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Codice deontologico
Il Consiglio nazionale forense ha approvato giovedì scorso il nuovo
Codice deontologico per gli avvocati, al fine di adeguarlo alla legge Bersani sulle
liberalizzazioni (legge 248/2006).
E' ammessa la possibilità di pubblicizzare specializzazioni, caratteristiche
e prezzi anche attraverso giornali, tv e radio. Scompaiono i minimi tariffari ed
è ammesso il patto di quota-lite. E' abolito infine il divieto di offrire
servizi interdisciplinari attraverso società.
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Codice Deontologico Forense
Preambolo
L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà,
autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi della persona,
assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo all’attuazione
dell’ordinamento per i fini della giustizia.
Nell’esercizio della sua funzione, l’avvocato vigila sulla conformità
delle leggi ai principi della Costituzione, nel rispetto della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti umani e dell’Ordinamento comunitario; garantisce
il diritto alla libertà e sicurezza e l’inviolabilità della
difesa; assicura la regolarità del giudizio e del contraddittorio.
Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di questi
valori.
Titolo I
Principi generali
Art. 1 – Ambito di applicazione.
Le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati e praticanti nella
loro attività, nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei terzi.
Art. 2 – Potestà disciplinare.
Spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni
adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.
Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener
conto della reiterazione dei comportamenti nonché delle specifiche circostanze,
soggettive e oggettive, che hanno concorso a determinare l’infrazione.
Art. 3 – Volontarietà dell’azione.
La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza dei doveri
e dalla volontarietà della condotta, anche se omissiva.
Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato.
Quando siano mossi vari addebiti nell’ambito di uno stesso procedimento la
sanzione deve essere unica.
Art. 4 – Attività all’estero e attività in Italia dello
straniero.
Nell’esercizio di attività professionali all’estero,
che siano consentite dalle disposizioni in vigore, l’avvocato italiano è
tenuto al rispetto delle norme deontologiche del paese in cui viene svolta l’attività.
Del pari l’avvocato straniero, nell’esercizio dell’attività
professionale in Italia, quando questa sia consentita, è tenuto al rispetto
delle norme deontologiche italiane.
ART. 5 – Doveri di probità, dignità e decoro.
L’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza
dei doveri di probità, dignità e decoro.
I. Deve essere sottoposto a procedimento disciplinare l’avvocato cui sia imputabile
un comportamento non colposo che abbia violato la legge penale, salva ogni autonoma
valutazione sul fatto commesso.
II. L’avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti anche
non riguardanti l’attività forense quando si riflettano sulla sua reputazione
professionale o compromettano l’immagine della classe forense.
III. L’avvocato che sia indagato o imputato in un procedimento penale non
può assumere o mantenere la difesa di altra parte nello stesso procedimento.
Art. 6 – Doveri di lealtà e correttezza.
L’avvocato deve svolgere la propria attività professionale
con lealtà e correttezza.
I. L’avvocato non deve proporre azioni o assumere iniziative in giudizio con
mala fede o colpa grave.
Art. 7 – Dovere di fedeltà.
È dovere dell’avvocato svolgere con fedeltà la propria
attività professionale.
I. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato che
compia consapevolmente atti contrari all’interesse del proprio assistito.
II. L’avvocato deve esercitare la sua attività anche nel rispetto dei
doveri che la sua funzione gli impone verso la collettività per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato e di ogni altro potere.
Art. 8 – Dovere di diligenza.
L’avvocato deve adempiere i propri doveri professionali con diligenza.
Art. 9 – Dovere di segretezza e riservatezza.
È dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’avvocato
mantenere il segreto sull’attività prestata e su tutte le informazioni
che siano a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in
dipendenza del mandato.
I. L’avvocato è tenuto al dovere di segretezza e riservatezza anche
nei confronti degli ex‑clienti, sia per l’attività giudiziale
che per l’attività stragiudiziale.
II. La segretezza deve essere rispettata anche nei confronti di colui che si rivolga
all’avvocato per chiedere assistenza senza che il mandato sia accettato.
III. L’avvocato è tenuto a richiedere il rispetto del segreto professionale
anche ai propri collaboratori e dipendenti e a tutte le persone che cooperano nello
svolgimento dell’attività professionale.
IV. Costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui la divulgazione di
alcune informazioni relative alla parte assistita sia necessaria:
a. per lo svolgimento delle attività di difesa;
b. al fine di impedire la commissione da parte dello stesso assistito di un reato
di particolare gravità;
c. al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e assistito;
d. in un procedimento concernente le modalità della difesa degli interessi
dell’assistito.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente
necessario per il fine tutelato.
Art. 10 – Dovere di indipendenza.
Nell’esercizio dell’attività professionale l’avvocato
ha il dovere di conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà
da pressioni o condizionamenti esterni.
I. L’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la propria sfera
personale.
Art. 11– Dovere di difesa.
L’avvocato deve prestare la propria attività difensiva anche
quando ne sia richiesto dagli organi giudiziari in base alle leggi vigenti.
I. L’avvocato che venga nominato difensore d’ufficio deve, quando ciò
sia possibile, comunicare all’assistito che ha facoltà di scegliersi
un difensore di fiducia, e deve informarlo, ove intenda richiedere un compenso,
che anche il difensore d’ufficio deve essere retribuito a norma di legge.
II. Costituisce infrazione disciplinare il rifiuto ingiustificato di prestare attività
di gratuito patrocinio o la richiesta all’assistito di un compenso per la
prestazione di tale attività.
Art. 12 – Dovere di competenza.
L’avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere
con adeguata competenza.
I. L’avvocato deve comunicare all’assistito le circostanze impeditive
alla prestazione dell’attività richiesta, valutando, per il caso di
controversie di particolare impegno e complessità, l’opportunità
della integrazione della difesa con altro collega.
II. L’accettazione di un determinato incarico professionale fa presumere la
competenza a svolgere quell’incarico.
Art. 13 – Dovere di aggiornamento professionale.
E’ dovere dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione
professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento
ai settori nei quali svolga l’attività.
I.L’avvocato realizza la propria formazione permanente con lo studio individuale
e la partecipazione a iniziative culturali in campo giuridico e forense.
II.E’ dovere deontologico dell’avvocato quello di rispettare i regolamenti
del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio dell’Ordine di appartenenza
concernenti gli obblighi e i programmi formativi.
Art. 14 – Dovere di verità.
Le dichiarazioni in giudizio relative alla esistenza o inesistenza di fatti
obiettivi, che siano presupposto specifico per un provvedimento del magistrato,
e di cui l’avvocato abbia diretta conoscenza, devono essere vere e comunque
tali da non indurre il giudice in errore.
I. L’avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo prove
false. In particolare, il difensore non può assumere a verbale né
introdurre dichiarazioni di persone informate sui fatti che sappia essere false.
II. L’avvocato è tenuto a menzionare i provvedimenti già ottenuti
o il rigetto dei provvedimento richiesti, nella presentazione di istanze o richieste
sul presupposto della medesima situazione di fatto.
Art. 15 – Dovere di adempimento previdenziale e fiscale.
L’avvocato deve provvedere regolarmente e tempestivamente agli adempimenti
dovuti agli organi forensi nonché agli adempimenti previdenziali e fiscali
a suo carico, secondo le norme vigenti.
Art. 16 – Dovere di evitare incompatibilità.
E’ dovere dell’avvocato evitare situazioni di incompatibilità
ostative alla permanenza nell’albo, e, comunque, nel dubbio, richiedere il
parere del proprio Consiglio dell’Ordine.
I. L’avvocato non deve porre in essere attività commerciale o di mediazione.
II. Costituisce infrazione disciplinare l’avere richiesto l’iscrizione
all’albo in pendenza di cause di incompatibilità, non dichiarate, ancorché
queste siano venute meno.
Art. 17 – Informazioni sull’attività professionale.
L’avvocato può dare informazioni sulla propria attività
professionale.
Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti con la finalità
della tutela dell’affidamento della collettività e rispondere
a criteri di trasparenza e veridicità, il rispetto dei quali è verificato
dal competente Consiglio dell’Ordine.
Quanto al contenuto, l’informazione deve essere conforme a verità e
correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto
professionale. L’avvocato non può rivelare al pubblico il nome dei
propri clienti, ancorché questi vi consentano.
Quanto alla forma e alle modalità, l’informazione deve rispettare la
dignità e il decoro della professione.
In ogni caso, l’informazione non deve assumere i connotati della pubblicità
ingannevole, elogiativa, comparativa.
I – Sono consentite, a fini non lucrativi, l’organizzazione e la sponsorizzazione di
seminari di studio, di corsi di formazione professionale e di convegni in discipline
attinenti alla professione forense da parte di avvocati o di società o di
associazioni di avvocati.
II – E’ consentita l’indicazione del nome di un avvocato
defunto, che abbia fatto parte dello studio, purché il professionista a suo
tempo lo abbia espressamente previsto o abbia disposto per testamento in tal senso,
ovvero vi sia il consenso unanime dei suoi eredi
Art. 17 bis – Modalità dell’informazione.
L’avvocato che intende dare informazione sulla propria attività
professionale deve indicare:
- la denominazione dello studio, con la indicazione dei nominativi dei professionisti
che lo compongono qualora l’esercizio della professione sia svolto in forma
associata o societaria;
- il Consiglio dell’Ordine presso il quale è iscritto ciascuno
dei componenti lo studio;
- la sede principale di esercizio, le eventuali sedi secondarie ed i recapiti,
con l’indicazione di indirizzo, numeri telefonici, fax, e-mail e del sito
web, se attivato.
- il titolo professionale che consente all’avvocato straniero l’esercizio
in Italia, o che consenta all’avvocato italiano l’esercizio all’estero,
della professione di avvocato in conformità delle direttive comunitarie.
Può indicare:
- i titoli accademici;
- i diplomi di specializzazione conseguiti presso gli istituti universitari;
- l’abilitazione a esercitare avanti alle giurisdizioni superiori;
- i settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito
di questi, eventuali materie di attività prevalente;
- le lingue conosciute;
- il logo dello studio;
- gli estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale;
- l’eventuale certificazione di qualità dello studio; l’avvocato
che intenda fare menzione di una certificazione di qualità deve depositare
presso il Consiglio dell’Ordine il giustificativo della certificazione in
corso di validità e l’indicazione completa del certificatore e del
campo di applicazione della certificazione ufficialmente riconosciuta dallo Stato;
L’avvocato può utilizzare esclusivamente i siti web con domini propri
e direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società
di avvocati alla quale partecipa, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine
di appartenenza della forma e del contenuto in cui è espresso.
Il professionista è responsabile del contenuto del sito e in esso deve indicare
i dati previsti dal primo comma.
Il sito non può contenere riferimenti commerciali e/o pubblicitari mediante
l’indicazione diretta o tramite banner o pop-up di alcun tipo.
Art. 18 – Rapporti con la stampa.
Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione l’avvocato
deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il
rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza.
I. Il difensore, con il consenso del proprio assistito e nell’esclusivo interesse
dello stesso, può fornire agli organi di informazione e di stampa notizie
che non siano coperte dal segreto di indagine.
II. In ogni caso, nei rapporti con gli organi di informazione e con gli altri mezzi
di diffusione, è fatto divieto all’avvocato di enfatizzare la propria
capacità professionale, di spendere il nome dei propri clienti, di sollecitare
articoli di stampa o interviste sia su organi di informazione sia su altri mezzi
di diffusione; è fatto divieto altresì di convocare conferenze stampa
fatte salve le esigenze di difesa del cliente.
III. E’ consentito all’avvocato, previo parere favorevole del Consiglio
dell’Ordine di appartenenza, di tenere o curare rubriche fisse su organi di
stampa con l’indicazione del proprio nome e di partecipare a rubriche fisse
televisive o radiofoniche.
Art. 19 – Divieto di accaparramento di clientela.
E’ vietata ogni condotta diretta all’acquisizione di rapporti
di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza
e decoro.
I. L’avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto,
un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per
la presentazione di un cliente.
II. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni
a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o
incarichi.
III. E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie
prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo,
di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
IV. E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto,
una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata
per un specifico affare.
Art. 20 – Divieto di uso di espressioni sconvenienti od offensive.
Indipendentemente dalle disposizioni civili e penali, l’avvocato
deve evitare di usare espressioni sconvenienti od offensive negli scritti in giudizio
e nell’attività professionale in genere, sia nei confronti dei colleghi
che nei confronti dei magistrati, delle controparti e dei terzi.
I. La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono
l’infrazione della regola deontologica
Art. 21 – Divieto di attività professionale senza titolo o di uso
di titoli inesistenti.
L’iscrizione all’albo costituisce presupposto per l’esercizio
dell’attività giudiziale e stragiudiziale di assistenza e consulenza
in materia legale e per l’utilizzo del relativo titolo.
I. Costituisce illecito disciplinare l’uso di un titolo professionale non
conseguito ovvero lo svolgimento di attività in mancanza di titolo o in periodo
di sospensione.
II. Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato
che agevoli, o, in qualsiasi altro modo diretto o indiretto, renda possibile a soggetti
non abilitati o sospesi l’esercizio abusivo dell’attività
di avvocato o consenta che tali soggetti ne possano ricavare benefici economici,
anche se limitatamente al periodo di eventuale sospensione dall’esercizio.
III. L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo
se sia docente universitario di materie giuridiche. In ogni caso dovrà specificare
la qualifica, la materia di insegnamento e la facoltà.
IV.L’iscritto nel registro dei praticanti avvocati può usare esclusivamente
e per esteso il titolo di “praticante avvocato”, con l’eventuale
indicazione di “abilitato al patrocinio” qualora abbia conseguito tale
abilitazione.
Titolo II
Rapporti con i colleghi
Art. 22 – Rapporto di colleganza.
L’avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei colleghi un comportamento
ispirato a correttezza e lealtà.
I. L’avvocato che collabori con altro collega è tenuto a rispondere
con sollecitudine alle sue richieste di informativa.
II. L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega
per fatti attinenti all’esercizio della professione deve dargliene preventiva
comunicazione per iscritto, tranne che l’avviso possa pregiudicare il
diritto da tutelare.
III. L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica con
il collega. La registrazione, nel corso di una riunione, è consentita soltanto
con il consenso di tutti i presenti.
Art. 23 – Rapporto di colleganza e dovere di difesa nel processo.
Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la
propria condotta all’osservanza del dovere di difesa, salvaguardando in quanto
possibile il rapporto di colleganza.
I. L’avvocato è tenuto a rispettare la puntualità alle udienze
e in ogni altra occasione di incontro con i colleghi.
II. L’avvocato deve opporsi a qualunque istanza, irrituale o ingiustificata,
formulata nel processo dalle controparti che comporti pregiudizio per la parte assistita.
III. Il difensore che riceva l’incarico di fiducia dall’imputato è
tenuto a comunicare tempestivamente con mezzi idonei al collega, già nominato
d’ufficio, il mandato ricevuto e, senza pregiudizio per il diritto di difesa,
deve raccomandare alla parte di provvedere al pagamento di quanto è
dovuto al difensore d’ufficio per l’attività professionale eventualmente
già svolta.
IV. Nell’esercizio del mandato l’avvocato può collaborare con
i difensori delle altre parti, anche scambiando informazioni, atti e documenti,
nell’interesse della parte assistita e nel rispetto della legge.
V. Nei casi di difesa congiunta, è dovere del difensore consultare il co-difensore
in ordine ad ogni scelta processuale ed informarlo del contenuto dei colloqui con
il comune assistito, al fine della effettiva condivisione della strategia processuale.
VI. L’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella prospettiva di dare
inizio ad azioni giudiziarie, deve essere comunicata al collega avversario.
Art. 24 – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine.
L’avvocato ha il dovere di collaborare con il Consiglio dell’Ordine
di appartenenza, o con altro che ne faccia richiesta, per l’attuazione delle
finalità istituzionali osservando scrupolosamente il dovere di verità.
A tal fine ogni iscritto è tenuto a riferire al Consiglio fatti a sua conoscenza
relativi alla vita forense o alla amministrazione della giustizia, che richiedano
iniziative o interventi collegiali.
I. Nell'ambito di un procedimento disciplinare, la mancata risposta dell'iscritto
agli addebiti comunicatigli e la mancata presentazione di osservazioni e difese
non costituisce autonomo illecito disciplinare, pur potendo tali comportamenti essere
valutati dall'organo giudicante nella formazione del proprio libero convincimento.
II. Qualora il Consiglio dell’Ordine richieda all’iscritto chiarimenti,
notizie o adempimenti in relazione ad un esposto presentato da una parte o da un
collega tendente ad ottenere notizie o adempimenti nell’interesse dello stesso
reclamante, la mancata sollecita risposta dell’iscritto costituisce illecito
disciplinare.
III. L’avvocato chiamato a far parte del Consiglio dell’Ordine deve
adempiere l’incarico con diligenza, imparzialità e nell’interesse
generale.
IV. L’avvocato ha il dovere di comunicare senza ritardo al Consiglio dell’Ordine
di appartenenza ed eventualmente a quello competente per territorio, la costituzione
di associazioni o società professionali e i successivi eventi modificativi,
nonché l’apertura di studi principali, secondari e anche recapiti professionali.
Art. 25 – Rapporti con i collaboratori dello studio.
L’avvocato deve consentire ai propri collaboratori di migliorare
la preparazione professionale, compensandone la collaborazione in proporzione all’apporto
ricevuto.
Art. 26 – Rapporti con i praticanti.
L’avvocato è tenuto verso i praticanti ad assicurare la effettività
ed a favorire la proficuità della pratica forense al fine di consentire un’adeguata
formazione.
I.L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di lavoro, riconoscendo
allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all’apporto
professionale ricevuto.
II. L’avvocato deve attestare la veridicità delle annotazioni contenute
nel libretto di pratica solo in seguito ad un adeguato controllo e senza indulgere
a motivi di favore o di amicizia.
III. È responsabile disciplinarmente l’avvocato che dia incarico ai
praticanti di svolgere attività difensiva non consentita.
Art. 27 – Obbligo di corrispondere con il collega.
L’avvocato non può mettersi in contatto diretto con la controparte
che sia assistita da altro legale.
I. Soltanto in casi particolari, per richiedere determinati comportamenti o intimare
messe in mora od evitare prescrizioni o decadenze, la corrispondenza può
essere indirizzata direttamente alla controparte, sempre peraltro inviandone copia
per conoscenza al legale avversario.
II. Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che accetti
di ricevere la controparte, sapendo che essa è assistita da un collega, senza
informare quest’ultimo e ottenerne il consenso.
Art. 28 – Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega.
Non possono essere prodotte o riferite in giudizio le lettere qualificate
riservate e comunque la corrispondenza contenente proposte transattive scambiate
con i colleghi.
I. E’ producibile la corrispondenza intercorsa tra colleghi quando
sia stato perfezionato un accordo, di cui la stessa corrispondenza costituisca attuazione.
II. E’ producibile la corrispondenza dell’avvocato che assicuri l’adempimento
delle prestazioni richieste.
III. L’avvocato non deve consegnare all’assistito la corrispondenza
riservata tra colleghi, ma può, qualora venga meno il mandato professionale,
consegnarla al professionista che gli succede, il quale è tenuto ad osservare
i medesimi criteri di riservatezza.
Art. 29 – Notizie riguardanti il collega
L’esibizione in giudizio di documenti relativi alla posizione personale
del collega avversario e l’utilizzazione di notizie relative alla sua persona
sono vietate, salvo che egli sia parte di un giudizio e che l’uso di tali
notizie sia necessario alla tutela di un diritto.
I. L’avvocato deve astenersi dall’esprimere apprezzamenti denigratori
sull’attività professionale di un collega.
Art. 30 – Obbligo di soddisfare le prestazioni affidate ad altro collega.
L’avvocato che scelga e incarichi direttamente altro collega di esercitare
le funzioni di rappresentanza o assistenza deve provvedere a retribuirlo, ove non
adempia la parte assistita, tranne che dimostri di essersi inutilmente attivato,
anche postergando il proprio credito, per ottenere l’adempimento.
Art. 31 – Obbligo di dare istruzioni al collega e obbligo di informativa.
L’avvocato è tenuto a dare tempestive istruzioni al collega
corrispondente. Quest’ultimo, del pari, è tenuto a dare tempestivamente
al collega informazioni dettagliate sull’attività svolta e da svolgere.
I. L’elezione di domicilio presso altro collega deve essere preventivamente
comunicata e consentita.
II. È fatto divieto all’avvocato corrispondente di definire direttamente
una controversia, in via transattiva, senza informare il collega che gli ha affidato
l’incarico.
III. L’avvocato corrispondente, in difetto di istruzioni, deve adoperarsi
nel modo più opportuno per la tutela degli interessi della parte, informando
non appena possibile il collega che gli ha affidato l’incarico.
Art. 32 – Divieto di impugnazione della transazione raggiunta con il collega.
L’avvocato che abbia raggiunto con il patrono avversario un accordo
transattivo accettato dalle parti deve astenersi dal proporre impugnativa giudiziale
della transazione intervenuta, salvo che l’impugnazione sia giustificata da
fatti particolari non conosciuti o sopravvenuti.
Art. 33 – Sostituzione del collega nell’attività di difesa.
Nel caso di sostituzione di un collega nel corso di un giudizio, per revoca
dell’incarico o rinuncia, il nuovo legale dovrà rendere nota la propria
nomina al collega sostituito, adoperandosi, senza pregiudizio per l’attività
difensiva, perché siano soddisfatte le legittime richieste per le prestazioni
svolte.
I. L’avvocato sostituito deve adoperarsi affinché la successione nel
mandato avvenga senza danni per l’assistito, fornendo al nuovo difensore tutti
gli elementi per facilitargli la prosecuzione della difesa.
Art. 34 – Responsabilità dei collaboratori, sostituti e associati.
Salvo che il fatto integri un’autonoma responsabilità, i collaboratori,
sostituti e ausiliari non sono disciplinarmente responsabili per il compimento di
atti per incarichi specifici ricevuti.
I. Nel caso di associazione professionale, è disciplinarmente responsabile
soltanto l’avvocato o gli avvocati a cui si riferiscano i fatti specifici
commessi.
Titolo III
Rapporti con la parte assistita
Art. 35 – Rapporto di fiducia.
Il rapporto con la parte assistita è fondato sulla fiducia.
I. L’incarico deve essere conferito dalla parte assistita o da altro avvocato
che la difenda.
Qualora sia conferito da un terzo, che intenda tutelare l’interesse della
parte assistita ovvero anche un proprio interesse, l’incarico può essere
accettato soltanto con il consenso della parte assistita.
II. L’avvocato deve astenersi, dopo il conferimento del mandato, dallo stabilire
con l’assistito rapporti di natura economica, patrimoniale o commerciale che
in qualunque modo possano influire sul rapporto professionale, salvo quanto previsto
nell’art. 45.
Art. 36 – Autonomia del rapporto.
L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della parte
assistita nel miglior modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza
della legge e dei principi deontologici.
I. L’avvocato non deve consapevolmente consigliare azioni inutilmente gravose,
né suggerire comportamenti, atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti
da nullità.
II. L’avvocato, prima di accettare l’incarico, deve accertare l’identità
del cliente e dell’eventuale suo rappresentante.
III. In ogni caso, nel rispetto dei doveri professionali anche per quanto attiene
al segreto, l’avvocato deve rifiutare di ricevere o gestire fondi che non
siano riferibili a un cliente esattamente individuato.
IV. L’avvocato deve rifiutare di prestare la propria attività quando
dagli elementi conosciuti possa fondatamente desumere che essa sia finalizzata alla
realizzazione di una operazione illecita.
Art. 37 – Conflitto di interessi.
L’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività
professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio
assistito o interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.
I. Sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui l’espletamento di
un nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite
da altro assistito, ovvero quando la conoscenza degli affari di una parte possa
avvantaggiare ingiustamente un altro assistito, ovvero quando lo svolgimento di
un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento
di un nuovo incarico.
II. L’obbligo di astensione opera altresì se le parti aventi interessi
confliggenti si rivolgano ad avvocati che siano partecipi di una stessa
società di avvocati o associazione professionale o che esercitino negli stessi
locali.
Art. 38 – Inadempimento al mandato.
Costituisce violazione dei doveri professionali, il mancato, ritardato
o negligente compimento di atti inerenti al mandato quando derivi da non scusabile
e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita.
I. Il difensore d’ufficio deve assolvere l’incarico con diligenza e
sollecitudine; ove sia impedito di partecipare a singole attività processuali
deve darne tempestiva e motivata comunicazione all’autorità procedente
ovvero incaricare della difesa un collega, il quale, ove accetti, è responsabile
dell’adempimento dell’incarico.
Art. 39 – Astensione dalle udienze.
L’avvocato ha diritto di partecipare alla astensione dalle udienze
proclamata dagli organi forensi in conformità con le disposizioni del codice
di autoregolamentazione e delle norme in vigore.
I. L’avvocato che eserciti il proprio diritto di non aderire alla astensione
deve informare preventivamente gli altri difensori costituiti.
II. Non è consentito aderire o dissociarsi dalla proclamata astensione a
seconda delle proprie contingenti convenienze. L’avvocato che aderisca all’astensione
non può dissociarsene con riferimento a singole giornate o a proprie specifiche
attività, così come l’avvocato che se ne dissoci non può
aderirvi parzialmente, in certi giorni o per particolari proprie attività
professionali.
Art. 40 – Obbligo di informazione.
L’avvocato è tenuto ad informare chiaramente il proprio assistito
all’atto dell’incarico delle caratteristiche e dell’importanza
della controversia o delle attività da espletare, precisando le iniziative
e le ipotesi di soluzione possibili. L’avvocato è tenuto altresì
ad informare il proprio assistito sullo svolgimento del mandato affidatogli, quando
lo reputi opportuno e ogni qualvolta l’assistito ne faccia richiesta.
I. Se richiesto, è obbligo dell’avvocato informare la parte assistita
sulle previsioni di massima inerenti alla durata e ai costi presumibili del processo.
II. E’ obbligo dell’avvocato comunicare alla parte assistita la necessità
del compimento di determinati atti al fine di evitare prescrizioni, decadenze o
altri effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in corso di trattazione.
III. Il difensore ha l’obbligo di riferire al proprio assistito il contenuto
di quanto appreso nell’esercizio del mandato se utile all’interesse
di questi.
Art. 41 – Gestione di denaro altrui.
L’avvocato deve comportarsi con puntualità e diligenza nella
gestione del denaro ricevuto dal proprio assistito o da terzi per determinati affari
ovvero ricevuto per conto della parte assistita, ed ha l’obbligo di renderne
sollecitamente conto.
I. Costituisce infrazione disciplinare trattenere oltre il tempo strettamente necessario
le somme ricevute per conto della parte assistita.
II. In caso di deposito fiduciario l’avvocato è obbligato a richiedere
istruzioni scritte e ad attenervisi.
Art. 42 – Restituzione di documenti.
L’avvocato è in ogni caso obbligato a restituire senza ritardo
alla parte assistita la documentazione dalla stessa ricevuta per l’espletamento
del mandato quando questa ne faccia richiesta.
I. L’avvocato può trattenere copia della documentazione, senza il consenso
della parte assistita, solo quando ciò sia necessario ai fini della liquidazione
del compenso e non oltre l’avvenuto pagamento.
Art. 43 – Richiesta di pagamento.
Durante lo svolgimento del rapporto professionale l’avvocato può
chiedere la corresponsione di anticipi ragguagliati alle spese sostenute ed a quelle
prevedibili e di acconti sulle prestazioni professionali, commisurati alla quantità
e complessità delle prestazioni richieste per lo svolgimento dell’incarico.
I. L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute
e degli acconti ricevuti ed è tenuto a consegnare, a richiesta del cliente,
la nota dettagliata delle somme anticipate e delle spese sostenute per le prestazioni
eseguite e degli onorari per le prestazioni svolte.
II. L’avvocato non deve richiedere compensi manifestamente sproporzionati
all’attività svolta.
III. L’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di quello già
indicato, in caso di mancato spontaneo pagamento, salvo che ne abbia fatto espressa
riserva.
IV. L’avvocato non può condizionare al riconoscimento dei propri diritti
o all’adempimento di prestazioni professionali il versamento alla parte assistita
delle somme riscosse per conto di questa.
Art. 44. - Compensazione.
L’avvocato ha diritto di trattenere le somme che gli siano pervenute
dalla parte assistita o da terzi a rimborso delle spese sostenute, dandone avviso
al cliente; può anche trattenere le somme ricevute, a titolo di pagamento
dei propri onorari, quando vi sia il consenso della parte assistita ovvero quando
si tratti di somme liquidate in sentenza a carico della controparte a titolo
di diritti e onorari ed egli non le abbia ancora ricevute dalla parte assistita,
ovvero quando abbia già formulato una richiesta di pagamento espressamente
accettata dalla parte assistita.
I. In ogni altro caso, l’avvocato è tenuto a mettere immediatamente
a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto di questa.
Art. 45 – Accordi sulla definizione del compenso.
E’ consentito all’avvocato pattuire con il cliente compensi
parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, fermo il divieto dell’articolo
1261 c.c. e sempre che i compensi siano proporzionati all’attività
svolta.
Art. 46 – Azioni contro la parte assistita per il pagamento del compenso.
L’avvocato può agire giudizialmente nei confronti della parte
assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, previa rinuncia
al mandato.
Art. 47 – Rinuncia al mandato.
L’avvocato ha diritto di rinunciare al mandato.
I. In caso di rinuncia al mandato l’avvocato deve dare alla parte assistita
un preavviso adeguato alle circostanze, e deve informarla di quanto è necessario
fare per non pregiudicare la difesa.
II. Qualora la parte assistita non provveda in tempi ragionevoli alla nomina di
un altro difensore, nel rispetto degli obblighi di legge l’avvocato non è
responsabile per la mancata successiva assistenza, pur essendo tenuto ad informare
la parte delle comunicazioni che dovessero pervenirgli.
III. In caso di irreperibilità, l’avvocato deve comunicare la rinuncia
al mandato con lettera raccomandata alla parte assistita all’indirizzo anagrafico
e all’ultimo domicilio conosciuto. Con l’adempimento di tale formalità,
fermi restando gli obblighi di legge, l’avvocato è esonerato da ogni
altra attività, indipendentemente dal fatto che l’assistito abbia effettivamente
ricevuto tale comunicazione.
Titolo IV
Rapporti con la controparte
I magistrati e i terzi
Art. 48 – Minaccia di azioni alla controparte.
L’intimazione fatta dall’avvocato alla controparte tendente
ad ottenere particolari adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze fallimentari,
denunce o altre sanzioni, è consentita quando tenda a rendere avvertita la
controparte delle possibili iniziative giudiziarie in corso o da intraprendere;
è deontologicamente scorretta, invece, tale intimazione quando siano minacciate
azioni od iniziative sproporzionate o vessatorie.
I. Qualora ritenga di invitare la controparte ad un colloquio nel proprio studio,
prima di iniziare un giudizio, l’avvocato deve precisarle che può essere
accompagnata da un legale di fiducia.
II. L’addebito alla controparte di competenze e spese per l’attività
prestata in sede stragiudiziale è ammesso, purché la richiesta di
pagamento sia fatta a favore del proprio assistito.
Art. 49 – Pluralità di azioni nei confronti della controparte.
L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali
la situazione debitoria della controparte quando ciò non corrisponda ad effettive
ragioni di tutela della parte assistita.
Art. 50 – Richiesta di compenso professionale alla controparte.
È vietato richiedere alla controparte il pagamento del proprio compenso
professionale, salvo che ciò sia oggetto di specifica pattuizione, con l’accordo
del proprio assistito, e in ogni altro caso previsto dalla legge.
I. In particolare è consentito all’avvocato chiedere alla
controparte il pagamento del proprio compenso professionale nel caso di avvenuta
transazione giudiziale e di inadempimento del proprio cliente.
Art. 51 – Assunzione di incarichi contro ex‑clienti.
L’assunzione di un incarico professionale contro un ex-cliente è
ammessa quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale
e l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza.
In ogni caso è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite
in ragione del rapporto professionale già esaurito.
I. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente i coniugi in controversie
familiari deve astenersi dal prestare, in favore di uno di essi, la propria
assistenza in controversie successive tra i medesimi.
Art. 52 – Rapporti con i testimoni.
L’avvocato deve evitare di intrattenersi con i testimoni sulle circostanze
oggetto dei procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni
compiacenti.
I. Resta ferma la facoltà di investigazione difensiva nei modi e termini
previsti dal codice di procedura penale, e nel rispetto delle disposizioni che seguono.
1. Il difensore di fiducia e il difensore d’ufficio sono tenuti ugualmente
al rispetto delle disposizioni previste nello svolgimento delle investigazioni difensive.
2. In particolare il difensore ha il dovere di valutare la necessità o l’opportunità
di svolgere investigazioni difensive in relazione alle esigenze e agli obiettivi
della difesa in favore del proprio assistito.
3. La scelta sull’oggetto, sui modi e sulle forme delle investigazioni nonché
sulla utilizzazione dei risultati compete al difensore.
4. Quando si avvale di sostituti, collaboratori di studio, investigatori privati
autorizzati e consulenti tecnici, il difensore può fornire agli stessi tutte
le informazioni e i documenti necessari per l’espletamento dell’incarico,
anche nella ipotesi di intervenuta segretazione degli atti, raccomandando il vincolo
del segreto e l’obbligo di comunicare i risultati esclusivamente al difensore.
5. Il difensore ha il dovere di mantenere il segreto professionale sugli atti delle
investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne faccia uso nel
procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell’interesse del proprio
assistito.
6. Il difensore ha altresì l’obbligo di conservare scrupolosamente
e riservatamente la documentazione delle investigazioni difensive per tutto il tempo
ritenuto necessario o utile per l’esercizio della difesa.
7. È fatto divieto al difensore e ai vari soggetti interessati di corrispondere
compensi o indennità sotto qualsiasi forma alle persone interpellate ai fini
delle investigazioni difensive, salva la facoltà di provvedere al rimborso
delle spese documentate.
8. Il difensore deve informare le persone interpellate ai fini delle investigazioni
della propria qualità, senza obbligo di rivelare il nome dell’assistito.
9. Il difensore deve inoltre informare le persone interpellate che, se si avvarranno
della facoltà di non rispondere, potranno essere chiamate ad una audizione
davanti al pubblico ministero ovvero a rendere un esame testimoniale davanti al
giudice, ove saranno tenute a rispondere anche alle domande del difensore.
10. Il difensore deve altresì informare le persone sottoposte a indagine
o imputate nello stesso procedimento o in altro procedimento connesso o collegato
che, se si avvarranno della facoltà di non rispondere, potranno essere chiamate
a rendere esame davanti al giudice in incidente probatorio.
11. Il difensore, quando intende compiere un accesso in un luogo privato, deve richiedere
il consenso di chi ne abbia la disponibilità, informandolo della propria
qualità e della natura dell’atto da compiere, nonché della possibilità
che, ove non sia prestato il consenso, l’atto sia autorizzato dal giudice.
12. Per conferire, chiedere dichiarazioni scritte o assumere informazioni dalla
persona offesa dal reato il difensore procede con invito scritto, previo avviso
al legale della stessa persona offesa, ove ne sia conosciuta l’esistenza.
Se non risulta assistita, nell’invito è indicata l’opportunità
che comunque un legale sia consultato e intervenga all’atto. Nel caso di persona
minore, l’invito è comunicato anche a chi esercita la potestà
dei genitori, con facoltà di intervenire all’atto.
13. Il difensore, anche quando non redige un verbale, deve documentare lo stato
dei luoghi e delle cose, procurando che nulla sia mutato, alterato o disperso.
14. Il difensore ha il dovere di rispettare tutte le disposizioni fissate dalla
legge e deve comunque porre in essere le cautele idonee ad assicurare la genuinità
delle dichiarazioni.
15. Il difensore deve documentare in forma integrale le informazioni assunte. Quando
è disposta la riproduzione anche fonografica le informazioni possono essere
documentate in forma riassuntiva.
16. Il difensore non è tenuto a rilasciare copia del verbale alla persona
che ha reso informazioni né al suo difensore.
Art. 53 – Rapporti con i magistrati.
I rapporti con i magistrati devono essere improntati alla dignità
e al rispetto quali si convengono alle reciproche funzioni.
I. Salvo casi particolari, l’avvocato non può discutere del giudizio
civile in corso con il giudice incaricato del processo senza la presenza del legale
avversario.
II. L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario deve rispettare
tutti gli obblighi inerenti a tali funzioni e le norme sulla incompatibilità.
III. L’avvocato non deve approfittare di eventuali rapporti di amicizia, di
familiarità o di confidenza con i magistrati per ottenere favori e preferenze.
In ogni caso deve evitare di sottolineare la natura di tali rapporti nell’esercizio
del suo ministero, nei confronti o alla presenza di terze persone.
Art. 54 – Rapporti con arbitri e consulenti tecnici.
L’avvocato deve ispirare il proprio rapporto con arbitri e consulenti
tecnici a correttezza e lealtà, nel rispetto delle reciproche funzioni.
Art. 55 – Arbitrato.
L’avvocato chiamato a svolgere la funzione di arbitro è tenuto
ad improntare il proprio comportamento a probità e correttezza e a
vigilare che il procedimento si svolga con imparzialità e indipendenza.
I. L’avvocato non può assumere la funzioni di arbitro quando abbia
in corso rapporti professionali con una delle parti.
II. L’avvocato non può accettare la nomina ad arbitro se una delle
parti del procedimento sia assistita da altro professionista di lui socio o
con lui associato, ovvero che eserciti negli stessi locali.
In ogni caso l’avvocato deve comunicare alle parti ogni circostanza di fatto
e ogni rapporto con i difensori che possano incidere sulla sua indipendenza, al
fine di ottenere il consenso delle parti stesse all’espletamento dell’incarico.
III. L’avvocato che sia stato richiesto di svolgere la funzione di arbitro
deve dichiarare per iscritto, nell’accettare l’incarico, l’inesistenza
di ragioni ostative all’assunzione della veste di arbitro o comunque di relazioni
di tipo professionale, commerciale, economico, familiare o personale con una delle
parti. Diversamente, deve specificare dette ragioni ostative, la natura e
il tipo di tali relazioni e può accettare l’incarico solo se le parti
non si oppongano entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione.
IV. L’avvocato che viene designato arbitro deve comportarsi nel corso del
procedimento in modo da preservare la fiducia in lui riposta dalle parti e deve
rimanere immune da influenze e condizionamenti esterni di qualunque tipo. Egli inoltre:
- ha il dovere di mantenere la riservatezza sui fatti di cui venga a conoscenza
in ragione del procedimento arbitrale;
- non deve fornire notizie su questioni attinenti al procedimento;
- non deve rendere nota la decisione prima che questa sia formalmente comunicata
a tutte le parti.
Art. 56 – Rapporti con i terzi.
L’avvocato ha il dovere di rivolgersi con correttezza e con rispetto
nei confronti del personale ausiliario di giustizia, del proprio personale dipendente
e di tutte le persone in genere con cui venga in contatto nell’esercizio della
professione.
I. Anche al di fuori dell’esercizio della professione l’avvocato ha
il dovere di comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere
la fiducia che i terzi debbono avere nella sua capacità di adempiere i doveri
professionali e nella dignità della professione.
Art. 57 – Elezioni forensi.
L’avvocato che partecipi, quale candidato o quale sostenitore di
candidati, ad elezioni ad organi rappresentativi dell’Avvocatura deve comportarsi
con correttezza, evitando forme di propaganda ed iniziative non consone alla dignità
delle funzioni.
I. E’ vietata ogni forma di propaganda elettorale o di iniziativa nella
sede di svolgimento delle elezioni e durante le operazioni di voto.
II. Nelle sedi di svolgimento delle operazioni di voto è consentita la sola
affissione delle liste elettorali e di manifesti contenenti le regole di svolgimento
delle operazioni di voto.
Art. 58 – La testimonianza dell’avvocato.
Per quanto possibile, l’avvocato deve astenersi dal deporre come
testimone su circostanze apprese nell’esercizio della propria attività
professionale e inerenti al mandato ricevuto.
I. L’avvocato non deve mai impegnare di fronte al giudice la propria parola
sulla verità dei fatti esposti in giudizio.
II. Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone dovrà rinunciare
al mandato e non potrà riassumerlo.
Art. 59 – Obbligo di provvedere all’adempimento delle obbligazioni
assunte nei confronti dei terzi.
L’avvocato è tenuto a provvedere regolarmente all’adempimento
delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi.
I. L’inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della professione
assume carattere di illecito disciplinare, quando, per modalità o gravità,
sia tale da compromettere la fiducia dei terzi nella capacità dell’avvocato
di rispettare i propri doveri professionali.
Titolo V
Disposizione finale
Art. 60 – Norma di chiusura.
Le disposizioni specifiche di questo codice costituiscono esemplificazioni
dei comportamenti più ricorrenti e non limitano l’ambito di applicazione
dei principi generali espressi.