanziario;
b)
l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale
investito;
c)
l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche
degli investimenti e della qualità del servizio;
d)
l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente
con le prevalenti condizioni di mercato.
2.
La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici;
essa è determinata e adeguata ogni anno dai soggetti proprietari,
attraverso contratti di programma di durata poliennale, nel rispetto
del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli organizzativi
prescelti.
3.
Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall'ente
pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni
dell'ente o per effetto del modello organizzativo di società mista,
la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici.
Articolo
118
Regime
del trasferimento di beni.
1.
I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni,
dalle province e dai consorzi fra tali enti a favore di aziende
speciali o di società di capitali di cui al comma 13 dell'articolo
13, sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo,
di registro, di incremento di valore ipotecarie, catastali e da
ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie
o natura. Gli onorari previsti per i periti designati dal tribunale
per la redazione della stima di cui all'art. 2343 del codice civile,
nonchè gli onorari previsti per i notai incaricati della redazione
degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla metà.
(1)
2.
Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti
ed alle retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o di
rami di essi posti in essere nell'ambito di procedure di liquidazione
di aziende municipali e provinciali o di aziende speciali, adottate
a norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio
e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure
siano commesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione
di società per azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del medesimo
servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse,
purchè i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti
o retrocessi vengano effettivamente conferiti nella costituenda
società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano altresì
ai conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di
essi da parte delle province e dei comuni in sede di costituzione
o trasformazione dei consorzi in aziende speciali e consortili
ai sensi degli articoli 31 e 274, comma 4, per la costituzione
di società per azioni ai sensi dell'art. 116, ovvero per la costituzione,
anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali, di società
per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del
decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 luglio 1994, n. 474 e successive modificazioni.
3.
(Omissis). (2)
(1)
Comma modificato dall'art. 35, comma 12, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
(2)
Comma abrogato dall'art. 35, comma 12, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
Articolo
119
Contratti
di sponsorizzazione, accordi di collaborazione e convenzioni.
1.
In applicazione dell'art. 43 della legge 27 dicembre 1997, n.
449, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati,
i comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente
testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed
accordi di collaborazione, nonchè convenzioni con soggetti pubblici
o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi.
Articolo
120
Società
di trasformazione urbana.
1.
Le città metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione
della provincia e della regione, possono costituire società per
azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione
urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. A tal
fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere che gli
azionisti privati delle società per azioni siano scelti tramite
procedura di evidenza pubblica.
2.
2. Le società di trasformazione urbana provvedono alla preventiva
acquisizione degli immobili interessati dall'intervento, alla
trasformazione e alla commercializzazione degli stessi. Le acquisizioni
possono avvenire consensualmente o tramite ricorso alle procedure
di esproprio da parte del comune. (1)
3.
Gli immobili interessati dall'intervento di trasformazione sono
individuati con delibera del consiglio comunale. L'individuazione
degli immobili equivale a dichiarazione di pubblica utilità, anche
per gli immobili non interessati da opere pubbliche. Gli immobili
di proprietà degli enti locali interessati dall'intervento possono
essere conferiti alla società anche a titolo di concessione. (1)
4.
I rapporti tra gli enti locali azionisti e la società per azioni
di trasformazione urbana sono disciplinati da una convenzione
contenente, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle
parti.
(1)
Comma sostituito dall'art. 44, l. 1° agosto 2002, n. 166.
Articolo
121
Occupazione
d'urgenza di immobili.
[1.
L'amministrazione comunale può disporre, in presenza dei presupposti
di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1 e successive modificazioni,
l'occupazione d'urgenza degli immobili necessari per la realizzazione
di opere e lavori pubblici o di pubblico interesse, compresi gli
interventi di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari
per servizi pubblici locali di cui al presente titolo. Per le
opere ed i lavori di cui al precedente periodo la redazione dello
stato di consistenza può avvenire contestualmente al verbale di
immissione nel possesso ai sensi dell'art. 3 della legge 3 gennaio
1978, n. 1 e successive modificazioni.] (1)
(1)
Articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327,
a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi dell'art. 2, d.l. 20
giugno 2002, n. 122, conv., con modificazioni, in l. 1° agosto
2002, n. 185.
Articolo
122
Lavori
socialmente utili.
1.
Restano salve le competenze dei comuni e delle province in materia
di lavori socialmente utili, previste dall'art. 4, commi 6, 7
e 8, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95 e successive modifiche
ed integrazioni.
Articolo
123
Norma
transitoria.
1.
Resta fermo l'obbligo per gli enti locali di adeguare l'ordinamento
delle aziende speciali alle disposizioni di cui all'art. 114;
gli enti locali iscrivono per gli effetti di cui al primo comma
dell'art. 2331 del codice civile, le aziende speciali nel registro
delle imprese.
2.
Restano salvi gli effetti degli atti e dei contratti che le medesime
aziende speciali hanno posto in essere anteriormente alla data
di attuazione del registro delle imprese, di cui all'art. 8 della
legge 29 dicembre 1993, n. 580.
3.
(Omissis). (1)
(1)
Comma abrogato dall'art. 35, comma 12, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
VI
Capo
I
Articolo
124
Pubblicazione
delle deliberazioni.
1.
Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate
mediante affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per
quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di
legge.
2.
Tutte le deliberazioni degli altri enti locali sono pubblicate
mediante affissione all'albo pretorio del comune ove ha sede l'ente,
per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni.
Articolo
125
Comunicazione
delle deliberazioni ai capigruppo.
1.
Contestualmente all'affissione all'albo le deliberazioni adottate
dalla giunta sono trasmesse in elenco ai capigruppo consiliari;
i relativi testi sono messi a disposizione dei consiglieri nelle
forme stabilite dallo statuto o dal regolamento.
Articolo
126
Deliberazioni
soggette in via necessaria al controllo preventivo di legittimità.
1.
Il controllo preventivo di legittimità di cui all'art. 130 della
Costituzione sugli atti degli enti locali si esercita esclusivamente
sugli statuti dell'ente, sui regolamenti di competenza del consiglio,
esclusi quelli attinenti all'autonomia organizzativa e contabile
dello stesso consiglio, sui bilanci annuali e pluriennali e relative
variazioni, adottate o ratificate dal consiglio, sul rendiconto
della gestione, secondo le disposizioni del presente testo unico.
2.
Il controllo preventivo di legittimità si estende anche agli atti
delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.
Articolo
127
Controllo
eventuale.
1.
Le deliberazioni della giunta e del consiglio sono sottoposte
al controllo, nei limiti delle illegittimità denunziate, quando
un quarto dei consiglieri provinciali o un quarto dei consiglieri
nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero
un quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000
abitanti ne facciano richiesta scritta e motivata con l'indicazione
delle norme violate, entro dieci giorni dall'affissione all'albo
pretorio, quando le deliberazioni stesse riguardino:
a)
appalti e affidamento di servizi o torniture di importo superiore
alla soglia di rilievo comunitario;
b)
dotazioni organiche e relative variazioni;
c)
assunzioni del personale.
2.
Nei casi previsti dal comma 1, il controllo è esercitato dal comitato
regionale di controllo ovvero, se istituito, dal difensore civico
comunale o provinciale. L'organo che procede al controllo, se
ritiene che la deliberazione sia illegittima, ne da comunicazione
all'ente, entro quindici giorni dalla richiesta, e lo invita ad
eliminare i vizi riscontrati. In tal caso, se l'ente non ritiene
di modificare la delibera, essa acquista efficacia se viene confermata
con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti
il consiglio.
3.
La giunta può altresì sottoporre al controllo preventivo di legittimità
dell'organo regionale di controllo ogni altra deliberazione dell'ente
secondo le modalità di cui all'art. 133.
Articolo
128
Comitato
regionale di controllo.
1.
Per l'esercizio del controllo di legittimità è istituito, con
decreto del presidente della giunta regionale, il comitato regionale
di controllo sugli atti dei comuni e delle province.
2.
Sono disciplinate con legge regionale l'elezione, a maggioranza
qualificata dei componenti del comitato regionale di controllo
di cui all'art. 130, comma 1, lettera a)
e comma 2 prima parte, la tempestiva sostituzione degli stessi
in caso di morte, dimissioni, decadenza per reiterate assenze
ingiustificate o incompatibilità sopravvenuta, nonchè per la supplenza
del presidente.
3.
La legge regionale può articolare il comitato in sezioni per territorio
o per materia, salvaguardando con forme opportune l'unitarietà
di indirizzo. A tal fine la regione, in collaborazione con gli
uffici del comitato, cura la pubblicazione periodica delle principali
decisioni del comitato regionale di controllo con le relative
motivazioni di riferimento.
4.
Le pronunce degli organi di controllo previsti nel presente capo
sono provvedimenti definitivi.
5.
I componenti dei comitati regionali di controllo sono personalmente
e solidalmente responsabili nei confronti degli enti locali per
i danni a questi arrecati con dolo o colpa grave nell'esercizio
delle loro funzioni.
Articolo
129
Servizi
di consulenza del comitato regionale di controllo.
1.
Possono essere attivati nell'ambito dei comitati regionali di
controllo servizi di consulenza ai quali gli enti locali possono
rivolgersi al fine di ottenere preventivi elementi valutativi
in ordine all'adozione di atti o provvedimenti di particolare
complessità o che attengano ad aspetti nuovi dell'attività deliberativa.
La regione disciplina con propria normativa le modalità organizzative
e di espletamento dei servizi di consulenza.
Articolo
130
Composizione
del comitato.
1.
Il comitato regionale di controllo e ogni sua eventuale sezione
sono composti:
a)
da quattro esperti eletti dal consiglio regionale, di cui:
1)
uno iscritto da almeno dieci anni nell'albo degli avvocati, scelto
in una terna proposta dal competente ordine professionale;
2)
uno iscritto da almeno dieci anni all'albo dei dottori commercialisti
o dei ragionieri, scelto in una terna proposta dai rispettivi
ordini professionali;
3)
uno scelto tra chi abbia ricoperto complessivamente per almeno
cinque anni la carica di sindaco, di presidente della provincia,
di consigliere regionale o di parlamentare nazionale, ovvero tra
i funzionari statali, regionali o degli enti locali in quiescenza,
con qualifica non inferiore a dirigente od equiparata;
4)
uno scelto tra i magistrati o gli avvocati dello Stato in quiescenza,
o tra i professori di ruolo di università in materie giuridiche
ed amministrative ovvero tra i segretari comunali o provinciali
in quiescenza;
b)
da un esperto designato dal commissario del Governo scelto fra
funzionari dell'Amministrazione civile dell'interno in servizio
nelle rispettive province.
2.
Il consiglio regionale elegge non più di due componenti supplenti
aventi i requisiti di cui alla lettera a)
del comma 1; un terzo supplente, avente i requisiti di cui alla
lettera b) del comma 1, è designato dal
commissario del Governo.
3.
In caso di assenza od impedimento dei componenti effettivi, di
cui rispettivamente alle lettere a) e
b) del comma 1, intervengono alle sedute
i componenti supplenti, eletti o designati per la stessa categoria.
4.
Il comitato ed ogni sua sezione eleggono nel proprio seno il presidente
ed un vicepresidente scelti tra i componenti eletti dal consiglio
regionale.
5.
Funge da segretario un funzionario della regione.
6.
Il comitato e le sezioni sono rinnovati integralmente a seguito
di nuove elezioni del consiglio regionale, nonchè quando si dimetta
contemporaneamente la maggioranza dei rispettivi componenti.
7.
Il presidente ed il vicepresidente del comitato, se dipendenti
pubblici, sono collocati fuori ruolo; se dipendenti privati, sono
collocati in aspettativa non retribuita.
8.
Ai componenti del comitato si applicano le norme relative ai permessi
ed alle aspettative previsti per gli amministratori locali.
Articolo
131
Incompotibilità
ed ineleggibilità.
1.
Non possono essere eletti e non possono far parte dei comitati
regionali di controllo:
a)
i deputati, i senatori, i parlamentari europei;
b)
i consiglieri e gli assessori regionali;
c)
gli amministratori di enti locali o di altri enti soggetti a controllo
del comitato, nonchè coloro che abbiano ricoperto tali cariche
nell'anno precedente alla costituzione del medesimo comitato;
d)
coloro che si trovano nelle condizioni di ineleggibilità alle
cariche di cui alle lettere b) e c),
con esclusione dei magistrati e dei funzionari dello Stato;
e)
i dipendenti ed i contabili della regione e degli enti locali
sottoposti al controllo del comitato nonchè i dipendenti dei partiti
presenti nei consigli degli enti locali della regione;
f)
i componenti di altro comitato regionale di controllo o delle
sezioni di esso;
g)
coloro che prestano attività di consulenza o di collaborazione
presso la regione o enti sottoposti al controllo regionale;
h)
coloro che ricoprono incarichi direttivi o esecutivi nei partiti
a livello provinciale, regionale o nazionale, nonchè coloro che
abbiano ricoperto tali incarichi nell'anno precedente alla costituzione
del comitato.
Articolo
132
Funzionamento
del comitato.
1.
Il funzionamento dei comitati regionali di controllo e delle loro
sezioni, le indennità da attribuire ai componenti, le funzioni
del presidente e del vicepresidente, le forme di pubblicità della
attività dei comitati e di consultazione delle decisioni, nonchè
il rilascio di copie di esse sono disciplinati dalla legge regionale.
2.
Le spese per il funzionamento dei comitati regionali di controllo
e dei loro uffici nonchè la corresponsione di un'indennità di
carica ai componenti sono a carico della regione.
3.
La Regione provvede alle strutture serventi del comitato regionale
di controllo ispirandosi ai princìpi dell'adeguatezza funzionale
e dell'autonomia dell'organo.
Articolo
133
Modalità
del controllo preventivo di legittimità.
1.
Il controllo di legittimità comporta la verifica della conformità
dell'atto alle norme vigenti ed alle norme statutarie specificamente
indicate nel provvedimento di annullamento, per quanto riguarda
la competenza, la forma e la procedura e rimanendo esclusa ogni
diversa valutazione dell'interesse pubblico perseguito. Nell'esame
del bilancio preventivo e del rendiconto della gestione il controllo
di legittimità comprende la coerenza interna degli atti e la corrispondenza
dei dati contabili con quelli delle deliberazioni, nonchè con
i documenti giustificativi allegati alle stesse.
2.
Il comitato regionale di controllo, entro dieci giorni dalla ricezione
degli atti di cui all'art. 126, comma 1, può disporre l'audizione
dei rappresentanti dell'ente deliberante o può richiedere, per
una sola volta, chiarimenti o elementi integrativi di giudizio
in forma scritta. In tal caso il termine per l'esercizio del controllo
viene sospeso e riprende a decorrere dalla data della trasmissione
dei chiarimenti o elementi integrativi o dell'audizione dei rappresentanti.
3.
Il comitato può indicare all'ente interessato le modificazioni
da apportare alle risultanze del rendiconto della gestione con
l'invito ad adottarle entro il termine massimo di trenta giorni.
4.
Nel caso di mancata adozione delle modificazioni entro il termine
di cui al comma 3, o di annullamento della deliberazione di adozione
del rendiconto della gestione da parte del comitato di controllo,
questo provvede alla nomina di uno o più commissari per la redazione
del conto stesso.
5.
Non può essere riesaminato il provvedimento sottoposto a controllo
nel caso di annullamento in sede giurisdizionale di una decisione
negativa di controllo.
Articolo
134
Esecutività
delle deliberazioni.
1.
La deliberazione soggetta al controllo necessario di legittimità
deve essere trasmessa a pena di decadenza entro il quinto giorno
successivo all'adozione. Essa diventa esecutiva se entro 30 giorni
dalla trasmissione della stessa il comitato regionale di controllo
non trasmetta all'ente interessato un provvedimento motivato di
annullamento. Le deliberazioni diventano comunque esecutive qualora
prima del decorso dello stesso termine il comitato regionale di
controllo dia comunicazione di non aver riscontrato vizi di legittimità.
2.
Nel caso delle deliberazioni soggette a controllo eventuale la
richiesta di controllo sospende l'esecutività delle stesse fino
all'avvenuto esito del controllo.
3.
Le deliberazioni non soggette a controllo necessario o non sottoposte
a controllo eventuale diventano esecutive dopo il decimo giorno
dalla loro pubblicazione.
4.
Nel caso di urgenza le deliberazioni del consiglio o della giunta
possono essere dichiarate immediatamente eseguibili con il voto
espresso dalla maggioranza dei componenti.
Articolo
135
Comunicazione
deliberazioni al prefetto.
1.
Il prefetto, nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla legge
o a lui delegati dal Ministro dell'interno, ai sensi dell'art.
2, comma 2-quater, del decreto-legge 29
ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge
30 dicembre 1991, n. 410 e successive modificazioni ed integrazioni,
qualora ritenga, sulla base di fondati elementi comunque acquisiti,
che esistano tentativi di infiltrazioni di tipo mafioso nelle
attività riguardanti appalti, concessioni, subappalti, cottimi,
noli a caldo o contratti similari per la realizzazione di opere
e di lavori pubblici, ovvero quando sia necessario assicurare
il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche amministrazioni,
richiede ai competenti organi statali e regionali gli interventi
di controllo e sostitutivi previsti dalla legge.
2.
Ai medesimi fini indicati nel comma 1 il prefetto può chiedere
che siano sottoposte al controllo preventivo di legittimità le
deliberazioni degli enti locali relative ad acquisti, alienazioni,
appalti ed in generale a tutti i contratti, con le modalità e
i termini previsti dall'art. 133, comma 1. Le predette deliberazioni
sono comunicate al prefetto contestualmente all'affissione all'albo.
Articolo
136
Poteri
sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori.
1.
Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo
termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per
legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal
difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato
regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede entro
sessanta giorni dal conferimento dell'incarico.
Articolo
137
Poteri
sostitutivi del Governo.
1.
Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti agli enti
locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento
agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea
o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente
per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine
per provvedere.
2.
Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito
il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in
via sostitutiva.
3.
In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui
al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può adottare il provvedimento
di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei
Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento
in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamente
comunicato alla Conferenza Stato-città e autonomie locali allargata
ai rappresentanti delle Comunità montane, che ne può chiedere
il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'art. 8,
comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
4.
Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi
previste dalla legislazione vigente.
Articolo
138
Annullamento
straordinario.
1.
In applicazione dell'art. 2, comma 3, lettera p),
della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell'unità
dell'ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare,
d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti
degli enti locali viziati da illegittimità.
Articolo
139
Pareri
obbligatori.
1.
Ai pareri obbligatori delle amministrazioni statali, anche ad
ordinamento autonomo, delle regioni e di ogni altro ente sottoposto
a tutela statale, regionale e subregionale, prescritti da qualsiasi
norma avente forza di legge ai fini della programmazione, progettazione
ed esecuzione di opere pubbliche o di altre attività degli enti
locali, si applicano le disposizioni dell'art. 16 della legge
7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni,
salvo specifiche disposizioni di legge.
Articolo
140
Norma
finale.
1.
Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli altri
enti di cui all'art. 2, compresi i consorzi cui partecipano enti
locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi
rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto,
dei consorzi per la gestione dei servizi sociali, intendendosi
sostituiti alla giunta e al consiglio del comune o della provincia
i corrispondenti organi di governo.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
II
Articolo
141
Scioglimento
e sospensione dei consigli comunali e provinciali.
1.
I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto
del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno:
a)
quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e
persistenti violazioni di legge, nonchè per gravi motivi di ordine
pubblico;
b)
quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli
organi e dei servizi per le seguenti cause;
1)
impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco
o del presidente della provincia;
2)
dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;
3)
cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese
anche con atti separati purchè contemporaneamente presentati al
protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati,
non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;
4)
riduzione dell'organo assembleare per impossibilità di surroga
alla metà dei componenti del consiglio;
c)
quando non sia approvato nei termini il bilancio;
c-bis)
nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei mille
abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali
e non adottino tali strumenti entro diciotto mesi dalla data di
elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento
del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell'interno
di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(1).
2.
Nella ipotesi di cui alla lettera c) del
comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve
essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta
il relativo schema, l'organo regionale di controllo nomina un
commissario affinchè lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al
consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia
approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto
dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio,
con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non
superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale
si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione
inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione
al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.
2-bis.
Nell'ipotesi di cui alla lettera c-bis)
del comma 1, trascorso il termine entro il quale gli strumenti
urbanistici devono essere adottati, la regione segnala al prefetto
gli enti inadempienti. Il prefetto invita gli enti che non abbiano
provveduto ad adempiere all'obbligo nel termine di quattro mesi.
A tal fine gli enti locali possono attivare gli interventi, anche
sostitutivi, previsti dallo statuto secondo criteri di neutralità,
di sussidiarietà e di adeguatezza. Decorso infruttuosamente il
termine di quattro mesi, il prefetto inizia la procedura per lo
scioglimento del consiglio (2).
3.
Nei casi diversi da quelli previsti dal n. 1) della lettera b)
del comma 1, con il decreto di scioglimento si provvede alla nomina
di un commissario, che esercita le attribuzioni conferitegli con
il decreto stesso.
4.
Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere
con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge.
5.
I consiglieri cessati dalla carica per effetto dello scioglimento
continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori, gli
incarichi esterni loro eventualmente attribuiti.
6.
Al decreto di scioglimento è allegata la relazione del Ministro
contenente i motivi del provvedimento; dell'adozione del decreto
di scioglimento è data immediata comunicazione al Parlamento.
Il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.
7.
Iniziata la procedura di cui ai commi precedenti ed in attesa
del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi di grave
e urgente necessità, può sospendere, per un periodo comunque non
superiore a novanta giorni, i consigli comunali e provinciali
e nominare un commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente.
8.
Ove non diversamente previsto dalle leggi regionali le disposizioni
di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili,
agli altri enti locali di cui all'art. 2, comma 1 ed ai consorzi
tra enti locali. Il relativo provvedimento di scioglimento degli
organi comunque denominati degli enti locali di cui al presente
comma è disposto con decreto del Ministro dell'interno.
(1)
Lettera aggiunta dal comma 7 dell'art. 32, D.L. 30 settembre
2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(2)
Comma aggiunto dal comma 8 dell'art. 32, D.L. 30 settembre 2003,
n. 269, come sostituito dalla relativa legge di conversione.
Articolo
142
Rimozione
e sospensione di amministratori locali.
1.
Con decreto del Ministro dell'interno il sindaco, il presidente
della provincia, i presidenti dei consorzi e delle Comunità montane,
i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli
circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari
alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge
o per gravi motivi di ordine pubblico.
2.
In attesa del decreto, il prefetto può sospendere gli amministratori
di cui al comma 1 qualora sussistano motivi di grave e urgente
necessità.
3.
Sono fatte salve le disposizioni dettate dagli articoli 58 e 59.
Articolo
143
Scioglimento
dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione
e di condizionamento di tipo mafioso.
1.
Fuori dei casi previsti dall'art. 141, i consigli comunali e provinciali
sono sciolti quando, anche a seguito di accertamento effettuati
a norma dell'art. 59, comma 7, emergono elementi su collegamenti
diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata
o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che
compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e
il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali,
nonchè il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati
ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio
per lo stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del consiglio
comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di
consigliere, di sindaco, di presidente della provincia e di componente
delle rispettive giunte, anche se diversamente disposto dalle
leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli
organi predetti, nonchè di ogni altro incarico comunque connesso
alle cariche ricoperte.
2.
Lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica,
su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri. Il provvedimento di scioglimento deliberato
dal Consiglio dei Ministri è trasmesso al Presidente della Repubblica
per l'emanazione del decreto ed è contestualmente trasmesso alle
Camere. Il procedimento è avviato dal prefetto della provincia
con una relazione che tiene anche conto di elementi eventualmente
acquisiti con i poteri delegati dal Ministro dell'interno ai sensi
dell'art. 2, comma 2-quater, del decreto-legge
29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 dicembre 1991, n. 410 e successive modificazioni ed integrazioni.
Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui
al comma 1 o per eventi connessi sia pendente procedimento penale,
il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al procuratore
della repubblica competente, il quale, in deroga all'art. 329
del codice di procedura penale, comunica tutte le informazioni
che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.
3.
Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo
da dodici a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro
mesi in casi eccezionali, dandone comunicazione alle commissioni
parlamentari competenti, al fine di assicurare il buon andamento
delle amministrazioni e il regolare funzionamento dei servizi
ad esse affidati. Il decreto di scioglimento, con allegata la
relazione del Ministro, è pubblicato nella Gazzetta
Ufficialedella Repubblica italiana.
4.
Il provvedimento con il quale si dispone l'eventuale proroga della
durata dello scioglimento a norma del comma 3 è adottato non oltre
il cinquantesimo giorno antecedente la data fissata per lo svolgimento
delle elezioni relative al rinnovo degli organi. Si osservano
le procedure e le modalità stabilite dal comma 2 del presente
articolo.
5.
Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il prefetto, in
attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla
carica ricoperta, nonchè da ogni altro incarico ad essa connesso,
assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante
invio di commissari. La sospensione non può eccedere la durata
di 60 giorni e il termine del decreto di cui al comma 3 decorre
dalla data del provvedimento di sospensione.
6.
Si fa luogo comunque allo scioglimento degli organi a norma del
presente articolo quando sussistono le condizioni indicate nel
comma 1, ancorchè ricorrano le situazioni previste dall'art. 141.
Articolo
144
Commissione
straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio.
1.
Con il decreto di scioglimento di cui all'art. 143 è nominata
una commissione straordinaria per la gestione dell'ente, la quale
esercita le attribuzioni che le sono conferite con il decreto
stesso. La commissione è composta di tre membri scelti tra funzionari
dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della
giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La commissione
rimane in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale
utile.
2.
Presso il Ministero dell'interno è istituito, con personale della
amministrazione, un comitato di sostegno e di monitoraggio dell'azione
delle commissioni straordinarie di cui al comma 1 e dei comuni
riportati a gestione ordinaria.
3.
Con decreto del Ministro dell'interno, adottato a norma dell'art.
17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinate
le modalità di organizzazione e funzionamento della commissione
straordinaria per l'esercizio delle attribuzioni ad essa conferite,
le modalità di pubblicizzazione degli atti adottati dalla commissione
stessa, nonchè le modalità di organizzazione e funzionamento del
comitato di cui al comma 2.
Articolo
145
Gestione
straordinaria.
1.
Quando in relazione alle situazioni indicate nel comma 1 dell'art.
143 sussiste la necessità di assicurare il regolare funzionamento
dei servizi degli enti nei cui confronti è stato disposto lo scioglimento,
il prefetto, su richiesta della commissione straordinaria di cui
al comma 1 dell'art. 144, può disporre, anche in deroga alle norme
vigenti, l'assegnazione in via temporanea, in posizione di comando
o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni
ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche
in posizione di sovraordinazione. Al personale assegnato spetta
un compenso mensile lordo proporzionato alle prestazioni da rendere,
stabilito dal prefetto in misura non superiore al 50 per cento
del compenso spettante a ciascuno dei componenti della commissione
straordinaria, nonchè, ove dovuto, il trattamento economico di
missione stabilito dalla legge per i dipendenti dello Stato in
relazione alla qualifica funzionale posseduta nell'amministrazione
di appartenenza. Tali competenze sono a carico dello Stato e sono
corrisposte dalla prefettura, sulla base di idonea documentazione
giustificativa sugli accreditamenti emessi, in deroga alle vigenti
disposizioni di legge, dal Ministero dell'interno. La prefettura,
in caso di ritardo nell'emissione degli accreditamenti è autorizzata
a prelevare le somme occorrenti sui fondi in genere della contabilità
speciale. Per il personale non dipendente dalle amministrazioni
centrali o periferiche dello Stato, la prefettura provvede al
rimborso al datore di lavoro dello stipendio lordo, per la parte
proporzionalmente corrispondente alla durata delle prestazioni
rese. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione si provvede
con una quota parte del 10 per cento delle somme di denaro confiscate
ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni,
nonchè del ricavato delle vendite disposte a norma dell'art. 4,
commi 4 e 6, del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito,
con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282, relative
ai beni mobili o immobili ed ai beni costituiti in azienda confiscati
ai sensi della medesima legge n. 575 del 1965. Alla scadenza del
periodo di assegnazione, la commissione straordinaria potrà rilasciare,
sulla base della valutazione dell'attività prestata dal personale
assegnato, apposita certificazione di lodevole servizio che costituisce
titolo valutabile ai fini della progressione di carriera e nei
concorsi interni e pubblici nelle amministrazioni dello Stato,
delle regioni e degli enti locali.
2.
Per far fronte a situazioni di gravi disservizi e per avviare
la sollecita realizzazione di opere pubbliche indifferibili, la
commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'art. 144, entro
il termine di sessanta giorni dall'insediamento, adotta un piano
di priorità degli interventi, anche con riferimento a progetti
già approvati e non eseguiti. Gli atti relativi devono essere
nuovamente approvati dalla commissione straordinaria. La relativa
deliberazione, esecutiva a norma di legge, è inviata entro dieci
giorni al prefetto il quale, sentito il comitato provinciale della
pubblica amministrazione opportunamente integrato con i rappresentanti
di uffici tecnici delle amministrazioni statali, regionali o locali,
trasmette gli atti all'amministrazione regionale territorialmente
competente per il tramite del commissario del Governo, o alla
Cassa depositi e prestiti, che provvedono alla dichiarazione di
priorità di accesso ai contributi e finanziamenti a carico degli
stanziamenti comunque destinati agli investimenti degli enti locali.
Le disposizioni del presente comma si applicano ai predetti enti
anche in deroga alla disciplina sugli enti locali dissestati,
limitatamente agli importi totalmente ammortizzabili con contributi
statali o regionali ad essi effettivamente assegnati.
3.
Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, a far tempo
dalla data di insediamento degli organi e fino alla scadenza del
mandato elettivo, anche alle amministrazioni comunali e provinciali,
i cui organi siano rinnovati al termine del periodo di scioglimento
disposto ai sensi del comma 1 dell'art. 143.
4.
Nei casi in cui lo scioglimento è disposto anche con riferimento
a situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso,
connesse all'aggiudicazione di appalti di opere o di lavori pubblici
o di pubbliche forniture, ovvero l'affidamento in concessione
di servizi pubblici locali, la commissione straordinaria di cui
al comma 1 dell'art. 144 procede alle necessarie verifiche con
i poteri del collegio degli ispettori di cui all'art. 14 del decreto-legge
13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge
12 luglio 1991, n. 203. A conclusione degli accertamenti, la commissione
straordinaria adotta tutti i provvedimenti ritenuti necessari
e può disporre d'autorità la revoca delle deliberazioni già adottate
in qualunque momento e fase della procedura contrattuale, o la
rescissione del contratto già concluso.
5.
Ferme restando le forme di partecipazione popolare previste dagli
statuti in attuazione dell'art. 8, comma 3, la commissione straordinaria
di cui al comma 1 dell'art. 144, allo scopo di acquisire ogni
utile elemento di conoscenza e valutazione in ordine a rilevanti
questioni di interesse generale si avvale, anche mediante forme
di consultazione diretta, dell'apporto di rappresentanti delle
forze politiche in ambito locale, dell'Anci, dell'Upi, delle organizzazioni
di volontariato e di altri organismi locali particolarmente interessati
alle questioni da trattare.
Articolo
146
Norma
finale.
1.
Le disposizioni di cui agli articoli 143, 144, 145 si applicano
anche agli altri enti locali di cui all'art. 2, comma 1, nonchè
ai consorzi di comuni e province, agli organi comunque denominati
delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, alle aziende speciali
dei comuni e delle province e ai consigli circoscrizionali, in
quanto compatibili con i relativi ordinamenti.
2.
Il Ministro dell'interno presenta al Parlamento una relazione
annuale sull'attività svolta dalla gestione straordinaria dei
singoli comuni (1).
(1)
Comma così modificato dall'art. 1-bis, D.L. 31 marzo 2003, n.
50, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
III
Articolo
147
Tipologia
dei controlli interni.
1.
Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa ed
organizzativa individuano strumenti e metodologie adeguati a:
a)
garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa
e contabile, la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione
amministrativa;
b)
verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia,
efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, al fine
di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione,
il rapporto tra costi e risultati;
c)
valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale;
d)
valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione
dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo
politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e
obiettivi predefiniti.
2.
I controlli interni sono ordinati secondo il principio della distinzione
tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, quale risulta
dagli articoli 3, comma 1, lettere b)
e c), e 14 del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni.
3.
L'organizzazione dei controlli interni è effettuata dagli enti
locali anche in deroga agli altri princìpi di cui all'art. 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
4.
Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti
locali possono istituire uffici unici, mediante convenzione che
ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento.
5.
Nell'ambito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione,
d'intesa con le province, sono istituite apposite strutture di
consulenza e supporto, delle quali possono avvalersi gli enti
locali per l'esercizio dei controlli previsti dal decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 286. A tal fine, i predetti comitati possono
essere integrati con esperti nelle materie di pertinenza.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
IV
Controlli
esterni sulla gestione.
Articolo
148
Controllo
della Corte dei Conti.
1.
La Corte dei Conti esercita il controllo sulla gestione degli
enti locali, ai sensi delle disposizioni di cui alla legge 14
gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni ed integrazioni.
TESTO UNICO [2/2]
PARTE
II
ORDINAMENTO FINANZIARIO E CONTABILE
Titolo
I
Articolo
149
Princìpi
generali in materia di finanza propria e derivata.
1.
L'ordinamento della finanza locale è riservato alla legge, che
la coordina con la finanza statale e con quella regionale.
2.
Ai comuni e alle province la legge riconosce, nell'ambito della
finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di
risorse proprie e trasferite.
3.
La legge assicura, altresì, agli enti locali potestà impositiva
autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e delle tariffe,
con conseguente adeguamento della legislazione tributaria vigente.
A tal fine i comuni e le province in forza dell'art. 52 del decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e successive modificazioni
possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche
tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione
delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell'aliquota
massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione
degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato
si applicano le disposizioni di legge vigenti.
4.
La finanza dei comuni e delle province è costituita da:
a)
imposte proprie;
b)
addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o regionali;
c)
tasse e diritti per servizi pubblici;
d)
trasferimenti erariali;
e)
trasferimenti regionali;
f)
altre entrate proprie, anche di natura patrimoniale;
g)
risorse per investimenti;
h)
altre entrate.
5.
I trasferimenti erariali sono ripartiti in base a criteri obiettivi
che tengano conto della popolazione, del territorio e delle condizioni
socio-economiche, nonchè in base ad una perequata distribuzione
delle risorse che tenga conto degli squilibri di fiscalità locale.
6.
Lo Stato assegna specifici contributi per fronteggiare situazioni
eccezionali.
7.
Le entrate fiscali finanziano i servizi pubblici ritenuti necessari
per lo sviluppo della comunità ed integrano la contribuzione erariale
per l'erogazione dei servizi pubblici indispensabili.
8.
A ciascun ente locale spettano le tasse, i diritti, le tariffe
e i corrispettivi sui servizi di propria competenza. Gli enti
locali determinano per i servizi pubblici tariffe o corrispettivi
a carico degli utenti, anche in modo non generalizzato. Lo Stato
e le regioni, qualora prevedano per legge casi di gratuità nei
servizi di competenza dei comuni e delle province ovvero fissino
prezzi e tariffe inferiori al costo effettivo della prestazione,
debbono garantire agli enti locali risorse finanziarie compensative.
9.
La legge determina un fondo nazionale ordinario per contribuire
ad investimenti degli enti locali destinati alla realizzazione
di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico.
10.
La legge determina un fondo nazionale speciale per finanziare
con criteri perequativi gli investimenti destinati alla realizzazione
di opere pubbliche unicamente in aree o per situazioni definite
dalla legge statale.
11.
L'ammontare complessivo dei trasferimenti e dei fondi è determinato
in base a parametri fissati dalla legge per ciascuno degli anni
previsti dal bilancio pluriennale dello Stato e non è riducibile
nel triennio.
12.
Le regioni concorrono al finanziamento degli enti locali per la
realizzazione del piano regionale di sviluppo e dei programmi
di investimento, assicurando la copertura finanziaria degli oneri
necessari all'esercizio di funzioni trasferite o delegate.
13.
Le risorse spettanti a comuni e province per spese di investimento
previste da leggi settoriali dello Stato sono distribuite sulla
base di programmi regionali. Le regioni, inoltre, determinano
con legge i finanziamenti per le funzioni da esse attribuite agli
enti locali in relazione al costo di gestione dei servizi sulla
base della programmazione regionale.
Articolo
150
Princìpi
in materia di ordinamento finanziario e contabile.
1.
L'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è riservato
alla legge dello Stato e stabilito dalle disposizioni di principio
del presente testo unico.
2.
L'ordinamento stabilisce per gli enti locali i princìpi in materia
di programmazione, gestione e rendicontazione, nonchè i princìpi
relativi alle attività di investimento, al servizio di tesoreria,
ai compiti ed alle attribuzioni dell'organo di revisione economico-finanziaria
e, per gli enti cui sia applicabile, alla disciplina del risanamento
finanziario.
3.
Restano salve le competenze delle regioni a statuto speciale e
delle province autonome di Trento e Bolzano.
Articolo
151
Princìpi
in materia di contabilità.
1.
Gli enti locali deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di
previsione per l'anno successivo, osservando i princìpi di unità,
annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario
e pubblicità. Il termine può essere differito con decreto del
Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza
Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze
(1).
2.
Il bilancio è corredato di una relazione previsionale e programmatica,
di un bilancio pluriennale di durata pari a quello della regione
di appartenenza e degli allegati previsti dall'art. 172 o da altre
norme di legge.
3.
I documenti di bilancio devono comunque essere redatti in modo
da consentirne la lettura per programmi, servizi ed interventi.
4.
I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni
di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario
e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile
attestante la copertura finanziaria.
5.
I risultati di gestione sono rilevati anche mediante contabilità
economica e dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del
bilancio e il conto del patrimonio.
6. Al rendiconto è allegata una relazione illustrativa della giunta
che esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla
base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi
sostenuti.
7.
Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare entro il 30
giugno dell'anno successivo.
(1)
Il termine per la deliberazione del bilancio di previsione da
parte degli enti locali è stato differito:
-
per l'anno 2001, al 28 febbraio 2001 dal D.M. 21 dicembre 2000
(Gazz. Uff. 28 dicembre 2000, n. 301) e al 31 marzo 2001 dal
D.M. 16 febbraio 2001 (Gazz. Uff. 23 febbraio 2001, n. 45);
-
per l'anno 2002, prima al 28 febbraio 2002 dal D.M. 20 dicembre
2001 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2001, n. 300) e poi al 31 marzo
2002 dal D.M. 27 febbraio 2002 (Gazz. Uff. 4 marzo 2002, n.
53);
-
per l'anno 2003, prima al 31 marzo 2003 dal D.M. 19 dicembre
2002 (Gazz. Uff. 30 dicembre 2002, n. 304) e poi al 30 maggio
2003 dall'art. 1, D.L. 31 marzo 2003, n. 50 e al 30 giugno 2003,
limitatamente al comune di Lipari, dall'art. 9, O.P.C.M. 7 marzo
2003, n. 3266 (Gazz. Uff. 18 marzo 2003, n. 64);
-
per l'anno 2004, al 31 marzo 2004 dal D.M. 23 dicembre 2003
(Gazz. Uff. 31 dicembre 2003, n. 302).
Articolo
152
Regolamento
di contabilità.
1.
Con il regolamento di contabilità ciascun ente locale applica
i princìpi contabili stabiliti dal presente testo unico, con modalità
organizzative corrispondenti alle caratteristiche di ciascuna
comunità, ferme restando le disposizioni previste dall'ordinamento
per assicurare l'unitarietà ed uniformità del sistema finanziario
e contabile.
2.
Il regolamento di contabilità assicura, di norma, la conoscenza
consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti
od organismi costituiti per l'esercizio di funzioni e servizi.
3.
Il regolamento di contabilità stabilisce le norme relative alle
competenze specifiche dei soggetti dell'amministrazione preposti
alla programmazione, adozione ed attuazione dei provvedimenti
di gestione che hanno carattere finanziario e contabile, in armonia
con le disposizioni del presente testo unico e delle altre leggi
vigenti.
4.
I regolamenti di contabilità sono approvati nel rispetto delle
norme della parte seconda del presente testo unico, da considerarsi
come princìpi generali con valore di limite inderogabile, con
eccezione delle sottoelencate norme, le quali non si applicano
qualora il regolamento di contabilità dell'ente rechi una differente
disciplina:
a)
articoli 177 e 178;
b)
articoli 179, commi 2, lettere b), c)
e d), e 3, 180, commi da 1 a 3, 181, commi
1 e 3, 182, 184, 185, commi da 2 a 4;
c)
articoli 186, 191, comma 5, 197, 198;
d)
articoli 199, 202, comma 2, 203, 205, 207;
e)
articoli da 213 a 215, 216, comma 3, da 217 a 219, 221, 224, 225;
f)
articoli 235, commi 2 e 3, 237, 238.
Articolo
153
Servizio
economico-finanziario.
1.
Con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi
sono disciplinati l'organizzazione del servizio finanziario, o
di ragioneria o qualificazione corrispondente, secondo le dimensioni
demografiche e l'importanza economico-finanziaria dell'ente. Al
servizio è affidato il coordinamento e la gestione dell'attività
finanziaria
2.
E' consentito stipulare apposite convenzioni tra gli enti per
assicurare il servizio a mezzo di strutture comuni.
3.
Il responsabile del servizio finanziario di cui all'art. 151,
comma 4, si identifica con il responsabile del servizio o con
i soggetti preposti alle eventuali articolazioni previste dal
regolamento di contabilità.
4.
Il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o qualificazione
corrispondente, è preposto alla verifica di veridicità delle previsioni
di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate
dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o pluriennale
ed alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate
e di impegno delle spese.
5.
Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali
vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle proposte di
deliberazione ed apposto il visto di regolarità contabile sulle
determinazioni dei soggetti abilitati. Il responsabile del servizio
finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa
in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti
di spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di realizzazione
degli accertamenti di entrata vincolata secondo quanto previsto
dal regolamento di contabilità.
6.
Il regolamento di contabilità disciplina le segnalazioni obbligatorie
dei fatti e delle valutazioni del responsabile finanziario al
legale rappresentante dell'ente, al consiglio dell'ente nella
persona del suo presidente, al segretario ed all'organo di revisione
ove si rilevi che la gestione delle entrate o delle spese correnti
evidenzi il costituirsi di situazioni - non compensabili da maggiori
entrate o minori spese - tali da pregiudicare gli equilibri del
bilancio. In ogni caso la segnalazione è effettuata entro sette
giorni dalla conoscenza dei fatti. Il consiglio provvede al riequilibrio
a norma dell'art. 193, entro trenta giorni dal ricevimento della
segnalazione, anche su proposta della giunta.
7.
Lo stesso regolamento prevede l'istituzione di un servizio di
economato, cui viene preposto un responsabile, per la gestione
di cassa delle spese di ufficio di non rilevante ammontare.
Articolo
154
Osservatorio
sulla finanza e la contabilità degli enti locali.
1.
E' istituito presso il Ministero dell'interno l'Osservatorio sulla
finanza e la contabilità degli enti locali.
2.
L'Osservatorio ha il compito di promuovere la corretta gestione
delle risorse finanziarie, strumentali ed umane, la salvaguardia
degli equilibri di bilancio, l'applicazione dei princìpi contabili
e la congruità degli strumenti applicativi, nonchè la sperimentazione
di nuovi modelli contabili. L'Osservatorio adotta iniziative di
divulgazione e di approfondimento finalizzate ad agevolare l'applicazione
ed il recepimento delle norme.
3.
L'Osservatorio presenta al Ministro dell'interno almeno una relazione
annuale sullo stato di applicazione delle norme, con proposte
di integrazione normativa e di princìpi contabili di generale
applicazione.
4.
Il presidente ed i componenti dell'Osservatorio, in numero non
superiore a diciotto, sono nominati dal Ministro dell'interno
con proprio decreto tra funzionari dello Stato, o di altre pubbliche
amministrazioni, professori e ricercatori universitari ed esperti.
L'Upi, l'Anci e l'Uncem designano ciascuna un proprio rappresentante.
L'Osservatorio dura in carica cinque anni.
5.
Il Ministro dell'interno può assegnare ulteriori funzioni nell'ambito
delle finalità generali del comma 2 ed emanare norme di funzionamento
e di organizzazione.
6.
L'Osservatorio si avvale delle strutture e dell'organizzazione
della Direzione centrale per la finanza locale e per i servizi
finanziari dell'Amministrazione civile del Ministero dell'interno.
7.
Ai componenti dell'Osservatorio spettano il gettone di presenza
ed i rimborsi spese previsti per i componenti della commissione
per la finanza e gli organici degli enti locali. L'imputazione
dei relativi oneri avviene sul medesimo capitolo di spesa relativo
alla citata commissione. I rimborsi competono anche per la partecipazione
ad attività esterne di studio, di divulgazione ed approfondimento
rientranti nell'attività istituzionale dell'Osservatorio. Il Ministro
dell'interno può affidare, nell'anno 2000 ed entro la complessiva
spesa di 30 milioni di lire, all'Osservatorio, o a singoli membri,
la redazione di studi e lavori monografici, determinando il compenso
in relazione alla complessità dell'incarico ed ai risultati conseguiti.
(1)
(1)
Comma sostituito dall'art. 1, comma 4, del d.l. 27 dicembre
2000, n. 392, conv., con modificazioni in l. 28 febbraio 2001,
n. 26.
Articolo
155
Commissione
per la finanza e gli organici degli enti locali.
1.
La Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali
operante presso il Ministero dell'interno, già denominata Commissione
di ricerca per la finanza locale, svolge i seguenti compiti:
a)
controllo centrale, da esercitare prioritariamente in relazione
alla verifica della compatibilità finanziaria, sulle dotazioni
organiche e sui provvedimenti di assunzione di personale degli
enti dissestati e degli enti strutturalmente deficitari, ai sensi
dell'art. 243;
b)
parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di
approvazione o diniego del piano di estinzione delle passività,
ai sensi dell'art. 256, comma 7;
c)
proposta al Ministro dell'interno di misure straordinarie per
il pagamento della massa passiva in caso di insufficienza delle
risorse disponibili, ai sensi dell'art. 256, comma 12;
d)
parere da rendere in merito all'assunzione del mutuo con la Cassa
depositi e prestiti da parte dell'ente locale, ai sensi dell'art.
255, comma 5;
e)
parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di
approvazione o diniego dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato,
ai sensi dell'art. 261;
f)
proposta al Ministro dell'interno di adozione delle misure necessarie
per il risanamento dell'ente locale, a seguito del ricostituirsi
di disavanzo di amministrazione o insorgenza di debiti fuori bilancio
non ripianabili con i normali mezzi o mancato rispetto delle prescrizioni
poste a carico dell'ente, ai sensi dell'art. 268;
g)
parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di
sostituzione di tutto o parte dell'organo straordinario di liquidazione,
ai sensi dell'art. 254, comma 8;
h)
approvazione, previo esame, della rideterminazione della pianta
organica dell'ente locale dissestato, ai sensi dell'art. 259,
comma 7.
2.
La composizione e le modalità di finanzionamento della Commissione
sono disciplinate con regolamento da adottarsi ai sensi dell'art.
17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Articolo
156
Classi
demografiche e popolazione residente.
1.
Ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nella parte
seconda del presente testo unico valgono per i comuni, se non
diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche:
a)
comuni con meno di 500 abitanti;
b)
comuni da 500 a 999 abitanti;
c)
comuni da 1.000 a 1.999 abitanti;
d)
comuni da 2.000 a 2.999 abitanti;
e)
comuni da 3.000 a 4.999 abitanti;
f)
comuni da 5.000 a 9.999 abitanti;
g)
comuni da 10.000 a 19.999 abitanti;
h)
comuni da 20.000 a 59.999 abitanti;
i)
comuni da 60.000 a 99.999 abitanti;
l)
comuni da 100.000 a 249.999 abitanti;
m)
comuni da 250.000 a 499.999 abitanti;
n)
comuni da 500.000 abitanti ed oltre.
2.
Le disposizioni del presente testo unico e di altre leggi e regolamenti
relative all'attribuzione di contributi erariali di qualsiasi
natura, nonchè all'inclusione nel sistema di tesoreria unica di
cui alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, alla disciplina del dissesto
finanziario ed alla disciplina dei revisori dei conti, che facciano
riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non diversamente
disciplinato, come concernenti la popolazione residente calcolata
alla fine del penultimo anno precedente per le province ed i comuni
secondo i dati dell'Istituto nazionale di statistica, ovvero secondo
i dati dell'Uncem per le Comunità montane. Per le Comunità montane
e i comuni di nuova istituzione si utilizza l'ultima popolazione
disponibile.
Articolo
157
Consolidamento
dei conti pubblici.
1.
Ai fini del consolidamento dei conti pubblici gli enti locali
rispettano le disposizioni di cui agli articoli 25, 29 e 30 della
legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni ed integrazioni.
Articolo
158
Rendiconto
dei contributi straordinari.
1.
Per tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni
pubbliche agli enti locali è dovuta la presentazione del rendiconto
all'amministrazione erogante entro sessanta giorni dal termine
dell'esercizio finanziario relativo, a cura del segretario e del
responsabile del servizio finanziario.
2.
Il rendiconto, oltre alla dimostrazione contabile della spesa,
documenta i risultati ottenuti in termini di efficienza ed efficacia
dell'intervento.
3.
Il termine di cui al comma 1 è perentorio. La sua inosservanza
comporta l'obbligo di restituzione del contributo straordinario
assegnato.
4.
Ove il contributo attenga ad un intervento realizzato in più esercizi
finanziari l'ente locale è tenuto al rendiconto per ciascun esercizio.
Articolo
159
Norme
sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali.
1.
Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata
nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi
tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano
vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa.
2.
Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile
anche d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti
locali destinate a:
a)
pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti
oneri previdenziali per i tre mesi successivi;
b)
pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti
nel semestre in corso;
c)
espletamento dei servizi locali indispensabili (1).
3.
Per l'operatività dei limiti all'esecuzione forzata di cui al
comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi
per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente
gli importi delle somme destinate alle suddette finalità (1).
4.
Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione
del comma 2 non determinano vincoli sulle somme nè limitazioni
all'attività del tesoriere (1).
5.
I provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell'esperimento
delle procedure di cui all'art. 37 della legge 6 dicembre 1971,
n. 1034, e di cui all'art. 27, comma 1, n. 4, del testo unico
delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio decreto
26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell'attestazione
di copertura finanziaria prevista dall'art. 151, comma 4, e non
possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a),
b) e c) del comma
2, quantificate ai sensi del comma 3.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 4-18 giugno 2003, n. 211
(Gazz. Uff. 25 giugno 2003, n. 25 - Prima serie speciale) ha
dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'art. 159, commi
2, 3 e 4, nella parte in cui non prevede che la impignorabilità
delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e
c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte
dell'organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva
quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette
finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell'ente
locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati,
senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute
per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni
di impegno da parte dell'ente stesso.
Articolo
160
Approvazione
di modelli e schemi contabili.
1.
Con regolamento, da emanare a norma dell'art. 17 della legge 23
agosto 1988, n. 400, sono approvati:
a)
i modelli relativi al bilancio di previsione, ivi inclusi i quadri
riepilogativi;
b)
il sistema di codifica del bilancio e dei titoli contabili di
entrata e di spesa;
c)
i modelli relativi al bilancio pluriennale;
d)
i modelli relativi al conto del tesoriere;
e)
i modelli relativi al conto del bilancio ivi incluse la tabella
dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale
e la tabella dei parametri gestionali;
f)
i modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione;
g)
i modelli relativi al conto del patrimonio;
h)
i modelli relativi alla resa del conto da parte degli agenti contabili
di cui all'art. 227.
2.
Con regolamento, da emanare a norma dell'art. 17 della legge 23
agosto 1988, n. 400, è approvato lo schema relativo alla relazione
previsionale e programmatica previo parere della Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome.
Articolo
161
Certificazioni
di bilancio.
1.
Gli enti locali sono tenuti a redigere apposite certificazioni
sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto.
Le certificazioni sono firmate dal segretario e dal responsabile
del servizio finanziario.
2.
Le modalità per la struttura la redazione e la presentazione delle
certificazioni sono stabilite tre mesi prima della scadenza di
ciascun adempimento con decreto del Ministro dell'interno d'intesa
con l'Anci, con l'Upi e con l'Uncem, da pubblicare nella Gazzetta
Ufficiale (1).
3.
La mancata presentazione di un certificato comporta la sospensione
dell'ultima rata del contributo ordinario dell'anno nel quale
avviene l'inadempienza. (2) (3)
4.
Il Ministero dell'interno provvede a rendere disponibili i dati
delle certificazioni alle regioni, alle associazioni rappresentative
degli enti locali, alla Corte dei conti ed all'Istituto nazionale
di statistica.
(1)
Con D.M. 11 dicembre 2000 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2000, n. 302,
S.O.), modificato con D.M. 17 gennaio 2001 (Gazz. Uff. 27 gennaio
2001, n. 22) e con D.M. 19 marzo 2001 (Gazz. Uff. 4 aprile 2001,
n. 79), sono state approvate le certificazioni del bilancio
di previsione 2001 delle province, dei comuni e delle comunità
montane. Con D.M. 1° giugno 2001 (Gazz. Uff. 13 luglio 2001,
n. 161, S.O.) sono state stabilite le modalità relative alle
certificazioni concernenti il conto di bilancio 2000 delle amministrazioni
provinciali, dei comuni e delle comunità montane. Con D.M. 7
febbraio 2002 (Gazz. Uff. 5 marzo 2002, n. 54, S.O.), modificato
dal D.M. 6 maggio 2002 (Gazz. Uff. 14 maggio 2002, n. 111),
sono state approvate le modalità relative alle certificazioni
concernenti il bilancio di previsione 2002 delle province, dei
comuni e delle comunità montane. Con D.M. 14 giugno 2002 (Gazz.
Uff. 22 luglio 2002, n. 170, S.O.), sono state approvate le
modalità relative alle certificazioni concernenti il conto di
bilancio 2001 delle amministrazione provinciali, dei comuni
e delle comunità montane. Con D.M. 24 febbraio 2003 (Gazz. Uff.
10 aprile 2003, n. 84, S.O.) sono state approvate le modalità
relative alle certificazioni concernenti il bilancio di previsione
2003 delle province, dei comuni e delle comunità montane. Con
D.M. 31 luglio 2003 (Gazz. Uff. 9 settembre 2003, n. 209, S.O.),
sono state approvate le modalità relative alle certificazioni
concernenti il conto di bilancio 2002 delle amministrazioni
provinciali, dei comuni, delle comunità montane e delle unioni
di comuni. Con Decr. 19 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 11 marzo 2004,
n. 59, S.O.) sono state approvate le modalità relative alle
certificazioni del bilancio di previsione 2004 delle province,
dei comuni, delle comunità montane e delle unioni di comuni.
(2)
Per la sospensione della presente disposizione, per l'anno 2000,
nei confronti di alcuni enti locali, si veda l'art. 3 dell'ordinanza
27 ottobre 2000 (in Gazz. Uff., 3 novembre 2000, n. 257).
(3)
Comma modificato dall'art. 27, comma 7, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
II
Programmazione
e bilanci.
Capo
I
Articolo
162
Princìpi
del bilancio.
1.
Gli enti locali deliberano annualmente il bilancio di previsione
finanziario redatto in termini di competenza, per l'anno successivo,
osservando i princìpi di unità annualità, universalità ed integrità,
veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. La situazione corrente,
come definita al comma 6 del presente articolo, non può presentare
un disavanzo.
2.
Il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale delle
spese, salvo le eccezioni di legge.
3.
L'unità temporale della gestione e l'anno finanziario, che inizia
il 1° gennaio e termina il 31 dicembre dello stesso anno; dopo
tale termine non possono più effettuarsi accertamenti di entrate
e impegni di spesa in conto dell'esercizio scaduto.
4.
Tutte le entrate sono iscritte in bilancio al lordo delle spese
di riscossione a carico degli enti locali e di altre eventuali
spese ad esse connesse. Parimenti tutte le spese sono iscritte
in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative
entrate. La gestione finanziaria è unica come il relativo bilancio
di previsione: sono vietate le gestioni di entrate e di spese
che non siano iscritte in bilancio.
5.
Il bilancio di previsione è redatto nel rispetto dei princìpi
di veridicità ed attendibilità, sostenuti da analisi riferite
ad un adeguato arco di tempo o, in mancanza da altri idonei parametri
di riferimento.
6.
Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario
complessivo. Inoltre le previsioni di competenza relative alle
spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative
alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e
dei prestiti obbligazionari non possono essere complessivamente
superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata
e non possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni
previste per legge. Per le comunità montane si fa riferimento
ai primi due titoli delle entrate.
7.
Gli enti assicurano ai cittadini ed agli organismi di partecipazione,
di cui all'art. 8, la conoscenza dei contenuti significativi e
caratteristici del bilancio annuale e dei suoi allegati con le
modalità previste dallo statuto e dai regolamenti.
Articolo
163
Esercizio
provvisorio e gestione provvisoria.
1.
Nelle more dell'approvazione del bilancio di previsione da parte
dell'organo regionale di controllo, l'organo consiliare dell'ente
delibera l'esercizio provvisorio, per un periodo non superiore
a due mesi, sulla base del bilancio già deliberato. Gli enti locali
possono effettuare, per ciascun intervento, spese in misura non
superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme previste nel
bilancio deliberato, con esclusione delle spese tassativamente
regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato
in dodicesimi.
2.
Ove non sia stato deliberato il bilancio di previsione, è consentita
esclusivamente una gestione provvisoria nei limiti dei corrispondenti
stanziamenti di spesa dell'ultimo bilancio approvato, ove esistenti.
La gestione provvisoria è limitata all'assolvimento delle obbligazioni
già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali
esecutivi e di obblighi speciali tassativamente regolati dalla
legge, al pagamento delle spese di personale, di residui passivi,
di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed, in generale,
limitata alle sole operazioni necessarie per evitare che siano
arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente.
3.
Ove la scadenza del termine per la deliberazione del bilancio
di previsione sia stata fissata da norme statali in un periodo
successivo all'inizio dell'esercizio finanziario di riferimento,
l'esercizio provvisorio si intende automaticamente autorizzato
sino a tale termine e si applicano le modalità di gestione di
cui al comma 1, intendendosi come riferimento l'ultimo bilancio
definitivamente approvato.
Articolo
164
Caratteristiche
del bilancio.
1.
L'unità elementare del bilancio per l'entrata è la risorsa e per
la spesa è l'intervento per ciascun servizio. Nei servizi per
conto di terzi, sia nell'entrata che nella spesa, l'unità elementare
e il capitolo, che indica l'oggetto.
2.
Il bilancio di previsione annuale ha carattere autorizzatorio,
costituendo limite agli impegni di spesa, fatta eccezione per
i servizi per conto di terzi.
3.
In sede di predisposizione del bilancio di previsione annuale
il consiglio dell'ente assicura idoneo finanziamento agli impegni
pluriennali assunti nel corso degli esercizi precedenti.
Articolo
165
Struttura
del bilancio.
1.
Il bilancio di previsione annuale è composto da due parti, relative
rispettivamente all'entrata ed alla spesa.
2.
La parte entrata è ordinata gradualmente in titoli, categorie
e risorse, in relazione, rispettivamente, alla fonte di provenienza,
alla tipologia ed alla specifica individuazione dell'oggetto dell'entrata.
3.
I titoli dell'entrata per province, comuni, città metropolitane
ed unioni di comuni sono:
Titolo
I - Entrate tributarie;
Titolo
II - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti
dello Stato, della regione e di altri enti pubblici anche in rapporto
all'esercizio di funzioni delegate dalla regione;
Titolo
III - Entrate extruributarie;
Titolo
IV - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale
e da riscossioni di crediti;
Titolo
V - Entrate derivanti da accensioni di prestiti;
Titolo
VI - Entrate da servizi per conto di terzi.
4.
I titoli dell'entrata per le Comunità montane sono:
Titolo
I - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello
Stato, della regione e di altri enti pubblici anche in rapporto
all'esercizio di funzioni delegate dalla Regione;
Titolo
II - Entrate extratributarie;
Titolo
III - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale
e da riscossioni di crediti;
Titolo
IV - Entrate derivanti da accensioni di prestiti;
Titolo
V - Entrate da servizi per conto di terzi.
5.
La parte spesa è ordinata gradualmente in titoli, funzioni, servizi
ed interventi, in relazione, rispettivamente, ai principali aggregati
economici, alle funzioni degli enti, ai singoli uffici che gestiscono
un complesso di attività ed alla natura economica dei fattori
produttivi nell'ambito di ciascun servizio. La parte spesa è leggibile
anche per programmi dei quali è fatta analitica illustrazione
in apposito quadro di sintesi del bilancio e nella relazione previsionale
e programmatica.
6.
I titoli della spesa sono:
Titolo
I - Spese correnti;
Titolo
II - Spese in conto capitale;
Titolo
III - Spese per rimborso di prestiti;
Titolo
IV - Spese per servizi per conto di terzi.
7.
Il programma, il quale costituisce il complesso coordinato di
attività, anche normative, relative alle opere da realizzare e
di interventi diretti ed indiretti, non necessariamente solo finanziari,
per il raggiungimento di un fine prestabilito, nel più vasto piano
generale di sviluppo dell'ente, secondo le indicazioni dell'art.
151, può essere compreso all'interno di una sola delle funzioni
dell'ente, ma può anche estendersi a più funzioni.
8.
A ciascun servizio è correlato un reparto organizzativo, semplice
o complesso, composto da persone e mezzi, cui è preposto un responsabile.
9.
A ciascun servizio è affidato, col bilancio di previsione, un
complesso di mezzi finanziari, specificati negli interventi assegnati,
del quale risponde il responsabile del servizio.
10.
Ciascuna risorsa dell'entrata e ciascun intervento della spesa
indicano:
a)
l'ammontare degli accertamenti o degli impegni risultanti dal
rendiconto del penultimo anno precedente all'esercizio di riferimento
e la previsione aggiornata relativa all'esercizio in corso;
b)
l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare o delle
spese che si prevede di impegnare nell'esercizio cui il bilancio
si riferisce.
11.
L'avanzo ed il disavanzo di amministrazione sono iscritti in bilancio,
con le modalità di cui agli articoli 187 e 188, prima di tutte
le entrate e prima di tutte le spese.
12.
I bilanci di previsione degli enti locali recepiscono, per quanto
non contrasta con la normativa del presente testo unico, le norme
recate dalle leggi delle rispettive regioni di appartenenza per
quanto concerne le entrate e le spese relative a funzioni delegate,
al fine di consentire la possibilità del controllo regionale sulla
destinazione dei fondi assegnati agli enti locali e l'omogeneità
delle classificazioni di dette spese nei bilanci di previsione
degli enti rispetto a quelle contenute nei rispettivi bilanci
di previsione regionali. Le entrate e le spese per le funzioni
delegate dalle regioni non possono essere collocate tra i servizi
per conto di terzi nei bilanci di previsione degli enti locali.
13.
Il bilancio di previsione si conclude con più quadri riepilogativi.
14.
Con il regolamento di cui all'art. 160 sono approvati i modelli
relativi al bilancio di previsione, inclusi i quadri riepilogativi,
il sistema di codifica del bilancio ed il sistema di codifica
dei titoli contabili di entrata e di spesa, anche ai fini di cui
all'art. 157.
Articolo
166
Fondo
di riserva.
1.
Gli enti locali iscrivono nel proprio bilancio di previsione un
fondo di riserva non inferiore allo 0,30 e non superiore al 2
per cento del totale delle spese correnti inizialmente previste
in bilancio.
2.
Il fondo è utilizzato, con deliberazioni dell'organo esecutivo
da comunicare all'organo consiliare nei tempi stabiliti dal regolamento
di contabilità nei casi in cui si verifichino esigenze straordinarie
di bilancio o le dotazioni degli interventi di spesa corrente
si rivelino insufficienti.
Articolo
167
Ammortamento
dei beni.
1.
È data facoltà agli enti locali di iscrivere nell'apposito intervento
di ciascun servizio l'importo dell'ammortamento accantonato per
i beni relativi, almeno per il trenta per cento del valore calcolato
secondo i criteri dell'art. 229. (1)
2.
L'utilizzazione delle somme accantonate ai fini del reinvestimento
è effettuata dopo che gli importi sono rifluiti nel risultato
di amministrazione di fine esercizio ed è possibile la sua applicazione
al bilancio in conformità all'art. 187.
(1)
Comma modificato dall'art. 27, comma 7, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
Articolo
168
Servizi
per conto di terzi.
1.
Le entrate e le spese relative ai servizi per conto di terzi,
ivi compresi i fondi economali, e che costituiscono al tempo stesso
un debito ed un credito per l'ente, sono ordinati esclusivamente
in capitoli, secondo la partizione contenuta nel regolamento di
cui all'art. 160.
2.
Le previsioni e gli accertamenti d'entrata conservano l'equivalenza
con le previsioni e gli impegni di spesa.
Articolo
169
Piano
esecutivo di gestione.
1.
Sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato dal consiglio,
l'organo esecutivo definisce, prima dell'inizio dell'esercizio,
il piano esecutivo di gestione, determinando gli obiettivi di
gestione ed affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie,
ai responsabili dei servizi.
2.
Il piano esecutivo di gestione contiene una ulteriore graduazione
delle risorse dell'entrata in capitoli, dei servizi in centri
di costo e degli interventi in capitoli.
3.
L'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo è facoltativa
per gli enti locali con popolazione inferiore a 15.000 abitanti
e per le Comunità montane.
Articolo
170
Relazione
previsionale e programmatica.
1.
Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione una
relazione previsionale e programmatica che copra un periodo pari
a quello del bilancio pluriennale.
2.
La relazione previsionale e programmatica ha carattere generale.
Illustra anzitutto le caratteristiche generali della popolazione,
del territorio, dell'economia insediata e dei servizi dell'ente,
precisandone risorse umane, strumentali e tecnologiche. Comprende,
per la parte entrata, una valutazione generale sui mezzi finanziari,
individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l'andamento
storico degli stessi ed i relativi vincoli.
3.
Per la parte spesa la relazione è redatta per programmi e per
eventuali progetti, con espresso riferimento ai programmi indicati
nel bilancio annuale e nel bilancio pluriennale, rilevando l'entità
e l'incidenza percentuale della previsione con riferimento alla
spesa corrente consolidata, a quella di sviluppo ed a quella di
investimento.
4.
Per ciascun programma è data specificazione della finalità che
si intende conseguire e delle risorse umane e strumentali ad esso
destinate, distintamente per ciascuno degli esercizi in cui si
articola il programma stesso ed è data specifica motivazione delle
scelte adottate.
5.
La relazione previsionale e programmatica fornisce la motivata
dimostrazione delle variazioni intervenute rispetto all'esercizio
precedente.
6.
Per gli organismi gestionali dell'ente locale la relazione indica
anche gli obiettivi che si intendono raggiungere, sia in termini
di bilancio che in termini di efficacia, efficienza ed economicità
del servizio.
7.
La relazione fornisce adeguati elementi che dimostrino la coerenza
delle previsioni annuali e pluriennali con gli strumenti urbanistici,
con particolare riferimento alla delibera di cui all'art. 172,
comma 1, lettera c), e relativi piani
di attuazione e con i piani economico-finanziari di cui all'art.
201.
8.
Con il regolamento di cui all'art. 160 è approvato lo schema di
relazione, valido per tutti gli enti, che contiene le indicazioni
minime necessarie a fini del consolidamento dei conti pubblici.
9.
Nel regolamento di contabilità sono previsti i casi di inammissibilità
e di improcedibilità per le deliberazioni di consiglio e di giunta
che non sono coerenti con le previsioni della relazione previsionale
e programmatica
Articolo
171
Bilancio
pluriennale.
1.
Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione un
bilancio pluriennale di competenza di durata pari a quello della
regione di appartenenza e comunque non inferiore a tre anni, con
osservanza dei princìpi del bilancio di cui all'art. 162, escluso
il principio dell'annualità.
2.
Il bilancio pluriennale comprende il quadro dei mezzi finanziari
che si prevede di destinare per ciascuno degli anni considerati
sia alla copertura di spese correnti che al finanziamento delle
spese di investimento, con indicazione, per queste ultime, della
capacità di ricorso alle fonti di finanziamento.
3.
Il bilancio pluriennale per la parte di spesa è redatto per programmi,
titoli, servizi ed interventi, ed indica per ciascuno l'ammontare
delle spese correnti di gestione consolidate e di sviluppo, anche
derivanti dall'attuazione degli investimenti, nonchè le spese
di investimento ad esso destinate, distintamente per ognuno degli
anni considerati.
4.
Gli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale, che per il
primo anno coincidono con quelli del bilancio annuale di competenza,
hanno carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni
di spesa, e sono aggiornati annualmente in sede di approvazione
del bilancio di previsione.
5.
Con il regolamento di cui all'art. 160 sono approvati i modelli
relativi al bilancio pluriennale.
Articolo
172
Altri
allegati al bilancio di previsione.
1.
Al bilancio di previsione sono allegati i seguenti documenti:
a)
il rendiconto deliberato del penultimo esercizio antecedente quello
cui si riferisce il bilancio di previsione, quale documento necessario
per il controllo da parte del competente organo regionale;
b)
le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle unioni
di comuni, aziende speciali, consorzi, istituzioni, società di
capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, relativi
al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferisce;
c)
la deliberazione, da adottarsi annualmente prima dell'approvazione
del bilancio, con la quale i comuni verificano la quantità e qualità
di aree e fabbricati da destinarsi alla residenza, alle attività
produttive e terziarie - ai sensi delle leggi 18 aprile 1962,
n. 167, 22 ottobre 1971, n. 865, e 5 agosto 1978, n. 457, che
potranno essere ceduti in proprietà od in diritto di superficie;
con la stessa deliberazione i comuni stabiliscono il prezzo di
cessione per ciascun tipo di area o di fabbricato;
d)
il programma triennale dei lavori pubblici di cui alla legge 11
febbraio 1994, n. 109;
e)
le deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio
successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori
detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi
locali e per i servizi locali, nonchè, per i servizi a domanda
individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di
gestione dei servizi stessi;
f)
la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione
di deficitarietà strutturale prevista dalle disposizioni vigenti
in materia.
Articolo
173
Valori
monetari.
1.
I valori monetari contenuti nel bilancio pluriennale e nella relazione
previsionale e programmatica sono espressi con riferimento ai
periodi ai quali si riferiscono, tenendo conto del tasso di inflazione
programmato.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
II
Competenze
in materia di bilanci.
Articolo
174
Predisposizione
ed approvazione del bilancio e dei suoi allegati.
1.
Lo schema di bilancio annuale di previsione, la relazione previsionale
e programmatica e lo schema di bilancio pluriennale sono predisposti
dall'organo esecutivo e da questo presentati all'organo consiliare
unitamente agli allegati ed alla relazione dell'organo di revisione.
2.
Il regolamento di contabilità dell'ente prevede per tali adempimenti
un congruo termine, nonchè i termini entro i quali possono essere
presentati da parte dei membri dell'organo consiliare emendamenti
agli schemi di bilancio predisposti dall'organo esecutivo.
3.
Il bilancio annuale di previsione è deliberato dall'organo consiliare
entro il termine previsto dall'art. 151. La relativa deliberazione
ed i documenti ad essa allegati sono trasmessi dal segretario
dell'ente all'organo regionale di controllo.
4.
Il termine per l'esame del bilancio da parte dell'organo regionale
di controllo, previsto dall'art. 134, decorre dal ricevimento.
Articolo
175
Variazioni
al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione.
1.
Il bilancio di previsione può subire variazioni nel corso dell'esercizio
di competenza sia nella parte prima, relativa alle entrate, che
nella parte seconda, relativa alle spese.
2.
Le variazioni al bilancio sono di competenza dell'organo consiliare.
3.
Le variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre
il 30 novembre di ciascun anno.
4.
Ai sensi dell'art. 42 le variazioni di bilancio possono essere
adottate dall'organo esecutivo in via d'urgenza, salvo ratifica,
a pena di decadenza, da parte dell'organo consiliare entro i sessanta
giorni seguenti e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso
se a tale data non sia scaduto il predetto termine.
5.
In caso di mancata o parziale ratifica del provvedimento di variazione
adottato dall'organo esecutivo, l'organo consiliare è tenuto ad
adottare nei successivi trenta giorni, e comunque sempre entro
il 31 dicembre dell'esercizio in corso, i provvedimenti ritenuti
necessari nei riguardi dei rapporti eventualmente sorti sulla
base della deliberazione non ratificata.
6.
Per le province, i comuni, le città metropolitane e le unioni
di comuni sono vietati prelievi dagli stanziamenti per gli interventi
finanziati con le entrate iscritte nei titoli quarto e quinto
per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con
le entrate dei primi tre titoli. Per le Comunità montane sono
vietati i prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati
con le entrate iscritte nei titoli terzo e quarto per aumentare
gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate
dei primi due titoli.
7.
Sono vietati gli spostamenti di dotazioni dai capitoli iscritti
nei servizi per conto di terzi in favore di altre parti del bilancio.
Sono vietati gli spostamenti di somme tra residui e competenza.
8.
Mediante la variazione di assestamento generale, deliberata dall'organo
consiliare dell'ente entro il 30 novembre di ciascun anno, si
attua la verifica generale di tutte le voci di entrata e di uscita,
compreso il fondo di riserva al fine di assicurare il mantenimento
del pareggio di bilancio.
9.
Le variazioni al piano esecutivo di gestione di cui all'art. 169
sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere adottate
entro il 15 dicembre di ciascun anno.
Articolo
176
Prelevamenti
dal fondo di riserva.
1.
I prelevamenti dal fondo di riserva sono di competenza dell'organo
esecutivo e possono essere deliberati sino al 31 dicembre di ciascun
anno.
Articolo
177
Competenze
dei responsabili dei servizi.
1.
Il responsabile del servizio, nel caso in cui ritiene necessaria
una modifica della dotazione assegnata per sopravvenute esigenze
successive all'adozione degli atti di programmazione, propone
la modifica con modalità definite dal regolamento di contabilità.
2.
La mancata accettazione della proposta di modifica della dotazione
deve essere motivata dall'organo esecutivo.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
III
Capo
I
Articolo
178
Fasi
dell'entrata.
1.
Le fasi di gestione delle entrate sono l'accertamento, la riscossione
ed il versamento.
Articolo
179
Accertamento.
1.
L'accertamento costituisce la prima fase di gestione dell'entrata
mediante la quale, sulla base di idonea documentazione, viene
verificata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo
titolo giuridico, individuato il debitore, quantificata la somma
da incassare, nonchè fissata la relativa scadenza.
2.
L'accertamento delle entrate avviene:
a)
per le entrate di carattere tributario, a seguito di emissione
di ruoli o a seguito di altre forme stabilite per legge;
b)
per le entrate patrimoniali e per quelle provenienti dalla gestione
di servizi a carattere produttivo e di quelli connessi a tariffe
o contribuzioni dell'utenza, a seguito di acquisizione diretta
o di emissione di liste di carico;
c)
per le entrate relative a partite compensative delle spese, in
corrispondenza dell'assunzione del relativo impegno di spesa;
d)
per le altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, mediante
contratti, provvedimenti giudiziari o atti amministrativi specifici.
3.
Il responsabile del procedimento con il quale viene accertata
l'entrata trasmette al responsabile del servizio finanziario l'idonea
documentazione di cui al comma 2, ai fini dell'annotazione nelle
scritture contabili, secondo i tempi ed i modi previsti dal regolamento
di contabilità dell'ente.
Articolo
180
Riscossione.
1.
La riscossione costituisce la successiva fase del procedimento
dell'entrata, che consiste nel materiale introito da parte del
tesoriere o di altri eventuali incaricati della riscossione delle
somme dovute all'ente.
2.
La riscossione è disposta a mezzo di ordinativo di incasso, fatto
pervertire al tesoriere nelle forme e nei tempi previsti dalla
convenzione di cui all'art. 210.
3.
L'ordinativo d'incasso è sottoscritto dal responsabile del servizio
finanziario o da altro dipendente individuato dal regolamento
di contabilità e contiene almeno:
a)
l'indicazione del debitore;
b)
l'ammontare della somma da riscuotere;
c)
la causale;
d)
gli eventuali vincoli di destinazione delle somme;
e)
l'indicazione della risorsa o del capitolo di bilancio cui è riferita
l'entrata, distintamente per residui o competenza;
f)
la codifica;
g)
il numero progressivo;
h)
l'esercizio finanziario e la data di emissione.
4.
Il tesoriere deve accettare, senza pregiudizio per i diritti dell'ente,
la riscossione di ogni somma versata in favore dell'ente, anche
senza la preventiva emissione di ordinativo d'incasso. In tale
ipotesi il tesoriere ne dà immediata comunicazione all'ente, richiedendo
la regolarizzazione.
Articolo
181
Versamento.
1.
Il versamento costituisce l'ultima fase dell'entrata, consistente
nel trasferimento delle somme riscosse nelle casse dell'ente.
2.
Gli incaricati della riscossione, interni ed esterni, versano
al tesoriere le somme riscosse nei termini e nei modi fissati
dalle disposizioni vigenti e da eventuali accordi convenzionali,
salvo quelli a cui si applicano gli articoli 22 e seguenti del
decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
3.
Gli incaricati interni, designati con provvedimento formale dell'amministrazione,
versano le somme riscosse presso la tesoreria dell'ente con cadenza
stabilita dal regolamento di contabilità.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
II
Articolo
182
Fasi
della spesa.
1.
Le fasi di gestione della spesa sono l'impegno, la liquidazione,
l'ordinazione ed il pagamento.
Articolo
183
Impegno
di spesa.
1.
L'impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa
con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata
è determinata la somma da pagare, determinato il soggetto creditore,
indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle previsioni
di bilancio, nell'ambito della disponibilità finanziaria accertata
ai sensi dell'art. 151.
2.
Con l'approvazione del bilancio e successive variazioni, e senza
la necessità di ulteriori atti, è costituito impegno sui relativi
stanziamenti per le spese dovute:
a)
per il trattamento economico tabellare già attribuito a, personale
dipendente e per i relativi oneri riflessi;
b)
per le rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, interessi
di preammortamento ed ulteriori oneri accessori;
c)
per le spese dovute nell'esercizio in base a contratti o disposizioni
di legge.
3.
Durante la gestione possono anche essere prenotati impegni relativi
a procedure in via di espletamento. I provvedimenti relativi per
i quali entro il termine dell'esercizio non è stata assunta dall'ente
l'obbligazione di spesa verso i terzi decadono e costituiscono
economia della previsione di bilancio alla quale erano riferiti,
concorrendo alla determinazione del risultato contabile di amministrazione
di cui all'art. 186. Quando la prenotazione di impegno è riferita
a procedure di gara bandite prima della fine dell'esercizio e
non concluse entro tale termine, la prenotazione si tramuta in
impegno e conservano validità gli atti ed i provvedimenti relativi
alla gara già adottati.
4.
Costituiscono inoltre economia le minori spese sostenute rispetto
all'impegno assunto, verificate con la conclusione della fase
della liquidazione.
5.
Le spese in conto capitale si considerano impegnate ove sono finanziate
nei seguenti modi:
a)
con l'assunzione di mutui a specifica destinazione si considerano
impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del mutuo, contratto
o già concesso, e del relativo prefinanziamento accertato in entrata;
b)
con quota dell'avanzo di amministrazione si considerano impegnate
in corrispondenza e per l'ammontare dell'avanzo di amministrazione
accertato;
c)
con l'emissione di prestiti obbligazionari si considerano impegnate
in corrispondenza e per l'ammontare del prestito sottoscritto;
d)
con entrate proprie si considerano impegnate in corrispondenza
e per l'ammontare delle entrate accertate.
Si
considerano, altresì, impegnati gli stanziamenti per spese correnti
e per spese di investimento correlati ad accertamenti di entrate
aventi destinazione vincolata per legge.
6.
Possono essere assunti impegni di spesa sugli esercizi successivi,
compresi nel bilancio pluriennale, nel limite delle previsioni
nello stesso comprese.
7.
Per le spese che per la loro particolare natura hanno durata superiore
a quella del bilancio pluriennale e per quelle determinate che
iniziano dopo il periodo considerato dal bilancio pluriennale
si tiene conto nella formazione dei bilanci seguenti degli impegni
relativi, rispettivamente, al periodo residuale ed al periodo
successivo.
8.
Gli atti di cui ai commi 3, 5 e 6 sono trasmessi in copia al servizio
finanziario dell'ente, nel termine e con le modalità previste
dal regolamento di contabilità.
9.
Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali
i responsabili dei servizi assumono atti di impegno. A tali atti,
da definire «determinazioni» e da classificarsi con sistemi di
raccolta che individuano la cronologia degli atti e l'ufficio
di provenienza, si applicano, in via preventiva, le procedure
di cui all'art. 151, comma 4.
Articolo
184
Liquidazione
della spesa.
1.
La liquidazione costituisce la successiva fase, del procedimento
di spesa attraverso la quale, in base ai documenti ed ai titoli
atti a comprovare il diritto acquisito del creditore, si determina
la somma certa e liquida da pagare nei limiti dell'ammontare dell'impegno
definitivo assunto.
2.
La liquidazione compete all'ufficio che ha dato esecuzione al
provvedimento di spesa ed è disposta sulla base della documentazione
necessaria a comprovare il diritto del creditore, a seguito del
riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della prestazione
e sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi,
ai termini ed alle condizioni pattuite.
3.
L'atto di liquidazione, sottoscritto dal responsabile del servizio
proponente, con tutti i relativi documenti giustificativi ed i
riferimenti contabili è trasmesso al servizio finanziario per
i conseguenti adempimenti.
4.
Il servizio finanziario effettua, secondo i princìpi e le procedure
della contabilità pubblica, i controlli e riscontri amministrativi,
contabili e fiscali sugli atti di liquidazione.
Articolo
185
Ordinazione
e pagamento.
1.
L'ordinazione consiste nella disposizione impartita, mediante
il mandato di pagamento, al tesoriere dell'ente locale di provvedere
al pagamento delle spese.
2.
Il mandato di pagamento è sottoscritto dal dipendente dell'ente
individuato dal regolamento di contabilità nel rispetto delle
leggi vigenti e contiene almeno i seguenti elementi:
a)
il numero progressivo del mandato per esercizio finanziario;
b)
la data di emissione;
c)
l'intervento o il capitolo per i servizi per conto di terzi sul
quale la spesa è allocata e la relativa disponibilità distintamente
per competenza o residui;
d)
la codifica;
e)
l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa
del soggetto tenuto a rilasciare quietanza, nonchè, ove richiesto,
il relativo codice fiscale o la partita IVA;
f)
l'ammontare della somma dovuta e la scadenza, qualora sia prevista
dalla legge o sia stata concordata con il creditore;
g)
la causale e gli estremi dell'atto esecutivo che legittima l'erogazione
della spesa;
h)
le eventuali modalità agevolative di pagamento se richieste dal
creditore;
i)
il rispetto degli eventuali vincoli di destinazione.
3.
Il mandato di pagamento è controllato, per quanto attiene alla
sussistenza dell'impegno e della liquidazione, dal servizio finanziario,
che provvede altresì alle operazioni di contabilizzazione e di
trasmissione al tesoriere.
4.
Il tesoriere effettua i pagamenti derivanti da obblighi tributari,
da somme iscritte a ruolo, da delegazioni di pagamento, e da altri
obblighi di legge, anche in assenza della preventiva emissione
del relativo mandato di pagamento. Entro quindici giorni e comunque
entro il termine del mese in corso l'ente locale emette il relativo
mandato ai fini della regolarizzazione.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
III
Risultato
di amministrazione e residui.
Articolo
186
Risultato
contabile di amministrazione.
1.
Il risultato contabile di amministrazione è accertato con l'approvazione
del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso ed è pari al fondo
di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui
passivi.
Articolo
187
Avanzo
di amministrazione.
1.
L'avanzo di amministrazione è distinto in fondi non vincolati,
fondi vincolati, fondi per finanziamento spese in conto capitale
e fondi di ammortamento.
2.
L'eventuale avanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'art.
186 può essere utilizato:
a)
per il reinvestimento delle quote accantonate per ammortamento,
provvedendo, ove l'avanzo non sia sufficiente, ad applicare nella
parte passiva del bilancio un importo pari alla differenza;
b)
per la copertura dei debiti fuori bilancio riconoscibili a norma
dell'art. 194;
c)
per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri
di bilancio di cui all'art. 193 ove non possa provvedersi con
mezzi ordinari, per il finanziamento delle spese di funzionamento
non ripetitive in qualsiasi periodo dell'esercizio e per le altre
spese correnti solo in sede di assestamento;
d)
per il finanziamento di spese di investimento.
3.
Nel corso dell'esercizio al bilancio di previsione può essere
applicato, con delibera di variazione, l'avanzo di amministrazione
presunto derivante dall'esercizio immediatamente precedente con
la finalizzazione di cui alle lettere a),
b) e c) del comma
2. Per tali fondi l'attivazione delle spese può avvenire solo
dopo l'approvazione del conto consuntivo dell'esercizio precedente,
con eccezione dei fondi, contenuti nell'avanzo, aventi specifica
destinazione e derivanti da accantonamenti effettuati con l'ultimo
consuntivo approvato, i quali possono essere immediatamente attivati.
Articolo
188
Disavanzo
di amministrazione.
1.
L'eventuale disavanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'art.
186, è applicato al bilancio di previsione nei modi e nei termini
di cui all'art. 193, in aggiunta alle quote di ammortamento accantonate
e non disponibili nel risultato contabile di amministrazione.
Articolo
189
Residui
attivi.
1.
Costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse
entro il termine dell'esercizio.
2.
Sono mantenute tra i residui dell'esercizio esclusivamente le
entrate accertate per le quali esiste un titolo giuridico che
costituisca l'ente locale creditore della correlativa entrata.
3.
Alla chiusura dell'esercizio costituiscono residui attivi le somme
derivanti da mutui per i quali è intervenuta la concessione definitiva
da parte della Cassa depositi e prestiti o degli Istituti di previdenza
ovvero la stipulazione del contratto per i mutui concessi da altri
Istituti di credito.
4.
Le somme iscritte tra le entrate di competenza e non accertate
entro il termine dell'esercizio costituiscono minori accertamenti
rispetto alle previsioni e, a tale titolo, concorrono a determinare
i risultati finali della gestione.
Articolo
190
Residui
passivi.
1.
Costituiscono residui passivi le somme impegnate e non pagate
entro il termine dell'esercizio.
2.
E' vietata la conservazione nel conto dei residui di somme non
impegnate ai sensi dell'art. 183.
3.
Le somme non impegnate entro il termine dell'esercizio costituiscono
economia di spesa e, a tale titolo, concorrono a determinare i
risultati finali della gestione.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
IV
Princìpi
di gestione e controllo di gestione.
Articolo
191
Regole
per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese.
1.
Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno
contabile registrato sul competente intervento o capitolo del
bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria
di cui all'art. 153, comma 5. Il responsabile del servizio, conseguita
l'esecutività del provvedimento di spesa, comunica al terzo interessato
l'impegno e la copertura finanziaria contestualmente all'ordinazione
della prestazione, con l'avvertenza che la successiva fattura
deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione.
Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato,
in mancanza della comunicazione, ha facoltà di non eseguire la
prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati.
2.
Per le spese previste dai regolamenti economali l'ordinazione
fatta a terzi contiene il riferimento agli stessi regolamenti,
all'intervento o capitolo di bilancio ed all'impegno.
3.
Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi
di un evento eccezionale o imprevedibile, l'ordinazione fatta
a terzi è regolarizzata, a pena di decadenza entro trenta giorni
e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data
non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo
interessato è data contestualmente alla regolarizzazione.
4.
Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in
violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto
obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per
la parte non riconoscibile ai sensi dell'art. 194, comma 1, lettera
e), tra il privato fornitore e l'amministratore,
funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per
le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende
a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni.
5.
Agli enti locali che presentino, nell'ultimo rendiconto deliberato,
disavanzo di amministrazione ovvero indichino debiti fuori bilancio
per i quali non sono stati validamente adottati i provvedimenti
di cui all'art. 193, è fatto divieto di assumere impegni e pagare
spese per servizi non espressamente previsti per legge. Sono fatte
salve le spese da sostenere a fronte di impegni già assunti nei
precedenti esercizi.
Articolo
192
Determinazioni
a contrattare e relative procedure.
1.
La stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita
determinazione del responsabile del procedimento di spesa indicante:
a)
il fine che con il contratto si intende perseguire;
b)
l'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali;
c)
le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni
vigenti in materia di contratti delle pubbliche amministrazioni
e le ragioni che ne sono alla base.
2.
Si applicano, in ogni caso, le procedure previste dalla normativa
della Unione europea recepita o comunque vigente nell'ordinamento
giuridico italiano.
Articolo
193
Salvaguardia
degli equilibri di bilancio.
1.
Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni
di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti
in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento
degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal presente
testo unico.
2.
Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente
locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun
anno, l'organo consiliare provvede con delibera ad effettuare
la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale
sede l'organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri
generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta
contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli
eventuali debiti di cui all'art. 194, per il ripiano dell'eventuale
disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato
e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere
un disavanzo, di amministrazione o di gestione, per squilibrio
della gestione di competenza ovvero della gestione dei residui,
adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio. La deliberazione
è allegata al rendiconto dell'esercizio relativo.
3.
Ai fini del comma 2 possono essere utilizzate per l'anno in corso
e per i due successivi tutte le entrate e le disponibilità ad
eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e
di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonchè i proventi
derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili.
4.
La mancata adozione, da parte dell'ente, dei provvedimenti di
riequilibrio previsti dal presente articolo è equiparata ad ogni
effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di
cui all'art. 141, con applicazione della procedura prevista dal
comma 2 del medesimo articolo.
Articolo
194
Riconoscimento
di legittimità di debiti fuori bilancio.
1.
Con deliberazione consiliare di cui all'art. 193, comma 2, o con
diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità,
gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio
derivanti da:
a)
sentenze esecutive;
b)
copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni,
nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o
atti costitutivi, purchè sia stato rispettato l'obbligo di pareggio
del bilancio di cui all'art. 114 ed il disavanzo derivi da fatti
di gestione;
c)
ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice
civile o da norme speciali, di società di capitali costituite
per l'esercizio di servizi pubblici locali:
d)
procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di
pubblica utilità;
e)
acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di
cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 191, nei limiti degli accertati
e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
2.
Per il pagamento, l'ente può provvedere anche mediante un piano
di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso
quello in corso, convenuto con i creditori.
3.
Per il finanziamento delle spese suddette, ove non possa documentalmente
provvedersi a norma dell'art. 193, comma 3, l'ente locale può
far ricorso a mutui ai sensi degli articoli 202 e seguenti. Nella
relativa deliberazione consiliare viene dettagliatamente motivata
l'impossibilità di utilizzare altre risorse.
Articolo
195
Utilizzo
di entrate a specifica destinazione.
1.
Gli enti locali, ad eccezione degli enti in stato di dissesto
finanziario sino all'emanazione del decreto di cui all'art. 261,
comma 3, possono disporre l'ulilizzo, in termini di cassa, di
entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di
spese correnti, anche se provenienti dall'assunzione di mutui
con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo
non superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi
dell'art. 222.
2.
L'utilizzo di somme a specifica destinazione presuppone l'adozione
della deliberazione della giunta relativa all'anticipazione di
tesoreria di cui all'art. 222, comma 1, e viene deliberato in
termini generali all'inizio di ciascun esercizio ed è attivato
dal tesoriere su specifiche richieste del servizio finanziario
dell'ente.
3.
Il ricorso all'utilizzo delle somme a specifica destinazione,
secondo le modalità di cui ai commi 1 e 2, vincola una quota corrispondente
dell'anticipazione di tesoreria. Con i primi introiti non soggetti
a vincolo di destinazione viene ricostituita la consistenza delle
somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di
spese correnti.
4.
Gli enti locali che hanno deliberato alienazioni del patrimonio
ai sensi dell'art. 193 possono, nelle more del perfezionamento
di tali atti, utilizzare in termini di cassa le somme a specifica
destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del
settore pubblico allargato e del ricavato dei mutui e dei prestiti,
con obbligo di reintegrare le somme vincolate con il ricavato
delle alienazioni.
Articolo
196
Controllo
di gestione.
1.
Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati,
la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità
ed il buon andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza
dell'azione amministrativa, gli enti locali applicano il controllo
di gestione secondo le modalità stabilite dal presente titolo,
dai propri statuti e regolamenti di contabilità.
2.
Il controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo
stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso
l'analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi
e la quantità dei servizi offerti, la funzionalità dell'organizzazione
dell'ente, l'efficacia, l'efficienza ed il livello di economicità
nell'attività di realizzazione dei predetti obiettivi.
Articolo
197
Modalità
del controllo di gestione.
1.
Il controllo di gestione, di cui all'art. 147, comma 1, lettera
b), ha per oggetto l'intera attività amministrativa
e gestionale delle province, dei comuni, delle Comunità montane,
delle unioni dei comuni e delle città metropolitane ed è svolto
con una cadenza periodica definita dal regolamento di contabilità
dell'ente.
2.
Il controllo di gestione si articola almeno in tre fasi:
a)
predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi;
b)
rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi nonchè rilevazione
dei risultati raggiunti;
c)
valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi
al fine di verificare il loro stato di attuazione e di misurare
l'efficacia, l'efficienza ed il grado di economicità dell'azione
intrapresa.
3.
Il controllo di gestione è svolto in riferimento ai singoli servizi
e centri di costo, ove previsti, verificando in maniera complessiva
e per ciascun servizio i mezzi finanziari acquisiti, i costi dei
singoli fattori produttivi, i risultati qualitativi e quantitativi
ottenuti e, per i servizi a carattere produttivo, i ricavi.
4.
La verifica dell'efficacia, dell'efficienza e della economicità
dell'azione amministrativa è svolta rapportando le risorse acquisite
ed i costi dei servizi, ove possibile per unità di prodotto, ai
dati rusultanti dal rapporto annuale sui parametri gestionali
dei servizi degli enti locali di cui all'art. 228, comma 7.
Articolo
198
Referto
del controllo di gestione.
1.
La struttura operativa alla quale è assegnata la funzione del
controllo di gestione fornisce le conclusioni del predetto controllo
agli amministratori ai fini della verifica dello stato di attuazione
degli obiettivi programmati ed ai responsabili dei servizi affinchè
questi ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento
della gestione dei servizi di cui sono responsabili.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
IV
Capo
I
Articolo
199
Fonti
di finanziamento.
1.
Per l'attivazione degli investimenti gli enti locali possono utilizzare:
a)
entrate correnti destinate per legge agli investimenti;
b)
avanzi di bilancio, costituiti da eccedenze di entrate correnti
rispetto alle spese correnti aumentate delle quote capitali di
ammortamento dei prestiti;
c)
entrate derivanti dall'alienazione di beni e diritti patrimoniali,
riscossioni di crediti, proventi da concessioni edilizie e relative
sanzioni;
d)
entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato,
delle regioni, da altri interventi pubblici e privati finalizzati
agli investimenti, da interventi finalizzati da parte di organismi
comunitari e internazionali;
e)
avanzo di amministrazione, nelle forme disciplinate dall'art.
187;
f)
mutui passivi;
g)
altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla
legge.
Articolo
200
Programmazione
degli investimenti.
1.
Per tutti gli investimenti degli enti locali, comunque finanziati,
l'organo deliberante, nell'approvare il progetto od il piano esecutivo
dell'investimento, dà atto della copertura delle maggiori spese
derivanti dallo stesso nel bilancio pluriennale originario, eventualmente
modificato dall'organo consiliare, ed assume impegno di inserire
nei bilanci pluriennali successivi le ulteriori o maggiori previsioni
di spesa relative ad esercizi futuri, delle quali è redatto apposito
elenco.
Articolo
201
Finanziamento
di opere pubbliche e piano economico-finanziario.
1.
Gli enti locali e le aziende speciali sono autorizzate ad assumere
mutui, anche se assistiti da contributi dello Stato o delle regioni,
per il finanziamento di opere pubbliche destinate all'esercizio
di servizi pubblici, soltanto se i contratti di appalto sono realizzati
sulla base di progetti «chiavi in mano» ed a prezzo non modificabile
in aumento, con procedura di evidenza pubblica e con esclusione
della trattativa privata.
2.
Per le nuove opere di cui al comma 1 il cui progetto generale
comporti una spesa superiore al miliardo di lire, gli enti di
cui al comma 1 approvano un piano economico-finanziario diretto
ad accertare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento
e della connessa gestione, anche in relazione agli introiti previsti
ed al fine della determinazione delle tariffe.
3.
(Omissis). (1)
4.
Le tariffe dei servizi pubblici di cui al comma 1 sono determinati
in base ai seguenti criteri:
a)
la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la
integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento
tecnico finanziario;
b)
l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale
investito;
c)
l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche
degli investimenti e della qualità del servizio.
(1)
Comma abrogato dall'art. 1, comma 4-ter, del d.l. 27 dicembre
2000, n. 392, conv., con modificazioni in l. 28 febbraio 2001,
n. 26.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
II
Fonti
di finanziamento mediante indebitamento.
Articolo
202
Ricorso
all'indebitamento.
1.
Il ricorso all'indebitamento da parte degli enti locali è ammesso
esclusivamente nelle forme previste dalle leggi vigenti in materia
e per la realizzazione degli investimenti. Può essere fatto ricorso
a mutui passivi per il finanziamento dei debiti fuori bilancio
di cui all'art. 194 e per altre destinazioni di legge.
2.
Le relative entrate hanno destinazione vincolata.
Articolo
203
Attivazione
delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento.
1.
Il ricorso all'indebitamento è possibile solo se sussistono le
seguenti condizioni:
a)
avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo
anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso
a forme di indebitamento;
b)
avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse
le relative previsioni.
2.
Ove nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi
investimenti o variare quelli già in atto, l'organo consiliare
adotta apposita variazione al bilancio annuale, fermo restando
l'adempimento degli obblighi di cui al comma 1. Constestualmente
modifica il bilancio pluriennale e la relazione previsionale e
programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento
e per la copertura delle spese di gestione.
Articolo
204
Regole
particolari per l'assunzione di mutui.
1.
Oltre al rispetto delle condizioni di cui all'art. 203, l'ente
locale può assumere nuovi mutui solo se l'importo annuale degli
interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti,
a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi ed
a quello derivante da garanzie prestate ai sensi dell'art. 207,
al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi,
non supera il 25 per cento delle entrate relative ai primi tre
titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente
quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui. Per le Comunità
montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate. Per
gli enti locali di nuova istituzione si fa riferimento, per i
primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari del bilancio
di previsione. (1)
2.
I contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti,
dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione
pubblica e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena
di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le
seguenti clausole e condizioni:
a)
l'ammortamento non può avere durata inferiore a dieci anni;
b)
la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al primo gennaio
dell'anno successivo a quello della stipula del contratto; a richiesta
dell'ente mutuatario, gli istituti di credito abilitati sono tenuti,
anche in deroga ai loro statuti, a far decorrere l'ammortamento
dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui
è avvenuta la stipula del contratto;
c)
la rata di ammortamento deve essere comprensiva sin dal primo
anno, della quota capitale e della quota interessi;
d)
unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono
devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento,
gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti
dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della
prima rata. Qualora l'ammortamento del mutuo decorra dal primo
gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta
la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono
calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta della
somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati
dall'ente mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre successivo;
e)
deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il
mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento,
dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo
o esecutivo, secondo le norme vigenti;
f)
deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse
applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro
del tesoro, bilancio e programmazione economica con proprio decreto.
3.
L'ente mutuatario utilizza il ricavato del mutuo sulla base dei
documenti giustificativi della spesa ovvero sulla base di stati
di avanzamento dei lavori. Ai relativi titoli di spesa è data
esecuzione dai tesorieri solo se corredati di una dichiarazione
dell'ente locale che attesti il rispetto delle predette modalità
di utilizzo.
(1)
Comma modificato dall'art. 27, comma 7, l. 28 dicembre 2001,
n. 448.
Articolo
205
Attivazione
di prestiti obbligazionari.
1.
Gli enti locali sono autorizzati ad attivare prestiti obbligazionari
nelle forme consentite dalla legge.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
III
Garanzie
per mutui e prestiti.
Articolo
206
Delegazione
di pagamento.
1.
Quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui
e dei prestiti gli enti locali possono rilasciare delegazione
di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli
del bilancio annuale. Per le Comunità montane il riferimento va
fatto ai primi due titoli dell'entrata.
2.
L'atto di delega, non soggetto ad accettazione, è notificato al
tesoriere da parte dell'ente locale e costituisce titolo esecutivo.
Articolo
207
Fideiussione.
1.
I comuni, le province e le città metropolitane possono rilasciare
a mezzo di deliberazione consiliare garanzia fideiussoria per
l'assunzione di mutui destinati ad investimenti e per altre operazioni
di indebitamento da parte di aziende da essi dipendenti, da consorzi
cui partecipano nonchè dalle comunità montane di cui fanno parte.
2.
La garanzia fideiussoria può essere inoltre rilasciata a favore
della società di capitali, costituite ai sensi dell'art. 113,
comma 1, lettera e), per l'assunzione
di mutui destinati alla realizzazione delle opere di cui all'art.
116, comma 1. In tali casi i comuni, le province e le città metropolitane
rilasciano la fideiussione limitatamente alle rate di ammortamento
da corrispondersi da parte della società sino al secondo esercizio
finanziario successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera
ed in misura non superiore alla propria quota percentuale di partecipazione
alla società.
3.
La garanzia fideiussoria può essere rilasciata anche a favore
di terzi per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione
o alla ristrutturazione di opere a fini culturali, sociali o sportivi,
su terreni di proprietà dell'ente locale, purchè siano sussistenti
le seguenti condizioni:
a)
il progetto sia stato approvato dall'ente locale e sia stata stipulata
una convenzione con il soggetto mutuatario che regoli la possibilità
di utilizzo delle strutture in funzione delle esigenze della collettività
locale;
b)
la struttura realizzata sia acquisita al patrimonio dell'ente
al termine della concessione;
c)
la convenzione regoli i rapporti tra ente locale e mutuatario
nel caso di rinuncia di questi alla realizzazione o ristrutturazione
dell'opera.
4.
Gli interessi annuali relativi alle operazioni di indebitamento
garantite con fideiussione concorrono alla formazione del limite
di cui al comma 1 dell'art. 204 e non possono impegnare più di
un quinto di tale limite.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
V
Capo
I
Articolo
208
Soggetti
abilitati a svolgere il servizio di tesoreria.
Gli
enti locali hanno un servizio di tesoreria che può essere affidato:
a)
per i comuni capoluoghi di provincia, le province, le città metropolitane,
ad una banca autorizzata a svolgere l'attività di cui all'art.
10 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;
b)
per i comuni non capoluoghi di provincia le Comunità montane e
le unioni di comuni, anche a società per azioni regolarmente costituite
con capitale sociale interamente versato non inferiore a lire
1 miliardo, aventi per oggetto la gestione del servizio di tesoreria
e la riscossione dei tributi degli enti locali e che alla data
del 25 febbraio 1995 erano incaricate dello svolgimento del medesimo
servizio a condizione che il capitale sociale risulti adeguato
a quello minimo richiesto dalla normativa vigente per le banche
di credito cooperativo; (1)
c)
altri soggetti abilitati per legge.
(1)
Lettera modificata dall'art. 1, comma 4-bis, del d.l. 27 dicembre
2000, n. 392, conv., con modificazioni in l. 28 febbraio 2001,
n. 26.
Articolo
209
Oggetto
del servizio di tesoreria.
1.
Il servizio di tesoreria consiste nel complesso di operazioni
legate alla gestione finanziaria dell'ente locale e finalizzate
in particolare alla riscossione delle entrate, al pagamento delle
spese, alla custodia di titoli e valori ed agli adempimenti connessi
previsti dalla legge, dallo statuto, dai regolamenti dell'ente
o da norme pattizie.
2.
Il tesoriere esegue le operazioni di cui al comma 1 nel rispetto
della legge 29 ottobre 1984, n. 720 e successive modificazioni.
3.
Ogni deposito, comunque costituito, è intestato all'ente locale
e viene gestito dal tesoriere.
Articolo
210
Affidamento
del servizio di tesoreria.
1.
L'affidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure
ad evidenza pubblica stabilite nel regolamento di contabilità
di ciascun ente, con modalità che rispettino i princìpi della
concorrenza. Qualora ricorrano le condizioni di legge, l'ente
può procedere, per non più di una volta, al rinnovo del contratto
di tesoreria nei confronti del medesimo soggetto.
2.
Il rapporto viene regolato in base ad una convenzione deliberata
dall'organo consiliare dell'ente.
Articolo
211
Responsabilità
del tesoriere.
1.
Per eventuali danni causati all'ente affidante o a terzi il tesoriere
risponde con tutte le proprie attività e con il proprio patrimonio.
2.
Il tesoriere è responsabile di tutti i depositi, comunque costituiti,
intestati all'ente.
Articolo
212
Servizio
di tesoreria svolto per più enti locali.
1.
I soggetti di cui all'art. 208 che gestiscono il servizio di tesoreria
per conto di più enti locali devono tenere contabilità distinte
e separate per ciascuno di essi.
Articolo
213
Gestione
informatizzata del servizio di tesoreria.
1.
Qualora l'organizzazione dell'ente e del tesoriere lo consentano
il servizio di tesoreria viene gestito con metodologie e criteri
informatici, con collegamento diretto tra il servizio finanziario
dell'ente ed il tesoriere, al fine di consentire l'interscambio
dei dati e della documentazione relativi alla gestione del servizio.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
II
Riscossione
delle entrate.
Articolo
214
Operazioni
di riscossione.
1.
Per ogni somma riscossa il tesoriere rilascia quietanza numerata
in ordine cronologico per esercizio finanziario.
Articolo
215
Procedure
per la registrazione delle entrate.
1.
Il regolamento di contabilità dell'ente stabilisce le procedure
per la fornitura dei modelli e per la registrazione delle entrate;
disciplina, altresì le modalità per la comunicazione delle operazioni
di riscossione eseguite, nonchè la relativa prova documentale.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
III
Articolo
216
Condizioni
di legittimità dei pagamenti effettuati dal tesoriere.
1.
I pagamenti possono avere luogo solo se i mandati risultano emessi
entro i limiti dei rispettivi interventi stanziati in bilancio
o dei capitoli per i servizi per conto di terzi. A tal fine l'ente
trasmette al tesoriere il bilancio di previsione approvato nonchè
tutte le delibere di variazione e di prelevamento di quote del
fondo di riserva debitamente esecutive.
2.
Nessun mandato di pagamento può essere estinto dal tesoriere se
privo della codifica.
3.
Il tesoriere provvede all'estinzione dei mandati di pagamento
emessi in conto residui passivi solo ove gli stessi trovino riscontro
nell'elenco dei residui sottoscritto dal responsabile del servizio
finanziario e consegnato al tesoriere.
Articolo
217
Estinzione
dei mandati di pagamento.
1.
L'estinzione dei mandati da parte del tesoriere avviene nel rispetto
della legge e secondo le indicazioni fornite dall'ente, con assunzione
di responsabilità da parte del tesoriere, che ne risponde con
tutto il proprio patrimonio sia nei confronti dell'ente locale
ordinante sia dei terzi creditori, in ordine alla regolarità delle
operazioni di pagamento eseguite.
Articolo
218
Annotazione
della quietanza.
1.
Il tesoriere annota gli estremi della quietanza direttamente sul
mandato o su documentazione meccanografica da consegnare all'ente,
unitamente ai mandati pagati in allegato al proprio rendiconto.
2.
Su richiesta dell'ente locale il tesoriere fornisce gli estremi
di qualsiasi operazione di pagamento eseguita nonchè la relativa
prova documentale.
Articolo
219
Mandati
non estinti al termine dell'esercizio.
1.
I mandati interamente o parzialmente non estinti alla data del
31 dicembre sono eseguiti mediante commutazione in assegni postali
localizzati o con altri mezzi equipollenti offerti dal sistema
bancario o postale.
Articolo
220
Obblighi
del tesoriere per le delegazioni di pagamento.
1.
A seguito della notifica degli atti di delegazione di pagamento
di cui all'art. 206 il tesoriere è tenuto a versare l'importo
dovuto ai creditori alle scadenze prescritte, con comminatoria
dell'indennità di mora in caso di ritardato pagamento.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
IV
Articolo
221
Gestione
di titoli e valori.
1.
I titoli di proprietà dell'ente, ove consentito dalla legge, sono
gestiti dal tesoriere con versamento delle cedole nel conto di
tesoreria alle loro rispettive scadenze.
2.
Il tesoriere provvede anche alla riscossione dei depositi effettuati
da terzi per spese contrattuali, d'asta e cauzionali a garanzia
degli impegni assunti, previo rilascio di apposita ricevuta, diversa
dalla quietanza di tesoreria, contenente tutti gli estremi identificativi
dell'operazione.
3.
Il regolamento di contabilità dell'ente locale definisce le procedure
per i prelievi e per le restituzioni.
Articolo
222
Anticipazioni
di tesoreria.
1.
Il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione
della giunta, concede allo stesso anticipazioni di tesoreria,
entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate
nel penultimo anno precedente, afferenti per i comuni, le province,
le città metropolitane e le unioni di comuni ai primi tre titoli
di entrata del bilancio e per le Comunità montane ai primi due
titoli.
2.
Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo
utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione
di cui all'art. 210.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
V
Adempimenti
e verifiche contabili.
Articolo
223
Verifiche
ordinarie di cassa.
1.
L'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente provvede
con cadenza trimestrale alla verifica ordinaria di cassa, alla
verifica della gestione del servizio di tesoreria e di quello
degli altri agenti contabili di cui all'art. 233.
2.
Il regolamento di contabilità può prevedere autonome verifiche
di cassa da parte dell'amministrazione dell'ente.
Articolo
224
Verifiche
straordinarie di cassa.
1.
Si provvede a verifica straordinaria di cassa a seguito del mutamento
della persona del sindaco, del presidente della provincia, del
sindaco metropolitano e del presidente della Comunità montana.
Alle operazioni di verifica intervengono gli amministratori che
cessano dalla carica e coloro che la assumono, nonchè il segretario,
il responsabile del servizio finanziario e l'organo di revisione
dell'ente.
Articolo
225
Obblighi
di documentazione e conservazione.
1.
Il tesoriere è tenuto, nel corso dell'esercizio, ai seguenti adempimenti:
a)
aggiornamento e conservazione del giornale di cassa;
b)
conservazione del verbale di verifica di cassa di cui agli articoli
223 e 224;
c)
conservazione delle rilevazioni periodiche di cassa previste dalla
legge.
2.
Le modalità e la periodicità di trasmissione della documentazione
di cui al comma 1 sono fissate nella convenzione.
Articolo
226
Conto
del tesoriere.
1.
Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario,
il tesoriere, ai sensi dell'art. 93, rende all'ente locale il
conto della propria gestione di cassa il quale lo trasmette alla
competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro
60 giorni dall'approvazione del rendiconto.
2.
Il conto del tesoriere è redatto su modello approvato col regolamento
di cui all'art. 160. Il tesoriere allega al conto la seguente
documentazione:
a)
gli allegati di svolgimento per ogni singola risorsa di entrata,
per ogni singolo intervento di spesa nonchè per ogni capitolo
di entrata e di spesa per i servizi per conto di terzi;
b)
gli ordinativi di riscossione e di pagamento;
c)
la parte delle quietanze originali rilasciate a fronte degli ordinativi
di riscossione e di pagamento o, in sostituzione, i documenti
meccanografici contenenti gli estremi delle medesime;
d)
eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
VI
Rilevazione
e dimostrazione dei risultati di gestione.
Articolo
227
Rendiconto
della gestione.
1.
La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante il
rendiconto, il quale comprende il conto del bilancio, il conto
economico ed il conto del patrimonio.
2.
Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare dell'ente entro
il 30 giugno dell'anno successivo, tenuto motivatamente conto
della relazione dell'organo di revisione. La proposta è messa
a disposizione dei componenti dell'organo consiliare prima dell'inizio
della sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto
entro un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal
regolamento. Il rendiconto deliberato è inviato all'organo regionale
di controllo ai sensi e con le modalità di cui all'art. 133.
3.
Per le province, le città metropolitane, i comuni con popolazione
superiore ad 8.000 abitanti e quelli i cui rendiconti si chiudono
in disavanzo ovvero rechino la indicazione di debiti fuori bilancio,
il rendiconto è presentato alla Sezione enti locali della Corte
dei conti per il referto di cui all'art. 13 del decreto-legge
22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla
legge 26 febbraio 1982, n. 51 e successive modifiche ed integrazioni.
4.
Ai fini del referto di cui all'art. 3, commi 4 e 7, della legge
14 gennaio 1994, n. 20, e del consolidamento dei conti pubblici,
la Sezione enti locali potrà richiedere i rendiconti di tutti
gli altri enti locali.
5.
Sono allegati al rendiconto:
a)
la relazione dell'organo esecutivo di cui all'art. 151, comma
6;
b)
la relazione dei revisori dei conti di cui all'art. 239, comma
1, lettera d);
c)
l'elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di provenienza.
6.
Gli enti locali di cui all'articolo 2 inviano telematicamente
alle Sezioni enti locali il rendiconto completo di allegati, le
informazioni relative al rispetto del patto di stabilità interno,
nonché i certificati del conto preventivo e consuntivo. Tempi,
modalità e protocollo di comunicazione per la trasmissione telematica
dei dati sono stabiliti con decreto di natura non regolamentare
del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia
e delle finanze, sentite la Conferenza Stato, città e autonomie
locali e la Corte dei conti. (1)
(1)
Comma prima sostituito dall'art. 28, comma 6, L. 27 dicembre
2002, n. 289 e poi così modificato dall'art. 1-quater, D.L.
31 marzo 2003, n. 50, nel testo integrato dalla relativa legge
di conversione. Vedi, anche, il comma 7 del suddetto articolo
28.
Articolo
228
Conto
del bilancio.
1.
Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione
autorizzatoria contenuta nel bilancio annuale rispetto alle previsioni.
2.
Per ciascuna risorsa dell'entrata e per ciascun intervento della
spesa, nonchè per ciascun capitolo dei servizi per conto di terzi,
il conto del bilancio comprende, distintamente per residui e competenza:
a)
per l'entrata le somme accertate, con distinzione della parte
riscossa e di quella ancora da riscuotere;
b)
per la spesa le somme impegnate, con distinzione della parte pagata
e di quella ancora da pagare.
3.
Prima dell'inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi
e passivi l'ente locale provvede all'operazione di riaccertamento
degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento
in tutto od in parte dei residui.
4.
Il conto del bilancio si conclude con la dimostrazione del risultato
contabile di gestione e con quello contabile di amministrazione,
in termini di avanzo, pareggio o disavanzo.
5.
Al conto del bilancio sono annesse la tabella dei parametri di
riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la tabella
dei parametri gestionali con andamento triennale. Le tabelle sono
altresì allegate al certificato del rendiconto.
6.
Ulteriori parametri di efficacia ed efficienza contenenti indicazioni
uniformi possono essere individuati dal regolamento di contabilità
dell'ente locale.
7.
Il Ministero dell'interno pubblica un rapporto annuale, con rilevazione
dell'andamento triennale a livello di aggregati, sui parametri
gestionali dei servizi degli enti locali indicati nella apposita
tabella di cui al comma 5. I parametri a livello aggregato risultanti
dal rapporto sono resi disponibili mediante pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
8.
I modelli relativi al conto del bilancio e le tabelle di cui al
comma 5 sono approvati con il regolamento di cui all'art. 160.
Articolo
229
Conto
economico.
1.
Il conto economico evidenzia i componenti positivi e negativi
dell'attività dell'ente secondo criteri di competenza economica.
Comprende gli accertamenti e gli impegni del conto del bilancio,
rettificati al fine di costituire la dimensione finanziaria dei
valori economici riferiti alla gestione di competenza, le insussistenze
e sopravvenienze derivanti dalla gestione dei residui e gli elementi
economici non rilevati nel conto del bilancio.
2.
Il conto economico è redatto secondo uno schema a struttura scalare,
con le voci classificate secondo la loro natura e con la rilevazione
di risultati parziali e del risultato economico finale.
3.
Costituiscono componenti positivi del conto economico i tributi,
i trasferimeni correnti, i proventi dei servizi pubblici, i proventi
derivanti dalla gestione del patrimonio, i proventi finanziari,
le insussistenze del passivo, le sopravvenienze attive e le plusvalenze
da alienazioni. E' espresso, ai fini del pareggio, il risultato
economico negativo.
4.
Gli accertamenti finanziari di competenza sono rettificati, al
fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici
positivi, rilevando i seguenti elementi:
a)
i risconti passivi ed i ratei attivi;
b)
le variazioni in aumento o in diminuzione delle rimanenze;
c)
i costi capitalizzati costituiti dai costi sostenuti per la produzione
in economia di valori da porre, dal punto di vista economico,
a carico di diversi esercizi;
d)
le quote di ricavi già inserite nei risconti passivi di anni precedenti;
e)
le quote di ricavi pluriennali pari agli accertamenti degli introiti
vincolati;
f)
imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime
di impresa.
5.
Costituiscono componenti negativi del conto economico l'acquisto
di materie prime e dei beni di consumo, la prestazione di servizi,
l'utilizzo di beni di terzi, le spese di personale, i trasferimenti
a terzi, gli interessi passivi e gli oneri finanziari diversi,
le imposte e tasse a carico dell'ente locale, gli oneri straordinari
compresa la svalutazione di crediti, le minusvalenze da alienazioni,
gli ammortamenti e le insussistenze dell'attivo come i minori
crediti e i minori residui attivi. E' espresso, ai fini del pareggio,
il risultato economico positivo.
6.
Gli impegni finanziari di competenza sono rettificati, al fine
di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici
negativi, rilevando i seguenti elementi:
a)
i costi di esercizi futuri, i risconti attivi ed i ratei passivi;
b)
le variazioni in aumento od in diminuzione delle rimanenze;
c)
le quote di costo già inserite nei risconti attivi degli anni
precedenti;
d)
le quote di ammortamento di beni a valenza pluriennale e di costi
capitalizzati;
e)
l'imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime
d'impresa.
7.
Gli ammortamenti compresi nel conto economico sono determinati
con i seguenti coefficienti:
a)
edifici, anche demaniali, ivi compresa la manutenzione straordinaria
al 3%;
b)
strade, ponti ed altri beni demaniali al 2%;
c)
macchinari, apparecchi, attrezzature, impianti ed altri beni mobili
al 15%;
d)
attrezzature e sistemi informatici, compresi i programmi applicativi,
al 20%;
e)
automezzi in genere, mezzi di movimentazione e motoveicoli al
20%;
f)
altri beni al 20%.
8.
Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di
conti economici di dettaglio per servizi o per centri di costo.
9.
Al conto economico è accluso un prospetto di conciliazione che,
partendo dai dati finanziari della gestione corrente del conto
del bilancio, con l'aggiunta di elementi economici, raggiunge
il risultato finale economico. I valori della gestione non corrente
vanno riferiti al patrimonio.
10.
I modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione
sono approvati con il regolamento di cui all'art. 160.
Articolo
230
Conto
del patrimonio e conti patrimoniali speciali.
1.
Il conto del patrimonio rileva i risultati della gestione patrimoniale
e riassume la consistenza del patrimonio al termine dell'esercizio,
evidenziando le variazioni intervenute nel corso dello stesso,
rispetto alla consistenza iniziale.
2.
Il patrimonio degli enti locali è costituito dal complesso dei
beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza
di ciascun ente, suscettibili di valutazione ed attraverso la
cui rappresentazione contabile ed il relativo risultato finale
differenziale è determinata la consistenza netta della dotazione
patrimoniale.
3.
Gli enti locali includono nel conto del patrimonio i beni del
demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche
proprie, in relazione alle disposizioni del codice civile.
4.
Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio,
comprensivi delle relative manutenzioni straordinarie, come segue:
a)
i beni demaniali già acquisiti all'ente alla data di entrata in
vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati
in misura pari all'ammontare del residuo debito dei mutui ancora
in estinzione per lo stesso titolo; i beni demaniali acquisiti
all'ente successivamente sono valutati al costo;
b)
i terreni già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore
del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati
al valore catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; per
i terreni già acquisiti all'ente ai quali non è possibile attribuire
la rendita catastale la valutazione si effettua con le modalità
dei beni demaniali già acquisiti all'ente; i terreni acquisiti
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo
25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al costo;
c)
i fabbricati già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore
del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati
al valore catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; i fabbricati
acquisiti successivamente sono valutati al costo;
d)
i mobili sono valutati al costo;
e)
i crediti sono valutati al valore nominale;
f)
i censi, livelli ed enfiteusi sono valutati in base alla capitalizzazione
della rendita al tasso legale;
g)
le rimanenze, i ratei ed i risconti sono valutati secondo le norme
del codice civile;
h)
i debiti sono valutati secondo il valore residuo.
5.
Gli enti locali conservano nel loro patrimonio in apposita voce
i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino
al compimento dei termini di prescrizione.
6.
Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di
un conto consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività
interne e esterne. Può anche prevedere conti patrimoniali di inizio
e fine mandato degli amministratori.
7.
Gli enti locali provvedono annualmente all'aggiornamento degli
inventari.
8.
Il regolamento di contabilità definisce le categorie di beni mobili
non inventariabili in ragione della natura di beni di facile consumo
o del modico valore.
9.
I modelli relativi al conto del patrimonio sono approvati con
il regolamento di cui all'art. 160.
Articolo
231
Relazione
al rendiconto della gestione.
1.
Nella relazione prescritta dall'art. 151, comma 6, l'organo esecutivo
dell'ente esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta
sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed
ai costi sostenuti. Evidenzia anche i criteri di valutazione del
patrimonio e delle componenti economiche. Analizza, inoltre, gli
scostamenti principali intervenuti rispetto alle previsioni, motivando
le cause che li hanno determinati.
Articolo
232
Contabilità
economica.
1.
Gli enti locali, ai fini della predisposizione del rendiconto
della gestione, adottano il sistema di contabilità che più ritengono
idoneo per le proprie esigenze.
Articolo
233
Conti
degli agenti contabili interni.
1.
Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario,
l'economo, il consegnatario di beni e gli altri soggetti di cui
all'art. 93, comma 2, rendono il conto della propria gestione
all'ente locale il quale lo trasmette alla competente sezione
giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni dall'approvazione
del rendiconto.
2.
Gli agenti contabili, a danaro e a materia, allegano al conto,
per quanto di rispettiva competenza:
a)
il provvedimento di legittimazione del contabile alla gestione;
b)
la lista per tipologie di beni;
c)
copia degli inventari tenuti dagli agenti contabili;
d)
la documentazione giustificativa della gestione;
e)
i verbali di passaggio di gestione;
f)
le verifiche ed i discarichi amministrativi e per annullamento,
variazioni e simili;
g)
eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti.
3.
Qualora l'organizzazione dell'ente locale lo consenta i conti
e le informazioni relative agli allegati di cui ai precedenti
commi sono trasmessi anche attraverso strumenti informatici, con
modalità da definire attraverso appositi protocolli di comunicazione.
4.
I conti di cui al comma 1 sono redatti su modello approvato con
il regolamento previsto dall'art. 160.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
VII
Revisione
economico-finanziaria.
Articolo
234
Organo
di revisione economico-finanziario.
1.
I consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane eleggono
con voto limitato a due componenti, un collegio di revisori composto
da tre membri.
2.
I componenti del collegio dei revisori sono scelti:
a)
uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, il quale
svolge le funzioni di presidente del collegio;
b)
uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti;
c)
uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri.
3.
Nei comuni con popolazione inferiori a 5.000 abitanti, nelle unioni
dei comuni e nelle Comunità montane la revisione economico-finanziaria
è affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale o
dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della Comunità
montana a maggioranza assoluta dei membri e scelto tra i soggetti
di cui al comma 2.
4.
Gli enti locali comunicano ai propri tesorieri i nominativi dei
soggetti cui è affidato l'incarico entro 20 giorni dall'avvenuta
esecutività della delibera di nomina.
Articolo
235
Durata
dell'incarico e cause di cessazione.
1.
L'organo di revisione contabile dura in carica tre anni a decorrere
dalla data di esecutività della delibera o dalla data di immediata
eseguibilità nell'ipotesi di cui all'art. 134, comma 3, e sono
rieleggibili per una sola vola. Ove nei collegi si proceda a sostituzione
di un singolo componente la durata dell'incarico del nuovo revisore
è limitata al tempo residuo sino alla scadenza del termine triennale,
calcolata a decorrere dalla nomina dell'intero collegio. Si applicano
le norme relative alla proroga degli organi amministrativi di
cui agli articoli 2, 3, comma 1, 4, comma 1, 5, comma 1, e 6 del
decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.
2.
Il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare
per la mancata presentazione della relazione alla proposta di
deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto
dall'art. 239, comma 1, lettera d).
3.
Il revisore cessa dall'incarico per:
a)
scadenza del mandato;
b)
dimissioni volontarie;
c)
impossibilità derivante da qualsivoglia causa a svolgere l'incarico
per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell'ente.
Articolo
236
Incompatibilità
ed ineleggibilità dei revisori.
1.
Valgono per i revisori le ipotesi di incompatibilità di cui al
primo comma dell'art. 2399 del codice civile, intendendosi per
amministratori i componenti dell'organo esecutivo dell'ente locale.
2.
L'incarico di revisione economico-finanziaria non può essere esercitato
dai componenti degli organi dell'ente locale e da coloro che hanno
ricoperto tale incarico nel biennio precedente ala nomina dai
membri dell'organo regionale di controllo, dal segretario e dai
dipendenti dell'ente locale presso cui deve essere nominato l'organo
di revisione eeonomico-finanziaria e dai dipendenti delle regioni,
delle province, delle città metropolitane, delle Comunità montane
e delle unioni di comuni relativamente agli enti locali compresi
nella circoscrizione territoriale di competenza.
3.
I componenti degli organi di revisione contabile non possono assumere
incarichi o consulenze presso l'ente locale o presso organismi
o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o
vigilanza dello stesso.
Articolo
237
Funzionamento
del collegio dei revisori.
1.
Il collegio dei revisori è validamente costituito anche nel caso
in cui siano presenti solo due componenti.
2.
Il collegio dei revisori redige un verbale delle riunioni, ispezioni,
verifiche, determinazioni e decisioni adottate.
Articolo
238
Limiti
all'affidamento di incarichi.
1.
Salvo diversa disposizione del regolamento di contabilità dell'ente
locale, ciascun revisore non può assumere complessivamente più
di otto incarichi, tra i quali non più di quattro incarichi in
comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non più di
tre in comuni con popolazione compresa tra i 5.000 ed i 99.999
abitanti e non più di uno in comune con popolazione pari o superiore
a 100.000 abitanti. Le province sono equiparate ai comuni con
popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti e le Comunità
montane ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
2.
L'affidamento dell'incarico di revisione è subordinato alla dichiarazione,
resa nelle forme di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15 e successive
modifiche ed integrazioni, con la quale il soggetto attesta il
rispetto dei limiti di cui al comma 1.
Articolo
239
Funzioni
dell'organo di revisione.
1.
L'organo di revisione svolge le seguenti funzioni:
a)
attività di collaborazione con l'organo consiliare secondo le
disposizioni dello statuto e del regolamento;
b)
pareri sulla proposta di bilancio di previsione e dei documenti
allegati e sulle variazioni di bilancio. Nei pareri è espresso
un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità
contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti
anche tenuto conto del parere espresso dal responsabile del servizio
finanziario ai sensi dell'art. 153, delle variazioni rispetto
all'anno precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarietà
strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite
all'organo consiliare tutte le misure atte ad assicurare l'attendibilità
delle impostazioni. I pareri sono obbligatori. L'organo consiliare
è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare
adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo
di revisione;
c)
vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica
della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate, all'effettuazione
delle spese, all'attività contrattuale, all'amministrazione dei
beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti
fiscali ed alla tenuta della contabilità; l'organo di revisione
svolge tali funzioni anche con tecniche motivate di campionamento;
d)
relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto
della gestione e sullo schema di rendiconto entro il termine,
previsto dal regolamento di contabilità e comunque non inferiore
a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta
approvata dall'organo esecutivo. La relazione contiene l'attestazione
sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione
nonchè rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire
efficienza, produttività ed economicità della gestione;
e)
referto all'organo consiliare su gravi irregolarità di gestione,
con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali
ove si configurino ipotesi di responsabilità;
f)
verifiche di cassa di cui all'art. 223.
2.
Al fine di garantire l'adempimento delle funzioni di cui al precedente
comma l'organo di revisione ha diritto di accesso agli atti e
documenti dell'ente e può partecipare all'assemblea dell'organo
consiliare per l'approvazione del bilancio di previsione e del
rendiconto di gestione. Può altresì partecipare alle altre assemblee
dell'organo consiliare e, se previsto dallo statuto dell'ente,
alle riunioni dell'organo esecutivo. Per consentire la partecipazione
alle predette assemblee all'organo di revisione sono comunicati
i relativi ordini del giorno. Inoltre all'organo di revisione
sono trasmessi:
a)
da parte dell'organo regionale di controllo le decisioni di annullamento
nei confronti delle delibere adottate dagli organi degli enti
locali;
b)
da parte del responsabile del servizio finanziario le attestazioni
di assenza di copertura finanziaria in ordine alle delibere di
impegni di spesa.
3.
L'organo di revisione è dotato, a cura dell'ente locale, dei mezzi
necessari per lo svolgimento dei propri compiti, secondo quanto
stabilito dallo statuto e dai regolamenti.
4.
L'organo della revisione può incaricare della collaborazione nella
propria funzione, sotto la propria responsabilità, uno o più soggetti
aventi i requisiti di cui all'art. 234, comma 2. I relativi compensi
rimangono a carico dell'organo di revisione.
5.
I singoli componenti dell'organo di revisione collegiale hanno
diritto di eseguire ispezioni e controlli individuali.
6.
Lo statuto dell'ente locale può prevedere ampliamenti delle funzioni
affidate ai revisori.
Articolo
240
Responsabilità
dell'organo di revisione.
1.
I revisori rispondono della veridicità delle loro attestazioni
e adempiono ai loro doveri con la diligenza del mandatario. Devono
inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui
hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
Articolo
241
Compenso
dei revisori.
1.
Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro
del tesoro del bilancio e della programmazione economica vengono
fissati i limiti massimi del compenso base spettante ai revisori,
da aggiornarsi triennalmente. Il compenso base è determinato in
relazione alla classe demografica ed alle spese di funzionamento
e di investimento dell'ente locale.
2.
Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale
fino al limite massimo del 20 per cento in relazione alle ulteriori
funzioni assegnate rispetto a quelle indicate nell'art. 239.
3.
Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale
quando i revisori esercitano le proprie funzioni anche nei confronti
delle istituzioni dell'ente sino al 10 per cento per ogni istituzione
e per un massimo complessivo non superiore al 30 per cento.
4.
Quando la funzione di revisione economico-finanziaria è esercitata
dal collegio dei revisori il compenso determinato ai sensi dei
commi 1, 2 e 3 è aumentato per il presidente del collegio stesso
del 50 per cento.
5.
Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante
al revisore della Comunità montana ed al revisore dell'unione
di comuni si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica,
rispettivamente, al comune totalmente montano più popoloso facente
parte della Comunità stessa ed al comune più popoloso facente
parte dell'unione.
6.
Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante
ai revisori della città metropolitana si fa riferimento, per quanto
attiene alla classe demografica, al comune capoluogo.
7.
L'ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori con
la stessa delibera di nomina.
TESTO UNICO [2/2]
Titolo
VIII
Enti
locali deficitari o dissestati (1)
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Capo
I
Enti
locali deficitari: disposizioni generali.
Articolo
242
Individuazione
degli enti locali strutturalmente deficitari e relativi controlli.
1.
Sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie
gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni
di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella, da allegare
al certificato sul rendiconto della gestione, contenente parametri
obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori deficitari.
Il certificato è quello relativo al rendiconto della gestione
del penultimo esercizio precedente quello di riferimento.
2.
Con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città
e autonomie locali, da emanare entro settembre e da pubblicare
nella Gazzetta Ufficiale, sono fissati
per il triennio successivo i parametri obiettivi, determinati
con riferimento a un calcolo di normalità dei dati dei rendiconti
dell'ultimo triennio disponibile, nonchè le modalità per la compilazione
della tabella di cui al comma 1 (1).
3.
Le norme di cui al presente capo si applicano a comuni, province
e Comunità montane (2).
(1)
In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, per
il triennio 2001-2003, il D.M. 10 giugno 2003, n. 217.
(2)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
243
Controlli
per gli enti locali strutturalmente deficitari, enti locali dissestati
ed altri enti.
1.
Gli enti locali strutturalmente deficitari, individuati ai sensi
dell'art. 242, sono soggetti al controllo centrale sulle dotazioni
organiche e sulle assunzioni di personale da parte della Commissione
per la finanza e gli organici degli enti locali. Il controllo
è esercitato prioritariamente in relazione alla verifica sulla
compatibilità finanziaria.
2.
Gli enti locali strutturalmente deficitari sono soggetti ai controlli
centrali in materia di copertura del costo di alcuni servizi.
Tali controlli verificano mediante un'apposita certificazione
che:
a)
il costo complessivo della gestione dei servizi a domanda individuale,
riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con i relativi
proventi tariffari e contributi finalizzati in misura non inferiore
al 36 per cento; a tale fine i costi di gestione degli asili nido
sono calcolati al 50 per cento del loro ammontare;
b)
il costo complessivo della gestione del servizio di acquedotto,
riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con la relativa
tariffa in misura non inferiore all'80 per cento;
c)
il costo complessivo della gestione del servizio di smaltimento
dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati, riferito ai dati
della competenza, sia stato coperto con la relativa tariffa almeno
nella misura prevista dalla legislazione vigente.
3.
I costi complessivi di gestione dei servizi di cui al comma 2,
lettere a) e b),
devono comunque comprendere gli oneri diretti e indiretti di personale,
le spese per l'acquisto di beni e servizi, le spese per i trasferimenti
e per gli oneri di ammortamento degli impianti e delle attrezzature.
Per le quote di ammortamento si applicano i coefficienti indicati
nel decreto del Ministro delle finanze in data 31 dicembre 1988
e successive modifiche o integrazioni. I coefficienti si assumono
ridotti del 50 per cento per i beni ammortizzabili acquisiti nell'anno
di riferimento. Nei casi in cui detti servizi sono forniti da
organismi di gestione degli enti locali, nei costi complessivi
di gestione sono considerati gli oneri finanziari dovuti agli
enti proprietari di cui all'art. 44 del decreto del Presidente
della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902, da versare dagli organismi
di gestione agli enti proprietari entro l'esercizio successivo
a quello della riscossione delle tariffe e della erogazione in
conto esercizio. I costi complessivi di gestione del servizio
di cui al comma 2, lettera c), sono rilevati
secondo le disposizioni vigenti in materia.
4.
Con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città
e autonomie locali, da pubblicare nella Gazzetta
Ufficiale, sono determinati i tempi e le modalità per la
presentazione e il controllo della certificazione di cui al comma
2 (1).
5.
Agli enti locali strutturalmente deficitari che, pur essendo a
ciò tenuti, non rispettano i livelli minimi di copertura dei costi
di gestione di cui al comma 2, è applicata una sanzione pari alla
perdita dell'1 per cento del contributo ordinario spettante per
l'anno per il quale si è verificata l'inadempienza, mediante trattenuta
in unica soluzione sui trasferimenti erariali spettanti per gli
anni successivi.
6.
Sono soggetti, in via provvisoria, ai controlli centrali di cui
al comma 2:
a)
gli enti locali che non presentano il certificato del rendiconto
con l'annessa tabella di cui al comma 1 dell'art. 242, sino all'avvenuta
presentazione della stessa;
b)
gli enti locali per i quali non sia intervenuta nei termini di
legge la deliberazione del rendiconto della gestione, sino all'adempimento.
7.
Gli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto finanziario
sono soggetti, per la durata del risanamento, ai controlli di
cui al comma 1, sono tenuti alla presentazione della certificazione
di cui al comma 2 e sono tenuti per i servizi a domanda individuale
al rispetto, per il medesimo periodo, del livello minimo di copertura
dei costi di gestione di cui al comma 2, lettera a)
(2).
(1)
In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il
D.M. 23 dicembre 2003.
(2)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
II
Enti
locali dissestati: disposizioni generali.
Articolo
244
Dissesto
finanziario.
1.
Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non può garantire
l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero
esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili
di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità
di cui all'art. 193, nonchè con le modalità di cui all'art. 194
per le fattispecie ivi previste.
2.
Le norme sul risanamento degli enti locali dissestati si applicano
solo a province e comuni (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
245
Soggetti
della procedura di risanamento.
1.
Soggetti della procedura di risanamento sono l'organo straordinario
di liquidazione e gli organi istituzionali dell'ente.
2.
L'organo straordinario di liquidazione provvede al ripiano dell'indebitamento
pregresso con i mezzi consentiti dalla legge.
3.
Gli organi istituzionali dell'ente assicurano condizioni stabili
di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali
che hanno determinato il dissesto (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350 (1).
Articolo
246
Deliberazione
di dissesto.
1.
La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione
di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell'ente locale
nelle ipotesi di cui all'art. 244 e valuta le cause che hanno
determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto
non è revocabile. Alla stessa è allegata una dettagliata relazione
dell'organo di revisione economico finanziaria che analizza le
cause che hanno provocato il dissesto.
2.
La deliberazione dello stato di dissesto è trasmessa, entro 5
giorni dalla data di esecutività, al Ministero dell'interno ed
alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per
territorio, unitamente alla relazione dell'organo di revisione.
La deliberazione è pubblicata per estratto nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana a cura del Ministero
dell'interno unitamente al decreto del Presidente della Repubblica
di nomina dell'organo straordinario di liquidazione.
3.
L'obbligo di deliberazione dello stato di dissesto si estende,
ove ne ricorrano le condizioni, al commissario nominato ai sensi
dell'art. 141, comma 3.
4.
Se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la
dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio
di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia
per l'intero esercizio finanziario, intendendosi operanti per
l'ente locale i divieti e gli obblighi previsti dall'art. 191,
comma 5. In tal caso, la deliberazione di dissesto può essere
validamente adottata esplicando gli effetti di cui all'art. 248.
Gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali, propri
dell'organo straordinario di liquidazione e del consiglio dell'ente,
sono differiti al 1° gennaio dell'anno successivo a quello in
cui è stato deliberato il dissesto. Ove sia stato già approvato
il bilancio preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio
provvede alla revoca dello stesso.
5.
Le disposizioni relative alla valutazione delle cause di dissesto
sulla base della dettagliata relazione dell'organo di revisione
di cui al comma 1 ed ai conseguenti oneri di trasmissione di cui
al comma 2 si applicano solo ai dissesti finanziari deliberati
a decorrere dal 25 ottobre 1997 (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
247
Omissione
della deliberazione di dissesto.
1.
Ove dalle deliberazioni dell'ente, dai bilanci di previsione,
dai rendiconti o da altra fonte l'organo regionale di controllo
venga a conoscenza dell'eventuale condizione di dissesto, chiede
chiarimenti all'ente e motivata relazione all'organo di revisione
contabile assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni.
2.
Ove sia ritenuta sussistente l'ipotesi di dissesto l'organo regionale
di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli
consiglieri un termine, non superiore a venti giorni, per la deliberazione
del dissesto.
3.
Decorso infruttuosamente tale termine l'organo regionale di controllo
nomina un commissario ad acta per la deliberazione dello stato
di dissesto.
4.
Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto
che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente,
ai sensi dell'art. 141 (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
248
Conseguenze
della dichiarazione di dissesto.
1.
A seguito della dichiarazione di dissesto, e sino all'emanazione
del decreto di cui all'art. 261, sono sospesi i termini per la
deliberazione del bilancio.
2.
Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione
del rendiconto di cui all'art. 256 non possono essere intraprese
o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente per i debiti
che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione.
Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione
di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l'opposizione
giudiziale da parte dell'ente, o la stessa benchè proposta è stata
rigettata, sono dichiarate estinte d'ufficio dal giudice con inserimento
nella massa passiva dell'importo dovuto a titolo di capitale,
accessori e spese.
3.
I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello
stato di dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere, i quali
possono disporre delle somme per i fini dell'ente e le finalità
di legge.
4.
Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all'approvazione
del rendiconto di cui all'art. 256 i debiti insoluti a tale data
e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono
più interessi nè sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale
disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'ente che rientrano
nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione a decorrere
dal momento della loro liquidità ed esigibilità.
5.
Fermo restando quanto previsto dall'art. 1 della legge 14 gennaio
1994, n. 20, gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto
responsabili, anche in primo grado, di danni da loro prodotti,
con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi
del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo
di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti
di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri
enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte,
valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto,
accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni
per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile
(1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
249
Limiti
alla contrazione di nuovi mutui.
1.
Dalla data di deliberazione di dissesto e sino all'emanazione
del decreto di cui all'art. 261, comma 3, gli enti locali non
possono contrarre nuovi mutui, con eccezione dei mutui previsti
dall'art. 255 e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato
o delle regioni (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
250
Gestione
del bilancio durante la procedura di risanamento.
1.
Dalla data di deliberazione del dissesto finanziario e sino alla
data di approvazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato di
cui all'art. 261 l'ente locale non può impegnare per ciascun intervento
somme complessivamente superiori a quelle definitivamente previste
nell'ultimo bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate
accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non possono
mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili,
con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato
in dodicesimi. L'ente applica princìpi di buona amministrazione
al fine di non aggravare la posizione debitoria e mantenere la
coerenza con l'ipotesi di bilancio riequilibrato predisposta dallo
stesso.
2.
Per le spese disposte dalla legge e per quelle relative ai servizi
locali indispensabili, nei casi in cui nell'ultimo bilancio approvato
mancano del tutto gli stanziamenti ovvero gli stessi sono previsti
per importi insufficienti, il consiglio o la giunta con i poteri
del primo, salvo ratifica, individua con deliberazione le spese
da finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio
le ragioni per le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti
nell'ultimo bilancio approvato e determina le fonti di finanziamento.
Sulla base di tali deliberazioni possono essere assunti gli impegni
corrispondenti. Le deliberazioni, da sottoporre all'esame dell'organo
regionale di controllo, sono notificate al tesoriere (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
251
Attivazione
delle entrate proprie.
1.
Nella prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto
e comunque entro trenta giorni dalla data di esecutività della
delibera, il consiglio dell'ente, o il commissario nominato ai
sensi dell'art. 247, comma 3, è tenuto a deliberare per le imposte
e tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla
tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote
e le tariffe di base nella misura massima consentita, nonchè i
limiti reddituali, agli effetti dell'applicazione dell'imposta
comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni, che determinano
gli importi massimi del tributo dovuto.
2.
La delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni,
che decorrono da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato.
In caso di mancata adozione della delibera nei termini predetti
l'organo regionale di controllo procede a norma dell'art. 136.
3.
Per le imposte e tasse locali di istituzione successiva alla deliberazione
del dissesto, l'organo dell'ente dissestato che risulta competente
ai sensi della legge istitutiva del tributo deve deliberare, entro
i termini previsti per la prima applicazione del tributo medesimo,
le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita.
La delibera ha efficacia per un numero di anni necessario al raggiungimento
di un quinquennio a decorrere da quello dell'ipotesi di bilancio
riequilibrato.
4.
Resta fermo il potere dell'ente dissestato di deliberare, secondo
le competenze, le modalità, i termini ed i limiti stabiliti dalle
disposizioni vigenti, le maggiorazioni, riduzioni, graduazioni
ed agevolazioni previste per le imposte e tasse di cui ai commi
1 e 3, nonchè di deliberare la maggiore aliquota dell'imposta
comunale sugli immobili consentita per straordinarie esigenze
di bilancio.
5.
Per il periodo di cinque anni, decorrente dall'anno dell'ipotesi
di bilancio riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento rifiuti
solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono
applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la
copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per
i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare
le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni
vigenti. Per i servizi a domanda individuale il costo di gestione
deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati
almeno nella misura prevista dalle norme vigenti. Per i termini
di adozione delle delibere, per la loro efficacia e per la individuazione
dell'organo competente si applicano le norme ordinarie vigenti
in materia. Per la prima delibera il termine di adozione è fissato
al trentesimo giorno successivo alla deliberazione del dissesto.
6.
Le delibere di cui ai commi 1, 3 e 5 devono essere comunicate
alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali
presso il Ministero dell'interno entro 30 giorni dalla data di
adozione; nel caso di mancata osservanza delle disposizioni di
cui ai predetti commi sono sospesi i contributi erariali (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
III
Attività
dell'organo straordinario di liquidazione.
Articolo
252
Composizione,
nomina e attribuzioni.
1.
Per i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti l'organo straordinario
di liquidazione è composto da un singolo commissario; per i comuni
con popolazione superiore ai 5.000 abitanti e per le province
l'organo straordinario di liquidazione è composto da una commissione
di tre membri. Il commissario straordinario di liquidazione, per
i comuni sino a 5.000 abitanti, o i componenti della commissione
straordinaria di liquidazione, per i comuni con popolazione superiore
a 5.000 abitanti e per le province, sono nominati fra magistrati
a riposo della Corte dei conti, della magistratura ordinaria del
Consiglio di Stato, fra funzionari dotati di un'idonea esperienza
nel campo finanziario e contabile in servizio o in quiescenza
degli uffici centrali o periferici del Ministero dell'interno,
del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, del Ministero delle finanze e di altre amministrazioni
dello Stato, fra i segretari ed i ragionieri comunali e provinciali
particolarmente esperti, anche in quiescenza, fra gli iscritti
nel registro dei revisori contabili, gli iscritti nell'albo dei
dottori commercialisti e gli iscritti nell'albo dei ragionieri.
La commissione straordinaria di liquidazione è presieduta, se
presente, dal magistrato a riposo della Corte dei conti o della
magistratura ordinaria o del Consiglio di Stato. Diversamente
la stessa provvede ad eleggere nel suo seno il presidente. La
commissione straordinaria di liquidazione delibera a maggioranza
dei suoi componenti.
2.
La nomina dell'organo straordinario di liquidazione è disposta
con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro
dell'interno. L'insediamento presso l'ente avviene entro 5 giorni
dalla notifica del provvedimento di nomina.
3.
Per i componenti dell'organo straordinario di liquidazione valgono
le incompatibilità di cui all'art. 236.
4.
L'organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente
a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre
dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato
e provvede alla:
a)
rilevazione della massa passiva;
b)
acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini
del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali;
c)
liquidazione e pagamento della massa passiva.
5.
In ogni caso di accertamento di danni cagionati all'ente locale
o all'erario, l'organo straordinario di liquidazione provvede
alla denuncia dei fatti alla Procura Regionale presso la Corte
dei coni ed alla relativa segnalazione al Ministero dell'interno
tramite le prefetture (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
253
Poteri
organizzatori.
1.
L'organo straordinario di liquidazione ha potere di accesso a
tutti gli atti dell'ente locale, può utilizzare il personale ed
i mezzi operativi dell'ente locale ed emanare direttive burocratiche.
2.
L'ente locale è tenuto a fornire, a richiesta dell'organo straordinario
di liquidazione idonei locali ed attrezzature nonchè il personale
necessario.
3.
L'organo straordinario di liquidazione può auto organizzarsi,
e, per motivate esigenze, dotarsi di personale, acquisire consulenze
e attrezzature le quali, al termine dell'attività di ripiano dei
debiti rientrano nel patrimonio dell'ente locale (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
254
Rilevazione
della massa passiva.
1.
L'organo straordinario di liquidazione provvede all'accertamento
della massa passiva mediante la formazione, entro 180 giorni dall'insediamento,
di un piano di rilevazione. Il termine è elevato di ulteriori
180 giorni per i comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti
o capoluogo di provincia e per le province.
2.
Ai fini della formazione del piano di rilevazione, l'organo straordinario
di liquidazione entro 10 giorni dalla data dell'insediamento,
dà avviso, mediante affissione all'albo pretorio ed anche a mezzo
stampa, dell'avvio della procedura di rilevazione delle passività
dell'ente locale. Con l'avviso l'organo straordinario di liquidazione
invita chiunque ritenga di averne diritto a presentare, entro
un termine perentorio di sessanta giorni prorogabile per una sola
volta di ulteriori trenta giorni con provvedimento motivato del
predetto organo, la domanda in carta libera, corredata da idonea
documentazione, atta a dimostrare la sussistenza del debito dell'ente,
il relativo importo ed eventuali cause di prelazione, per l'inserimento
nel piano di rilevazione.
3.
Nel piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi:
a)
i debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all'art. 194 verificatisi
entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello dell'ipotesi
di bilancio riequilibrato;
b)
i debiti derivanti dalle procedure esecutive estinte ai sensi
dell'art. 248, comma 2;
c)
i debiti derivanti da transazioni compiute dall'organo straordinario
di liquidazione ai sensi del comma 7.
4.
L'organo straordinario di liquidazione, ove lo ritenga necessario,
richiede all'ente che i responsabili dei servizi competenti per
materia attestino che la prestazione è stata effettivamente resa
e che la stessa rientra nell'ambito dell'espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza dell'ente locale. I responsabili
dei servizi attestano altresì che non è avvenuto, nemmeno parzialmente,
il pagamento del corrispettivo e che il debito non è caduto in
prescrizione alla data della dichiarazione di dissesto. I responsabili
dei servizi provvedono entro sessanta giorni dalla richiesta,
decorsi i quali l'attestazione si intende resa dagli stessi in
senso negativo circa la sussistenza del debito.
5.
Sull'inserimento nel piano di rilevazione delle domande di cui
al comma 2 e delle posizioni debitorie di cui al comma 3 decide
l'organo straordinario di liquidazione con provvedimento da notificare
agli istanti al momento dell'approvazione del piano di rilevazione,
tenendo conto degli elementi di prova del debito desunti dalla
documentazione prodotta dal terzo creditore, da altri atti e dall'eventuale
attestazione di cui al comma 4.
6.
Avverso i provvedimenti di diniego di inserimento nel piano di
rilevazione per insussistenza totale o parziale, del debito od
avverso il mancato riconoscimento di cause di prelazione è ammesso
ricorso in carta libera entro il termine di 30 giorni dalla notifica,
al Ministero dell'interno. Il Ministero dell'interno si pronuncia
sui ricorsi entro 60 giorni dal ricevimento decidendo allo stato
degli atti. La decorrenza del termine per la decisione vale quale
rigetto del ricorso.
7.
L'organo straordinario di liquidazione è autorizzato a transigere
vertenze giudiziali e stragiudiziali relative a debiti rientranti
nelle fattispecie di cui al comma 3, inserendo il debito risultante
dall'atto di transazione nel piano di rilevazione.
8.
In caso di inosservanza del termine di cui al comma 1, di negligenza
o di ritardi non giustificati negli adempimenti di competenza,
può essere disposta la sostituzione di tutti o parte dei componenti
dell'organo straordinario della liquidazione. In tali casi, il
Ministro dell'interno, previo parere della Commissione per la
finanza e gli organici degli enti locali, dal quale si prescinde
ove non espresso entro trenta giorni dalla richiesta, e sentiti
gli interessati, propone al Presidente della Repubblica l'adozione
del provvedimento di sostituzione. Il Ministero dell'interno stabilisce
con proprio provvedimento il trattamento economico dei commissari
sostituiti (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
255
Acquisizione
e gestione dei mezzi finanziari per il risanamento.
1.
Nell'ambito dei compiti di cui all'art. 252, comma 4, lettera
b), l'organo straordinario di liquidazione
provvede all'accertamento della massa attiva, costituita dal contributo
dello Stato di cui al presente articolo, da residui da riscuotere,
da ratei di mutuo disponibili in quanto non utilizzati dall'ente,
da altre entrate e, se necessari, da proventi derivanti da alienazione
di beni del patrimonio disponibile.
2.
Per il risanamento dell'ente locale dissestato lo Stato finanzia
gli oneri di un mutuo, assunto dall'organo straordinario di liquidazione,
in nome e per conto dell'ente, in unica soluzione con la Cassa
depositi e prestiti al tasso vigente ed ammortizzato in venti
anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte
del Ministero dell'interno.
3.
L'importo massimo del mutuo finanziato dallo Stato, è determinato
sulla base di una rata di ammortamento pari al contributo statale
indicato al comma 4.
4.
Detto contributo è pari a cinque volte un importo composto da
una quota fissa solo per taluni enti, ed una quota per abitante,
spettante ad ogni ente. La quota fissa spetta ai comuni con popolazione
sino a 999 abitanti per lire 13.000.000, ai comuni con popolazione
da 1.000 a 1.999 abitanti per lire 15.000.000, ai comuni con popolazione
da 2.000 a 2.999 abitanti per lire 18.000.000, ai comuni con popolazione
da 3.000 a 4.999 abitanti per lire 20.000.000, ai comuni con popolazione
da 5.000 a 9.999 abitanti per lire 22.000.000 ed ai comuni con
popolazione da 10.000 a 19.999 per lire 25.000.000. La quota per
abitante è pari a lire 7.930 per i comuni e lire 1.241 per le
province.
5.
Il fondo costituito ai sensi del comma 4 è finalizzato agli interventi
a favore degli enti locali in stato di dissesto finanziario. Le
eventuali disponibilità residue del fondo, rinvenienti dall'utilizzazione
dei contributi erariali per un importo inferiore ai limiti massimi
indicati nel comma 4, possono essere destinate su richiesta motivata
dell'organo consiliare e dell'organo straordinario di liquidazione
dell'ente locale, secondo parametri e modalità definiti con decreto
del Ministro dell'interno, all'assunzione di mutui integrativi
per necessità emerse nel corso della procedura di liquidazione
e pagamento della massa passiva di cui all'art. 256, nonchè nei
casi di cui al comma 12 del medesimo art. 256. Il mutuo, da assumere
con la Cassa depositi e prestiti, è autorizzato dal Ministero
dell'interno, previo parere della Commissione finanza ed organici
degli enti locali. La priorità nell'assegnazione è accordata agli
enti locali che non hanno usufruito dell'intera quota disponibile
ai sensi del comma 4.
6.
Per l'assunzione del mutuo concesso ai sensi del presente articolo
agli enti locali in stato di dissesto finanziario per il ripiano
delle posizioni debitorie non si applica il limite all'assunzione
dei mutui di cui all'art. 204, comma 1.
7.
Secondo le disposizioni vigenti il fondo per lo sviluppo degli
investimenti, di cui all'art. 28, comma 1, lettera c),
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sul quale sono
imputati gli oneri per la concessione dei nuovi mutui agli enti
locali dissestati, può essere integrato, con le modalità di cui
all'art. 11, comma 3, lettera d), della
legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni ed integrazioni,
in considerazione delle eventuali procedure di risanamento attivate
rispetto a quelle già definite.
8.
L'organo straordinario di liquidazione provvede a riscuotere i
ruoli pregressi emessi dall'ente e non ancora riscossi, totalmente
o parzialmente, nonchè all'accertamento delle entrate tributarie
per le quali l'ente ha omesso la predisposizione dei ruoli o del
titolo di entrata previsto per legge.
9.
Ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva,
ed in deroga a disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche
destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni di beni, l'organo
straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni
patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell'ente,
avviando, nel contempo, le procedure per l'alienazione di tali
beni. Ai fini dell'alienazione dei beni immobili possono essere
affidati incarichi a società di intermediazione immobiliare, anche
appositamente costituite. Si applicano, in quanto compatibili,
le disposizioni recate dall'art. 3 del decreto-legge 31 ottobre
1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre
1990, n. 403 e successive modificazioni ed integrazioni, intendendosi
attribuite all'organo straordinario di liquidazione le facoltà
ivi disciplinate. L'ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni
di beni patrimoniali disponibili, è tenuto ad assegnare proprie
risorse finanziarie liquide, anche con la contrazione di un mutuo
passivo, con onere a proprio carico, per il valore stimato di
realizzo dei beni. Il mutuo può essere assunto con la Cassa depositi
e prestiti ed altri istituti di credito. Il limite di cui all'art.
204, comma 1, è elevato sino al 40 per cento.
10.
Non compete all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione
dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata
ed ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso
il pagamento delle relative spese.
11.
Per il finanziamento delle passività l'ente locale può destinare
quota dell'avanzo di amministrazione non vincolato.
12.
Nei confronti della massa attiva determinata ai sensi del presente
articolo non sono ammessi sequestri o procedure esecutive. Le
procedure esecutive eventualmente intraprese non determinano vincoli
sulle somme (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
256
Liquidazione
e pagamento della massa passiva.
1.
Il piano di rilevazione della massa passiva acquista esecutività
con il deposito presso il Ministero dell'interno, cui provvede
l'organo straordinario di liquidazione entro 5 giorni dall'approvazione
di cui all'art. 254, comma 1. Al piano è allegato l'elenco delle
passività non inserite nel piano, corredato dai provvedimenti
di diniego e dalla documentazione relativa.
2.
Unitamente al deposito l'organo straordinario di liquidazione
chiede l'autorizzazione al perfezionamento del mutuo di cui all'art.
255 nella misura necessaria per il finanziamento delle passività
risultanti dal piano di rilevazione e dall'elenco delle passività
non inserite, e comunque entro i limiti massimi stabiliti dall'art.
255.
3.
Il Ministero dell'interno, accertata la regolarità del deposito,
autorizza l'erogazione del mutuo da parte della Cassa depositi
e prestiti.
4.
Entro 30 giorni dall'erogazione del mutuo l'organo straordinario
della liquidazione deve provvedere al pagamento di acconti in
misura proporzionale uguale per tutte le passività inserite nel
piano di rilevazione. Nel determinare l'entità dell'acconto l'organo
di liquidazione deve provvedere ad accantonamenti per le pretese
creditorie in contestazione esattamente quantificate. Gli accantonamenti
sono effettuati in misura proporzionale uguale a quella delle
passività inserite nel piano. Ai fini di cui al presente comma
l'organo straordinario di liquidazione utilizza il mutuo erogato
da parte della Cassa depositi e prestiti e le poste attive effettivamente
disponibili, recuperando alla massa attiva disponibile gli importi
degli accantonamenti non più necessari, su segnalazione del Ministero
dell'interno, per scadenza dei termini di impugnativa del provvedimento
di diniego di ammissione al passivo o per definitività della pronuncia
sui ricorsi proposti ai sensi dell'art. 254, comma 6.
5.
Successivamente all'erogazione del primo acconto l'organo straordinario
della liquidazione può disporre ulteriori acconti per le passività
già inserite nel piano di rilevazione e per quelle accertate successivamente,
utilizzando le disponibilità nuove e residue, ivi compresa l'eventuale
quota di mutuo a carico dello Stato ancora disponibile, previa
autorizzazione del Ministero dell'interno, in quanto non richiesta
ai sensi del comma 2. Nel caso di pagamento definitivo in misura
parziale dei debiti l'ente locale è autorizzato ad assumere un
mutuo a proprio carico con la Cassa depositi e prestiti o con
altri istituti di credito, nel rispetto del limite del 40 per
cento di cui all'art. 255, comma 9, per il pagamento a saldo delle
passività rilevate. A tale fine, entro 30 giorni dalla tata di
notifica del decreto ministeriale di approvazione del piano di
estinzione, l'organo consiliare adotta apposita deliberazione,
dandone comunicazione all'organo straordinario di liquidazione,
che provvede al pagamento delle residue passività ad intervenuta
erogazione del mutuo contratto dall'ente. La Cassa depositi e
prestiti o altri istituti di credilo erogano la relativa somma
sul conto esistente intestato all'organo di liquidazione.
6.
A seguito del definitivo accertamento della massa passiva e dei
mezzi finanziari disponibili, di cui all'art. 255, e comunque
entro il termine di 24 mesi dall'insediamento, l'organo straordinario
di liquidazione predispone il piano di estinzione delle passività,
includendo le passività accertate successivamente all'esecutività
del piano di rilevazione dei debiti e lo deposita presso il Ministero
dell'interno.
7.
Il piano di estinzione è sottoposto all'approvazione, entro 120
giorni dal deposito, del Ministro dell'interno, il quale valuta
la correttezza della formazione della massa passiva e la correttezza
e validità delle scelte nell'acquisizione di risorse proprie.
Il Ministro dell'interno si avvale del parere consultivo da parte
della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali,
la quale può formulare rilievi e richieste istruttorie cui l'organo
straordinario di liquidazione è tenuto a rispondere entro sessanta
giorni dalla comunicazione. In tale ipotesi il termine per l'approvazione
del piano, di cui al presente comma, è sospeso.
8.
Il decreto di approvazione del piano di estinzione da parte del
Ministro dell'interno è notificato all'ente locale ed all'organo
straordinario di liquidazione per il tramite della prefettura.
9.
A seguito dell'approvazione del piano di estinzione l'organo straordinario
di liquidazione provvede, entro 20 giorni dalla notifica del decreto,
al pagamento delle residue passività, sino alla concorrenza della
massa attiva realizzata.
10.
Con l'eventuale decreto di diniego dell'approvazione del piano
il Ministro dell'interno prescrive all'organo straordinario di
liquidazione di presentare, entro l'ulteriore termine di sessanta
giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento, un
nuovo piano di estinzione che tenga conto delle prescrizioni contenute
nel provvedimento.
11.
Entro il termine di sessanta giorni dall'ultimazione delle operazioni
di pagamento, l'organo straordinario della liquidazione è tenuto
ad approvare il rendiconto della gestione ed a trasmetterlo all'organo
regionale di controllo ed all'organo di revisione contabile dell'ente,
il quale è competente sul riscontro della liquidazione e verifica
la rispondenza tra il piano di estinzione e l'effettiva liquidazione.
12.
Nel caso in cui l'insufficienza della massa attiva, non diversamente
rimediabile, è tale da compromettere il risanamento dell'ente,
il Ministro dell'interno, su proposta della Commissione per la
finanza e gli organici degli enti locali, può stabilire misure
straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della
liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza
oneri a carico dello Stato (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
257
Debiti
non ammessi alla liquidazione.
1.
In allegato al provvedimento di approvazione di cui all'art. 256,
comma 8, sono individuate le pretese escluse dalla liquidazione.
2.
Il consiglio dell'ente individua con propria delibera, da adottare
entro 60 giorni dalla notifica del decreto di cui all'art. 256,
comma 8, i soggetti ritenuti responsabili di debiti esclusi dalla
liquidazione, dandone contestuale comunicazione ai soggetti medesimi
ed ai relativi creditori.
3.
Se il consiglio non provvede nei termini di cui al comma 2 si
applicano le disposizioni di cui all'art. 136 (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
258
Modalità
semplificate di accertamento e liquidazione dei debiti.
1.
L'organo straordinario di liquidazione, valutato l'importo complessivo
di tutti i debiti censiti in base alle richieste pervenute, il
numero delle pratiche relative, la consistenza della documentazione
allegata ed il tempo necessario per il loro definitivo esame,
può proporre all'ente locale dissestato l'adozione della modalità
semplificata di liquidazione di cui al presente articolo. Con
deliberazione di giunta l'ente decide entro trenta giorni ed in
caso di adesione s'impegna a mettere a disposizione le risorse
finanziare di cui al comma 2.
2.
L'organo straordinario di liquidazione, acquisita l'adesione dell'ente
locale, delibera l'accensione del mutuo di cui all'art. 255, comma
2, nella misura necessaria agli adempimenti di cui ai successivi
commi ed in relazione all'ammontare dei debiti censiti. L'ente
locale dissestato è tenuto a deliberare l'accensione di un mutuo
con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito,
con oneri a proprio carico, nel rispetto del limite del 40 per
cento di cui all'art. 255, comma 9, o, in alternativa, a mettere
a disposizione risorse finanziarie liquide, per un importo che
consenta di finanziare, insieme al ricavato del mutuo a carico
dello Stato, tutti i debiti di cui ai commi 3 e 4, oltre alle
spese della liquidazione. E' fatta salva la possibilità di ridurre
il mutuo a carico dell'ente.
3.
L'organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria
delibazione sulla fondatezza del credito vantato, può definire
transattivamente le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente,
offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60
per cento del debito, in relazione all'anzianità dello stesso,
con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria
entro 30 giorni dalla conoscenza dell'accettazione della transazione.
A tal fine, entro sei mesi dalla data di conseguita disponibilità
del mutuo di cui all'art. 255, comma 2, propone individualmente
ai creditori, compresi quelli che vantano crediti privilegiati,
fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni
di lavoro subordinato che sono liquidate per intero, la transazione
da accettare entro un termine prefissato comunque non superiore
a 30 giorni. Ricevuta l'accettazione, l'organo straordinario di
liquidazione provvede al pagamento nei trenta giorni successivi.
4.
L'organo straordinario di liquidazione accantona l'importo del
50 per cento dei debiti per i quali non è stata accettata la transazione.
L'accantonamento è elevato al 100 per cento per i debiti assistiti
da privilegio.
5.
Si applicano, per il seguito della procedura, le disposizioni
degli articoli precedenti, fatta eccezione per quelle concernenti
la redazione ed il deposito del piano di rilevazione. Effettuati
gli accantonamenti di cui al comma 4, l'organo straordinario di
liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione.
Qualora tutti i debiti siano liquidati nell'ambito della procedura
semplificata e non sussistono debiti esclusi in tutto o in parte
dalla massa passiva, l'organo straordinario provvede ad approvare
direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione ai
sensi dell'art. 256, comma 11.
6.
I debiti transatti ai sensi del comma 3 sono indicali in un apposito
elenco allegato al piano di estinzione della massa passiva.
7.
In caso di eccedenza di disponibilità si provvede alla riduzione
dei mutui, con priorità per quello a carico dell'ente locale dissestato.
E' restituita all'ente locale dissestato la quota di risorse finanziarie
liquide dallo stesso messe a disposizione esuberanti rispetto
alle necessità della liquidazione dopo il pagamento dei debiti
(1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
IV
Bilancio
stabilmente riequilibrato.
Articolo
259
Ipotesi
di bilancio stabilmente riequilibrato.
1.
Il consiglio dell'ente locale presenta al Ministro dell'interno,
entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione
del decreto di cui all'art. 252, un'ipotesi di bilancio di previsione
stabilmente riequilibrato.
2.
L'ipotesi di bilancio realizza il riequilibrio mediante l'attivazione
di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti.
3.
Per l'attivazione delle entrate proprie, l'ente provvede con le
modalità di cui all'art. 251, riorganizzando anche i servizi relativi
all'acquisizione delle entrate ed attivando ogni altro cespite.
4.
Le province ed i comuni per i quali le risorse di parte corrente,
costituite dai trasferimenti in conto al fondo ordinario ed al
fondo consolidato e da quella parte di tributi locali calcolata
in detrazione ai trasferimenti erariali, sono disponibili in misura
inferiore, rispettivamente, a quella media unica nazionale ed
a quella media della fascia demografica di appartenenza, come
definita con il decreto di cui all'art. 263, comma 1, richiedono,
con la presentazione dell'ipotesi, e compatibilmente con la quantificazione
annua dei contributi a ciò destinati, l'adeguamento dei contributi
statali alla media predetta, quale fattore del consolidamento
finanziario della gestione.
5.
Per la riduzione delle spese correnti l'ente locale riorganizza
con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni
finanziarie ed eliminando, o quanto meno riducendo ogni previsione
di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici
indispensabili. L'ente locale emana i provvedimenti necessari
per il risanamento economico-finanziario degli enti od organismi
dipendenti, nonchè delle aziende speciali, nel rispetto della
normativa specifica in materia.
6.
L'ente locale, ugualmente ai fini della riduzione delle spese,
ridetermina la dotazione organica dichiarando eccedente il personale
comunque in servizio in sovrannumero rispetto ai rapporti medi
dipendenti-popolazione di cui all'art. 263, comma 2, fermo restando
l'obbligo di accertare le compatibilità di bilancio. La spesa
per il personale a tempo determinato deve altresì essere ridotta
a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta a tale
titolo per l'ultimo triennio antecedente l'anno cui l'ipotesi
si riferisce.
7.
La rideterminazione della dotazione organica è sottoposta all'esame
della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali
per l'approvazione.
8.
Il mancato rispetto degli adempimenti di cui al comma 6 comporta
la denuncia dei fatti alla Procura regionale presso la Corte dei
conti da parte del Ministero dell'interno. L'ente locale è autorizzato
ad iscrivere nella parte entrata dell'ipotesi di bilancio un importo
pari alla quantificazione del danno subito. E' consentito all'ente
il mantenimento dell'importo tra i residui attivi sino alla conclusione
del giudizio di responsabilità.
9.
La Cassa depositi e prestiti e gli altri istituti di credito sono
autorizzati, su richiesta dell'ente, a consolidare l'esposizione
debitoria dell'ente locale, al 31 dicembre precedente, in un ulteriore
mutuo decennale, con esclusione delle rate di ammortamento già
scadute. Conservano validità i contributi statali e regionali
già concessi in relazione ai mutui preesistenti.
10.
Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento
e di Bolzano possono porre a proprio carico oneri per la copertura
di posti negli enti locali dissestati in aggiunta a quelli di
cui alla dotazione organica rideterminata, ove gli oneri predetti
siano previsti per tutti gli enti operanti nell'ambito della medesima
regione o provincia autonoma.
11.
Per le province ed i comuni il termine di cui al comma 1 è sospeso
a seguito di indizione di elezioni amministrative per l'ente,
dalla data di indizione dei comizi elettorali e sino all'insediamento
dell'organo esecutivo (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
260
Collocamento
in disponibilità del personale eccedente.
1.
I dipendenti dichiarati in eccedenza ai sensi dell'art. 259, comma
6, sono collocati in disponibilità. Ad essi si applicano le vigenti
disposizioni, così come integrate dai contratti collettivi di
lavoro, in tema di eccedenza di personale e di mobilità collettiva
o individuale.
2.
Il Ministero dell'interno assegna all'ente locale per il personale
posto in disponibilità un contributo pari alla spesa relativa
al trattamento economico con decorrenza dalla data della deliberazione
e per tutta la durata della disponibilità. Analogo contributo,
per la durata del rapporto di lavoro, e corrisposto all'ente locale
presso il quale il personale predetto assume servizio (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
261
Istruttoria
e decisione sull'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
1.
L'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato
è istruita dalla Cornmissione per la finanza e gli organici degli
enti locali, che formula eventuali rilievi o richieste istruttorie,
cui l'ente locale fornisce risposta entro sessanta giorni.
2.
Entro il termine di quattro mesi la Commissione esprime un parere
sulla validità delle misure disposte dall'ente per consolidare
la propria situazione finanziaria e sulla capacità delle misure
stesse di assicurare stabilità alla gestione finanziaria dell'ente
medesimo. La formulazione di rilievi o richieste di cui al comma
1 sospende il decorso del termine.
3.
In caso di esito positivo dell'esame la Commissione sottopone
l'ipotesi all'approvazione del Ministro dell'interno che vi provvede
con proprio decreto, stabilendo prescrizioni per la corretta ed
equilibrata gestione dell'ente.
4.
In caso di esito negativo dell'esame da parte della Commissione
il Ministro dell'interno emana un provvedimento di diniego dell'approvazione,
prescrivendo all'ente locale di presentare, previa deliberazione
consiliare, entro l'ulteriore termine perentorio di quarantacinque
giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento di
diniego, una nuova ipotesi di bilancio idonea a rimuovere le cause
che non hanno consentito il parere favorevole. La mancata approvazione
della nuova ipotesi di bilancio ha carattere definitivo.
5.
Con il decreto di cui al comma 3 è disposto l'eventuale adeguamento
dei contributi alla media previsto dall'art. 259, comma 4 (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
262
Inosservanza
degli obblighi relativi all'ipotesidi bilancio stabilmente riequilibrato.
1.
L'inosservanza del termine per la presentazione dell'ipotesi di
bilancio stabilmente riequilibrato o del termine per la risposta
ai rilievi ed alle richieste di cui all'art. 261, comma 1, o del
termine di cui all'art. 261, comma 4, o l'emanazione del provvedimento
definitivo di diniego da parte del Ministro dell'interno integrano
l'ipotesi di cui all'art. 141, comma 1, lettera a).
2.
Nel caso di emanazione del provvedimento definitivo di diniego
di cui all'art. 261, comma 4, sono attribuiti al commissario i
poteri ritenuti necessari per il riequilibrio della gestione,
anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico
dello Stato (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
263
Determinazione
delle medie nazionali per classi demografiche delle risorse di parte
corrente e della consistenza delle dotazioni organiche.
1.
Con decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno individua
le medie nazionali annue, per classe demografica per i comuni
ed uniche per le province, delle risorse di parte corrente di
cui all'art. 259, comma 4 (1).
2.
Con decreto a cadenza triennale il Ministro dell'interno individua
con proprio decreto la media nazionale per classe demografica
della consistenza delle dotazioni organiche per comuni e province
ed i rapporti medi dipendenti-popolazione per classe demografica,
validi per gli enti in condizione di dissesto ai fini di cui all'art.
259, comma 6. In ogni caso agli enti spetta un numero di dipendenti
non inferiore a quello spettante agli enti di maggiore dimensione
della fascia demografica precedente (2) (3).
(1)
Con Decr. 3 giugno 2003 (Gazz. Uff. 20 giugno 2003, n. 141)
è stata individuata la media unica nazionale pro-capite delle
risorse di parte corrente delle province e dei comuni per il
triennio 2003 - 2006.
(2)
La media nazionale per classe demografica della consistenza
delle dotazioni organiche per i comuni e le province ed i rapporti
medi dipendenti-popolazione per classe demografica, validi per
gli enti locali in condizioni di dissesto sono stati determinati,
per il triennio 2003-2005, con D.M. 15 novembre 2003 (Gazz.
Uff. 5 dicembre 2003, n. 283).
(3)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
TESTO UNICO [2/2]
Capo
V
Prescrizioni
e limiti conseguenti al risanamento.
Articolo
264
Deliberazione
del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato.
1.
A seguito dell'approvazione ministeriale dell'ipotesi di bilancio
l'ente provvede entro 30 giorni alla deliberazione del bilancio
dell'esercizio cui l'ipotesi si riferisce.
2.
Con il decreto di cui all'art. 261, comma 3, è fissato un termine,
non superiore a 120 giorni, per la deliberazione di eventuali
altri bilanci di previsione o rendiconti non deliberati dall'ente
nonchè per la presentazione delle relative certificazioni (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
265
Durata
della procedura di risanamento ed attuazione delle prescrizioni
recate dal decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente
riequilibrato.
1.
Il risanamento dell'ente locale dissestato ha la durata di cinque
anni decorrenti da quello per il quale viene redatta l'ipotesi
di bilancio stabilmente riequilibrato. Durante tale periodo è
garantito il mantenimento dei contributi erariali.
2.
Le prescrizioni contenute nel decreto di approvazione dell'ipotesi
di bilancio sono eseguite dagli amministratori, ordinari o straordinari,
dell'ente locale, con l'obbligo di riferire sullo stato di attuazione
in un apposito capitolo della relazione sul rendiconto annuale.
3.
L'organo della revisione riferisce trimestralmente al consiglio
dell'ente ed all'organo regionale di controllo.
4.
L'inosservanza delle prescrizioni contenute nel decreto del Ministro
dell'interno di cui all'art. 261, comma 3, comporta la segnalazione
dei fatti all'Autorità giudiziaria per l'accertamento delle ipotesi
di reato (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
266
Prescrizioni
in materia di investimenti.
1.
Dall'emanazione del decreto di cui all'art. 261, comma 3, e per
la durata del risanamento come definita dall'art. 265 gli enti
locali dissestati possono procedere all'assunzione di mutui per
investimento ed all'emissione di prestiti obbligazionari nelle
forme e nei modi consentiti dalla legge (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
267
Prescrizioni
sulla dotazione organica.
1.
Per la durata del risanamento, come definita dall'art. 265, la
dotazione organica rideterminata ai sensi dell'art. 259 non può
essere variata in aumento (1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
268
Ricostituzione
di disavanzo di amministrazione o di debiti fuori bilancio.
1.
Il ricostituirsi di disavanzo di amministrazione non ripianabile
con i mezzi di cui all'art. 193, o l'insorgenza di debiti fuori
bilancio non ripianabili con le modalità di cui all'art. 194,
o il mancato rispetto delle prescrizioni di cui agli articoli
259, 265, 266 e 267, comportano da parte dell'organo regionale
di controllo la segnalazione dei fatti all'Autorità giudiziaria
per l'accertamento delle ipotesi di reato e l'invio degli atti
alla Corte dei conti per l'accertamento delle responsabilità sui
fatti di gestione che hanno determinato nuovi squilibri.
2.
Nei casi di cui al comma 1 il Ministro dell'interno con proprio
decreto, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici
degli enti locali, stabilisce le misure necessarie per il risanamento,
anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico
dello Stato, valutando il ricorso alle forme associative e di
collaborazione tra enti locali di cui agli articoli da 30 a 34
(1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
268/bis
Procedura
straordinaria per fronteggiare ulteriori passività.
1. Nel caso in cui l'organo straordinario di liquidazione non
possa concludere entro i termini di legge la procedura del dissesto
per l'onerosità degli adempimenti connessi alla compiuta determinazione
della massa attiva e passiva dei debiti pregressi, il Ministro
dell'interno, d'intesa con il sindaco dell'ente locale interessato,
dispone con proprio decreto una chiusura anticipata e semplificata
della procedura del dissesto con riferimento a quanto già definito
entro il trentesimo giorno precedente il provvedimento. Il provvedimento
fissa le modalità della chiusura, tenuto conto del parere della
Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali.
2. La prosecuzione della gestione è affidata ad una apposita commissione,
nominata dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro
dell'interno, oltre che nei casi di cui al comma 1, anche nella
fattispecie prevista dall'articolo 268 ed in quelli in cui la
massa attiva sia insufficiente a coprire la massa passiva o venga
accertata l'esistenza di ulteriori passività pregresse.
3. La commissione è composta da tre membri e dura in carica un
anno, prorogabile per un altro anno. I componenti sono scelti
fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili con documentata
esperienza nel campo degli enti locali. Uno dei componenti, avente
il requisito prescritto, è proposto dal Ministro dell'interno
su designazione del sindaco dell'ente locale interessato.
4. L'attività gestionale ed i poteri dell'organo previsto dal
comma 2 sono regolati dalla normativa di cui al presente titolo
VIII. Il compenso spettante ai commissari è definito con decreto
del Ministro dell'interno ed è corrisposto con onere a carico
della procedura anticipata di cui al comma 1.
5. Ai fini dei commi 1 e 2 l'ente locale dissestato accantona
apposita somma, considerata spesa eccezionale a carattere straordinario,
nei bilanci annuale e pluriennale. La somma è resa congrua ogni
anno con apposita delibera dell'ente con accantonamenti nei bilanci
stessi. I piani di impegno annuale e pluriennale sono sottoposti
per il parere alla Commissione per la finanza e gli organici degli
enti locali e sono approvati con decreto del Ministro dell'interno.
Nel caso in cui i piani risultino inidonei a soddisfare i debiti
pregressi, il Ministro dell'interno con apposito decreto, su parere
della predetta Commissione, dichiara la chiusura del dissesto
(1) (2).
(1)
Articolo inserito dallart. 3-bis, d.l. 22 febbraio 2002, n.
13, conv., con modificazioni, in l. 24 aprile 2002, n. 75.
(2)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
268/ter
(Effetti
del ricorso alla procedura straordinaria di cui all'articolo 268-bis).
1. Per gli enti i quali si avvalgono della procedura straordinaria
prevista nell'articolo 268-bis vanno presi
in conto, nella prosecuzione della gestione del risanamento, tutti
i debiti comunque riferiti ad atti e fatti di gestione avvenuti
entro il 31 dicembre dell'anno antecedente all'ipotesi di bilancio
riequilibrato, anche se accertati successivamente allo svolgimento
della procedura ordinaria di rilevazione della massa passiva.
Questi debiti debbono comunque essere soddisfatti con i mezzi
indicati nel comma 5 dello stesso articolo 268-bis,
nella misura che con la stessa procedura è definita.
2.
Sempre che l'ente si attenga alle disposizioni impartite ai sensi
dell'articolo 268-bis, comma 5, non è
consentito procedere all'assegnazione, a seguito di procedure
esecutive, di ulteriori somme, maggiori per ciascun anno rispetto
a quelle che risultano dall'applicazione del citato comma 5.
3.
Fino alla conclusione della procedura prevista nell'articolo 268-bis,
comma 5, nelle more della definizione dei provvedimenti previsti
nel predetto articolo, per gli enti che si avvalgono di tale procedura
o che comunque rientrano nella disciplina del comma 2 del medesimo
articolo, non sono ammesse procedure di esecuzione o di espropriazione
forzata, a pena di nullità, riferite a debiti risultanti da atti
o fatti verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente
quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. Il divieto vale
fino al compimento della procedura di cui al comma 5 del citato
articolo 268-bis e comunque entro i limiti
indicati nel decreto del Ministro dell'interno di cui allo stesso
articolo 268-bis, compia 5, terzo periodo.
4.
È consentito in via straordinaria agli enti locali già dissestati,
che non abbiano concluso la procedura di risanamento con la presentazione
del rendiconto consuntivo, di accedere alla procedura di cui all'articolo
268-bis ove risulti l'insorgenza di maggiori
debiti riferiti ad atti o fatti di gestione avvenuti entro il
31 dicembre dell'anno antecedente a quello del bilancio riequilibrato,
tenuto conto anche di interessi, rivalutazioni e spese legali.
A tal fine i consigli degli enti interessati formulano al Ministero
dell'interno documentata richiesta in cui, su conforme parere
del responsabile del servizio finanziario e dell'organo di revisione,
è dato atto del fatto che non sussistono mezzi sufficienti a far
fronte all'evenienza. Si applicano in tal caso agli enti locali,
oltre alle norme di cui all'articolo 268-bis,
quelle contenute nel presente articolo (1) (2).
(1)
Articolo aggiunto dall'art. 1-ter, D.L. 31 marzo 2003, n. 50,
nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(2)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
Articolo
269
Modalità
applicative della procedura di risanamento.
1.
Le modalità applicative della procedura di risanamento degli enti
locali in stato di dissesto finanziario sono stabilite con regolamento
da emanarsi ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988,
n. 400.
2.
Nelle more dell'emanazione del regolamento di cui al comma 1 continuano
ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni recate dal
decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1993, n. 378
(1).
(1)
Le disposizioni del presente titolo (artt. 242 - 269) relative
alla disciplina dell'assunzione di mutui per il risanamento
dell'ente locale dissestato, nonché della contribuzione statale
sul relativo onere di ammortamento non trovano applicazione
ai sensi di quanto disposto dall'art. 31, comma 15, L. 27 dicembre
2002, n. 289, come modificato dall'art. 4, comma 208, L. 24
dicembre 2003, n. 350.
TESTO UNICO [2/2]
PARTE
III
ASSOCIAZIONI
DEGLI ENTI LOCALI
Articolo
270
Contributi
associativi.
1.
I contributi, stabiliti con delibera dagli organi statutari competenti
dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel, delle
altre associazioni degli enti locali e delle loro aziende con
carattere nazionale che devono essere corrisposti dagli enti associati
possono essere riscossi con ruoli formati ai sensi del decreto
legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, ed affidati ai concessionari
del servizio nazionale di riscossione. Gli enti anzidetti hanno
l'obbligo di garantire, sul piano nazionale, adeguate forme di
pubblicità relative alle adesioni e ai loro bilanci annuali.
2.
La riscossione avviene mediante ruoli, anche in unica soluzione,
su richiesta dei consigli delle associazioni suddette, secondo
le modalità stabilite nel decreto legislativo 26 febbraio 1999,
n. 46.
3.
Gli enti associati hanno diritto di recedere dalle associazioni
entro il 31 ottobre di ogni anno, con conseguente esclusione dai
ruoli dal 1° gennaio dell'anno successivo.
Articolo
271
Sedi
associative.
1.
Gli enti locali, le loro aziende e le associazioni dei comuni
presso i quali hanno sede sezioni regionali e provinciali dell'Anci,
dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni,
possono con apposita deliberazione, da adottarsi dal rispettivo
consiglio, mettere a disposizione gratuita per tali sedi locali
di loro proprietà ed assumere le relative spese di illuminazione,
riscaldamento, telefoniche e postali a carico del proprio bilancio.
2.
Gli enti locali, le loro aziende e associazioni dei comuni possono
disporre il distacco temporaneo, a tempo pieno o parziale, di
propri dipendenti presso gli organismi nazionali e regionali dell'Anci,
dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni,
ed autorizzarli a prestare la loro collaborazione in favore di
tali associazioni. I dipendenti distaccati mantengono la posizione
giuridica ed il corrispondente trattamento economico, a cui provvede
l'ente di appartenenza. Gli enti di cui sopra possono inoltre
autorizzare, a proprie spese, la partecipazione di propri dipendenti
a riunioni delle associazioni sopra accennate.
3.
Le associazioni di cui al comma 2 non possono utilizzare più di
dieci dipendenti distaccati dagli enti locali o dalle loro aziende
presso le rispettive sedi nazionali e non più di tre dipendenti
predetti presso ciascuna sezione regionale.
Articolo
272
Attività
delle associazioni nella cooperazione allo sviluppo.
1.
L'Anci e l'Upi possono essere individuate quali soggetti idonei
a realizzare programmi del Ministero degli affari esteri relativi
alla cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo,
di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49 e successive modificazioni,
nonchè ai relativi regolamenti di esecuzione. A tal fine il competente
ufficio del Ministero degli affari esteri è autorizzata a stipulare
apposite convenzioni che prevedano uno stanziamento globale da
utilizzare per iniziative di cooperazione da attuarsi anche da
parte dei singoli associati.
2.
I comuni e le province possono destinare un importo non superiore
allo 0,80 per cento della somma dei primi tre titoli delle entrate
correnti dei propri bilanci di previsione per sostenere programmi
di cooperazione allo sviluppo ed interventi di solidarietà internazionale.
TESTO UNICO [2/2]
PARTE
IV
DISPOSIZIONI
TRANSITORIE ED ABROGAZIONI
Articolo
273
Norme
transitorie.
1.
Resta fermo quanto previsto dall'art. 10, comma 3, e dall'art.
33 della legge 25 marzo 1993, n. 81, in materia di elezioni dei
consigli circoscrizionali e di adeguamento degli statuti, nonchè
quanto disposto dall'art. 51, comma 01, quarto periodo, della
legge 8 giugno 1990, n. 142.
2.
Resta fermo altresì quanto previsto dall'art. 51, commi 3-ter
e 3-quater, della legge 8 giugno 1990,
n. 142, fino all'applicazione della contrattazione decentrata
integrativa di cui ai C.C.N.L. per il personale del comparto delle
regioni e delle autonomie locali sottoscritti il 31 marzo e il
1° aprile 1999 limitatamente a quanto già attribuito antecedentemente
alla stipula di detti contratti.
3.
La disposizione di cui all'art. 51, comma 1, del presente testo
unico relativa alla durata del mandato ha effetto dal primo rinnovo
degli organi successivo alla data di entrata in vigore della legge
30 aprile 1999, n. 120.
4.
Fino al completamento delle procedure di revisione dei consorzi
e delle altre forme associative, resta fermo il disposto dell'art.
60 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e dell'art. 5, commi 11-
ter e 11-quater,
del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437.
5.
Fino all'entrata in vigore di specifica disposizione in materia,
emanata ai sensi dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59,
resta fermo il disposto dell'art. 19 del regio decreto 3 marzo
1934, n. 383, per la parte compatibile con l'ordinamento vigente.
6.
Le disposizioni degli articoli 125, 127 e 289 del testo unico
della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto
4 febbraio 1915, n. 148, si applicano fino all'adozione delle
modifiche statutarie e regolamentari previste dal presente testo
unico.
7.
Sono fatti salvi gli effetti dei regolamenti del consiglio in
materia organizzativa e contabile adottati nel periodo intercorrente
tra il 18 maggio 1997 ed il 21 agosto 1999 e non sottoposti al
controllo, nonchè degli atti emanati in applicazione di detti
regolamenti.
Articolo
274
Norme
abrogate.
1.
Sono o restano abrogate le seguenti disposizioni:
a)
regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;
b)
articoli 31 e 32 del regio decreto 7 giugno 1943, n. 651;
c)
articoli 2, commi 1, 2 e 3, e 23, commi 2 e 3, della legge 8 marzo
1951, n. 122;
d)
art. 63 della legge 10 febbraio 1953, n. 62;
e)
articoli 6, 9, 9-bis fatta salva l'applicabilità
delle disposizioni ivi previste agli amministratori regionali
ai sensi dell'art. 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, 72,
commi 3 e 4, e 75 del decreto del Presidente della Repubblica
del 16 maggio 1960, n. 570;
f)
legge 13 dicembre 1965, n. 1371;
g)
art. 6, comma 1, della legge 18 marzo 1968, n. 444;
h)
art. 6, comma 3, della legge 3 dicembre 1971, n. 1102;
i)
art. 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio 1977, n. 616;
j)
art. 6, comma 15, del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946,
convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1978, n.
43;
k)
art. 4, del decreto-legge 10 novembre 1978, n. 702, convertito,
con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 1979, n. 3;
l)
legge 23 aprile 1981, n. 154, fatte salve le disposizioni ivi
previste per i consiglieri regionali;
m)
articoli 4 e 6 della legge 23 marzo 1981, n. 93;
n)
art. 15, punto 4.4, limitatamente al primo periodo, articoli 35-bis
e 35-ter, del decreto-legge 28 febbraio
1983, n. 55, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile
1983, n. 131;
o)
legge 27 dicembre 1985, n. 816;
p)
articoli 15, salvo per quanto riguarda gli amministratori e i
componenti degli organi comunque denominati delle aziende sanitarie
locali e ospedaliere, i consiglieri regionali, 15- bis
e 16 della legge 19 marzo 1990, n. 55;
q)
legge 8 giugno 1990, n. 142;
r)
art. 13-bis, del decreto-legge 12 gennaio
1991, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo
1991, n. 80;
s)
art. 15, del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203;
t)
decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164 convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 luglio 1991, n. 221;
u)
art. 2, della legge 11 agosto 1991, n. 271;
v)
articoli 1 e 4 comma 2, della legge 18 gennaio 1992, n. 16;
w)
art. 12 commi 1, 3, 4, 5, 7 e 8, della legge 23 dicembre 1992,
n. 498;
x)
art. 3, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502, limitatamente a quanto riguarda le cariche di consigliere
comunale, provinciale, sindaco, assessore comunale, presidente
e assessore di Comunità montane;
y)
articoli da 44 a 47, del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 504;
z)
articoli 8 e 8-bis, del decreto-legge
18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge
19 marzo 1993, n. 68;
aa)
art. 36-bis, comma 2, del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29;
bb)
art. 3 del decreto-legge 25 febbraio 1993, n. 42, convertito,
con modificazioni, dalla legge 23 aprile 1993, n 120;
cc)
legge 25 marzo 1993, n. 81, limitatamente agli articoli: 1, 2,
3, comma 5, 5, 6, 7, 7-bis, 8, 9, 10,
commi 1 e 2, da 12 a 27 e 31;
dd)
articoli 1 e 7 della legge 15 ottobre 1993, n. 415;
ee)
decreto-legge 20 dicembre 1993, n. 529, convertito dalla legge
11 febbraio 1994, n. 108;
ff)
articoli 1, 2 e 4 della legge 12 gennaio 1994, n. 30;
gg)
art. 4, commi 2, 3 e 5 del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95;
hh)
articoli da 1 a 114 del decreto legislativo 25 febbraio 1995,
n. 77;
ii)
art. 5, commi 8, 8-bis, 8- ter,
9, 9-bis ed 11-bis
del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437;
jj)
art. 1, comma 89, ed art. 3, comma 69, della legge 28 dicembre
1995, n. 549;
kk)
legge 15 maggio 1997, n. 127, limitatamente agli articoli: 4;
5 ad eccezione del comma 7; 6 commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 10, 11
e 12 fatta salva l'applicabilità delle disposizioni ivi previste
per le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
le aziende sanitarie locali e ospedaliere; 10; 17, commi 8, 9
e 18, secondo periodo, da 33 a 36, 37, nella parte in cui si riferisce
al controllo del comitato regionale di controllo, da 38 a 45,
48, da 51 a 59, da 67 a 80 ad eccezione del 79-bis,
da 84 a 86;
ll)
art. 2, commi 12, 13, 15, 16, 29, 30 e 31 della legge 16 giugno
1998, n. 191;
mm)
art. 4, comma 2, della legge 18 novembre 1998, n. 415;
nn)
art. 2, comma 1, del decreto-legge 26 gennaio 1999, n. 8, convertito,
con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1999, n. 75;
oo)
art. 9, comma 5, della legge 8 marzo 1999, n. 50;
pp)
articoli 2, 7 e 8, commi 4 e 5, della legge 30 aprile 1999, n.
120;
qq)
legge 3 agosto 1999, n. 265, limitatamente agli articoli 1; 2;
3; 4, commi 1 e 3; 5; 6 tranne il comma 8; 7 comma 1; 8; 11 tranne
il comma 13; 13, commi 1, 3 e 4; 14; 16; 17, comma 3; 18, commi
1 e 2; 19; 20; 21; 22; 23; 24; 25; 26, commi da 1 a 6; 27; 28,
commi 3, 5, 6 e 7; 29; 30; 32 e 33;
rr)
legge 13 dicembre 1999, n. 475, ad eccezione dell'art. 1, comma
3, e fatte salve le disposizioni ivi previste per gli amministratori
regionali.
Articolo
275
Norma
finale.
1.
Salvo che sia diversamente previsto dal presente decreto e fuori
dei casi di abrogazione per incompatibilità, quando leggi, regolamenti,
decreti, od altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a disposizioni
espressamente abrogate dagli articoli contenuti nel presente capo,
il riferimento si intende alle corrispondenti disposizioni del
presente testo unico, come riportate da ciascun articolo.