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CODICE DI PROCEDURA CIVILE
LIBRO SECONDO
DEL PROCESSO DI COGNIZIONE
Titolo I:
DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE
Capo I:
DELL'INTRODUZIONE DELLA CAUSA
Sezione I: DELLA
CITAZIONE E DELLA COSTITUZIONE DELLE PARTI
Art. 163
(Contenuto della
citazione)
La domanda si propone mediante
citazione a comparire a udienza fissa.
Il presidente del tribunale
stabilisce al principio dell'anno giudiziario, con decreto approvato dal
primo presidente della Corte di appello, i giorni della settimana e le ore
delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle
parti.
L'atto di citazione deve
contenere:
1) l'indicazione del tribunale
davanti al quale la domanda è proposta;
2) il nome, il cognome e la
residenza dell'attore, il nome, il cognome, la residenza o il domicilio o
la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li
rappresentano o li assistono. Se attore o convenuto è una persona
giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, la citazione
deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo
o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio;
3) la determinazione della cosa
oggetto della domanda;
4) l'esposizione dei fatti e
degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le
relative conclusioni;
5) l'indicazione specifica dei
mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei
documenti che offre in comunicazione;
6) il nome e il cognome del
procuratore e l'indicazione della procura, qualora questa sia stata già
rilasciata;
7) l'indicazione del giorno
dell'udienza di comparizione; l'invito al convenuto a costituirsi nel
termine di venti giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme
stabilite dall'articolo 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di
abbreviazione dei termini, e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi
al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis, con l'avvertimento
che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui
all'articolo 167 (1).
L'atto di citazione, sottoscritto
a norma dell'art. 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore
all'ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt. 137 e
seguenti.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 7, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 163 bis
(Termini per
comparire)
Tra il giorno della notificazione
della citazione e quello dell'udienza di comparizione debbono intercorrere
termini liberi non minori di sessanta giorni se il luogo della
notificazione si trova in Italia e di centoventi giorni se si trova
all'estero (1).
Nelle cause che richiedono pronta
spedizione il presidente può, su istanza dell'attore e con decreto
motivato in calce dell'atto originale e delle copie della citazione,
abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma.
Se il termine assegnato
dall'attore ecceda il minimo indicato dal primo comma, il convenuto,
costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al
presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di quest'ultimo
termine, l'udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo
anticipo su quella indicata dall'attore. Il presidente provvede con
decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere all'attore, almeno
cinque giorni liberi prima dell'udienza fissata dal presidente.
Articolo aggiunto dalla L. 14
luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 8, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 164
(Nullità della
citazione)
La citazione è nulla se è omesso
o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri
1) e 2) dell'articolo 163, se manca l'indicazione della data dell'udienza
di comparizione, se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a
quello stabilito dalla legge ovvero se manca l'avvertimento previsto dal
numero 7) dell'articolo 163.
Se il convenuto non si
costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della citazione
ai sensi del primo comma, ne dispone d'ufficio la rinnovazione entro un
termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e
processuali della domanda si producono sin dal momento della prima
notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la
cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma
dell'articolo 307, comma terzo.
La costituzione del convenuto
sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e
processuali di cui al secondo comma; tuttavia, se il convenuto deduce
l'inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell'avvertimento
previsto dal numero 7) dell'articolo 163, il giudice fissa una nuova
udienza nel rispetto dei termini.
La citazione è altresì nulla se è
omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito nel numero
3) dell'articolo 163 ovvero se manca l'esposizione dei fatti di cui al
numero 4) dello stesso articolo.
Il giudice, rilevata la nullità
ai sensi del comma precedente, fissa all'attore un termine perentorio per
rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare
la domanda. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti
anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione.
Nel caso di integrazione della
domanda, il giudice fissa l'udienza ai sensi dell'ultimo comma dell'art.
183 e si applica l'articolo 167.
Articolo così sostituito
dall'art. 9, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 165
(Costituzione
dell'attore)
L'attore, entro dieci giorni
dalla notificazione della citazione al convenuto, ovvero entro cinque
giorni nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma
dell'articolo 163 bis, deve costituirsi in giudizio a mezzo del
procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando
in cancelleria la nota d'iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo
contenente l'originale della citazione, la procura e i documenti offerti
in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la
residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale.
Se la citazione è notificata a
più persone, l'originale della citazione deve essere inserito nel
fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581
Art. 166
(Costituzione del
convenuto)
Il convenuto deve costituirsi a
mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge,
almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto
di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di
termini a norma del secondo comma dell'articolo 163-bis, ovvero almeno
venti giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo 168-bis,
quinto comma, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente
la comparsa di cui all'articolo 167 con la copia della citazione
notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.
Articolo sostituito dall'art. 10,
L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così modificato dall'art. 1,
D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.
Art. 167
(Comparsa di
risposta)
Nella comparsa di risposta il
convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti
posti dall'attore a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di
cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le
conclusioni.
A pena di decadenza deve proporre
le eventuali domande riconvenzionali . Se è omesso o risulta assolutamente
incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice,
rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per
integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti
acquisiti anteriormente alla integrazione (1).
Se intende chiamare un terzo in
causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai
sensi dell'articolo 269.
Articolo così sostituito
dall'art. 11, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(1) Comma così sostituito
dall’art. 3, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 168
(Iscrizione della
causa a ruolo e formazione del fascicolo d'ufficio)
All'atto della costituzione
dell'attore, o, se questi non si è costituito, all'atto della costituzione
del convenuto, su presentazione della nota d'iscrizione a ruolo, il
cancelliere iscrive la causa nel ruolo generale.
Contemporaneamente il cancelliere
forma il fascicolo d'ufficio, nel quale inserisce la nota d'iscrizione a
ruolo, copia dell'atto di citazione, delle comparse e delle memorie in
carta non bollata e, successivamente, i processi verbali d'udienza, i
provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e la copia del
dispositivo delle sentenze.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 168 bis
(Designazione del
giudice istruttore)
Formato un fascicolo d'ufficio a
norma dell'articolo precedente, il cancelliere lo presenta senza indugio
al presidente del tribunale, il quale, con decreto scritto in calce della
nota d'iscrizione al ruolo, designa il giudice istruttore davanti al quale
le parti debbono comparire, se non creda di procedere egli stesso
all'istruzione. Nei tribunali divisi in più sezioni il presidente assegna
la causa ad una di esse, e il presidente di questa provvede nelle stesse
forme alla designazione del giudice istruttore.
La designazione del giudice
istruttore deve in ogni caso avvenire non oltre il secondo giorno
successivo alla costituzione della parte più diligente.
Subito dopo la designazione del
giudice istruttore il cancelliere iscrive la causa sul ruolo della
sezione, su quello del giudice istruttore e gli trasmette il fascicolo
(1).
Se nel giorno fissato per la
comparizione il giudice istruttore designato non tiene udienza, la
comparizione delle parti è d'ufficio rimandata all'udienza immediatamente
successiva tenuta dal giudice designato (1).
Il giudice istruttore può
differire, con decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione
del fascicolo, la data della prima udienza fino ad un massimo di
quarantacinque giorni. In tal caso il cancelliere comunica alle parti
costituite la nuova data della prima udienza (2).
(1) Comma così sostituito
dall'art. 12, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma sostituito dall'art.
12, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così modificato
dall'art. 2, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.
Art. 169
(Ritiro dei
fascicoli di parte)
Ciascuna parte può ottenere dal
giudice istruttore l'autorizzazione di ritirare il proprio fascicolo dalla
cancelleria; ma il fascicolo deve essere di nuovo depositato ogni volta
che il giudice lo disponga.
Ciascuna parte ha la facoltà di
ritirare il fascicolo all'atto della rimessione della causa al collegio a
norma dell'articolo 189, ma deve restituirlo al più tardi al momento del
deposito della comparsa conclusionale.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 170
(Notificazioni e
comunicazioni nel corso del procedimento)
Dopo la costituzione in giudizio
tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore
costituito, salvo che la legge disponga altrimenti.
E' sufficiente la consegna di una
sola copia dell'atto, anche se il procuratore è costituito per più parti.
Le notificazioni e le
comunicazioni alla parte che sia costituita personalmente si fanno nella
residenza dichiarata o nel domicilio eletto.
Le comparse e le memorie
consentite dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria
oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con
l'apposizione sull'originale, in calce o in margine, del visto della parte
o del procuratore. Il giudice può prescrivere per singoli atti che si
segua una o altra di queste forme.
Art. 171
(Ritardata
costituzione delle parti)
Se nessuna delle parti si
costituisce nei termini stabiliti, si applicano le disposizioni
dell'articolo 307, primo e secondo comma.
Se una delle parti si è
costituita entro il termine rispettivamente a lei assegnato, l'altra parte
può costituirsi successivamente fino alla prima udienza, ma restano ferme
per il convenuto le decadenze di cui all'articolo 167 (1).
La parte che non si costituisce
neppure in tale udienza è dichiarata contumace con ordinanza del giudice
istruttore, salva la disposizione dell'articolo 291.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 13, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Sezione II: DELLA
DESIGNAZIONE DEL GIUDICE ISTRUTTORE
Art. 172
Articolo abrogato dalla L. 14
luglio 1950, n. 581
Art. 173
Articolo abrogato dalla L. 14
luglio 1950, n. 581
Art. 174
(Immutabilità del
giudice istruttore)
Il giudice designato è investito
di tutta l'istruzione della causa e della relazione al collegio.
Soltanto in caso di assoluto
impedimento o di gravi esigenze di servizio può essere sostituito con
decreto del presidente. La sostituzione può essere disposta, quando è
indispensabile, anche per il compimento dei singoli atti.
Capo II:
DELL'ISTRUZIONE DELLA CAUSA
Sezione I: DEI
POTERI DEL GIUDICE ISTRUTTORE IN GENERALE
Art. 175
(Direzione del
procedimento)
Il giudice istruttore esercita
tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del
procedimento.
Egli fissa le udienze successive
e i termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali.
Quando il giudice ha omesso di
provvedere a norma del comma precedente, si applica la disposizione
dell'articolo 289.
Art. 176
(Forma dei
provvedimenti)
Tutti i provvedimenti del giudice
istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti, hanno la forma
dell'ordinanza.
Le ordinanze pronunciate in
udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che
dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell'udienza sono comunicate
a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi.
Art. 177
(Effetti e revoca
delle ordinanze)
Le ordinanze, comunque motivate,
non possono mai pregiudicare la decisione della causa.
Salvo quanto disposto dal
seguente comma, le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate
dal giudice che le ha pronunciate.
Non sono modificabili nè
revocabili dal giudice che le ha pronunciate:
1) le ordinanze pronunciate
sull'accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre;
esse sono tuttavia revocabili dal giudice istruttore o dal collegio,
quando vi sia l'accordo di tutte le parti;
2) le ordinanze dichiarate
espressamente non impugnabili dalla legge;
3) le ordinanze per le quali la
legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo (1);
4) le ordinanze per le quali sia
stato proposto reclamo a norma dell'articolo seguente (2).
(1) Punto così modificato
dall'art. 14, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Punto abrogato dall'art. 89,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 178
(Controllo del
collegio sulle ordinanze)
Le parti, senza bisogno di mezzi
di impugnazione, possono proporre al collegio, quando la causa è rimessa a
questo a norma dell'art. 189, tutte le questioni risolute dal giudice
istruttore con ordinanza revocabile.
L'ordinanza del giudice
istruttore, che non operi in funzione di giudice unico, quando dichiara
l'estinzione del processo è impugnabile dalle parti con reclamo immediato
al collegio (1).
Il reclamo deve essere proposto
nel termine perentorio di dieci giorni decorrente dalla pronuncia della
ordinanza se avvenuta in udienza, o altrimenti decorrente dalla
comunicazione dell'ordinanza medesima.
Il reclamo è presentato con
semplice dichiarazione nel verbale d'udienza, o con ricorso al giudice
istruttore.
Se il reclamo è presentato in
udienza, il giudice assegna nella stessa udienza, ove le parti lo
richiedono, il termine per la comunicazione di una memoria, e quello
successivo per la comunicazione di una replica. Se il reclamo è proposto
con ricorso, questo è comunicato a mezzo della cancelleria alle altre
parti, insieme con decreto, in calce, del giudice istruttore, che assegna
un termine per la comunicazione dell'eventuale memoria di risposta.
Scaduti tali termini, il collegio provvede entro i quindici giorni
successivi (2).
Scaduti i termini previsti dal
comma precedente, il collegio, entro i quindici giorni successivi,
provvede in camera di consiglio con ordinanza, alla quale si applicano le
disposizioni dell'articolo 279 quarto comma, e dell'articolo 280 (3).
Il provvedimento del collegio è
limitato all'ammissibilità e alla rilevanza del mezzo di prova, e pertanto
le parti non possono sottoporgli conclusioni di merito, nè totali nè
parziali. Tuttavia il collegio, su richiesta di parte o d'ufficio, può
limitarsi a rimettere con l'ordinanza le parti al giudice istruttore per
gli adempimenti previsti dagli articoli 189 e 190 (3).
L'esecuzione dell'ordinanza è
sospesa durante il termine per proporre reclamo e durante il giudizio su
questo, salvo che il giudice istruttore, nei casi d'urgenza, l'abbia
dichiarata esecutiva nonostante reclamo (3).
(1) Comma così sostituito
dall'art. 15, comma 1, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma così modificato
dall'art. 15, comma 2, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(3) Comma abrogato dall'art. 89,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 179
(Ordinanze di
condanna a pene pecuniarie)
Se la legge non dispone
altrimenti, le condanne a pene pecuniarie previste nel presente codice
sono pronunciate con ordinanza del giudice istruttore.
L'ordinanza pronunciata in
udienza in presenza dell'interessato e previa contestazione dell'addebito
non è impugnabile; altrimenti il cancelliere la notifica al condannato, il
quale, nel termine perentorio di tre giorni, può proporre reclamo con
ricorso allo stesso giudice che l'ha pronunciata.
Questi, valutate le
giustificazioni addotte, pronuncia sul reclamo con ordinanza non
impugnabile.
Le ordinanze di condanna previste
nel presente articolo costituiscono titolo esecutivo.
Sezione II: DELLA
TRATTAZIONE DELLA CAUSA
Art. 180
(Udienza di prima
comparizione e forma della trattazione) (°)
All’udienza fissata per la prima
comparizione delle parti il giudice istruttore verifica d’ufficio la
regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i
provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo comme, dall’articolo
164, dall’articolo 167, dall’articolo 182 e dall’articolo 291, primo comma
(1).
La trattazione della causa
davanti al giudice istruttore è orale. Se richiesto, il giudice istruttore
può autorizzare comunicazioni di comparse a norma dell’ultimo comma
dell’articolo 170. In ogni caso fissa a data successiva la prima udienza
di trattazione, assegnando al convenuto un termine perentorio non
inferiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le eccezioni
processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio (1).
Della trattazione della causa si
redige processo verbale, nel quale si inseriscono le conclusioni delle
parti e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(°) Rubrica così sostituita
dall’art. 4, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
(1) L’originario primo comma è
stato sostituito con gli attuali primo e secondo comma dall’art. 4, comma
1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 181
(Mancata
comparizione delle parti)
Se nessuna delle parti comparisce
nella prima udienza, il giudice fissa una udienza successiva, di cui il
cancelliere dà comunicazioni alle parti costituite. Se nessuna delle parti
comparisce alla nuova udienza il giudice, con ordinanza non impugnabile,
dispone la cancellazione della causa dal ruolo (1).
Se l'attore costituito non
comparisce alla prima udienza, e il convenuto non chiede che si proceda in
assenza di lui, il giudice fissa una nuova udienza, della quale il
cancelliere dà comunicazione all'attore. Se questi non comparisce alla
nuova udienza, il giudice, se il convenuto non chiede che si proceda in
assenza di lui, ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara
l'estinzione del processo.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma modificato dall’art.
16, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così modificato
dall’art. 4, comma 1 bis, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 182
(Difetto di
rappresentanza o di autorizzazione)
Il giudice istruttore verifica
d'ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre,
le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che
riconosce difettosi.
Quando rileva un difetto di
rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, il giudice può
assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla
quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, o per il rilascio delle
necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza.
Art. 183
(Prima udienza di
trattazione)
Nella prima udienza di
trattazione il giudice istruttore interroga liberamente le parti presenti
e, quando la natura della causa lo consente, tenta la conciliazione. La
mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce
comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell'articolo 116.
Le parti hanno facoltà di farsi
rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere
a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con
atto pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire al
procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La
mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte
del procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell'articolo 116.
Il giudice richiede alle parti,
sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le
questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la
trattazione.
Nella stessa udienza l'attore può
proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda
riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì
chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli
106 e 269, terzo comma, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto.
Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni
e le conclusioni già formulate (1).
Se richiesto, il giudice fissa un
termine perentorio non superiore a trenta giorni per il deposito di
memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle
eccezioni e delle conclusioni già proposte. Concede altresì alle parti un
successivo termine perentorio non superiore a trenta giorni per replicare
alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall’altra parte e per
proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni
medesime. Con la stessa ordinanza il giudice fissa l'udienza per i
provvedimenti di cui all'articolo 184 (1).
Articolo così sostituito
dall'art. 17, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(1) Comma così sostituito
dall’art. 5, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 184
(Deduzioni
istruttorie)
Salva l'applicazione
dell'articolo 187 il giudice istruttore, se ritiene che siano ammissibili
e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti; ovvero, su istanza di
parte, rinvia ad altra udienza, assegnando un termine entro il quale le
parti possono produrre documenti e indicare nuovi mezzi di prova, nonchè
altro termine per l'eventuale indicazione di prova contraria.
I termini di cui al comma
precedente sono perentori.
Nel caso in cui vengano disposti
d'ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine
perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono
necessari in relazione ai primi.
Articolo così sostituito
dall'art. 18, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 184 bis
(Rimessione in
termini)
La parte che dimostra di essere
incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al
giudice istruttore di essere rimessa in termini (1).
Il giudice provvede a norma
dell'articolo 294, secondo e terzo comma.
Articolo aggiunto dall'art. 19,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
(1) Comma così sostituito
dall’art. 6, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 185
(Tentativo di
conciliazione)
Se la natura della causa lo
consente, il giudice istruttore, nella prima udienza, deve cercare di
conciliare le parti, disponendo, quando occorre, la loro comparizione
personale (1).
Il tentativo di conciliazione può
essere rinnovato in qualunque momento dell'istruzione.
Quando le parti si sono
conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa. Il
processo verbale costituisce titolo esecutivo.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma abrogato dall'art. 89,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 186
(Pronuncia dei
provvedimenti)
Sulle domande e sulle eccezioni
delle parti, il giudice istruttore, sentite le loro ragioni, dà in udienza
i provvedimenti opportuni; ma può anche riservarsi di pronunciarli entro i
cinque giorni successivi.
Art. 186 bis
(Ordinanza per il
pagamento di somme non contestate)
Su istanza di parte il giudice
istruttore può disporre, fino al momento della precisazione delle
conclusioni, il pagamento delle somme non contestate dalle parti
costituite.
L'ordinanza costituisce titolo
esecutivo e conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo.
L'ordinanza è soggetta alla
disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177, primo e
secondo comma, e 178, primo comma.
Articolo aggiunto dall'art. 20,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 186 ter
(Istanza di
ingiunzione)
Fino al momento della
precisazione delle conclusioni, quando ricorrano i presupposti di cui
all'art. 633, primo comma, n. 1), e secondo comma, e di cui all'art. 634,
la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del processo,
di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna.
L'ordinanza deve contenere i
provvedimenti previsti dall'art. 641, ultimo comma, ed è dichiarata
provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all'art.
642, nonchè, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui
all'art. 648, primo comma. La provvisoria esecutorietà non può essere mai
disposta ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata
prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l'atto
pubblico.
L'ordinanza è soggetta alla
disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177 e 178,
primo comma.
Se il processo si estingue
l'ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai
sensi dell'art. 653, primo comma.
Se la parte contro cui è
pronunciata l'ingiunzione è contumace, l'ordinanza deve essere notificata
ai sensi e per gli effetti dell'art. 644. In tal caso l'ordinanza deve
altresì contenere l'espresso avvertimento che, ove la parte non si
costituisca entro il termine di venti giorni dalla notifica, diverrà
esecutiva ai sensi dell'art. 647.
L'ordinanza dichiarata esecutiva
costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale.
Articolo aggiunto dall'art. 21,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 186 quater
(Ordinanza
successiva alla chiusura dell’istruzione)
Esaurita l’istruzione, il giudice
istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al
pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, può
disporre con ordinanza il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, nei
limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. Con l’ordinanza il giudice
provvede sulle spese processuali.
L’ordinanza è titolo esecutivo.
Essa è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio.
Se, dopo la pronuncia
dell’ordinanza, il processo si estingue, l’ordinanza acquista l’efficacia
della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza.
La parte intimata può dichiarare
di rinunciare alla pronuncia della sentenza, con atto notificato all’altra
parte e depositato in cancelleria. Dalla data del deposito dell’atto
modificato, l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile
sull’oggetto dell’istanza.
Articolo aggiunto dall’art. 7,
D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 187
(Provvedimenti
del giudice istruttore)
Il giudice istruttore, se ritiene
che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di
assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio.
Può rimettere le parti al
collegio affinchè sia decisa separatamente una questione di merito avente
carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il
giudizio.
Il giudice provvede analogamente
se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad
altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al
merito.
Qualora il collegio provveda a
norma dell'articolo 279, secondo comma, numero 4), i termini di cui
all'articolo 184, non concessi prima della rimessione al collegio, sono
assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza
dinanzi a lui (1).
Il giudice dà ogni altra
disposizione relativa al processo.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così modificato
dall'art. 22, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 188
(Attività
istruttoria del giudice)
Il giudice istruttore provvede
all'assunzione dei mezzi di prova e, esaurita l'istruzione, rimette le
parti al collegio per la decisione a norma dell'articolo seguente.
Art. 189
(Rimessione al
collegio)
Il giudice istruttore, quando
rimette la causa al collegio, a norma dei primi tre commi dell'articolo
187 o dell'articolo 188, invita le parti a precisare davanti a lui le
conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di
quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell'art. 183. Le
conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi
previsti dall'articolo 187, secondo e terzo comma (1).
La rimessione investe il collegio
di tutta la causa, anche quando avviene a norma dell'articolo 187, secondo
e terzo comma.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 23, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 190
(Comparse
conclusionali e memorie)
Le comparse conclusionali debbono
essere depositate entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla
rimessione della causa al collegio e le memorie di replica entro i venti
giorni successivi.
Per il deposito delle comparse
conclusionali il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio,
può fissare un termine più breve, comunque non inferiore a venti giorni.
Articolo così sostituito
dall'art. 24, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 190 bis
(Decisione del
giudice istruttore in funzione di giudice unico)
Per le cause che devono essere
decise dal giudice istruttore in funzione di giudice unico, questi, fatte
precisare le conclusioni ai sensi dell'articolo 189, dispone lo scambio
delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi
dell'articolo 190 e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria entro
sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie
di replica.
Se una delle parti lo richiede il
giudice, disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali ai sensi
dell'articolo 190, fissa l'udienza di discussione non oltre sessanta
giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse
conclusionali; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta
giorni successivi.
Articolo aggiunto dall'art. 25,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Sezione III:
DELL'ISTRUZIONE PROBATORIA
§ 1: DELLA NOMINA E
DELLE INDAGINI DEL CONSULENTE TECNICO
Art. 191
(Nomina del
consulente tecnico)
Nei casi di cui agli articoli 61
e seguenti il giudice istruttore, con l'ordinanza prevista nell'articolo
187 ultimo comma o con altra successiva, nomina un consulente tecnico e
fissa l'udienza nella quale questi deve comparire.
Possono essere nominati più
consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge
espressamente lo dispone.
Art. 192
(Astensione e
ricusazione del consulente)
L'ordinanza è notificata al
consulente tecnico a cura del cancelliere, con invito a comparire
all'udienza fissata dal giudice.
Il consulente che non ritiene di
accettare l'incarico o quello che, obbligato a prestare il suo ufficio,
intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l'ha
nominato almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione; nello
stesso termine le parti debbono proporre le loro istanze di ricusazione,
depositando nella cancelleria ricorso al giudice istruttore.
Questi provvede con ordinanza non
impugnabile.
Art. 193
(Giuramento del
consulente)
All'udienza di comparizione il
giudice istruttore ricorda al consulente l'importanza delle funzioni che è
chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente
adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere ai
giudici la verità.
Art. 194
(Attività del
consulente)
Il consulente tecnico assiste
alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche
fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all'articolo
62, da sè solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può
essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere
informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi.
Anche quando il giudice dispone
che il consulente compia indagini da sè solo, le parti possono intervenire
alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei
difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce,
osservazioni e istanze.
Art. 195
(Processo verbale
e relazione)
Delle indagini del consulente si
forma processo verbale, quando sono compiute con l'intervento del giudice
istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga
relazione scritta.
Se le indagini sono compiute
senza l'intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella
quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti.
La relazione deve essere
depositata in cancelleria nel termine che il giudice fissa.
Art. 196
(Rinnovazione
delle indagini e sostituzione del consulente)
Il giudice ha sempre la facoltà
di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la
sostituzione del consulente tecnico.
Art. 197
(Assistenza
all'udienza e audizione in camera di consiglio)
Quando lo ritiene opportuno il
presidente invita il consulente tecnico ad assistere alla discussione
davanti al collegio e ad esprimere il suo parere in camera di consiglio in
presenza delle parti, le quali possono chiarire e svolgere le loro ragioni
per mezzo dei difensori.
Art. 198
(Esame contabile)
Quando è necessario esaminare
documenti contabili e registri, il giudice istruttore può darne incarico
al consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione
delle parti.
Il consulente sente le parti e,
previo consenso di tutte, può esaminare anche documenti e registri non
prodotti in causa. Di essi tuttavia, senza il consenso di tutte le parti,
non può fare menzione nei processi verbali o nella relazione di cui
all'articolo 195.
Art. 199
(Processo verbale
di conciliazione)
Se le parti si conciliano, si
redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle
parti e dal consulente tecnico e inserito nel fascicolo d'ufficio.
Il giudice istruttore attribuisce
con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale.
Art. 200
(Mancata
conciliazione)
Se la conciliazione delle parti
non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il
suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine
fissato dal giudice istruttore.
Le dichiarazioni delle parti,
riportate dal consulente nella relazione, possono essere valutate dal
giudice a norma dell'articolo 116 secondo comma.
Art. 201
(Consulente
tecnico di parte)
Il giudice istruttore, con
l'ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine entro
il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un
loro consulente tecnico.
Il consulente della parte, oltre
ad assistere a norma dell'articolo 194 alle operazioni del consulente del
giudice, partecipa all'udienza e alla camera di consiglio ogni volta che
vi interviene il consulente del giudice, per chiarire e svolgere con
l'autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle
indagini tecniche.
§ 2: DELL'ASSUNZIONE
DEI MEZZI DI PROVA IN GENERALE
Art. 202
(Tempo, luogo e
modo dell'assunzione)
Quando dispone mezzi di prova, il
giudice istruttore, se non può assumerli nella stessa udienza, stabilisce
il tempo, il luogo e il modo dell'assunzione.
Se questa non si esaurisce
nell'udienza fissata, il giudice ne differisce la prosecuzione ad un
giorno prossimo.
Art. 203
(Assunzione fuori
della circoscrizione del tribunale)
Se i mezzi di prova debbono
assumersi fuori della circoscrizione del tribunale, il giudice istruttore
delega a procedervi il pretore del luogo, salvo che le parti richiedano
concordemente e il presidente del tribunale consente che vi si trasferisca
il giudice stesso.
Nell'ordinanza di delega al
pretore, il giudice fissa il termine entro il quale la prova deve
assumersi e l'udienza di comparizione delle parti per la prosecuzione del
giudizio.
Il pretore, su istanza della
parte interessata, procede all'assunzione del mezzo di prova e d'ufficio
ne rimette il processo verbale al giudice istruttore prima dell'udienza
fissata per la prosecuzione del giudizio, anche se l'assunzione non è
esaurita.
Le parti possono rivolgere al
giudice istruttore, direttamente o a mezzo del pretore delegato, istanza
per la proroga del termine.
Art. 204
(Rogatorie alle
autorità estere e ai consoli italiani)
Le rogatorie dei giudici italiani
alle autorità estere per l'esecuzione di provvedimenti istruttori sono
trasmesse per via diplomatica.
Quando la rogatoria riguarda
cittadini italiani residenti all'estero, il giudice istruttore delega il
console competente, che provvede a norma della legge consolare.
Per l'assunzione dei mezzi di
prova e la prosecuzione del giudizio, il giudice pronuncia i provvedimenti
previsti negli ultimi tre commi dell'articolo precedente.
Art. 205
(Risoluzione
degli incidenti relativi alla prova)
Il giudice che procede
all'assunzione dei mezzi di prova, anche se delegato a norma dell'articolo
203, pronuncia con ordinanza su tutte le questioni che sorgono nel corso
della stessa.
Art. 206
(Assistenza delle
parti all'assunzione)
Le parti possono assistere
personalmente all'assunzione dei mezzi di prova.
Art. 207
(Processo verbale
dell'assunzione)
Dell'assunzione dei mezzi di
prova si redige processo verbale sotto la direzione del giudice.
Le dichiarazioni delle parti e
dei testimoni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante
che le sottoscrive.
Il giudice, quando lo ritiene
opportuno, nel riportare le dichiarazioni descrive il contegno della parte
e del testimone.
Art. 208
(Decadenza
dall'assunzione)
Se non si presenta la parte su
istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la prova, il giudice
istruttore la dichiara decaduta dal diritto di farla assumere, salvo che
l'altra parte presente non ne chieda l'assunzione.
La parte interessata può chiedere
nell'udienza successiva al giudice la revoca dell'ordinanza che ha
pronunciato la sua decadenza dal diritto di assumere la prova. Il giudice
dispone la revoca con ordinanza, quando riconosce che la mancata
comparizione è stata cagionata da causa non imputabile alla stessa parte.
Articolo così sostituito
dall'art. 26, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 209
(Chiusura
dell'assunzione)
Il giudice istruttore dichiara
chiusa l'assunzione quando sono eseguiti i mezzi ammessi o quando,
dichiarata la decadenza di cui all'articolo precedente, non vi sono altri
mezzi da assumere, oppure quando egli ravvisa superflua, per i risultati
già raggiunti, la ulteriore assunzione.
§ 3: DELL'ESIBIZIONE
DELLE PROVE
Art. 210
(Ordine di
esibizione alla parte o al terzo)
Negli stessi limiti entro i quali
può essere ordinata a norma dell'articolo 118 l'ispezione di cose in
possesso di una parte o di un terzo, il giudice istruttore, su istanza di
parte, può ordinare all'altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un
documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l'acquisizione al
processo.
Nell'ordinare l'esibizione, il
giudice dà i provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il modo
dell'esibizione.
Se l'esibizione importa una
spesa, questa deve essere in ogni caso anticipata dalla parte che ha
proposta l'istanza di esibizione.
Art. 211
(Tutela dei
diritti del terzo)
Quando l'esibizione è ordinata ad
un terzo, il giudice istruttore deve cercare di conciliare nel miglior
modo possibile l'interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti
del terzo, e prima di ordinare l'esibizione può disporre che il terzo sia
citato in giudizio, assegnando alla parte istante un termine per
provvedervi.
Il terzo può sempre fare
opposizione contro l'ordinanza di esibizione, intervenendo nel giudizio
prima della scadenza del termine assegnatogli.
Art. 212
(Esibizione di
copia del documento e dei libri di commercio)
Il giudice istruttore può
disporre che, in sostituzione dell'originale, si esibisca una copia anche
fotografica o un estratto autentico del documento.
Nell'ordinare l'esibizione di
libri di commercio o di registri al fine di estrarne determinate partite,
il giudice, su istanza dell'interessato, può disporre che siano prodotti
estratti, per la formazione dei quali nomina un notaio e, quando occorre,
un esperto affinchè lo assista.
Art. 213
(Richiesta
d'informazioni alla pubblica amministrazione)
Fuori dei casi previsti negli
articoli 210 e 211, il giudice può richiedere d'ufficio alla pubblica
amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti
dell'amministrazione stessa, che è necessario acquisire al processo.
§ 4: DEL
RICONOSCIMENTO E DELLA VERIFICAZIONE
DELLA SCRITTURA
PRIVATA
Art. 214
(Disconoscimento
della scrittura privata)
Colui contro il quale è prodotta
una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare
formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione.
Gli eredi o aventi causa possono
limitarsi a dichiarare di non conoscere la scrittura o la sottoscrizione
del loro autore.
Art. 215
(Riconoscimento
tacito della scrittura privata)
La scrittura privata prodotta in
giudizio si ha per riconosciuta:
1) se la parte, alla quale la
scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è contumace, salva la
disposizione dell'articolo 293 terzo comma;
2) se la parte comparsa non la
disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella
prima risposta successiva alla produzione.
Quando nei casi ammessi dalla
legge la scrittura è prodotta in copia autentica, il giudice istruttore
può concedere un termine per deliberare alla parte che ne fa istanza nei
modi di cui al numero 2.
Art. 216
(Istanza di
verificazione)
La parte che intende valersi
della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo
i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture
che possono servire di comparazione.
L'istanza per la verificazione
può anche proporsi in via principale con citazione, quando la parte
dimostra di avervi interesse; ma se il convenuto riconosce la scrittura,
le spese sono poste a carico dell'attore.
Art. 217
(Custodia della
scrittura e provvedimenti istruttori)
Quando è chiesta la
verificazione, il giudice istruttore dispone le cautele opportune per la
custodia del documento, stabilisce il termine per il deposito in
cancelleria delle scritture di comparazione, nomina, quando occorre, un
consulente tecnico e provvede all'ammissione delle altre prove.
Nel determinare le scritture che
debbono servire di comparazione, il giudice ammette, in mancanza di
accordo delle parti, quelle la cui provenienza dalla persona che si
afferma autrice della scrittura è riconosciuta oppure accertata per
sentenza di giudice o per atto pubblico.
Art. 218
(Scritture di
comparazione presso depositari)
Se le scritture di comparazione
si trovano presso depositari pubblici o privati e l'asportazione non ne è
vietata, il giudice istruttore può disporre il deposito in cancelleria in
un termine da lui fissato.
Se la comparazione deve eseguirsi
nel luogo dove si trovano le scritture, il giudice dà le disposizioni
necessarie per le operazioni, che debbono compiersi in presenza del
depositario.
Art. 219
(Redazione di
scritture di comparazione)
Il giudice istruttore può
ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura, anche alla presenza del
consulente tecnico.
Se la parte invitata a comparire
personalmente non si presenta o rifiuta di scrivere senza giustificato
motivo, la scrittura si può ritenere riconosciuta.
Art. 220
(Pronuncia del
collegio)
Sull'istanza di verificazione
pronuncia sempre il collegio.
Il collegio, nella sentenza che
dichiara la scrittura o la sottoscrizione di mano della parte che l'ha
negata, può condannare quest'ultima a una pena pecuniaria non inferiore a
lire duemila e non superiore a lire quarantamila.
§ 5: DELLA QUERELA
DI FALSO
Art. 221
(Modo di
proposizione e contenuto della querela)
La querela di falso può proporsi
tanto in via principale quanto in corso di causa in qualunque stato e
grado di giudizio, finchè la verità del documento non sia stata accertata
con sentenza passata in giudicato.
La querela deve contenere, a pena
di nullità, l'indicazione degli elementi e delle prove della falsità, e
deve essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di
procuratore speciale, con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi
al verbale d'udienza.
È obbligatorio l'intervento nel
processo del pubblico ministero.
Art. 222
(Interpello della
parte che ha prodotto la scrittura)
Quando è proposta querela di
falso in corso di causa, il giudice istruttore interpella la parte che ha
prodotto il documento se intende valersene in giudizio. Se la risposta è
negativa, il documento non è utilizzabile in causa; se è affermativa, il
giudice, che ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione
della querela nella stessa udienza o in una successiva; ammette i mezzi
istruttori che ritiene idonei, e dispone i modi e i termini della loro
assunzione.
Art. 223
(Processo verbale
di deposito del documento)
Nell'udienza in cui è presentata
la querela, si forma processo verbale di deposito nelle mani del
cancelliere del documento impugnato.
Il processo verbale è redatto in
presenza del pubblico ministero e delle parti, e deve contenere la
descrizione dello stato in cui il documento si trova, con indicazione
delle cancellature, abrasioni, aggiunte, scritture interlineari e di ogni
altra particolarità che vi si riscontra.
Il giudice istruttore, il
pubblico ministero e il cancelliere appongono la firma sul documento. Il
giudice può anche ordinare che di esso sia fatta copia fotografica.
Art. 224
(Sequestro del
documento)
Se il documento impugnato di
falso si trova presso un depositario, il giudice istruttore può ordinarne
il sequestro con le forme previste nel codice di procedura penale, dopo di
che si redige il processo verbale di cui all'articolo precedente.
Se non è possibile il deposito
del documento in cancelleria, il giudice dispone le necessarie cautele per
la conservazione di esso e redige il processo verbale alla presenza del
depositario, nel luogo dove il documento si trova.
Art. 225
(Decisione sulla
querela)
Sulla querela di falso pronuncia
sempre il collegio.
Il giudice istruttore può
rimettere le parti al collegio per la decisione sulla querela
indipendentemente dal merito. In tal caso, su istanza di parte, può
disporre che la trattazione della causa continui davanti a sè
relativamente a quelle domande che possono essere decise indipendentemente
dal documento impugnato.
Art. 226
(Contenuto della
sentenza)
Il collegio, con la sentenza che
rigetta la querela di falso, ordina la restituzione del documento e
dispone che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza
sull'originale o sulla copia che ne tiene luogo; condanna inoltre la parte
querelante a una pena pecuniaria non inferiore a lire quattromila e non
superiore a lire quarantamila.
Con la sentenza che accerta la
falsità il collegio, anche d'ufficio, dà le disposizioni di cui
all'articolo 480 del codice di procedura penale
Art. 227
(Esecuzione della
sentenza che ha pronunciato sulla querela)
L'esecuzione delle sentenze
previste nell'articolo precedente non può aver luogo prima che siano
passate in giudicato.
Se non è richiesta dalle parti,
l'esecuzione è promossa dal pubblico ministero a spese del soccombente con
l'osservanza, in quanto applicabili, delle norme dell'articolo 481 del
codice di procedura penale.
§ 6: DELLA
CONFESSIONE GIUDIZIALE E DELL'INTERROGATORIO FORMALE
Art. 228
(Confessione
giudiziale)
La confessione giudiziale è
spontanea o provocata mediante interrogatorio formale.
Art. 229
(Confessione
spontanea)
La confessione spontanea può
essere contenuta in qualsiasi atto processuale firmato dalla parte
personalmente, salvo il caso dell'articolo 117.
Art. 230
(Modo
dell'interrogatorio)
L'interrogatorio deve essere
dedotto per articoli separati e specifici.
Il giudice istruttore procede
all'assunzione dell'interrogatorio nei modi e termini stabiliti
nell'ordinanza che l'ammette.
Non possono farsi domande su
fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, ad eccezione delle domande
su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; ma il giudice
può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date.
Art. 231
(Risposta)
La parte interrogata deve
rispondere personalmente. Essa non può servirsi di scritti preparati, ma
il giudice istruttore può consentirle di valersi di note o appunti, quando
deve fare riferimento a nomi o a cifre, o quando particolari circostanze
lo consigliano.
Art. 232
(Mancata
risposta)
Se la parte non si presenta o
rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il collegio, valutato
ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti
nell'interrogatorio.
Il giudice istruttore, che
riconosce giustificata la mancata presentazione della parte per rispondere
all'interrogatorio, dispone per l'assunzione di esso anche fuori della
sede giudiziaria.
§ 7: DEL GIURAMENTO
Art. 233
(Deferimento del
giuramento decisorio)
Il giuramento decisorio può
essere deferito in qualunque stato della causa davanti al giudice
istruttore, con dichiarazione fatta all'udienza dalla parte o dal
procuratore munito di mandato speciale o con atto sottoscritto dalla
parte.
Esso deve essere formulato in
articoli separati, in modo chiaro e specifico.
Art. 234
(Riferimento)
Finchè non abbia dichiarato di
essere pronta a giurare, la parte, alla quale il giuramento decisorio è
stato deferito, può riferirlo all'avversario nei limiti fissati dal codice
civile.
Art. 235
(Irrevocabilità)
La parte, che ha deferito o
riferito il giuramento decisorio, non può più revocarlo quando
l'avversario ha dichiarato di essere pronto a prestarlo.
Art. 236
(Caso di
revocabilità)
Se nell'ammettere il giuramento
decisorio il giudice modifica la formula proposta dalla parte, questa può
revocarlo.
Art. 237
(Risoluzione
delle contestazioni)
Le contestazioni sorte tra le
parti circa l'ammissione del giuramento decisorio sono decise dal
collegio.
L'ordinanza del collegio che
ammette il giuramento deve essere notificata personalmente alla parte.
Art. 238
(Prestazione)
Il giuramento decisorio è
prestato personalmente dalla parte ed è ricevuto dal giudice istruttore.
Questi ammonisce il giurante sull'importanza religiosa e morale dell'atto
e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false, e quindi lo invita a
giurare (1).
Il giurante, in piedi, pronuncia
a chiara voce le parole: "consapevole della responsabilità che col
giuramento assumo davanti a Dio e agli uomini, giuro...", e continua
ripetendo le parole della formula su cui giura (1).
(1) La Corte costituzionale, con
sentenza 8 ottobre 1996, n. 334, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del primo comma limitatamente alle parole "religiosa e" e
del secondo comma limitatamente alle parole "davanti a Dio e agli uomini".
Art. 239
(Mancata
prestazione)
La parte alla quale il giuramento
decisorio è deferito, se non si presenta senza giustificato motivo
all'udienza all'uopo fissata, o, comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo
riferisce all'avversario, soccombe rispetto alla domanda o al punto di
fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso; e del pari
soccombe la parte avversaria, se rifiuta di prestare il giuramento che le
è riferito.
Il giudice istruttore, se ritiene
giustificata la mancata comparizione della parte che deve prestare il
giuramento, provvede a norma dell'articolo 232 secondo comma.
Art. 240
(Deferimento del
giuramento suppletorio)
Nelle cause riservate alla
decisione collegiale, il giuramento suppletorio può essere deferito
esclusivamente dal collegio.
Articolo così modificato
dall'art. 27, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 241
(Ammissibilità e
contenuto del giuramento d'estimazione)
Il giuramento sul valore della
cosa domandata può essere deferito dal collegio a una delle parti,
soltanto se non è possibile accertare altrimenti il valore della cosa
stessa. In questo caso il collegio deve anche determinare la somma fino a
concorrenza della quale il giuramento avrà efficacia.
Art. 242
(Divieto di
riferire il giuramento suppletorio)
Il giuramento deferito d'ufficio
a una delle parti non può da questa essere riferito all'altra.
Art. 243
(Rinvio alle
norme sul giuramento decisorio)
Per la prestazione del giuramento
deferito d'ufficio si applicano le disposizioni relative al giuramento
decisorio.
§ 8: DELLA PROVA PER
TESTIMONI
Art. 244
(Modo di
deduzione)
La prova per testimoni deve
essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare
e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse
deve essere interrogata.
La parte contro la quale la prova
è proposta, anche quando si oppone all'ammissione, deve indicare a sua
volta nella prima risposta le persone che intende fare interrogare e deve
dedurre per articoli separati i fatti sui quali debbono essere interrogate
(1).
Il giudice istruttore, secondo le
circostanze, può assegnare un termine perentorio alle parti per formulare
o integrare tali indicazioni.
(1) Comma abrogato dall'art. 89,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 245
(Ordinanza di
ammissione)
Con l'ordinanza che ammette la
prova il giudice istruttore riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti
ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge.
La rinuncia fatta da una parte
all'audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se le altre
non vi aderiscono e se il giudice non vi consente.
Art. 246
(Incapacità a
testimoniare)
Non possono essere assunte come
testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe
legittimare la loro partecipazione al giudizio.
Art. 247
(Divieto di
testimoniare)
Non possono deporre il coniuge
ancorchè separato, i parenti o affini in linea retta e coloro che sono
legati a una delle parti da vincoli di affiliazione, salvo che la causa
verta su questioni di stato, di separazione personale o relative a
rapporti di famiglia.
La Corte costituzionale, con
sentenza 23 luglio 1974, n. 248, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del presente articolo.
Art. 248
(Audizione dei
minori degli anni quattordici)
I minori degli anni quattordici
possono essere sentiti solo quando la loro audizione è resa necessaria da
particolari circostanze. Essi non prestano giuramento.
La Corte costituzionale, con
sentenza 11 giugno 1975, n. 139, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del presente articolo.
Art. 249
(Facoltà
d'astensione)
Si applicano all'audizione dei
testimoni le disposizioni degli articoli 351 e 352 del codice di procedura
penale relative alla facoltà d'astensione dei testimoni.
Art. 250
(Intimazione ai
testimoni)
L'ufficiale giudiziario, su
richiesta della parte interessata, intima ai testimoni ammessi dal giudice
istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell'ora fissati,
indicando il giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono
essere sentiti.
Art. 251
(Giuramento dei
testimoni)
I testimoni sono esaminati
separatamente.
Il giudice istruttore ammonisce
il testimone sulla importanza religiosa e morale del giuramento e sulle
conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti, e legge la
formula: "consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete
davanti a Dio e agli uomini, giurate di dire la verità, null'altro che la
verità". Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando
le parole: "lo giuro" (1).
(1) La Corte costituzionale, con
sentenza n. 117 del 10 ottobre 1979, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente comma nella parte in cui non contiene l'inciso
"se credente". Successivamente la stessa Corte, con sentenza 5 maggio
1995, n. 149, ha dichiarato l'illegittimità del comma nella parte in cui
prevede:
a) che il giudice istruttore
"ammonisce il testimone sull'importanza religiosa, se credente, e morale
del giuramento e sulle", anzichè stabilire che il giudice istruttore
"avverte il testimone dell'obbligo di dire la verità e delle";
b) che il giudice istruttore
"legge la formula: "Consapevole della responsabilità che con il giuramento
assumete davanti a Dio, se credente, e agli uomini, giurate di dire la
verità, null'altro che la verità", anzichè stabilire che il giudice
istruttore "lo invita a rendere la seguente dichiarazione: "Consapevole
della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione,
mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a
mia conoscenza";
c) "Quindi il testimone, in
piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: "lo giuro".
Art. 252
(Identificazione
dei testimoni)
Il giudice istruttore richiede al
testimone il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, l'età e la
professione, lo invita a dichiarare se ha rapporti di parentela, affinità,
affiliazione o dipendenza con alcuna delle parti, oppure interesse nella
causa.
Le parti possono fare
osservazioni sull'attendibilità del testimone, e questi deve fornire in
proposito i chiarimenti necessari. Delle osservazioni e dei chiarimenti si
fa menzione nel processo verbale prima dell'audizione del testimone.
Art. 253
(Interrogazioni e
risposte)
Il giudice istruttore interroga
il testimone sui fatti intorno ai quali è chiamato a deporre. Può altresì
rivolgergli, d'ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene
utili a chiarire i fatti medesimi.
È vietato alle parti e al
pubblico ministero di interrogare direttamente i testimoni.
Alle risposte dei testimoni si
applica la disposizione dell'articolo 231.
Art. 254
(Confronto dei
testimoni)
Se vi sono divergenze tra le
deposizioni di due o più testimoni, il giudice istruttore, su istanza di
parte o d'ufficio, può disporre che essi siano messi a confronto.
Art. 255
(Mancata
comparizione dei testimoni)
Se il testimone regolarmente
intimato non si presenta, il giudice istruttore può ordinare una nuova
intimazione oppure disporne l'accompagnamento all'udienza stessa o ad
altra successiva. Con la medesima ordinanza lo condanna a una pena
pecuniaria non inferiore a lire quattrocento e non superiore a lire
ottomila, oltre che alle spese causate dalla mancata presentazione.
Se il testimone si trova
nell'impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle
convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nel
suo ufficio; e, se questi sono situati fuori della circoscrizione del
tribunale, delega all'esame il pretore del luogo.
Art. 256
(Rifiuto di
deporre e falsità della testimonianza)
Se il testimone, presentandosi,
rifiuta di giurare o di deporre senza giustificato motivo, o se vi è
fondato sospetto che egli non abbia detto la verità o sia stato reticente,
il giudice istruttore lo denuncia al pubblico ministero, al quale
trasmette copia del processo verbale. Il giudice può anche ordinare
l'arresto del testimone.
Art. 257
(Assunzione di
nuovi testimoni e rinnovazione dell'esame)
Se alcuno dei testimoni si
riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice
istruttore può disporre d'ufficio che esse siano chiamate a deporre.
Il giudice può anche disporre che
siano sentiti i testimoni dei quali ha ritenuto l'audizione superflua a
norma dell'articolo 245 o dei quali ha consentito la rinuncia; e del pari
può disporre che siano nuovamente esaminati i testimoni già interrogati,
al fine di chiarire la loro deposizione o di correggere irregolarità
avveratesi nel precedente esame.
§ 9: DELLE
ISPEZIONI, DELLE RIPRODUZIONI MECCANICHE
E DEGLI ESPERIMENTI
Art. 258
(Ordinanza
d'ispezione)
L'ispezione di luoghi, di cose
mobili e immobili, o delle persone è disposta dal giudice istruttore, il
quale fissa il tempo, il luogo e il modo dell'ispezione.
Art. 259
(Modo
dell'ispezione)
All'ispezione procede
personalmente il giudice istruttore, assistito, quando occorre, da un
consulente tecnico, anche se l'ispezione deve eseguirsi fuori della
circoscrizione del tribunale, tranne che esigenze di servizio gli
impediscano di allontanarsi dalla sede. In tal caso delega il pretore a
norma dell'articolo 203.
Art. 260
(Ispezione
corporale)
Il giudice istruttore può
astenersi dal partecipare all'ispezione corporale e disporre che vi
proceda il solo consulente tecnico.
All'ispezione corporale deve
procedersi con ogni cautela diretta a garantire il rispetto della persona.
Art. 261
(Riproduzioni,
copie ed esperimenti)
Il giudice istruttore può
disporre che siano eseguiti rilievi, calchi e riproduzioni anche
fotografiche di oggetti, documenti e luoghi, e, quando occorre,
rilevazioni cinematografiche o altre che richiedono l'impiego di mezzi,
strumenti o procedimenti meccanici.
Egualmente, per accertare se un
fatto sia o possa essersi verificato in un dato modo, il giudice può
ordinare di procedere alla riproduzione del fatto stesso, facendone
eventualmente eseguire la rilevazione fotografica o cinematografica.
Il giudice presiede
all'esperimento e, quando occorre, ne affida l'esecuzione a un esperto che
presta giuramento a norma dell'articolo 193.
Art. 262
(Poteri del
giudice istruttore)
Nel corso dell'ispezione o
dell'esperimento il giudice istruttore può sentire testimoni per
informazioni e dare i provvedimenti necessari per l'esibizione della cosa
o per accedere alla località.
Può anche disporre l'accesso in
luoghi appartenenti a persone estranee al processo, sentite se è possibile
queste ultime, e prendendo in ogni caso le cautele necessarie alla tutela
dei loro interessi.
§ 10: DEL RENDIMENTO
DEI CONTI
Art. 263
(Presentazione e
accettazione del conto)
Se il giudice ordina la
presentazione di un conto, questo deve essere depositato in cancelleria
con i documenti giustificativi, almeno cinque giorni prima dell'udienza
fissata per la discussione di esso.
Se il conto viene accettato, il
giudice istruttore ne dà atto nel processo verbale e ordina il pagamento
delle somme che risultano dovute. L'ordinanza non è impugnabile e
costituisce titolo esecutivo.
Art. 264
(Impugnazione e
discussione)
La parte che impugna il conto
deve specificare le partite che intende contestare. Se chiede un termine
per la specificazione, il giudice istruttore fissa un'udienza per tale
scopo.
Se le parti, in seguito alla
discussione, concordano nel risultato del conto, il giudice provvede a
norma del secondo comma dell'articolo precedente.
In ogni caso il giudice può
disporre, con ordinanza non impugnabile il pagamento del sopravanzo che
risulta dal conto o dalla discussione dello stesso.
Art. 265
(Giuramento)
Il collegio può ammettere il
creditore a determinare con giuramento le somme a lui dovute, se la parte
tenuta al rendiconto non lo presenta o rimane contumace. Si applica in tal
caso la disposizione dell'articolo 241.
Il collegio può altresì ordinare
a chi rende il conto di asseverare con giuramento le partite per le quali
non si può, o non si suole richiedere ricevuta; ma può anche ammetterle
senza giuramento, quando sono verosimili e ragionevoli.
Art. 266
(Revisione del
conto approvato)
La revisione del conto che la
parte ha approvato può essere chiesta, anche in separato processo,
soltanto in caso di errore materiale, omissione, falsità o duplicazione di
partite.
Sezione IV:
DELL'INTERVENTO DI TERZI E DELLA RIUNIONE DI PROCEDIMENTI
§ 1: DELL'INTERVENTO
DI TERZI
Art. 267
(Costituzione del
terzo interveniente)
Per intervenire nel processo a
norma dell'articolo 105, il terzo deve costituirsi presentando in udienza
o depositando in cancelleria una comparsa formata a norma dell'articolo
167 con le copie per le altre parti, i documenti e la procura.
Il cancelliere dà notizia
dell'intervento alle altre parti, se la costituzione del terzo non è
avvenuta in udienza.
Art. 268
(Termine per
l'intervento)
L'intervento può aver luogo sino
a che non vengano precisate le conclusioni.
Il terzo non può compiere atti
che al momento dell'intervento non sono più consentiti ad alcuna altra
parte, salvo che comparisca volontariamente per l'integrazione necessaria
del contraddittorio.
Articolo così sostituito
dall'art. 28, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 269
(Chiamata di un
terzo in causa)
Alla chiamata di un terzo nel
processo a norma dell'articolo 106, la parte provvede mediante citazione a
comparire nell'udienza fissata dal giudice istruttore ai sensi del
presente articolo, osservati i termini dell'articolo 163-bis.
Il convenuto che intenda chiamare
un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella
comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice istruttore lo
spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del
terzo nel rispetto dei termini dell'articolo 163-bis. Il giudice
istruttore, entro cinque giorni dalla richiesta, provvede con decreto a
fissare la data della nuova udienza. Il decreto è comunicato dal
cancelliere alle parti costituite. La citazione è notificata al terzo a
cura del convenuto.
Ove, a seguito delle difese
svolte dal convenuto nella comparsa di risposta, sia sorto l'interesse
dell'attore a chiamare in causa un terzo, l'attore deve, a pena di
decadenza, chiederne l'autorizzazione al giudice istruttore nella prima
udienza. Il giudice istruttore, se concede l'autorizzazione, fissa una
nuova udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto
dei termini dell'articolo 163-bis. La citazione è notificata al terzo a
cura dell'attore entro il termine perentorio stabilito dal giudice.
La parte che chiama in causa il
terzo deve depositare la citazione notificata entro il termine previsto
dall'articolo 165, e il terzo deve costituirsi a norma dell'articolo 166.
Nell'ipotesi prevista dal terzo
comma, restano ferme per le parti le preclusioni ricollegate alla prima
udienza di trattazione, ma il termine eventuale di cui all'ultimo comma
dell'articolo 183 è fissato dal giudice istruttore nella udienza di
comparizione del terzo, e i termini di cui all'articolo 184 decorrono con
riferimento alla udienza successiva a quella di comparizione del terzo.
Articolo così sostituito
dall'art. 29, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 270
(Chiamata di un
terzo per ordine del giudice)
La chiamata di un terzo nel
processo a norma dell'articolo 107 può essere ordinata in ogni momento dal
giudice istruttore per una udienza che all'uopo egli fissa.
Se nessuna delle parti provvede
alla citazione del terzo, il giudice istruttore dispone con ordinanza non
impugnabile la cancellazione della causa dal ruolo.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 271
(Costituzione del
terzo chiamato)
Al terzo si applicano, con
riferimento all'udienza per la quale è citato, le disposizioni degli
articoli 166 e 167, primo comma. Se intende chiamare a sua volta in causa
un terzo, deve farne dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di
risposta ed essere poi autorizzato dal giudice ai sensi del terzo comma
dell'articolo 269.
Articolo così sostituito
dall'art. 30, L. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente la Corte
costituzionale, con sentenza 23 luglio 1997, n. 260, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui
non prevede per il terzo chiamato in causa l'applicazione dell'art. 167,
secondo comma, del presente codice.
Art. 272
(Decisione delle
questioni relative all'intervento)
Le questioni relative
all'intervento sono decise dal collegio insieme col merito, salvo che il
giudice istruttore disponga a norma dell'articolo 187 secondo comma.
§ 2: DELLA RIUNIONE
DEI PROCEDIMENTI
Art. 273
(Riunione di
procedimenti relativi alla stessa causa)
Se più procedimenti relativi alla
stessa causa pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d'ufficio,
ne ordina la riunione.
Se il giudice istruttore o il
presidente della sezione ha notizia che per la stessa causa pende
procedimento davanti ad altro giudice o ad altra sezione dello stesso
tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina
con decreto la riunione, determinando la sezione o designando il giudice
davanti al quale il procedimento deve proseguire.
Art. 274
(Riunione di
procedimenti relativi a cause connesse)
Se più procedimenti relativi a
cause connesse pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche
d'ufficio, può disporne la riunione.
Se il giudice istruttore o il
presidente della sezione ha notizia che per una causa connessa pende
procedimento davanti ad altro giudice o davanti ad altra sezione dello
stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti,
ordina con decreto che le cause siano chiamate alla medesima udienza
davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti
opportuni.
Art. 274 bis
(Rapporti tra
collegio e giudice istruttore in funzione di giudice unico)
Il collegio, quando rileva che
una causa, rimessa dinanzi a lui per la decisione, deve essere decisa dal
giudice istruttore in funzione di giudice unico, rimette la causa dinanzi
a quest'ultimo con ordinanza non impugnabile. Il giudice istruttore
provvede ai sensi dell'articolo 190-bis.
Il giudice istruttore, quando
rileva che una causa, riservata per la decisione dinanzi a sè in funzione
di giudice unico, deve essere rimessa al collegio, provvede ai sensi degli
articoli 187, 188 e 189.
In caso di connessione tra cause
attribuite al collegio e cause attribuite al giudice istruttore in
funzione di giudice unico, questi ne ordina la riunione e, all'esito
dell'istruttoria, le rimette, ai sensi dell'articolo 189, al collegio, il
quale si pronuncia su tutte le domande, a meno che non sia disposta la
separazione ai sensi dell'articolo 279, secondo comma, numero 5).
Alla nullità derivante dalla
inosservanza delle disposizioni di legge relative alla composizione del
tribunale giudicante si applicano gli articoli 158 e 161, primo comma.
Articolo aggiunto dall'art. 31,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Capo III: DELLA
DECISIONE DELLA CAUSA
Art. 275
(Decisione del
collegio)
Rimessa la causa al collegio, la
sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza
del termine per il deposito delle memorie di replica di cui all'articolo
190.
Ciascuna delle parti, nel
precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente
dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini
indicati nell'articolo 190 per il deposito delle difese scritte, la
richiesta deve essere riproposta al presidente del tribunale alla scadenza
del termine per il deposito delle memorie di replica.
Il presidente provvede sulla
richiesta fissando con decreto la data dell'udienza di discussione, da
tenersi entro sessanta giorni.
Nell'udienza il giudice
istruttore fa la relazione orale della causa. Dopo la relazione, il
presidente ammette le parti alla discussione; la sentenza è depositata in
cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
Articolo così sostituito
dall'art. 32, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 276
(Deliberazione)
La decisione è deliberata in
segreto nella camera di consiglio. Ad essa possono partecipare soltanto i
giudici che hanno assistito alla discussione.
Il collegio, sotto la direzione
del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte
dalle parti o rilevabili d'ufficio e quindi il merito della causa.
La decisione è presa a
maggioranza di voti. Il primo a votare è il relatore, quindi l'altro
giudice e infine il presidente.
Se intorno a una questione si
prospettano più soluzioni e non si forma la maggioranza alla prima
votazione, il presidente mette ai voti due delle soluzioni per escluderne
una, quindi mette ai voti la non esclusa e quella eventualmente restante,
e così successivamente finchè le soluzioni siano ridotte a due, sulle
quali avviene la votazione definitiva.
Chiusa la votazione, il
presidente scrive e sottoscrive il dispositivo. La motivazione è quindi
stesa dal relatore, a meno che il presidente non creda di stenderla egli
stesso o affidarla all'altro giudice.
Art. 277
(Pronuncia sul
merito)
Il collegio nel deliberare sul
merito deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni,
definendo il giudizio.
Tuttavia il collegio, anche
quando il giudice istruttore gli ha rimesso la causa a norma dell'articolo
187 primo comma, può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce
che per esse soltanto non sia necessaria un'ulteriore istruzione, e se la
loro sollecita definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne
ha fatto istanza.
Art. 278
(Condanna
generica - Provvisionale)
Quando è già accertata la
sussistenza di un diritto, ma è ancora controversa la quantità della
prestazione dovuta, il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a
pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo
con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione.
In tal caso il collegio, con la
stessa sentenza e sempre su istanza di parte, può altresì condannare il
debitore al pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantità per
cui ritiene già raggiunta la prova.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 279
(Forma dei
provvedimenti del collegio)
Il collegio quando provvede
soltanto su questioni relative all'istruzione della causa, senza definire
il giudizio, pronuncia ordinanza.
Il collegio pronuncia sentenza:
1) quando definisce il giudizio,
decidendo questioni di giurisdizione o di competenza;
2) quando definisce il giudizio,
decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni
preliminari di merito;
3) quando definisce il giudizio,
decidendo totalmente il merito;
4) quando, decidendo alcune delle
questioni di cui ai numeri 1, 2 e 3, non definisce il giudizio e
impartisce distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione della causa;
5) quando, valendosi della
facoltà di cui agli articoli 103, secondo comma, e 104, secondo comma,
decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite, e con distinti
provvedimenti dispone la separazione delle altre cause e l'ulteriore
istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al giudice
inferiore delle cause di sua competenza.
I provvedimenti per l'ulteriore
istruzione, previsti dai numeri 4 e 5, sono dati con separata ordinanza.
I provvedimenti del collegio, che
hanno forma di ordinanza, comunque motivati, non possono mai pregiudicare
la decisione della causa; salvo che la legge disponga altrimenti, essi
sono modificabili e revocabili dallo stesso collegio, e non sono soggetti
ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze. Le ordinanze del
collegio sono sempre immediatamente esecutive. Tuttavia, quando sia stato
proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del
secondo comma, il giudice istruttore, su istanza concorde delle parti,
qualora ritenga che i provvedimenti dell'ordinanza collegiale siano
dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con
ordinanza non impugnabile che l'esecuzione o la prosecuzione
dell'ulteriore istruttoria sia sospesa sino alla definizione del giudizio
di appello.
L'ordinanza è depositata in
cancelleria insieme con la sentenza.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 280
(Contenuto e
disciplina dell'ordinanza del collegio)
Con la sua ordinanza il collegio
fissa l'udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice
istruttore o davanti a sè nel caso previsto nell'articolo seguente.
Il cancelliere inserisce
l'ordinanza nel fascicolo di ufficio e ne dà tempestiva comunicazione alle
parti a norma dell'articolo 176 secondo comma.
Per effetto dell'ordinanza il
giudice istruttore è investito di tutti i poteri per l'ulteriore
trattazione della causa.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 281
(Rinnovazione di
prove davanti al collegio)
Quando ne ravvisa la necessità,
il collegio, anche d'ufficio, può disporre la riassunzione davanti a sè di
uno o più mezzi di prova.
Capo IV:
DELL'ESECUTORIETÀ E DELLA NOTIFICAZIONE DELLE SENTENZE
Art. 282
(Esecuzione
provvisoria)
La sentenza di primo grado è
provvisoriamente esecutiva tra le parti.
Articolo così sostituito
dall'art. 33, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 283
(Provvedimenti
sull'esecuzione provvisoria in appello)
Il giudice d'appello su istanza
di parte, proposta con l'impugnazione principale o con quella incidentale,
quando ricorrono gravi motivi, sospende in tutto o in parte l'efficacia
esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata.
Articolo così sostituito
dall'art. 34, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 284
Articolo abrogato dalla L. 14
luglio 1950, n. 581.
Art. 285
(Modo di
notificazione della sentenza)
La notificazione della sentenza,
al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione, si fa, su istanza
di parte, a norma dell'articolo 170 primo e terzo comma.
Art. 286
(Notificazione
nel caso d'interruzione)
Se dopo la chiusura della
discussione si è avverato uno dei casi previsti nell'articolo 299, la
notificazione della sentenza si può fare, anche a norma dell'articolo 303
secondo comma, a coloro ai quali spetta stare in giudizio.
Se si è avverato uno dei casi
previsti nell'articolo 301, la notificazione si fa alla parte
personalmente.
Capo V: DELLA
CORREZIONE DELLE SENTENZE E DELLE ORDINANZE
Art. 287
(Casi di
correzione)
Le sentenze contro le quali non
sia stato proposto appello e le ordinanze non revocabili possono essere
corrette, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che le ha pronunciate,
qualora egli sia incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo.
Art. 288
(Procedimento di
correzione)
Se tutte le parti concordano nel
chiedere la stessa correzione, il giudice provvede con decreto.
Se è chiesta da una delle parti,
il giudice, con decreto da notificarsi insieme col ricorso a norma
dell'articolo 170 primo e terzo comma, fissa l'udienza nella quale le
parti debbono comparire davanti a lui. Sull'istanza il giudice provvede
con ordinanza, che deve essere annotata sull'originale del provvedimento.
Se è chiesta la correzione di una
sentenza dopo un anno dalla pubblicazione, il ricorso e il decreto debbono
essere notificati alle altre parti personalmente.
Le sentenze possono essere
impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario
decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione.
Art. 289
(Integrazione dei
provvedimenti istruttori)
I provvedimenti istruttori, che
non contengono la fissazione dell'udienza successiva o del termine entro
il quale le parti debbono compiere gli atti processuali, possono essere
integrati, su istanza di parte o d'ufficio, entro il termine perentorio di
sei mesi dall'udienza in cui i provvedimenti furono pronunciati, oppure
dalla loro notificazione o comunicazione se prescritte.
L'integrazione è disposta dal
presidente del collegio nel caso di provvedimento collegiale e dal giudice
istruttore negli altri casi, con decreto che è comunicato a tutte le parti
a cura del cancelliere.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Capo VI: DEL
PROCEDIMENTO IN CONTUMACIA
Art. 290
(Contumacia
dell'attore)
Nel dichiarare la contumacia
dell'attore a norma dell'articolo 171 ultimo comma, il giudice istruttore,
se il convenuto ne fa richiesta, ordina che sia proseguito il giudizio e
dà le disposizioni previste nell'articolo 187, altrimenti dispone che la
causa sia cancellata dal ruolo, e il processo si estingue.
Art. 291
(Contumacia del
convenuto)
Se il convenuto non si
costituisce e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità
nella notificazione della citazione, fissa all'attore un termine
perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza.
Se il convenuto non si
costituisce neppure all'udienza fissata a norma del comma precedente, il
giudice provvede a norma dell'articolo 171, ultimo comma.
Se l'ordine di rinnovazione della
citazione di cui al primo comma non è eseguito, il giudice ordina la
cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma
dell'articolo 307, comma terzo.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 292
(Notificazione e
comunicazione di atti al contumace)
L'ordinanza che ammette
l'interrogatorio o il giuramento, e le comparse contenenti domande nuove o
riconvenzionali da chiunque proposte sono notificate personalmente al
contumace nei termini che il giudice istruttore fissa con ordinanza (1).
Le altre comparse si considerano
comunicate con il deposito in cancelleria e con l'apposizione del visto
del cancelliere sull'originale.
Tutti gli altri atti non sono
soggetti a notificazione o comunicazione.
Le sentenze sono notificate alla
parte personalmente.
La Corte costituzionale, con
sentenza 28 novembre 1986, n. 250, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede la
notificazione al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione
della scrittura privata nei procedimenti di cognizione ordinaria dinanzi
al pretore e al conciliatore, di cui al titolo II del libro II del c.p.c.
(1) La Corte costituzionale,
sentenza 6 giugno 1989, n. 317, ha dichiarato l'illegittimità del presente
comma, in relazione all'art. 215, n. 1, dello stesso codice, nella parte
in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si da
atto della produzione della scrittura privata non indicata in atti
notificati in precedenza.
Art. 293
(Costituzione del
contumace)
La parte che è stata dichiarata
contumace può costituirsi in ogni momento del procedimento fino
all'udienza in cui la causa è rimessa al collegio a norma dell'articolo
189.
La costituzione può avvenire
mediante deposito di una comparsa, della procura e dei documenti in
cancelleria o mediante comparizione all'udienza.
In ogni caso il contumace che si
costituisce può disconoscere, nella prima udienza o nel termine
assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture contro di lui prodotte.
Art. 294
(Rimessione in
termini)
Il contumace che si costituisce
può chiedere al giudice istruttore di essere ammesso a compiere attività
che gli sarebbero precluse, se dimostra che la nullità della citazione o
della sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o
che la costituzione è stata impedita da causa a lui non imputabile.
Il giudice, se ritiene verosimili
i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova dell'impedimento, e
quindi provvede sulla rimessione in termini delle parti.
I provvedimenti previsti nel
comma precedente sono pronunciati con ordinanza.
Le disposizioni dei commi
precedenti si applicano anche se il contumace che si costituisce intende
svolgere, senza il consenso delle altre parti, attività difensive che
producono ritardo nella rimessione al collegio della causa che sia già
matura per la decisione rispetto alle parti già costituite.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Capo VII: DELLA
SOSPENSIONE, INTERRUZIONE ED ESTINZIONE DEL PROCESSO
Sezione I: DELLA
SOSPENSIONE DEL PROCESSO
Art. 295
(Sospensione
necessaria)
Il giudice dispone che il
processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve
risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione
della causa.
Articolo così sostituito
dall'art. 35, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 296
(Sospensione su
istanza delle parti)
Il giudice istruttore, su istanza
di tutte le parti, può disporre che il processo rimanga sospeso per un
periodo non superiore a quattro mesi.
Art. 297
(Fissazione della
nuova udienza dopo la sospensione)
Se col provvedimento di
sospensione non è stata fissata l'udienza in cui il processo deve
proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione entro il termine
perentorio di sei mesi dalla cessazione della causa di sospensione di cui
all'art. 3 del codice di procedura penale o dal passaggio in giudicato
della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa di
cui all'articolo 295 (1).
Nell'ipotesi dell'articolo
precedente l'istanza deve essere proposta dieci giorni prima della
scadenza del termine di sospensione.
L'istanza si propone con ricorso
al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale.
Il ricorso, col decreto che fissa
l'udienza, è notificato a cura dell'istante alle altre parti nel termine
stabilito dal giudice.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) La Corte costituzionale, con
sentenza 4 marzo 1970, n. 34, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
del presente comma nella parte in cui dispone la decorrenza del termine
utile per la richiesta di fissazione della nuova udienza dalla cessazione
della causa di sospensione anzichè dalla conoscenza che ne abbiano le
parti del processo sospeso.
Art. 298
(Effetti della
sospensione)
Durante la sospensione non
possono essere compiuti atti del procedimento.
La sospensione interrompe i
termini in corso, i quali ricominciano a decorrere dal giorno della nuova
udienza fissata nel provvedimento di sospensione o nel decreto di cui
all'articolo precedente.
Sezione II:
DELL'INTERRUZIONE DEL PROCESSO
Art. 299
(Morte o perdita
della capacità prima della costituzione)
Se prima della costituzione in
cancelleria o all'udienza davanti al giudice istruttore, sopravviene la
morte oppure la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle
parti o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale
rappresentanza, il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta
di proseguirlo si costituiscano volontariamente, oppure l'altra parte
provveda a citarli in riassunzione, osservati i termini di cui
all'articolo 163 bis.
Articolo così sostituito dal
D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 300
(Morte o perdita
della capacità della parte costituita o del contumace)
Se alcuno degli eventi previsti
nell'articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che si è
costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo
notifica alle altre parti.
Dal momento di tale dichiarazione
o notificazione il processo è interrotto, salvo che avvenga la
costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell'articolo
precedente.
Se la parte è costituita
personalmente, il processo è interrotto al momento dell'evento.
Se questo riguarda la parte
dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto
interruttivo è notificato o è certificato dall'ufficiale giudiziario nella
relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all'articolo
292. Se alcuno degli eventi previsti nell'articolo precedente si avvera o
è notificato dopo la chiusura della discussione davanti al collegio, esso
non produce effetto se non nel caso di riapertura dell'istruzione.
La Corte costituzionale, con
sentenza 16 ottobre 1986, n. 220, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede, ove
emerga una situazione di scomparsa del convenuto, la interruzione del
processo e la segnalazione, ad opera del giudice, del caso al pubblico
ministero perchè promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti
debba l'attore riassumere il giudizio.
Art. 301
(Morte o
impedimento del procuratore)
Se la parte è costituita a mezzo
di procuratore, il processo è interrotto dal giorno della morte,
radiazione o sospensione del procuratore stesso.
In tal caso si applica la
disposizione dell'articolo 299.
Non sono cause d'interruzione la
revoca della procura o la rinuncia ad essa.
Art. 302
(Prosecuzione del
processo)
Nei casi previsti negli articoli
precedenti la costituzione per proseguire il processo può avvenire
all'udienza o a norma dell'articolo 166. Se non è fissata alcuna udienza,
la parte può chiedere con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al
presidente del tribunale la fissazione dell'udienza. Il ricorso e il
decreto sono notificati alle altre parti a cura dell'istante.
Art. 303
(Riassunzione del
processo)
Se non avviene la prosecuzione
del processo a norma dell'articolo precedente, l'altra parte può chiedere
la fissazione dell'udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a
coloro che debbono costituirsi per proseguirlo.
In caso di morte della parte il
ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro
un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente
agli eredi, nell'ultimo domicilio del defunto.
Se vi sono altre parti in causa,
il decreto è notificato anche ad esse.
Se la parte che ha ricevuto la
notificazione non comparisce all'udienza fissata, si procede in sua
contumacia.
Art. 304
(Effetti
dell'interruzione)
In caso d'interruzione del
processo si applica la disposizione dell'articolo 298.
Art. 305
(Mancata
prosecuzione o riassunzione)
Il processo deve essere
proseguito o riassunto entro il termine perentorio di sei mesi
dall'interruzione, altrimenti si estingue.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581. Successivamente la Corte Costituzionale, con
sentenza 15 dicembre 1967, n. 139, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente articolo per la parte in cui fa decorrere
dalla data dell'interruzione del processo il termine per la sua
prosecuzione o la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente
art. 301. Con successiva sentenza 6 luglio 1971, n. 159, la stessa Corte
ha esteso l'illegittimità alla parte in cui si dispone che il termine
utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai
sensi dell'art. 299 e dell'art. 300 c.p.c. decorre dall'interruzione
anzichè dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.
Sezione III:
DELL'ESTINZIONE DEL PROCESSO
Art. 306
(Rinuncia agli
atti del giudizio)
Il processo si estingue per
rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti
costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione. L'accettazione
non è efficace se contiene riserve o condizioni.
Le dichiarazioni di rinuncia e di
accettazione sono fatte dalle parti o da loro procuratori speciali,
verbalmente all'udienza o con atti sottoscritti e notificati alle altre
parti.
Il giudice, se la rinuncia e
l'accettazione sono regolari, dichiara l'estinzione del processo.
Il rinunciante deve rimborsare le
spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra loro. La liquidazione
delle spese è fatta dal giudice istruttore con ordinanza non impugnabile.
Art. 307
(Estinzione del
processo per inattività delle parti)
Se dopo la notificazione della
citazione nessuna delle parti siasi costituita entro il termine stabilito
dall'articolo 166, ovvero, se, dopo la costituzione delle stesse, il
giudice, nei casi previsti dalla legge, abbia ordinata la cancellazione
della causa dal ruolo, il processo, salvo il disposto del secondo comma
dell'articolo 181 e dell'articolo 290, deve essere riassunto davanti allo
stesso giudice nel termine perentorio di un anno, che decorre
rispettivamente dalla scadenza del termine per la costituzione del
convenuto a norma dell'articolo 166, o dalla data del provvedimento di
cancellazione; altrimenti il processo si estingue.
Il processo, una volta riassunto
a norma del precedente comma, si estingue se nessuna delle parti siasi
costituita, ovvero se nei casi previsti dalla legge il giudice ordini la
cancellazione della causa dal ruolo.
Oltre che nei casi previsti dai
commi precedenti, e salvo diverse disposizioni di legge, il processo si
estingue altresì qualora le parti alle quali spetta di rinnovare la
citazione, o di proseguire, riassumere o integrare il giudizio, non vi
abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge, o
dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo. Quando la legge
autorizza il giudice a fissare il termine, questo non può essere inferiore
ad un mese nè superiore a sei.
L'estinzione opera di diritto, ma
deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua
difesa. Essa è dichiarata con ordinanza del giudice istruttore, ovvero con
sentenza del collegio, se dinanzi a questo venga eccepita.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 308
(Comunicazione e
impugnabilità dell'ordinanza)
L'ordinanza che dichiara
l'estinzione è comunicata a cura del cancelliere se è pronunciata fuori
della udienza. Contro di essa è ammesso reclamo nei modi di cui
all'articolo 178 commi terzo, quarto e quinto.
Il collegio provvede in camera di
consiglio con sentenza, se respinge il reclamo, e con ordinanza non
impugnabile, se l'accoglie.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 309
(Mancata
comparizione all'udienza)
Se nel corso del processo nessuna
delle parti si presenta all'udienza, il giudice provvede a norma del primo
comma dell'articolo 181.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 310
(Effetti
dell'estinzione del processo)
L'estinzione del processo non
estingue l'azione.
L'estinzione rende inefficaci gli
atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del
processo e quelle che regolano la competenza.
Le prove raccolte sono valutate
dal giudice a norma dell'articolo 116 secondo comma.
Le spese del processo estinto
stanno a carico delle parti che le hanno anticipate.
Titolo II:
DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL PRETORE E AL GIUDICE DI PACE
Capo I:
DISPOSIZIONI COMUNI
Art. 311
(Rinvio alle
norme relative al procedimento davanti al tribunale)
Il procedimento davanti al
pretore e al giudice di pace, per tutto ciò che non è regolato nel
presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme
relative al procedimento davanti al tribunale, in quanto applicabili.
Articolo così sostituito
dall'art. 22, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 312
(Poteri
istruttori del giudice)
Il pretore o il giudice di pace
può disporre d'ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli,
quando le parti nell'esposizione dei fatti si sono riferite a persone che
appaiono in grado di conoscere la verità.
Articolo così sostituito
dall'art. 23, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 313
(Querela di
falso)
Se è proposta querela di falso,
il pretore o il giudice di pace, quando ritiene il documento impugnato
rilevante per la decisione, sospende il giudizio e rimette le parti
davanti al tribunale per il relativo procedimento. Può anche disporre a
norma dell'articolo 225, secondo comma.
Articolo così sostituito
dall'art. 24, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Capo II:
DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL PRETORE
Art. 314
(Decisione a
seguito di trattazione scritta)
Il pretore, quando ritiene la
causa matura per la decisione, invita le parti a precisare le conclusioni,
dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica
ai sensi dell'articolo 190 e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria
entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle
memorie di replica.
Articolo così sostituito
dall'art. 38, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 315
(Conservazione di
documenti)
I documenti prodotti dalle parti
possono essere inseriti nel fascicolo d'ufficio e ivi conservati fino alla
definizione del giudizio.
Articolo così sostituito dal
D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Capo III:
DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE
Art. 316
(Forma della
domanda)
Davanti al giudice di pace la
domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa.
La domanda si può anche proporre
verbalmente. Di essa il giudice di pace fa redigere processo verbale che,
a cura dell'attore, è notificato con citazione a comparire a udienza
fissa.
Articolo sostituito dall'art. 40,
L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così sostituito dall'art.
25, comma 2, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 317
(Rappresentanza
davanti al giudice di pace)
Davanti al giudice di pace le
parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in
calce alla citazione o in atto separato, salvo che il giudice ordini la
loro comparizione personale.
Il mandato a rappresentare
comprende sempre quello a transigere e a conciliare.
Articolo sostituito dall'art. 41,
L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così sostituito dall'art.
26, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 318
(Contenuto della
domanda)
La domanda, comunque proposta,
deve contenere, oltre l'indicazione del giudice e delle parti,
l'esposizione dei fatti e l'indicazione dell'oggetto (1).
Tra il giorno della notificazione
di cui all'articolo 316 e quello della comparizione devono intercorrere
termini liberi non minori di quelli previsti dall'articolo 163-bis,
ridotti alla metà.
Se la citazione indica un giorno
nel quale il giudice di pace non tiene udienza, la comparizione è
d'ufficio rimandata all'udienza immediatamente successiva.
Articolo sostituito dall'art. 42,
L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così sostituito dall'art.
27, L. 21 novembre 1991, n. 374.
(1) La Corte costituzionale, con
sentenza 22 aprile 1997, n. 110, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede che
l'atto introduttivo del giudizio dinanzi al giudice di pace debba
contenere l'indicazione della scrittura privata che l'attore offre in
comunicazione.
Art. 319
(Costituzione
delle parti)
Le parti si costituiscono
depositando in cancelleria la citazione o il processo verbale di cui
all'articolo 316 con la relazione della notificazione e, quando occorre,
la procura, oppure presentando tali documenti al giudice in udienza.
Le parti, che non hanno
precedentemente dichiarato la residenza o eletto domicilio nel comune in
cui ha sede l'ufficio del giudice di pace, debbono farlo con dichiarazione
ricevuta nel processo verbale al momento della costituzione.
Articolo sostituito dall'art. 43,
L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così sostituito dall'art.
28, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 320
(Trattazione
della causa)
Nella prima udienza il giudice di
pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione.
Se la conciliazione riesce se ne
redige processo verbale a norma dell'articolo 185, ultimo comma.
Se la conciliazione non riesce,
il giudice di pace invita le parti a precisare definitivamente i fatti che
ciascuna pone a fondamento delle domande, difese ed eccezioni, a produrre
i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere.
Quando sia reso necessario dalle
attività svolte dalle parti in prima udienza, il giudice di pace fissa per
una sola volta una nuova udienza per ulteriori produzioni e richieste di
prova.
I documenti prodotti dalle parti
possono essere inseriti nel fascicolo di ufficio ed ivi conservati fino
alla definizione del giudizio.
Articolo sostituito dall'art. 44,
L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così sostituito dall'art.
29, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 321
(Decisione)
Il giudice di pace, quando
ritiene matura la causa per la decisione, invita le parti a precisare le
conclusioni e a discutere la causa.
La sentenza è depositata in
cancelleria entro quindi giorni dalla discussione.
Articolo sostituito dall'art. 45,
L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così sostituito dall'art.
30, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 322
(Conciliazione in
sede non contenziosa)
L'istanza per la conciliazione in
sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace
competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo
I, titolo I, del libro primo.
Il processo verbale di
conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma
dell'articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella
competenza del giudice di pace.
Negli altri casi il processo
verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio.
Articolo sostituito dall'art. 46,
L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così sostituito dall'art.
31, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Titolo III:
DELLE IMPUGNAZIONI
Capo I:
DELLE IMPUGNAZIONI IN GENERALE
Art. 323
(Mezzi di
impugnazione)
I mezzi per impugnare le
sentenze, oltre al regolamento di competenza nei casi previsti dalla
legge, sono: l'appello, il ricorso per cassazione, la revocazione e
l'opposizione di terzo.
Art. 324
(Cosa giudicata
formale)
Si intende passata in giudicato
la sentenza che non è più soggetta nè a regolamento di competenza, nè ad
appello, nè a ricorso per cassazione, nè a revocazione per i motivi di cui
ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395.
Art. 325
(Termini per le
impugnazioni)
Il termine per proporre
l'appello, la revocazione e l'opposizione di terzo di cui all'art. 404,
secondo comma, è di trenta giorni. E' anche di trenta giorni il termine
per proporre la revocazione e l'opposizione di terzo sopra menzionata
contro le sentenze delle corti di appello (1).
Il termine per proporre il
ricorso per cassazione è di giorni sessanta.
(1) Comma sostituito dall'art.
47, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così sostituito
dall'art. 32, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 326
(Decorrenza dei
termini)
I termini stabiliti nell'articolo
precedente sono perentori e decorrono dalla notificazione della sentenza,
tranne per i casi previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 e negli
articoli 397 e 404 secondo comma, riguardo ai quali il termine decorre dal
giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è
stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui
al n. 6 dell'art. 395, o il pubblico ministero ha avuto conoscenza della
sentenza.
Nel caso previsto nell'art. 332,
l'impugnazione proposta contro una parte fa decorrere nei confronti dello
stesso soccombente il termine per proporla contro le altre parti.
Art. 327
(Decadenza
dall'impugnazione)
Indipendentemente dalla
notificazione, l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i
motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell'art. 395 non possono proporsi dopo
decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza.
Questa disposizione non si
applica quando la parte contumace dimostra di non avere avuto conoscenza
del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e
per nullità della notificazione degli atti di cui all'art. 292.
Art. 328
(Decorrenza dei
termini contro gli eredi della parte defunta)
Se, durante la decorrenza del
termine di cui all'art. 325, sopravviene alcuno degli eventi previsti
nell'art. 299, il termine stesso è interrotto e il nuovo decorre dal
giorno in cui la notificazione della sentenza è rinnovata.
Tale rinnovazione può essere
fatta agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell'ultimo domicilio
del defunto.
Se dopo sei mesi dalla
pubblicazione della sentenza si verifica alcuno degli eventi previsti
nell'art. 299, il termine di cui all'articolo precedente è prorogato per
tutte le parti di sei mesi dal giorno dell'evento.
La Corte costituzionale, con
sentenza 3 marzo 1986, n. 41, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
di questo articolo nella parte in cui non prevede tra i motivi di
interruzione del termine di cui all'art. 325 c.p.c., la morte, la
radiazione e la sospensione dall'albo del procuratore costituito,
sopravvenute nel corso del termine stesso.
Art. 329
(Acquiescenza
totale o parziale)
Salvi i casi di cui ai numeri 1,
2, 3 e 6 dell'art. 395, l'acquiescenza risultante da accettazione espressa
o da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni
ammesse dalla legge ne esclude la proponibilità.
L'impugnazione parziale importa
acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate.
Art. 330
(Luogo di
notificazione dell'impugnazione)
Se nell'atto di notificazione
della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto domicilio
nella circoscrizione del giudice che l'ha pronunciata, l'impugnazione deve
essere notificata nel luogo indicato; altrimenti si notifica presso il
procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto
per il giudizio.
L'impugnazione può essere
notificata nei luoghi sopra menzionati collettivamente e impersonalmente
agli eredi della parte defunta dopo la notificazione della sentenza.
Quando manca la dichiarazione di
residenza o l'elezione di domicilio e, in ogni caso, dopo un anno dalla
pubblicazione della sentenza, l'impugnazione, se è ancora ammessa dalla
legge, si notifica personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.
Art. 331
(Integrazione del
contraddittorio in cause inscindibili)
Se la sentenza pronunciata tra
più parti in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti non è stata
impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina l'integrazione del
contraddittorio fissando il termine nel quale la notificazione deve essere
fatta e, se è necessario, l'udienza di comparizione.
L'impugnazione è dichiarata
inammissibile se nessuna delle parti provvede all'integrazione nel termine
fissato.
Art. 332
(Notificazione
dell'impugnazione relativa a cause scindibili)
Se l'impugnazione di una sentenza
pronunciata in cause scindibili è stata proposta soltanto da alcuna delle
parti o nei confronti di alcuna di esse, il giudice ne ordina la
notificazione alle altre, in confronto delle quali l'impugnazione non è
preclusa o esclusa, fissando il termine nel quale la notificazione deve
essere fatta e, se è necessario, l'udienza di comparizione.
Se la notificazione ordinata dal
giudice non avviene, il processo rimane sospeso fino a che non siano
decorsi i termini previsti negli articoli 325 e 327 primo comma.
Art. 333
(Impugnazioni
incidentali)
Le parti alle quali sono state
fatte le notificazioni previste negli articoli precedenti debbono
proporre, a pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale
nello stesso processo.
Art. 334
(Impugnazioni
incidentali tardive)
Le parti, contro le quali è stata
proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a
norma dell'articolo 331, possono proporre impugnazione incidentale anche
quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla
sentenza.
In tal caso, se l'impugnazione
principale è dichiarata inammissibile l'impugnazione incidentale perde
ogni efficacia.
Art. 335
(Riunione delle
impugnazioni separate)
Tutte le impugnazioni proposte
separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche
d'ufficio, in un solo processo.
Art. 336
(Effetti della
riforma o della cassazione)
La riforma o la cassazione
parziale ha effetto anche sulle parti della sentenza dipendenti dalla
parte riformata o cassata.
La riforma o la cassazione
estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla
sentenza riformata o cassata (1).
(1) Comma così sostituito
dall'art. 48, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 337
(Sospensione
dell'esecuzione e dei processi)
L'esecuzione della sentenza non è
sospesa per effetto dell'impugnazione di essa, salve le disposizioni degli
articoli 283, 373, 401 e 407 (1).
Quando l'autorità di una sentenza
è invocata in diverso processo, questo può essere sospeso se tale sentenza
è impugnata.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 49, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 338
(Effetti
dell'estinzione del procedimento di impugnazione)
L'estinzione del procedimento
d'appello o di revocazione nei casi previsti nei numeri 4 e 5 dell'art.
395 fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano
stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel
procedimento estinto.
Capo II:
DELL'APPELLO
Art. 339
(Appellabilità
delle sentenze)
Possono essere impugnate con
appello le sentenze pronunciate in primo grado, purchè l'appello non sia
escluso dalla legge o dall'accordo delle parti a norma dell'articolo 360,
secondo comma.
E' inappellabile la sentenza che
il giudice ha pronunciato secondo equità a norma dell'articolo 114.
Sono altresì inappellabili le
sentenze del giudice di pace pronunziate secondo equità (1).
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 33, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 340
(Riserva
facoltativa d'appello contro sentenze non definitive)
Contro le sentenze previste
dall'articolo 278 e dal n. 4 del secondo comma dell'articolo 279,
l'appello può essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia
riserva, a pena di decadenza, entro il termine per appellare e, in ogni
caso, non oltre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva
alla comunicazione della sentenza stessa.
Quando sia stata fatta la riserva
di cui al precedente comma, l'appello deve essere proposto unitamente a
quello contro la sentenza che definisce il giudizio o con quello che venga
proposto, dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva
che non definisca il giudizio.
La riserva non può più farsi, e
se già fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da
alcuna delle parti sia proposto immediatamente appello.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 341
(Giudice
dell'appello)
L'appello contro le sentenze del
pretore e del tribunale si propone rispettivamente al tribunale e alla
corte di appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha
pronunciato la sentenza.
L'appello contro le sentenze del
giudice di pace si propone al tribunale nel cui circondario ha sede il
giudice che ha pronunciato la sentenza (1).
Articolo così sostituito dalla L.
30 luglio 1984, n. 399.
(1) Comma aggiunto dall'art. 34,
L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 342
(Forma
dell'appello)
L'appello si propone con
citazione contenente l'esposizione sommaria dei fatti ed i motivi
specifici dell'impugnazione nonchè le indicazioni prescritte nell'articolo
163.
Tra il giorno della citazione e
quello della prima udienza di trattazione devono intercorrere termini
liberi non minori di quelli previsti dall'articolo 163-bis.
Articolo così sostituito
dall'art. 50, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 343
(Modo e termine
dell'appello incidentale)
L'appello incidentale si propone,
a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, all'atto della
costituzione in cancelleria ai sensi dell'articolo 166 (1).
Se l'interesse a proporre
l'appello incidentale sorge dall'impugnazione proposta da altra parte che
non sia l'appellante principale, tale appello si propone nella prima
udienza successiva alla proposizione dell'impugnazione stessa.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 51, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 344
(Intervento in
appello)
Nel giudizio d'appello è ammesso
soltanto l'intervento dei terzi, che potrebbero proporre opposizione a
norma dell'articolo 404.
Art. 345
(Domande ed
eccezioni nuove)
Nel giudizio d'appello non
possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate
inammissibili d'ufficio. Possono tuttavia domandarsi gli interessi, i
frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonchè il
risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa.
Non possono proporsi nuove
eccezioni, che non siano rilevabili anche d'ufficio.
Non sono ammessi nuovi mezzi di
prova, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della
decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto
proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Può
sempre deferirsi il giuramento decisorio.
Articolo così sostituito
dall'art. 52, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 346
(Decadenza dalle
domande e dalle eccezioni non riproposte)
Le domande e le eccezioni non
accolte nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente
riproposte in appello, si intendono rinunciate.
Art. 347
(Forme e termini
della costituzione in appello)
La costituzione in appello
avviene secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al
tribunale (1).
L'appellante deve inserire nel
proprio fascicolo copia della sentenza appellata.
Il cancelliere provvede a norma
dell'art. 168 e richiede la trasmissione del fascicolo d'ufficio al
cancelliere del giudice di primo grado.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 53, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 348
(Improcedibilità
dell'appello)
L'appello è dichiarato
improcedibile, anche d'ufficio, se l'appellante non si costituisce in
termini.
Se l'appellante non compare alla
prima udienza, benchè si sia anteriormente costituito, il collegio, con
ordinanza non impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza, della
quale il cancelliere dà comunicazione all'appellante. Se anche alla nuova
udienza l'appellante non compare, l'appello è dichiarato improcedibile
anche d'ufficio.
Articolo così sostituito
dall'art. 54, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 349
N.B.: Articolo abrogato dal
D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 350
(Trattazione)
La trattazione dell'appello è
collegiale.
Nella prima udienza di
trattazione il collegio verifica la regolare costituzione del giudizio e,
quando occorre, ordina l'integrazione di esso o la notificazione prevista
dall'articolo 332, oppure dispone che si rinnovi la notificazione
dell'atto di appello.
Nella stessa udienza il collegio
dichiara la contumacia dell'appellato, provvede alla riunione degli
appelli proposti contro la stessa sentenza e procede al tentativo di
conciliazione ordinando, quando occorre, la comparizione personale delle
parti.
Articolo così sostituito
dall'art. 55, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 351
(Provvedimenti
sull'esecuzione provvisoria)
Sull'istanza di cui all'articolo
283 il collegio provvede con ordinanza nella prima udienza.
La parte, mediante ricorso al
presidente del collegio, può chiedere che la decisione sulla sospensione
sia pronunziata prima dell'udienza di comparizione.
Il presidente del collegio, con
decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti davanti al
collegio in camera di consiglio. Con lo stesso decreto, se ricorrono
giusti motivi di urgenza, può disporre provvisoriamente l'immediata
sospensione dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione della sentenza; in
tal caso all'udienza in camera di consiglio il collegio conferma, modifica
o revoca il decreto con ordinanza non impugnabile.
Articolo così sostituito
dall'art. 56, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 352
(Decisione)
Esaurita l'attività prevista
negli articoli 350 e 351, il collegio, ove non provveda ai sensi
dell'articolo 356, invita le parti a precisare le conclusioni e dispone lo
scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi
dell'articolo 190; la sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta
giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di
replica.
Ciascuna delle parti, nel
precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente
dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini
indicati nell'articolo 190 per il deposito delle difese scritte, la
richiesta deve essere riproposta al presidente della Corte alla scadenza
del termine per il deposito delle memorie di replica.
Il presidente provvede sulla
richiesta fissando con decreto la data dell'udienza di discussione da
tenersi entro sessanta giorni; con lo stesso decreto designa altresì il
relatore.
La discussione è preceduta dalla
relazione della causa; la sentenza è deposita in cancelleria entro i
sessanta giorni successivi.
Articolo così sostituito
dall'art. 57, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 353
(Rimessione al
primo giudice per ragioni di giurisdizione o di competenza)
Il giudice d'appello, se riforma
la sentenza di primo grado dichiarando che il giudice ordinario ha sulla
causa la giurisdizione negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con la
quale rimanda le parti davanti al primo giudice.
Le parti debbono riassumere il
processo nel termine perentorio di sei mesi dalla notificazione della
sentenza.
Se contro la sentenza d'appello è
proposto ricorso per cassazione, il termine è interrotto.
La disposizione del primo comma
si applica anche quando il pretore, in riforma della sentenza del
conciliatore, dichiara la competenza di questo (1).
(1) Comma abrogato dall'art. 89,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 354
(Rimessione al
primo giudice per altri motivi)
Fuori dei casi previsti
nell'articolo precedente, il giudice d'appello non può rimettere la causa
al primo giudice, tranne che dichiari nulla la notificazione della
citazione introduttiva, oppure riconosca che nel giudizio di primo grado
doveva essere integrato il contraddittorio o non doveva essere estromessa
una parte, ovvero dichiari la nullità della sentenza di primo grado a
norma dell'articolo 161 secondo comma.
Il giudice d'appello rimette la
causa al primo giudice anche nel caso di riforma della sentenza che ha
pronunciato sull'estinzione del processo a norma e nelle forme
dell'articolo 308.
Nei casi di rimessione al primo
giudice previsti nei commi precedenti, si applicano le disposizioni
dell'articolo 353.
Se il giudice d'appello dichiara
la nullità di altri atti compiuti in primo grado, ne ordina, in quanto
possibile, la rinnovazione a norma dell'articolo 356.
Articolo così sostituito dal
D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 355
(Provvedimenti
sulla querela di falso)
Se nel giudizio d'appello è
proposta querela di falso, il giudice, quando ritiene il documento
impugnato rilevante per la decisione della causa, sospende con ordinanza
il giudizio, e fissa alle parti un termine perentorio entro il quale
debbono riassumere la causa di falso davanti al tribunale.
Art. 356
(Ammissione e
assunzione di prove)
Ferma l'applicabilità della norma
di cui al numero 4), del secondo comma dell'articolo 279, il giudice
d'appello, se dispone l'assunzione di una prova oppure la rinnovazione
totale o parziale dell'assunzione già avvenuta in primo grado o comunque
dà disposizioni per effetto delle quali il procedimento deve continuare,
pronuncia ordinanza e provvede a norma degli articoli 191 e seguenti (1).
Quando sia stato proposto appello
immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma
dell'articolo 279, il giudice d'appello non può disporre nuove prove
riguardo alle domande e alle questioni, rispetto alle quali il giudice di
primo grado, non definendo il giudizio, abbia disposto, con separata
ordinanza, la prosecuzione dell'istruzione.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 58, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 357
(Reclamo contro
ordinanze)
Le ordinanze con le quali
l'istruttore abbia dichiarato, a norma dell'articolo 350 secondo comma, la
inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, ovvero l'estinzione del
procedimento d'appello, e le ordinanze sulla esecuzione provvisoria
previste dall'articolo 351, possono essere impugnate con reclamo al
collegio nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione. Il
reclamo si propone con le forme previste dall'articolo 178 terzo, quarto e
quinto comma.
Il collegio pronuncia sul reclamo
in camera di consiglio, salvo che, trattandosi delle ordinanze previste
dall'art. 350 secondo comma, alcuna delle parti, prima della scadenza del
termine per la comunicazione della memoria di replica, proponga istanza al
presidente del collegio, perchè il reclamo sia discusso in udienza. In tal
caso il presidente fissa l'udienza per la discussione, con decreto che è
comunicato alle parti a cura del cancelliere.
La decisione è pronunciata con
sentenza se è respinto il reclamo contro le ordinanze previste dall'art.
350 secondo comma; negli altri casi è pronunciata con ordinanza non
impugnabile.
Articolo abrogato dall'art. 89,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 358
(Non
riproponibilità d'appello dichiarato inammissibile o improcedibile)
L'appello dichiarato
inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è
decorso il termine fissato dalla legge.
Art. 359
(Rinvio alle
norme relative al procedimento davanti al tribunale)
Nei procedimenti d'appello
davanti alla Corte o al tribunale si osservano, in quanto applicabili, le
norme dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale, se
non sono incompatibili con le disposizioni del presente capo.
Davanti al pretore si osservano
anche nei procedimenti d'appello le norme del procedimento di primo grado,
in quanto applicabili (1).
(1) Comma abrogato dall'art. 89,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Capo III: DEL
RICORSO PER CASSAZIONE
Sezione I: DEI
PROVVEDIMENTI IMPUGNABILI E DEI RICORSI
Art. 360
(Sentenze
impugnabili e motivi di ricorso)
Le sentenze pronunciate in grado
di appello o in unico grado, possono essere impugnate con ricorso per
cassazione:
1) per motivi attinenti alla
giurisdizione;
2) per violazione delle norme
sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
3) per violazione o falsa
applicazione di norme di diritto;
4) per nullità della sentenza o
del procedimento;
5) per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia,
prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio (1).
Può inoltre essere impugnata con
ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti
sono d'accordo per omettere l'appello; ma in tal caso l'impugnazione può
proporsi soltanto per violazione o falsa applicazione di norme di diritto.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) L'alinea del primo comma è
stato così modificato dall'art. 59, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 361
(Riserva
facoltativa di ricorso contro sentenze non definitive)
Contro le sentenze previste
dall'articolo 278 e dal n. 4) del secondo comma dell'articolo 279, il
ricorso per cassazione può essere differito, qualora la parte soccombente
ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per la
proposizione del ricorso, e in ogni caso non oltre la prima udienza
successiva alla comunicazione della sentenza stessa (1).
Qualora sia stata fatta la
riserva di cui al precedente comma, il ricorso deve essere proposto
unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio, o con
quello che venga proposto, dalla stessa o da altra parte, contro altra
sentenza successiva che non definisca il giudizio.
La riserva non può farsi, e se
già fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da
alcuna delle parti sia proposto immediatamente ricorso.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 60, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 362
(Altri casi di
ricorso)
Possono essere impugnate con
ricorso per cassazione, nel termine di cui all'articolo 325 secondo comma,
le decisioni in grado d'appello o in unico grado di un giudice speciale,
per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso.
Possono essere denunciati in ogni
tempo con ricorso per cassazione:
1) i conflitti positivi o
negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici
ordinari;
2) i conflitti negativi di
attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario.
Art. 363
(Ricorso
nell'interesse della legge)
Quando le parti non hanno
proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, il
procuratore generale presso la Corte di cassazione può proporre ricorso
per chiedere che sia cassata la sentenza nell'interesse della legge.
In tal caso le parti non possono
giovarsi della cassazione della sentenza.
Art. 364
Articolo abrogato dalla L. 18
ottobre 1977, n. 793.
Art. 365
(Sottoscrizione
del ricorso)
Il ricorso è diretto alla corte e
sottoscritto, a pena d'inammissibilità, da un avvocato iscritto
nell'apposito albo, munito di procura speciale.
Art. 366
(Contenuto del
ricorso)
Il ricorso deve contenere, a pena
d'inammissibilità:
1) l'indicazione delle parti;
2) l'indicazione della sentenza o
decisione impugnata;
3) l'esposizione sommaria dei
fatti della causa;
4) i motivi per i quali si chiede
la cassazione, con l'indicazione delle norme di diritto su cui si fondano;
5) l'indicazione della procura,
se conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gratuito
patrocinio, del relativo decreto (1).
Se il ricorrente non ha eletto
domicilio in Roma, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria
della Corte di cassazione.
Nel caso previsto nell'art. 360,
secondo comma, l'accordo delle parti deve risultare mediante visto apposto
sul ricorso dalle altre parti o dai loro difensori muniti di procura
speciale, oppure mediante atto separato da unirsi al ricorso stesso.
(1) Numero così sostituito dalla
L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 367
(Sospensione del
processo di merito)
Una copia del ricorso per
cassazione proposto a norma dell'articolo 41, primo comma, è depositata,
dopo la notificazione alle altre parti, nella cancelleria del giudice
davanti a cui pende la causa, il quale sospende il processo se non ritiene
l'istanza manifestamente inammissibile o la contestazione della
giurisdizione manifestamente infondata. Il giudice istruttore o il
collegio provvede con ordinanza (1).
Se la Corte di cassazione
dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, le parti debbono
riassumere il processo entro il termine perentorio di sei mesi dalla
comunicazione della sentenza.
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 61, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 368
(Questione di
giurisdizione sollevata dal prefetto)
Nel caso previsto nell'art. 41,
secondo comma, la richiesta per la decisione della Corte di cassazione è
fatta dal prefetto con decreto motivato.
Il decreto è notificato, su
richiesta del prefetto, alle parti e al procuratore della Repubblica
presso il tribunale, se la causa pende davanti a questo o davanti a un
pretore, oppure al procuratore generale presso la Corte di appello, se
pende davanti alla Corte.
Il pubblico ministero comunica il
decreto del prefetto al capo dell'ufficio giudiziario davanti al quale
pende la causa. Questi sospende il procedimento con decreto che è
notificato alle parti a cura del pubblico ministero entro dieci giorni
dalla sua pronuncia, sotto pena di decadenza della richiesta.
La Corte di cassazione è
investita della questione di giurisdizione con ricorso a cura della parte
più diligente, nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione
del decreto.
Si applica la disposizione
dell'ultimo comma dell'articolo precedente.
Art. 369
(Deposito del
ricorso)
Il ricorso deve essere depositato
nella cancelleria della corte, a pena d'improcedibilità, nel termine di
giorni venti dall'ultima notificazione alle parti contro le quali è
proposto.
Insieme col ricorso debbono
essere depositati, sempre a pena d'improcedibilità:
1) il decreto di concessione del
gratuito patrocinio (1);
2) copia autentica della sentenza
o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è
avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure
copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi
di cui ai nn. 1 e 2 dell'articolo 362;
3) la procura speciale, se questa
è conferita con atto separato;
4) gli atti e i documenti sui
quali il ricorso si fonda. Il ricorrente deve chiedere alla cancelleria
del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata o del quale si
contesta la giurisdizione la trasmissione alla cancelleria della Corte di
cassazione del fascicolo d'ufficio; tale richiesta è restituita dalla
cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere depositata
insieme col ricorso.
(1) Numero così sostituito dalla
L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 370
(Controricorso)
La parte contro la quale il
ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante
controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro
venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del
ricorso. In mancanza di tale notificazione, essa non può presentare
memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale.
Al controricorso si applicano le
norme degli articoli 365 e 366, in quanto è possibile.
Il controricorso è depositato
nella cancelleria della corte entro venti giorni dalla notificazione,
insieme con gli atti e i documenti e con la procura speciale, se conferita
con atto separato.
Art. 371
(Ricorso
incidentale)
La parte di cui all'articolo
precedente deve proporre con l'atto contenente il controricorso
l'eventuale ricorso incidentale contro la stessa sentenza.
La parte alla quale è stato
notificato il ricorso per integrazione a norma degli articoli 331 e 332
deve proporre l'eventuale ricorso incidentale nel termine di quaranta
giorni dalla notificazione, con atto notificato al ricorrente principale e
alle altre parti nello stesso modo del ricorso principale.
Al ricorso incidentale si
applicano le disposizioni degli articoli 365, 366 e 369 (1).
Per resistere al ricorso
incidentale può essere notificato un controricorso a norma dell'articolo
precedente.
Se il ricorrente principale
deposita la copia della sentenza o della decisione impugnata, non è
necessario che la depositi anche il ricorrente per incidente.
(1) Comma così sostituito dalla
L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 371 bis
(Deposito
dell'atto di integrazione del contraddittorio)
Qualora la Corte abbia ordinato
l'integrazione del contraddittorio, assegnando alle parti un termine
perentorio per provvedervi, il ricorso notificato, contenente
nell'intestazione le parole "atto di integrazione del contraddittorio",
deve essere depositato nella cancelleria della Corte stessa, a pena di
improcedibilità, entro venti giorni dalla scadenza del termine assegnato.
Articolo aggiunto dall'art. 62,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 372
(Produzione di
altri documenti)
Non è ammesso il deposito di atti
e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, tranne di
quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e
l'ammissibilità del ricorso e del controricorso.
Il deposito dei documenti
relativi all'ammissibilità può avvenire indipendentemente da quello del
ricorso e del controricorso, ma deve essere notificato mediante elenco,
alle altre parti.
Art. 373
(Sospensione
dell'esecuzione)
Il ricorso per cassazione non
sospende la esecuzione della sentenza. Tuttavia il giudice che ha
pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora
dall'esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con
ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata
congrua cauzione.
L'istanza si propone con ricorso
al conciliatore, al pretore o al presidente del collegio, il quale, con
decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti
rispettivamente d'innanzi a sè o al collegio in camera di consiglio. Copia
del ricorso e del decreto sono notificate al procuratore dell'altra parte,
ovvero alla parte stessa, se questa sia stata in giudizio senza ministero
di difensore o non si sia costituita nel giudizio definito con la sentenza
impugnata. Con lo stesso decreto, in caso di eccezionale urgenza può
essere disposta provvisoriamente l'immediata sospensione dell'esecuzione
(1).
Articolo così sostituito dalla L.
14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 63, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Sezione II: DEL
PROCEDIMENTO E DEI PROVVEDIMENTI
Art. 374
(Pronuncia a
sezioni unite)
La Corte pronuncia a sezioni
unite nei casi previsti nel n. 1 dell'articolo 360 e nell'articolo 362.
Inoltre il primo presidente può
disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano
una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni
semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di
particolare importanza.
In tutti gli altri casi la Corte
pronuncia a sezione semplice.
Art. 375
(Pronuncia in
camera di consiglio)
Oltre che per il caso di
regolamento di competenza, la Corte, sia a sezioni unite che a sezione
semplice, pronuncia in camera di consiglio con ordinanza quando, su
richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, riconosce di dover
dichiarare l'inammissibilità del ricorso principale e di quello
incidentale, pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi
previsti nell'articolo 360, ordinare la integrazione del contraddittorio o
la notificazione di cui all'articolo 332, oppure dichiarare la estinzione
del processo per avvenuta rinuncia (1).
La Corte, se ritiene che non
ricorrono le ipotesi di cui al comma precedente, rinvia la causa alla
pubblica udienza (1).
Le conclusioni del pubblico
ministero sono notificate almeno venti giorni prima dell'adunanza della
Corte in camera di consiglio agli avvocati delle parti, i quali hanno
facoltà di presentare memorie entro il termine di cui all'articolo 378.
(1) Comma così sostituito
dall'art. 64, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 376
(Assegnazione dei
ricorsi alle sezioni)
I ricorsi sono assegnati alle
sezioni unite o alle sezioni semplici dal primo presidente.
La parte, che ritiene di
competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a una sezione
semplice, può proporre al primo presidente istanza di rimessione alle
sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell'udienza di discussione del
ricorso.
All'udienza della sezione
semplice, la rimessione può essere disposta soltanto su richiesta del
pubblico ministero o d'ufficio, con ordinanza inserita nel processo
verbale.
Art. 377
(Fissazione
dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio)
Il primo presidente, su
presentazione del ricorso a cura del cancelliere, fissa l'udienza o
l'adunanza della camera di consiglio e nomina il relatore per i ricorsi
assegnati alle sezioni unite. Per i ricorsi assegnati alle sezioni
semplici provvede allo stesso modo il presidente della sezione.
Dell'udienza è data comunicazione
dal cancelliere agli avvocati delle parti almeno venti giorni prima.
Articolo così sostituito
dall'art. 65, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 378
(Deposito di
memorie di parte)
Le parti possono presentare le
loro memorie in cancelleria non oltre cinque giorni prima della udienza.
Art. 379
(Discussione)
All'udienza il relatore riferisce
i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il contenuto del
provvedimento impugnato e, in riassunto, se non vi è discussione delle
parti, i motivi del ricorso e del controricorso.
Dopo la relazione il presidente
invita gli avvocati delle parti a svolgere le loro difese.
Quindi il pubblico ministero
espone oralmente le sue conclusioni motivate.
Non sono ammesse repliche, ma gli
avvocati delle parti possono nella stessa udienza presentare alla corte
brevi osservazioni per iscritto sulle conclusioni del pubblico ministero.
Art. 380
(Deliberazione
della sentenza)
La Corte, dopo la discussione
della causa, delibera, nella stessa seduta, la sentenza in camera di
consiglio (1).
Si applica alla deliberazione
della Corte la disposizione dell'articolo 276.
(1) Comma così sostituito dalla
L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 381
Articolo abrogato dalla L. 18
ottobre 1977, n. 793.
Art. 382
(Decisione delle
questioni di giurisdizione e di competenza)
La Corte, quando decide una
questione di giurisdizione, statuisce su questa, determinando, quando
occorre, il giudice competente.
Quando cassa per violazione delle
norme sulla competenza, statuisce su questa.
Se riconosce che il giudice del
quale si impugna il provvedimento e ogni altro giudice difettano di
giurisdizione, cassa senza rinvio. Egualmente provvede in ogni altro caso
in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo
proseguito.
Art. 383
(Cassazione con
rinvio)
La Corte, quando accoglie il
ricorso per motivi diversi da quelli richiamati nell'articolo precedente,
rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato
la sentenza cassata.
Nel caso previsto dall'articolo
360 secondo comma, la causa può essere rinviata al giudice che avrebbe
dovuto pronunciare sull'appello al quale le parti hanno rinunciato.
La Corte, se riscontra una
nullità del giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello
avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a
quest'ultimo.
Art. 384
(Enunciazione del
principio di diritto e decisione della causa nel merito)
La Corte, quando accoglie il
ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, enuncia
il principio di diritto al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi
ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori
accertamenti di fatto.
Articolo così sostituito
dall'art. 66, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 385
(Provvedimenti
sulle spese)
La Corte, se rigetta il ricorso,
condanna il ricorrente alle spese.
Se cassa senza rinvio o per
violazione delle norme sulla competenza, provvede sulle spese di tutti i
precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la
liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.
Se rinvia la causa ad altro
giudice, può provvedere sulle spese del giudizio di cassazione o
rimetterne la pronuncia al giudice di rinvio.
Art. 386
(Effetti della
decisione sulla giurisdizione)
La decisione sulla giurisdizione
è determinata dall'oggetto della domanda e, quando prosegue il giudizio,
non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla
proponibilità della domanda.
Art. 387
(Non
riproponibilità del ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile)
Il ricorso dichiarato
inammissibile o improcedibile, non può essere riproposto, anche se non è
scaduto il termine fissato dalla legge.
Art. 388
(Trasmissione di
copia del dispositivo al giudice di merito)
Copia del dispositivo della
sentenza è trasmessa dal cancelliere della Corte a quello del giudice che
ha pronunciato la sentenza impugnata, affinchè ne sia presa nota in
margine all'originale di quest'ultimo.
Art. 389
(Domande
conseguenti alla cassazione)
Le domande di restituzione o di
riduzione in pristino e ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione
si propongono al giudice di rinvio e, in caso di cassazione senza rinvio,
al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.
Art. 390
(Rinuncia)
La parte può rinunciare al
ricorso principale o incidentale finchè non sia cominciata la relazione
all'udienza, o sia notificata la richiesta del pubblico ministero di cui
all'art. 375.
La rinuncia deve farsi con atto
sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è
munito di mandato speciale a tale effetto.
L'atto di rinuncia è notificato
alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi
appongono il visto.
Art. 391
(Pronuncia sulla
rinuncia)
Sulla rinuncia la Corte provvede
con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso
provvedimento, altrimenti provvede con ordinanza.
L'ordinanza o la sentenza, che
provvede sulla rinuncia, condanna il rinunciante alle spese (1).
L'ordinanza ha efficacia di
titolo esecutivo.
La condanna non è pronunciata, se
alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati
autorizzati con mandato speciale.
(1) Comma così sostituito dalla
L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 391 bis
(Correzione degli
errori materiali e revocazione delle sentenze della Corte di cassazione)
Se la sentenza pronunciata dalla
Corte di cassazione è affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi
dell'articolo 287 ovvero da errore di fatto ai sensi dell'articolo 395,
numero 4), la parte interessata può chiederne la correzione o la
revocazione con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti da
notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla
notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della
sentenza stessa.
Sul ricorso la Corte pronuncia in
camera di consiglio a norma dell'articolo 375.
La pendenza del termine per la
revocazione della sentenza della Corte di cassazione non impedisce il
passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione
respinto.
In caso di impugnazione per
revocazione della sentenza della Corte di cassazione non è ammessa la
sospensione dell'esecuzione della sentenza passata in giudicato, nè è
sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo.
Articolo aggiunto dall'art. 67,
L. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente la Corte Costituzionale, con
sentenza 18 aprile 1996, n. 119, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del presente articolo nella parte in cui prevede un termine
per la proposizione dell’istanza di correzione degli errori materiali
delle sentenze della Corte di cassazione.
Sezione III: DEL
GIUDIZIO DI RINVIO
Art. 392
(Riassunzione
della causa)
La riassunzione della causa
davanti al giudice di rinvio può essere fatta da ciascuna delle parti non
oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza della Corte di
cassazione.
La riassunzione si fa con
citazione, la quale è notificata personalmente a norma degli articoli 137
e seguenti.
Art. 393
(Estinzione del
processo)
Se la riassunzione non avviene
entro il termine di cui all'articolo precedente, o si avvera
successivamente a essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio,
l'intero processo si estingue; ma la sentenza della Corte di cassazione
conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che sia
instaurato con la riproposizione della domanda.
Art. 394
(Procedimento in
sede di rinvio)
In sede di rinvio si osservano le
norme stabilite per il procedimento davanti al giudice al quale la Corte
ha rinviato la causa. In ogni caso deve essere prodotta copia autentica
della sentenza di cassazione.
Le parti conservano la stessa
posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata
la sentenza cassata.
Nel giudizio di rinvio può
deferirsi il giuramento decisorio, ma le parti non possono prendere
conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata
la sentenza cassata, salvo che la necessità delle nuove conclusioni sorga
dalla sentenza di cassazione.
Capo IV: DELLA
REVOCAZIONE
Art. 395
(Casi di
revocazione)
Le sentenze pronunciate in grado
di appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione:
1) se sono l'effetto del dolo di
una delle parti in danno dell'altra (1);
2) se si è giudicato in base a
prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che
la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali
prima della sentenza.
3) se dopo la sentenza sono stati
trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto
produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto
dell'avversario;
4) se la sentenza è l'effetto di
un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è
questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto
la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta
l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto
nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto
controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;
5) se la sentenza è contraria ad
altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purchè
non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;
6) se la sentenza è effetto del
dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.
La Corte costituzionale, con
sentenza 30 gennaio 1986, n. 17, ha dichiarato l'illegittimità di questo
articolo nella parte in cui non prevede la revocazione delle sentenze
della Corte di cassazione rese su ricorsi basati sull'art. 360, n. 4, del
codice di procedura civile ed affette dall'errore di cui all'art. 395, n.
4, c.p.c..
Con successiva sentenza n. 558
del 20 dicembre 1989 la stessa Corte ha dichiarato l'illegittimità
dell'art. 395, prima parte, e n. 4 c.p.c. nella parte in cui non prevede
la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di convalida di
sfratto e licenza per finita locazione e di convalida di sfratto per
morosità emessi in assenza o per mancata opposizione dell'intimato.
(1) La Corte costituzionale, con
sentenza 20 febbraio 1995, n. 51, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del numero 1) del presente articolo nella parte in cui non
prevede la revocazione avverso i provvedimenti di convalida di sfratto per
morosità che siano l'effetto del dolo di una delle parti in danno
dell'altra.
Art. 396
(Revocazione
delle sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello)
Le sentenze per le quali è
scaduto il termine per l'appello possono essere impugnate per revocazione
nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6 dell'articolo precedente, purchè la scoperta
del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della
sentenza di cui al n. 6 siano avvenuti dopo la scadenza del termine
suddetto.
Se i fatti menzionati nel comma
precedente avvengono durante il corso del termine per l'appello, il
termine stesso è prorogato dal giorno dell'avvenimento in modo da
raggiungere i trenta giorni da esso.
Art. 397
(Revocazione
proponibile dal pubblico ministero)
Nelle cause in cui l'intervento
del pubblico ministero è obbligatorio a norma dell'articolo 70 primo
comma, le sentenze previste nei due articoli precedenti possono essere
impugnate per revocazione dal pubblico ministero:
1) quando la sentenza è stata
pronunciata senza che egli sia stato sentito;
2) quando la sentenza è l'effetto
della collusione posta in opera dalle parti per frodare la legge.
Art. 398
(Proposizione
della domanda)
La revocazione si propone con
citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza
impugnata.
La citazione deve indicare, a
pena d'inammissibilità, il motivo della revocazione e le prove relative
alla dimostrazione dei fatti di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo
395, del giorno della scoperta o dell'accertamento del dolo o della
falsità, o del recupero dei documenti.
La citazione deve essere
sottoscritta da un difensore munito di procura speciale (1).
La proposizione della revocazione
non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il
procedimento relativo. Tuttavia il giudice davanti a cui è proposta la
revocazione, su istanza di parte, può sospendere l'uno o l'altro fino alla
comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione,
qualora ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta (2).
(1) Comma così sostituito dalla
L. 18 ottobre 1977, n. 793.
(2) Comma così sostituito
dall'art. 68, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 399
(Deposito della
citazione e della risposta)
Se la revocazione è proposta
davanti al tribunale o alla corte d'appello, la citazione deve essere
depositata, a pena di improcedibilità, entro venti giorni dalla
notificazione nella cancelleria del giudice adito insieme con la copia
autentica della sentenza impugnata (1).
Le altre parti debbono
costituirsi nello stesso termine mediante deposito in cancelleria di una
comparsa contenente le loro conclusioni.
Se la revocazione è proposta
davanti al pretore o al conciliatore il deposito e la costituzione di cui
ai due commi precedenti debbono farsi a norma dell'articolo 314.
(1) Comma così sostituito dalla
L. 18 dicembre 1977, n. 793.
Art. 400
(Procedimento)
Davanti al giudice adito si
osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto
non derogate da quelle del presente capo.
Art. 401
(Sospensione
dell'esecuzione)
Il giudice della revocazione può
pronunciare su istanza di parte inserita nell'atto di citazione, la
ordinanza prevista nell'articolo 373, con lo stesso procedimento in camera
di consiglio ivi stabilito.
Articolo così sostituito dalla L.
18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 402
(Decisione)
Con la sentenza che pronuncia la
revocazione il giudice decide il merito della causa e dispone l'eventuale
restituzione di ciò che siasi conseguito con la sentenza revocata (1).
Il giudice, se per la decisione
del merito della causa ritiene di dover disporre nuovi mezzi istruttori,
pronuncia, con sentenza, la revocazione della sentenza impugnata e rimette
con ordinanza le parti davanti all'istruttore (2).
(1) Comma così sostituito dalla
L. 18 ottobre 1977, n. 793.
(2) Comma così sostituito dal
D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 403
(Impugnazione
della sentenza di revocazione)
Non può essere impugnata per
revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione.
Contro di essa sono ammessi i
mezzi d'impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza
impugnata per revocazione.
Capo V:
DELL'OPPOSIZIONE DI TERZO
Art. 404
(Casi di
opposizione di terzo)
Un terzo può fare opposizione
contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata
tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti (1).
Gli aventi causa e i creditori di
una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l'effetto
di dolo o collusione a loro danno.
La Corte costituzionale ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella
parte in cui non ammette:
- l'opposizione di terzo avverso
l'ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione, emanata per la
mancata comparizione dell'intimato o per la mancata opposizione
dell'intimato pur comparso (sentenza 7 giugno 1984, n. 167).
- l'opposizione di terzo avverso
l'ordinanza di sfratto per morosità (sentenza 25 ottobre 1985, n. 237).
- l'opposizione di terzo avverso
l'ordinanza con la quale il pretore dispone l'affrancazione del fondo ex
art. 4 della legge 22 luglio 1966, n. 607 (sentenza 20 dicembre 1988, n.
1105).
(1) La Corte costituzionale, con
sentenza n. 192 del 26 maggio 1995, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del primo comma, nella parte in cui non ammette
l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di licenza per
finita locazione.
Art. 405
(Domanda di
opposizione)
L'opposizione è proposta davanti
allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza, secondo le forme
prescritte per il procedimento davanti a lui.
La citazione deve contenere,
oltre agli elementi di cui all'art. 163, anche l'indicazione della
sentenza impugnata e, nel caso del secondo comma dell'articolo precedente
l'indicazione del giorno in cui il terzo è venuto a conoscenza del dolo o
della collusione, e della relativa prova.
Art. 406
(Procedimento)
Davanti al giudice adito si
osservano le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto
non derogate da quelle del presente capo.
Art. 407
(Sospensione
dell'esecuzione)
Il giudice dell'opposizione può
pronunciare, su istanza di parte inserita nell'atto di citazione,
l'ordinanza prevista nell'art. 373, con lo stesso procedimento in camera
di consiglio ivi stabilito.
Articolo così sostituito dal
D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 408
(Decisione)
Il giudice, se dichiara
inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta per infondatezza dei
motivi, condanna l'opponente al pagamento di una pena pecuniaria di lire
quattrocento se la sentenza impugnata è del conciliatore, di lire seicento
se è del pretore, di lire milleduecento se è del tribunale e di lire
duemilaquattrocento in ogni altro caso.
Titolo IV:
NORME PER LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LAVORO
Capo I:
DELLE CONTROVERSIE INDIVIDUALI DI LAVORO
Sezione I:
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 409
(Controversie
individuali di lavoro)
Si osservano le disposizioni del
presente capo nelle controversie relative a:
1) rapporti di lavoro subordinato
privato, anche se non inerenti all'esercizio di una impresa;
2) rapporti di mezzadria, di
colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore
diretto, nonchè rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la
competenza delle sezioni specializzate agrarie;
3) rapporti di agenzia, di
rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si
concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata,
prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;
4) rapporti di lavoro dei
dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente
attività economica;
5) rapporti di lavori dei
dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico,
semprechè non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 410
(Tentativo
facoltativo di conciliazione)
Chi intende proporre in giudizio
una domanda relativa ai rapporti previsti dall'articolo precedente, e non
ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai
contratti e accordi collettivi, può promuovere anche tramite una
associazione sindacale il tentativo di conciliazione presso la commissione
di conciliazione, nella cui circoscrizione si trova l'azienda o una
qualsiasi dipendenza di questa, alla quale è addetto il lavoratore, o
presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del
rapporto.
La commissione, ricevuta la
richiesta, tenta la conciliazione della controversia, convocando le parti,
per una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal ricevimento della
richiesta.
Con provvedimento del direttore
dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione è
istituita in ogni provincia, presso l'ufficio provinciale del lavoro e
della massima occupazione, una commissione provinciale di conciliazione
composta dal direttore dell'ufficio stesso o da un suo delegato, in
qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro
supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da
quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
Commissioni di conciliazione
possono essere istituite, con le stesse modalità e con la medesima
composizione di cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali
degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione.
Le commissioni, quando se ne
ravvisi la necessità, affidano il tentativo di conciliazione a proprie
sottocommissioni, presiedute dal direttore dell'ufficio provinciale del
lavoro e della massima occupazione o da un suo delegato, che rispecchino
la composizione prevista dal precedente terzo comma.
In ogni caso per la validità
della riunione è necessaria la presenza del presidente e di almeno un
rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei lavoratori.
Ove la riunione della commissione
non sia possibile per la mancata presenza di almeno uno dei componenti di
cui al precedente comma, il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro
certifica l'impossibilità di procedere al tentativo di conciliazione.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 411
(Processo verbale
di conciliazione)
Se la conciliazione riesce, si
forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal
presidente del collegio che ha esperito il tentativo, il quale certifica
l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di
sottoscrivere.
Il processo verbale è depositato
a cura delle parti o dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima
occupazione nella cancelleria della pretura nella cui circoscrizione è
stato formato. Il pretore, su istanza della parte interessata, accertata
la regolarità formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo
con decreto.
Se il tentativo di conciliazione
si è svolto in sede sindacale, il processo verbale di avvenuta
conciliazione è depositato presso l'ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione a cura di una delle parti o per il tramite di
un'associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane la
autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria della pretura nella
cui circoscrizione è stato redatto. Il pretore, su istanza della parte
interessata, accertata la regolarità formale del verbale di conciliazione,
lo dichiara esecutivo con decreto.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 412
(Processo verbale
di mancata conciliazione)
Se la conciliazione non riesce,
si forma processo verbale: in esso le parti possono indicare la soluzione,
anche parziale, nella quale concordano, precisando, quando è possibile,
l'ammontare del credito che spetta al lavoratore. In quest'ultimo caso il
processo verbale acquista efficacia di titolo esecutivo, osservate le
disposizioni di cui all'articolo 411.
L'ufficio provinciale del lavoro
e della massima occupazione ha l'obbligo di rilasciare, alla parte che ne
faccia richiesta, copia del verbale nel termine di cinque giorni.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Sezione II: DEL
PROCEDIMENTO
§ 1: DEL
PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO
Art. 413
(Giudice
competente)
Le controversie previste
dall'articolo 409 sono in primo grado di competenza del pretore in
funzione di giudice del lavoro.
Competente per territorio è il
giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova
l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso
la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.
Tale competenza permane dopo il
trasferimento dell'azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza,
purchè la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla
cessazione.
Competente per territorio per le
controversie previste dal numero 3) dell'articolo 409 è il giudice nella
cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente, del rappresentante
di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di
cui al predetto numero 3) dell'articolo 409 (1).
Qualora non trovino applicazione
le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell'articolo
18.
Sono nulle le clausole derogative
della competenza per territorio.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
(1) Comma aggiunto dall'art. 1,
L. 11 febbraio 1992, n. 128.
Art. 414
(Forma della
domanda)
La domanda si propone con
ricorso, il quale deve contenere:
1) l'indicazione del giudice;
2) il nome, il cognome, nonchè la
residenza o il domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui ha sede
il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la
dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica,
un'associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare
la denominazione o ditta nonchè la sede del ricorrente o del convenuto;
3) la determinazione dell'oggetto
della domanda;
4) l'esposizione dei fatti e
degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative
conclusioni;
5) l'indicazione specifica dei
mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei
documenti che si offrono in comunicazione.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 415
(Deposito del
ricorso e decreto di fissazione dell'udienza)
Il ricorso è depositato nella
cancelleria del giudice competente insieme con i documenti in esso
indicati.
Il giudice, entro cinque giorni
dal deposito del ricorso, fissa, con decreto, l'udienza di discussione,
alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente.
Tra il giorno del deposito del
ricorso e l'udienza di discussione non devono decorrere più di sessanta
giorni.
Il ricorso, unitamente al decreto
di fissazione dell'udienza, deve essere notificato al convenuto, a cura
dell'attore, entro dieci giorni dalla data di pronuncia del decreto, salvo
quanto disposto dall'articolo 417.
Tra la data di notificazione al
convenuto e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un
termine non minore di trenta giorni.
Il termine di cui al comma
precedente è elevato a quaranta giorni e quello di cui al terzo comma è
elevato a ottanta giorni nel caso in cui la notificazione prevista dal
quarto comma debba effettuarsi all'estero.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 416
(Costituzione del
convenuto)
Il convenuto deve costituirsi
almeno dieci giorni prima della udienza, dichiarando la residenza o
eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito.
La costituzione del convenuto si
effettua mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella
quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in
via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano
rilevabili d'ufficio.
Nella stessa memoria il convenuto
deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica
contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della
domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare
specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende
avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente
depositare.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 417
(Costituzione e
difesa personali delle parti)
In primo grado la parte può stare
in giudizio personalmente quando il valore della causa non eccede le lire
duecentocinquantamila.
La parte che sta in giudizio
personalmente propone la domanda nelle forme di cui all'articolo 414 o si
costituisce nelle forme di cui all'articolo 416 con elezione di domicilio
nell'ambito del territorio della Repubblica.
Può proporre la domanda anche
verbalmente davanti al pretore che ne fa redigere processo verbale.
Il ricorso o il processo verbale
con il decreto di fissazione dell'udienza devono essere notificati al
convenuto e allo stesso attore a cura della cancelleria entro i termini di
cui all'articolo 415.
Alle parti che stanno in giudizio
personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla
cancelleria.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 418
(Notificazione
della domanda riconvenzionale)
Il convenuto che abbia proposta
una domanda in via riconvenzionale a norma del secondo comma dell'articolo
416 deve, con istanza contenuta nella stessa memoria, a pena di decadenza
dalla riconvenzionale medesima, chiedere al giudice che, a modifica del
decreto di cui al secondo comma dell'articolo 415, pronunci, non oltre
cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell'udienza.
Tra la proposizione della domanda
riconvenzionale e l'udienza di discussione non devono decorrere più di
cinquanta giorni.
Il decreto che fissa l'udienza
deve essere notificato all'attore a cura dell'ufficio, unitamente alla
memoria difensiva, entro dieci giorni dalla data in cui è stato
pronunciato.
Tra la data di notificazione
all'attore del decreto pronunciato a norma del primo comma e quella
dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di
venticinque giorni.
Nel caso in cui la notificazione
del decreto debba farsi all'estero il termine di cui al secondo comma è
elevato a settanta giorni, e quello di cui al comma precedente è elevato a
trentacinque giorni.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 419
(Intervento
volontario)
Salvo che sia effettuato per
l'integrazione necessaria del contraddittorio, l'intervento del terzo ai
sensi dell'articolo 105 non può aver luogo oltre il termine stabilito per
la costituzione del convenuto, con le modalità previste dagli articoli 414
e 416 in quanto applicabili.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533. La Corte costituzionale, con sentenza n. 193 del
29 giugno 1983, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo
articolo nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario,
non attribuisce al giudice il potere-dovere di fissare - con il rispetto
del termine di cui all'art. 415, comma 5 (elevabile a quaranta giorni
allorquando la notificazione ad alcune delle parti originarie contumaci
debba effettuarsi all'estero) - una nuova udienza, non meno di dieci
giorni prima della quale potranno le parti originarie depositare memorie,
e di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti
originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell'interveniente,
e che sia notificato a quest'ultimo il provvedimento di fissazione della
nuova udienza.
Art. 420
(Udienza di
discussione della causa)
Nell'udienza fissata per la
discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti
e tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione personale
delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento
valutabile dal giudice ai fini della decisione. Le parti possono, se
ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già
formulate, previa autorizzazione del giudice.
Le parti hanno facoltà di farsi
rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere
a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con
atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al
procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La
mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte
del procuratore è valutata dal giudice ai fini della decisione.
Il verbale di conciliazione ha
efficacia di titolo esecutivo.
Se la conciliazione non riesce e
il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono
questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre
pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita
le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando
lettura del dispositivo.
Nella stessa udienza ammette i
mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano
potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con
ordinanza resa nell'udienza, per la loro immediata assunzione.
Qualora ciò non sia possibile,
fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima, concedendo alle
parti, ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a
cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria
di note difensive.
Nel caso in cui vengano ammessi
nuovi mezzi di prova, a norma del quinto comma, la controparte può dedurre
i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi,
con assegnazione di un termine perentorio di cinque giorni. Nell'udienza
fissata a norma del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, i
nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro
assunzione.
L'assunzione delle prove deve
essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza
da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi.
Nel caso di chiamata in causa a
norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107 il giudice fissa una
nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al
terzo il provvedimento nonchè il ricorso introduttivo e l'atto di
costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo,
quinto e sesto dell'articolo 415. Il termine massimo entro il quale deve
tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di
fissazione.
Il terzo chiamato deve
costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata,
depositando la propria memoria a norma dell'articolo 416.
A tutte le notificazioni e
comunicazioni occorrenti provvede l'ufficio.
Le udienze di mero rinvio sono
vietate.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 421
(Poteri
istruttori del giudice)
Il giudice indica alle parti in
ogni momento le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere
sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti
quesiti.
Può altresì disporre d'ufficio in
qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei
limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio,
nonchè la richiesta di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali,
alle associazioni sindacali indicate dalle parti. Si osserva la
disposizione del comma sesto dell'articolo precedente.
Dispone, su istanza di parte,
l'accesso sul luogo di lavoro, purchè necessario al fine dell'accertamento
dei fatti, e dispone altresì, se ne ravvisa l'utilità, l'esame dei
testimoni sul luogo stesso.
Il giudice, ove lo ritenga
necessario, può ordinare la comparizione, per interrogarle liberamente sui
fatti della causa, anche di quelle persone che siano incapaci di
testimoniare a norma dell'articolo 246 o a cui sia vietato a norma
dell'articolo 247.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 422
(Registrazione su
nastro)
Il giudice può autorizzare la
sostituzione della verbalizzazione da parte del cancelliere con la
registrazione su nastro delle deposizioni di testi e delle audizioni delle
parti o di consulenti.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 423
(Ordinanze per il
pagamento di somme)
Il giudice, su istanza di parte,
in ogni stato del giudizio, dispone con ordinanza il pagamento delle somme
non contestate.
Egualmente, in ogni stato del
giudizio, il giudice può, su istanza del lavoratore, disporre con
ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il
diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene già
raggiunta la prova.
Le ordinanze di cui ai commi
precedenti costituiscono titolo esecutivo.
L'ordinanza di cui al secondo
comma è revocabile con la sentenza che decide la causa.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 424
(Assistenza del
consulente tecnico)
Se la natura della controversia
lo richiede, il giudice, in qualsiasi momento, nomina uno o più consulenti
tecnici, scelti in albi speciali, a norma dell'articolo 61. A tal fine il
giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell'articolo 420.
Il consulente può essere
autorizzato a riferire verbalmente ed in tal caso le sue dichiarazioni
sono integralmente raccolte a verbale, salvo quanto previsto dal
precedente articolo 422.
Se il consulente chiede di
presentare relazione scritta, il giudice fissa un termine non superiore a
venti giorni, non prorogabile, rinviando la trattazione ad altra udienza.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 425
(Richiesta di
informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali)
Su istanza di parte,
l'associazione sindacale indicata dalla stessa ha facoltà di rendere in
giudizio, tramite un suo rappresentante, informazioni e osservazioni orali
o scritte.
Tali informazioni e osservazioni
possono essere rese anche nel luogo di lavoro ove sia stato disposto
l'accesso ai sensi del terzo comma dell'articolo 421.
A tal fine, il giudice può
disporre ai sensi del sesto comma dell'articolo 420.
Il giudice può richiedere alle
associazioni sindacali il testo dei contratti e accordi collettivi di
lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 426
(Passaggio dal
rito ordinario al rito speciale)
Il pretore quando rileva che una
causa promossa nelle forme ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti
dall'articolo 409, fissa con ordinanza l'udienza di cui all'articolo 420 e
il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere
all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di
memorie e documenti in cancelleria.
Nell'udienza come sopra fissata
provvede a norma degli articoli che precedono.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533. Successivamente la Corte costituzionale, con
sentenza 14 gennaio 1977, n. 14, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del combinato disposto dell'art. 426 del codice di
procedura civile, come modificato dall'art. 1, della legge 11 agosto 1973,
n. 533 (sul nuovo rito del lavoro), e dell'articolo 20 della legge
medesima nella parte in cui, con riguardo alle cause pendenti al momento
dell'entrata in vigore della legge, non è prevista la comunicazione anche
alla parte contumace dell'ordinanza che fissa la udienza di discussione ed
il termine perentorio per l'integrazione degli atti.
Art. 427
(Passaggio dal
rito speciale al rito ordinario)
Il pretore quando rileva che una
causa promossa nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un
rapporto diverso da quelli previsti dall'articolo 409, se la causa stessa
rientra nella sua competenza dispone che gli atti siano messi in regola
con le disposizioni tributarie, altrimenti la rimette con ordinanza al
giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta
giorni per la riassunzione con il rito ordinario.
In tal caso le prove acquisite
durante lo stato di rito speciale avranno l'efficacia consentita dalle
norme ordinarie.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 428
(Incompetenza del
giudice)
Quando una causa relativa ai
rapporti di cui all'articolo 409 sia stata proposta a giudice
incompetente, l'incompetenza può essere eccepita dal convenuto soltanto
nella memoria difensiva di cui all'articolo 416 ovvero rilevata d'ufficio
dal giudice non oltre la udienza di cui all'articolo 420.
Quando l'incompetenza sia stata
eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente, il giudice rimette la
causa al pretore in funzione di giudice del lavoro, fissando un termine
perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito
speciale.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 429
(Pronuncia della
sentenza)
Nell'udienza, il giudice,
esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti,
pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del
dispositivo.
Se il giudice lo ritiene
necessario, su richiesta delle parti, concede alle stesse un termine non
superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive, rinviando la
causa all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine
suddetto, per la discussione e la pronuncia della sentenza.
Il giudice, quando pronuncia
sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di
lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il
maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di
valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con
decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 430
(Deposito della
sentenza)
La sentenza deve essere
depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla pronuncia. Il
cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 431
(Esecutorietà
della sentenza)
Le sentenze che pronunciano
condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui
all'articolo 409 sono provvisoriamente esecutive.
All'esecuzione si può procedere
con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito
della sentenza.
Il giudice di appello può
disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa quando
dalla stessa possa derivare all'altra parte gravissimo danno.
La sospensione disposta a norma
del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni caso,
l'esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di lire
cinquecentomila.
Le sentenze che pronunciano
condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e
sono soggette alla disciplina degli articoli 282 e 283 (1).
Il giudice di appello può
disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa in
tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi (1).
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
(1) Comma aggiunto dall'art. 69,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 432
(Valutazione
equitativa delle prestazioni)
Quando sia certo il diritto ma
non sia possibile determinare la somma dovuta, il giudice la liquida con
valutazione equitativa.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
§ 2: DELLE
IMPUGNAZIONI
Art. 433
(Giudice
d'appello)
L'appello contro le sentenze
pronunciate nei processi relativi alle controversie previste nell'articolo
409 deve essere proposto con ricorso davanti al tribunale territorialmente
competente in funzione di giudice del lavoro.
Ove l'esecuzione sia iniziata,
prima della notificazione della sentenza, l'appello può essere proposto
con riserva dei motivi che dovranno essere presentati nel termine di cui
all'articolo 434.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 434
(Deposito del
ricorso in appello)
Il ricorso deve contenere
l'esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell'impugnazione,
nonchè le indicazioni prescritte dall'articolo 414.
Il ricorso deve essere depositato
nella cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla notificazione
della sentenza, oppure entro quaranta giorni nel caso in cui la
notificazione abbia dovuto effettuarsi all'estero.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 435
(Decreto del
presidente)
Il presidente del tribunale entro
cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice
relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l'udienza
di discussione dinanzi al collegio.
L'appellante, nei dieci giorni
successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e
del decreto dell'appellato (1).
Tra la data di notificazione
all'appellato e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un
termine non minore di venticinque giorni.
Nel caso in cui la notificazione
prevista dal secondo comma deve effettuarsi all'estero, i termini di cui
al primo e al terzo comma sono elevati, rispettivamente, a ottanta e
sessanta giorni.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
(1) La Corte costituzionale, con
sentenza 14 gennaio 1977, n. 15, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente comma nella parte in cui non dispone che
l'avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza
di discussione sia comunicato all'appellante e che da tale comunicazione
decorra il termine per la notificazione all'appellato.
Art. 436
(Costituzione
dell'appellato e appello incidentale)
L'appellato deve costituirsi
almeno dieci giorni prima della udienza.
La costituzione dell'appellato si
effettua mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria
difensiva, nella quale deve essere contenuta dettagliata esposizione di
tutte le sue difese.
Se propone appello incidentale,
l'appellato deve esporre nella stessa memoria i motivi specifici su cui
fonda l'impugnazione. L'appello incidentale deve essere proposto, a pena
di decadenza, nella memoria di costituzione, da notificarsi, a cura
dell'appellato, alla controparte almeno dieci giorni prima dell'udienza
fissata a norma dell'articolo precedente.
Si osservano, in quanto
applicabili, le disposizioni dell'articolo 416.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 437
(Udienza di
discussione)
Nell'udienza il giudice
incaricato fa la relazione orale della causa. Il collegio, sentiti i
difensori delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo
nella stessa udienza.
Non sono ammesse nuove domande ed
eccezioni. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, tranne il giuramento
estimatorio, salvo che il collegio, anche d'ufficio, li ritenga
indispensabili ai fini della decisione della causa.
È salva la facoltà delle parti di
deferire il giuramento decisorio in qualsiasi momento della causa.
Qualora ammetta le nuove prove,
il collegio fissa, entro venti giorni, l'udienza nella quale esse debbono
essere assunte e deve essere pronunciata la sentenza. In tal caso il
collegio con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui
all'articolo 423.
Sono applicabili le disposizioni
di cui ai commi secondo e terzo dell'articolo 429.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 438
(Deposito della
sentenza di appello)
Il deposito della sentenza di
appello è effettuato con l'osservanza delle norme di cui all'articolo 430.
Si applica il disposto del
secondo comma dell'articolo 431.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 439
(Cambiamento del
rito in appello)
Il tribunale, se ritiene che il
procedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto,
procede a norma degli articoli 426 e 427.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 440
(Appellabilità
delle sentenze)
Sono inappellabili le sentenze
che hanno deciso una controversia di valore non superiore a lire
cinquantamila.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 441
(Consulente
tecnico in appello)
Il collegio, nell'udienza di cui
al primo comma dell'articolo 437, può nominare un consulente tecnico
rinviando ad altra udienza da fissarsi non oltre trenta giorni. In tal
caso con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui
all'articolo 423.
Il consulente deve depositare il
proprio parere almeno dieci giorni prima della nuova udienza.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Capo II: DELLE
CONTROVERSIE IN MATERIA DI PREVIDENZA
E DI ASSISTENZA
OBBLIGATORIE
Art. 442
(Controversie in
materia di previdenza e di assistenza obbligatorie)
Nei procedimenti relativi a
controversie derivanti dall'applicazione delle norme riguardanti le
assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro, le malattie
professionali, gli assegni familiari nonchè ogni altra forma di previdenza
e di assistenza obbligatorie, si osservano le disposizioni di cui al capo
primo di questo titolo.
Anche per le controversie
relative alla inosservanza degli obblighi di assistenza e di previdenza
derivanti da contratti e accordi collettivi si osservano le disposizioni
di cui al capo primo di questo titolo.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533. Successivamente la Corte costituzionale, con
sentenza 12 aprile 1991, n. 156, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'articolo, nella parte in cui non prevede che il
giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di
denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve
determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno
eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo
credito, applicando l'indice dei prezzi calcolato dall'ISTAT per la scala
mobile nel settore dell'industria e condannando al pagamento della somma
relativa con decorrenza dal giorno in cui si sono verificate le condizioni
legali di responsabilità dell'istituto o ente debitore per il ritardo
dell'adempimento. Con sentenza n. 196 del 27 aprile 1993, la stessa Corte
ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo nella parte in
cui non prevede, quando il giudice pronuncia sentenza di condanna al
pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di
assistenza sociale obbligatoria, il medesimo trattamento dei crediti
relativi a prestazioni di previdenza sociale in ordine agli interessi
legali e al risarcimento del maggior danno sofferto dal titolare per la
diminuzione di valore del suo credito.
Art. 443
(Rilevanza del
procedimento amministrativo)
La domanda relativa alle
controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie di cui al
primo comma dell'articolo 442 non è procedibile se non quando siano
esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la
composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati
per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi
centottanta giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso
amministrativo.
Se il giudice nella prima udienza
di discussione rileva l'improcedibilità della domanda a norma del comma
precedente, sospende il giudizio e fissa all'attore un termine perentorio
di sessanta giorni per la presentazione del ricorso in sede
amministrativa.
Il processo deve essere
riassunto, a cura dell'attore, nel termine perentorio di centottanta
giorni che decorre dalla cessazione della causa della sospensione.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 444
(Giudice
competente)
Le controversie in materia di
previdenza e di assistenza obbligatorie indicate nell'articolo 442 sono di
competenza del pretore, in funzione di giudice del lavoro, che ha sede nel
capoluogo della circoscrizione del tribunale nella quale risiede l'attore.
Se la controversia in materia di
infortuni sul lavoro e malattie professionali riguarda gli addetti alla
navigazione marittima o alla pesca marittima, è competente il pretore, in
funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede l'ufficio del
porto di iscrizione della nave.
Per le controversie relative agli
obblighi dei datori di lavoro e all'applicazione delle sanzioni civili per
l'inadempimento di tali obblighi, è competente il pretore, in funzione di
giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede l'ufficio dell'ente.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 445
(Consulente
tecnico)
Nei processi regolati nel
presente capo, relativi a domande di prestazioni previdenziali o
assistenziali che richiedano accertamenti tecnici, il giudice nomina uno o
più consulenti tecnici scelti in appositi albi, ai sensi dell'articolo
424.
Nei casi di particolare
complessità il termine di cui all'articolo 424 può essere prorogato fino a
sessanta giorni.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 446
(Istituti di
patronato e di assistenza sociale)
Gli istituti di patronato e di
assistenza sociale legalmente riconosciuti possono, su istanza
dell'assistito, in ogni grado del giudizio, rendere informazioni e
osservazioni orali o scritte nella forma di cui all'articolo 425.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 447
(Esecuzione
provvisoria)
Le sentenze pronunciate nei
giudizi relativi alle controversie di cui all'articolo 442 sono
provvisoriamente esecutive.
Si applica il disposto
dell'articolo 431.
Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533.
Art. 447 bis
(Norme
applicabili alle controversie in materia di locazione,
di comodato e di
affitto)
Le controversie di cui
all'articolo 8, secondo comma, numero 3), sono disciplinate dagli articoli
414, 415, 416, 417, 418, 419, 420, 421, primo comma, 422, 423, primo e
terzo comma, 424, 425, 426, 427, 428, 429, primo e secondo comma, 430,
433, 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441, in quanto applicabili.
Per le controversie relative ai
rapporti di cui all'articolo 8, secondo comma, numero 3), è competente il
giudice del luogo dove si trova la cosa. Sono nulle le clausole di deroga
alla competenza.
Il giudice può disporre
d'ufficio, in qualsiasi momento, l'ispezione della cosa e l'ammissione di
ogni mezzo di prova, ad eccezione del giuramento decisorio, nonchè la
richiesta di informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di
categoria indicate dalle parti.
Le sentenze di condanna di primo
grado sono provvisoriamente esecutive. All'esecuzione si può procedere con
la sola copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito
della sentenza. Il giudice d'appello può disporre con ordinanza non
impugnabile che l'efficacia esecutiva o l'esecuzione siano sospese quando
dalle stesse possa derivare all'altra parte gravissimo danno.
Articolo aggiunto dall'art. 70,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 448
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 449
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 450
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 451
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 452
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 453
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 454
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 455
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 456
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 457
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 458
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 459
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 460
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 461
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 462
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 463
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 464
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 465
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 466
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 467
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 468
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 469
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 470
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 471
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 472
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 473
Articolo abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.