Sei in Fallimento
Il concordato preventivo
La disciplina dettata in materia di concordato preventivo è stata modificata in
maniera piuttosto incisiva dal decreto legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito in
legge 14 maggio 2005 n. 80. Pertanto il nuovo art. 160 L. F. , a differenza della
precedente normativa, estende la possibilità di proporre domanda di concordato preventivo
non solo all’imprenditore in stato di insolvenza, ma anche all’imprenditore che
si trovi in una situazione di crisi temporanea dei pagamenti, non ancora propriamente
qualificabile come insolvenza.
Inoltre tale disposizione non si limita a prevedere i due tipi di concordato con
garanzia e con cessione dei beni del debitore, ma ne ammette una varietà indefinita,
stabilendo che la soddisfazione dei creditori possa avvenire in qualunque forma.
Vengono comunque mantenute anche le altre forme possibili di concordato, sia pure
in gran parte diversamente disciplinate. Ad esempio le garanzie per i creditori
possono essere le più diverse e non soltanto quelle reali e personali tipiche, come
l’ipoteca e la fideiussione.
Il nuovo testo dell’art. 160 L. F., poi, rispetto al passato, non impone più all’imprenditore
che proponga il concordato alcun requisito soggettivo particolare, quale la tenuta
di una regolare contabilità e la rituale iscrizione nel registro delle imprese dall’avvio
dell’attività.
Una volta presentata la domanda di concordato preventivo, devono essere superate
le varie fasi della procedura, sommariamente individuabili nell’ammissione alla
procedura stessa, nell’approvazione della proposta concordataria da parte dei creditori
e, da ultimo, nell’omologazione con sentenza del Tribunale, immediatamente esecutiva.
In particolare, la domanda di concordato, da presentarsi nella forma del ricorso
sottoscritto dal debitore, deve essere inoltrata al Tribunale competente, ossia
il Tribunale del luogo in cui si trova la sede principale dell’impresa, il centro
direttivo ed amministrativo di essa, risultando irrilevante, a tali fini, un trasferimento
di detta sede intervenuto nell’anno antecedente al deposito. Il suddetto ricorso,
peraltro, deve essere corredato da un’aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale,
economica e finanziaria dell’impresa, nonché da uno stato analitico ed estimativo
delle attività e dall’elenco nominativo dei creditori, con indicazione dei rispettivi
crediti e delle cause di prelazione.
La domanda di concordato preventivo viene dunque sottoposta ad un vaglio preliminare
di ammissibilità che si svolge nelle forme della procedura in camera di consiglio.
In primo luogo, deve essere accertata l’astratta assoggettabilità al fallimento
del debitore che ha presentato la domanda, quindi viene valutata la completezza
e regolarità della documentazione allegata. Secondo la precedente versione della
normativa fallimentare, venivano vagliate invece anche l’esistenza dei presupposti
soggettivi di ammissione al concordato, ora abrogati, e la convenienza del concordato
stesso. IN caso di rigetto della domanda di ammissione, gli atti debbono essere
trasmessi d’ufficio al Tribunale fallimentare per l’instaurazione di un’autonoma
istruttoria prefallimentare, non esistendo più alcuna automaticità tra il rigetto
della richiesta di concordato e dichiarazione di fallimento. Se il Tribunale, al
contrario, riconosce la sussistenza delle condizioni richieste dall’attuale disciplina,
dichiara aperta la procedura di concordato con decreto non reclamabile che segna
l’inizio della procedura.
Peraltro, oltre al Tribunale, organi della procedura in commento sono anche il giudice
delegato ed il commissario giudiziale, nominati dallo stesso Tribunale. Il giudice
delegato è titolare sia di poteri di carattere processuale che di natura amministrativa,
presiedendo, ad esempio, l’adunanza dei creditori e promuovendo l’eventuale dichiarazione
di fallimento. I poteri del commissario giudiziale, d’altro canto, sono assai più
ristretti rispetto a quelli del curatore nel fallimento, spettandogli prevalentemente
funzioni di controllo e di consulenza, soprattutto se si tiene conto del fatto che
la procedura di concordato preventivo non prevede lo spossessamento dei beni del
debitore, il quale conserva pertanto l’amministrazione degli stessi per tutta la
durata della procedura.
Quindi, nel periodo intercorrente tra il decreto di ammissione al concordato e l’adunanza
dei creditori debbono essere svolte attività e presi provvedimenti di carattere
urgente, allo scopo di assumere le informazioni necessarie sulla situazione debitoria
del proponente e sulle cause del dissesto e di predisporre tutto quanto occorra
per la successiva adunanza. E’ in questa sede, infatti, che i creditori sono chiamati
ad esprimere il proprio voto sulla proposta di concordato, arrivando ad approvare
il concordato stesso qualora la votazione favorevole sia espressa dalla maggioranza
dei creditori ammessi alla votazione. Non è dunque più richiesta una duplice maggioranza,
l’una riferita ai creditori votanti e l’altra, pari ai due terzi della totalità
dei crediti ammessi.
Quindi, una volta raggiunta la maggioranza, il Tribunale fissa un’udienza in camera
di consiglio al fine di omologare il concordato con decreto. Sia l’omologa che l’eventuale
provvedimento di rigetto che dichiari il fallimento sono comunque appellabili dinanzi
alla Corte di Appello. Peraltro la sentenza di omologazione del concordato preventivo
non solo determina la cessazione della procedura, ma libera anche il debitore da
ogni vincolo che non sia quello dell’osservanza scrupolosa delle condizioni del
concordato stesso e gli fa riacquistare la piena libertà di esercizio della sua
impresa. Il concordato, pur omologato, può tuttavia essere risolto o annullato negli
stessi casi previsti per il concordato fallimentare.
L'amministrazione controllata
La procedura di amministrazione controllata è stata abrogata completamente dal decreto
legislativo 9 gennaio 2006, anche se le procedure pendenti alla data dell’entrata
in vigore della riforma sono destinate a continuare fino al loro esaurimento, in
base alla precedente disciplina, tuttora vigente in via transitoria.