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CODICE DI PROCEDURA CIVILE
LIBRO PRIMO
DISPOSIZIONI GENERALI
TITOLO I
DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
Capo I: DEL
GIUDICE
Sezione I: DELLA GIURISDIZIONE
E DELLA COMPETENZA IN GENERALE
Art. 1
(Giurisdizione
dei giudici ordinari)
La giurisdizione civile, salvo
speciali disposizioni di legge, è esercitata dai giudici ordinari secondo
le norme del presente codice.
Art. 2
(Inderogabilità
convenzionale della giurisdizione)
La giurisdizione italiana non può
essere convenzionalmente derogata a favore di una giurisdizione straniera,
nè di arbitri che pronuncino all'estero, salvo che si tratti di causa
relativa ad obbligazioni tra stranieri o tra uno straniero e un cittadino
non residente nè domiciliato nella Repubblica e la deroga risulti da atto
scritto.
Articolo abrogato dall'art. 73,
L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 3
(Pendenza di lite
davanti a giudice straniero)
La giurisdizione italiana non è
esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa
o di altra con questa connessa.
N.B.: Articolo abrogato dall'art.
73, L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 4
(Giurisdizione
rispetto allo straniero)
Lo straniero può essere convenuto
davanti ai giudici della Repubblica:
1) se quivi è residente o domiciliato,
anche elettivamente, o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare
in giudizio a norma dell'articolo 77, oppure se ha accettato la giurisdizione
italiana, salvo che la domanda sia relativa a beni immobili situati all'estero;
2) se la domanda riguarda beni
esistenti nella Repubblica o successioni ereditarie di cittadino italiano
o aperte nella Repubblica, oppure obbligazioni quivi sorte o da eseguirsi;
3) se la domanda è connessa con
altra pendente davanti al giudice italiano, oppure riguarda provvedimenti
cautelari da eseguirsi nella Repubblica o relativi a rapporti dei quali
il giudice italiano può conoscere;
4) se, nel caso reciproco, il giudice
dello Stato al quale lo straniero appartiene può conoscere delle domande
proposte contro un cittadino italiano.
N.B.: Articolo abrogato dall'art.
73, L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 5
(Momento determinante
della giurisdizione e della competenza)
La giurisdizione e la competenza
si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente
al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto
ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.
Articolo così sostituito dall'art.
2, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 6
(Inderogabilità
convenzionale della competenza)
La competenza non può essere derogata
per accordo delle parti, salvo che nei casi stabiliti dalla legge.
Sezione II: DELLA
COMPETENZA PER MATERIA E VALORE
Art. 7
(Competenza del
giudice di pace)
Il giudice di pace è competente
per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a lire cinque
milioni, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro
giudice.
Il giudice di pace è altresì competente
per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di
veicoli e di natanti, purchè il valore della controversia non superi lire
trenta milioni.
Il giudice di pace è inoltre competente,
con il limite di valore di cui al secondo comma, per le cause di opposizione
alle ingiunzioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, salvo che
con la sanzione pecuniaria sia stata anche applicata una sanzione amministrativa
accessoria. Resta ferma la competenza del pretore in funzione di giudice
del lavoro e per le cause di opposizione alle ingiunzioni in materia di
previdenza ed assistenza obbligatorie (1).
E' competente qualunque ne sia
il valore:
1) per le cause relative ad apposizione
di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti
o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
2) per le cause relative alla misura
ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case;
3) per le cause relative a rapporti
tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in
materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti
e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;
4) per le cause di opposizione
alle sanzioni amministrative irrogate in base all'articolo 75 del testo
unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre
1990, n. 309 (2).
Articolo così sostituito dall'art.
17, L. 21 novembre 1991, n. 374.
(1) Comma abrogato dall’art. 1,
comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
(2) Numero abrogato dall’art. 1,
comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 8
(Competenza del
pretore)
Il pretore è competente per le
cause, anche se relative a beni immobili, di valore non superiore a lire
cinquanta milioni, in quanto non siano di competenza del giudice di pace
(1).
E' competente, qualunque ne sia
il valore:
1) per le azioni possessorie, salvo
il disposto dell'articolo 704, e per le denunce di nuova opera e di danno
temuto, salvo il disposto dell'articolo 688, secondo comma;
2) per le cause relative ad apposizione
di termini e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti
o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi (2);
3) per le cause relative a rapporti
di locazione e di comodato di immobili urbani e per quelle di affitto
di aziende, in quanto non siano di competenza delle sezioni specializzate
agrarie;
4) per le cause relative alla misura
e alle modalità di uso dei servizi di condominio di case (2).
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N.B.: Articolo così sostituito
dalla L. 30 luglio 1984, n. 399.
(1) Comma sostituito dall’art.
18, L. 21 novembre 1991, n. 374 e successivamente così sostituito dall’art.
2, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
(2) Numero abrogato dall’art. 47,
L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 9
(Competenza del
tribunale)
Il tribunale è competente per tutte
le cause che non sono di competenza del conciliatore o del pretore. Il
tribunale è altresì esclusivamente competente per tutte le cause in materia
di imposte e tasse, per quelle relative allo stato e alla capacità delle
persone e ai diritti onorifici, per la querela di falso, e, in generale,
per ogni causa di valore indeterminabile.
Art. 10
(Determinazione
del valore)
Il valore della causa, ai fini
della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni
seguenti.
A tale effetto le domande proposte
nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro,
e gli interessi scaduti, le spese e i danni, anteriori alla proposizione
si sommano col capitale.
Art. 11
(Cause relative
a quote di obbligazione tra più parti)
Se è chiesto da più persone o contro
più persone l'adempimento per quote di un'obbligazione, il valore della
causa si determina dall'intera obbligazione.
Art. 12
(Cause relative
a rapporti obbligatori, a locazioni e a divisioni)
Il valore delle cause relative
all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico
obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in
contestazione.
Nelle cause per finita locazione
d'immobili il valore si determina in base all'ammontare del fitto o della
pigione per un anno, ma se sorge controversia sulla continuazione della
locazione, il valore si determina cumulando i fitti o le pigioni relativi
al periodo controverso (1).
Il valore delle cause per divisione
si determina da quello della massa attiva da dividersi.
(1) Comma abrogato dall'art. 89,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 13
(Cause relative
a prestazioni alimentari e a rendite)
Nelle cause per prestazioni alimentari
periodiche, se il titolo è controverso, il valore si determina in base
all'ammontare delle somme dovute per due anni.
Nelle cause relative a rendite
perpetue, se il titolo è controverso, il valore si determina cumulando
venti annualità; nelle cause relative a rendite temporanee o vitalizie,
cumulando le annualità domandate fino a un massimo di dieci.
Le regole del comma precedente
si applicano anche per determinare il valore delle cause relative al diritto
del concedente.
Art. 14
(Cause relative
a somme di danaro e a beni mobili)
Nelle cause relative a somme di
danaro o a beni mobili, il valore si determina in base alla somma indicata
o al valore dichiarato dall'attore; in mancanza di indicazione o dichiarazione,
la causa si presume di competenza del giudice adito.
Il convenuto può contestare, ma
soltanto nella prima difesa, il valore come sopra dichiarato o presunto;
in tal caso il giudice decide, ai soli fini della competenza, in base
a quello che risulta dagli atti e senza apposita istruzione.
Se il convenuto non contesta il
valore dichiarato o presunto, questo rimane fissato, anche agli effetti
del merito, nei limiti della competenza del giudice adito.
Art. 15
(Cause relative
a beni immobili)
Il valore delle cause relative
a beni immobili è determinato moltiplicando il reddito dominicale del
terreno e la rendita catastale del fabbricato alla data della proposizione
della domanda: per duecento per le cause relative alla proprietà; per
cento per le cause relative all'usufrutto, all'uso, all'abitazione, alla
nuda proprietà e al diritto dell'enfiteuta; per cinquanta con riferimento
al fondo servente per le cause relative alle servitù.
Il valore delle cause per il regolamento
di confini si desume dal valore della parte di proprietà controversa,
se questa è determinata; altrimenti il giudice lo determina a norma del
comma seguente.
Se per l'immobile all'atto della
proposizione della domanda non risulta il reddito dominicale o la rendita
catastale, il giudice determina il valore della causa secondo quanto emerge
dagli atti, se questi non offrono elementi per la stima, ritiene la causa
di valore indeterminabile.
N.B.: Articolo così sostituito
dalla L. 30 luglio 1984, n. 399.
Art. 16
(Esecuzione forzata)
Per la consegna e il rilascio di
cose e per l'espropriazione forzata di cose mobili e di crediti è competente
il pretore.
Per l'espropriazione forzata di
cose immobili è competente il tribunale.
Se cose mobili sono soggette all'espropriazione
forzata insieme con l'immobile nel quale si trovano, per l'espropriazione
è competente il tribunale anche relativamente ad esse.
Per l'esecuzione forzata degli
obblighi di fare e di non fare è competente il pretore.
Art. 17
(Cause relative
all'esecuzione forzata)
Il valore delle cause di opposizione
all'esecuzione forzata si determina dal credito per cui si procede; quello
delle cause relative alle opposizioni proposte da terzi a norma dell'articolo
619, dal valore dei beni controversi; quello delle cause relative a controversie
sorte in sede di distribuzione, dal valore del maggiore dei crediti contestati.
Sezione III: DELLA
COMPETENZA PER TERRITORIO
Art. 18
(Foro generale
delle persone fisiche)
Salvo che la legge disponga altrimenti,
è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza
o il domicilio, e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui
il convenuto ha la dimora.
Se il convenuto non ha residenza,
nè domicilio, nè dimora nella Repubblica o se la dimora è sconosciuta,
è competente il giudice del luogo in cui risiede l'attore.
Art. 19
(Foro generale
delle persone giuridiche e delle associazioni non riconosciute)
Salvo che la legge disponga altrimenti,
qualora sia convenuta una persona giuridica, è competente il giudice del
luogo dove essa ha sede. È competente altresì il giudice del luogo dove
la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato
a stare in giudizio per l'oggetto della domanda.
Ai fini della competenza, le società
non aventi personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i
comitati di cui agli articoli 36 e seguenti del codice civile hanno sede
dove svolgono attività in modo continuativo.
Art. 20
(Foro facoltativo
per le cause relative a diritti di obbligazione)
Per le cause relative a diritti
di obbligazione è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta
o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio.
Art. 21
(Foro per le cause
relative a diritti reali e ad azioni possessorie)
Per le cause relative a diritti
reali su beni immobili e per quelle di cui ai numeri 2 e 3 dell'art. 8
è competente il giudice del luogo dove è posto l'immobile. Qualora l'immobile
sia compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente il giudice
della circoscrizione nella quale è compresa la parte soggetta a maggior
tributo verso lo Stato; quando non è sottoposto a tributo, è competente
ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell'immobile.
Per le azioni possessorie e per
la denuncia di nuova opera e di danno temuto è competente il giudice del
luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato.
Art. 22
(Foro per le cause
ereditarie)
È competente il giudice del luogo
dell'aperta successione per le cause:
1) relative a petizione o divisione
di eredità e per qualunque altra tra coeredi fino alla divisione;
2) relative alla rescissione della
divisione e alla garanzia delle quote, purchè proposte entro un biennio
dalla divisione;
3) relative a crediti verso il
defunto o legati dovuti dall'erede, purchè proposte prima della divisione
e in ogni caso entro un biennio dall'apertura della successione;
4) contro l'esecutore testamentario,
purchè proposte entro i termini indicati nel numero precedente.
Se la successione si è aperta fuori
della Repubblica, le cause suindicate sono di competenza del giudice del
luogo in cui è posta la maggior parte dei beni situati nella Repubblica,
o, in mancanza di questi, del luogo di residenza del convenuto o di alcuno
dei convenuti.
Art. 23
(Foro per le cause
tra soci e tra condomini)
Per le cause tra soci è competente
il giudice del luogo dove ha sede la società; per le cause tra condomini,
il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte
di essi.
Tale norma si applica anche dopo
lo scioglimento della società o del condominio, purchè la domanda sia
proposta entro un biennio dalla divisione.
Art. 24
(Foro per le cause
relative alle gestioni tutelari e patrimoniali)
Per le cause relative alla gestione
di una tutela o di un'amministrazione patrimoniale conferita per legge
o per provvedimento dell'autorità è competente il giudice del luogo d'esercizio
della tutela o dell'amministrazione.
Art. 25
(Foro della pubblica
amministrazione)
Per le cause nelle quali è parte
un'amministrazione dello Stato è competente, a norma delle leggi speciali
sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e nei casi ivi previsti,
il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'avvocatura dello Stato,
nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le
norme ordinarie. Quando l'amministrazione è convenuta, tale distretto
si determina con riguardo al giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi
l'obbligazione o in cui si trova la cosa mobile o immobile oggetto della
domanda.
Art. 26
(Foro dell'esecuzione
forzata)
Per l'esecuzione forzata su cose
mobili o immobili è competente il giudice del luogo in cui le cose si
trovano. Se le cose immobili soggette all'esecuzione non sono interamente
comprese nella circoscrizione di un solo tribunale, si applica l'art.
21.
Per l'espropriazione forzata di
crediti è competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore.
Per l'esecuzione forzata degli
obblighi di fare e di non fare è competente il giudice del luogo dove
l'obbligo deve essere adempiuto.
Art. 27
(Foro relativo
alle opposizioni all'esecuzione)
Per le cause di opposizione all'esecuzione
forzata di cui agli artt. 615 e 619 è competente il giudice del luogo
dell'esecuzione, salva la disposizione dell'art. 480 terzo comma.
Per le cause di opposizione a singoli
atti esecutivi è competente il giudice davanti al quale si svolge l'esecuzione.
Art. 28
(Foro stabilito
per accordo delle parti)
La competenza per territorio può
essere derogata per accordo delle parti, salvo che per le cause previste
nei numeri 1, 2, 3 e 5 dell'articolo 70, per i casi di esecuzione forzata,
di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di
procedimenti in camera di consiglio e per ogni altro caso in cui l'inderogabilità
sia disposta espressamente dalla legge.
Art. 29
(Forma ed effetti
dell'accordo delle parti)
L'accordo delle parti per la deroga
della competenza territoriale deve riferirsi ad uno o più affari determinati
e risultare da atto scritto.
L'accordo non attribuisce al giudice
designato competenza esclusiva quando ciò non è espressamente stabilito.
Art. 30
(Foro del domicilio
eletto)
Chi ha eletto domicilio a norma
dell'art. 47 del codice civile può essere convenuto davanti al giudice
del domicilio stesso.
Sezione IV: DELLE
MODIFICAZIONI DELLA COMPETENZA
PER RAGIONE DI CONNESSIONE
Art. 31
(Cause accessorie)
La domanda accessoria può essere
proposta al giudice territorialmente competente per la domanda principale
affinchè sia decisa nello stesso processo, osservata, quanto alla competenza
per valore, la disposizione dell'art. 10 secondo comma.
Può tuttavia essere proposta allo
stesso giudice anche se eccede la sua competenza per valore, qualora la
competenza per la causa principale sia determinata per ragione di materia.
Art. 32
(Cause di garanzia)
La domanda di garanzia può essere
proposta al giudice competente per la causa principale affinchè sia decisa
nello stesso processo, anche se eccede la sua competenza per valore.
*
Art. 33
(Cumulo soggettivo)
Le cause contro più persone che
a norma degli articoli 18 e 19 dovrebbero essere proposte davanti a giudici
diversi, se sono connesse per l'oggetto o per il titolo possono essere
proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una
di esse, per essere decise nello stesso processo.
Art. 34
(Accertamenti incidentali)
Il giudice, se per legge o per
esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia
di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o
valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa
a quest'ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione
della causa davanti a lui.
Art. 35
(Eccezione di compensazione)
Quando è opposto in compensazione
un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice
adito, questi, se la domanda è fondata su titolo non controverso o facilmente
accertabile, può decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente
per la decisione relativa all'eccezione di compensazione, subordinando,
quando occorre, l'esecuzione della sentenza alla prestazione di una cauzione;
altrimenti provvede a norma dell'articolo precedente.
Art. 36
(Cause riconvenzionali)
Il giudice competente per la causa
principale conosce anche delle domande riconvenzionali che dipendono dal
titolo dedotto in giudizio dall'attore o da quello che già appartiene
alla causa come mezzo di eccezione, purchè non eccedano la sua competenza
per materia o valore; altrimenti applica le disposizioni dei due articoli
precedenti.
Sezione V: DEL DIFETTO
DI GIURISDIZIONE,
DELLA INCOMPETENZA
E DELLA LITISPENDENZA
Art. 37
(Difetto di giurisdizione)
Il difetto di giurisdizione del
giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici
speciali è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo.
Il difetto di giurisdizione del
giudice italiano nei confronti dello straniero è rilevato dal giudice
d'ufficio in qualunque stato e grado del processo relativamente alle cause
che hanno per oggetto beni immobili situati all'estero; in ogni altro
caso è rilevato egualmente d'ufficio dal giudice se il convenuto è contumace
e può essere rilevato soltanto dal convenuto costituito che non abbia
accettato espressamente o tacitamente la giurisdizione italiana (1).
(1) Comma abrogato dall'art. 73,
L. 31 maggio 1995, n. 218.
Art. 38
(Incompetenza)
L'incompetenza per materia, quella
per valore e quella per territorio nei casi previsti dall'articolo 28
sono rilevate, anche d'ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione.
L'incompetenza per territorio,
fuori dei casi previsti dall'articolo 28, è eccepita a pena di decadenza
nella comparsa di risposta. L'eccezione si ha per non proposta se non
contiene l'indicazione del giudice che la parte ritiene competente. Quando
le parti costituite aderiscono a tale indicazione, la competenza del giudice
rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione
dal ruolo.
Le questioni di cui ai commi precedenti
sono decise, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta
dagli atti e, quando sia reso necessario dall'eccezione del convenuto
o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni.
N.B.: Articolo così sostituito
dall'art. 4, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 39
(Litispendenza
e continenza di cause)
Se una stessa causa è proposta
davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque
stato e grado del processo, anche d'ufficio dichiara con sentenza la litispendenza
e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo.
Nel caso di continenza di cause,
se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta
successivamente, il giudice di questa dichiara con sentenza la continenza
e fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere
la causa davanti al primo giudice. Se questi non è competente anche per
la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e
la fissazione del termine sono da lui pronunciate.
La prevenzione è determinata dalla
notificazione della citazione.
Art. 40
(Connessione)
Se sono proposte davanti a giudici
diversi più cause le quali, per ragione di connessione possono essere
decise in un solo processo , il giudice fissa con sentenza alle parti
un termine perentorio per la riassunzione della causa accessoria davanti
al giudice della causa principale, e negli altri casi davanti a quello
preventivamente adito.
La connessione non può essere eccepita
dalle parti nè rilevata d'ufficio dopo la prima udienza e la rimessione
non può essere ordinata quando lo stato della causa principale o preventivamente
proposta non consente l'esauriente trattazione e decisione delle cause
connesse.
Nei casi previsti negli articoli
31, 32, 34, 35 e 36, le cause, cumulativamente proposte o successivamente
riunite, debbono essere trattate e decise col rito ordinario, salva l'applicazione
del solo rito speciale quando una di tali cause rientri fra quelle indicate
negli articoli 409 e 442 (1).
Qualora le cause connesse siano
assoggettate a differenti riti speciali debbono essere trattate e decise
col rito previsto per quella tra esse in ragione della quale viene determinata
la competenza o, in subordine, col rito previsto per la causa di maggior
valore (1).
Se la causa è stata trattata con
un rito diverso da quello divenuto applicabile ai sensi del terzo comma,
il giudice provvede a norma degli articoli 426, 427 e 439 (1).
Se una causa di competenza del
giudice di pace sia connessa per i motivi di cui agli articoli 31, 32,
34, 35 e 36 con altra causa di competenza del pretore o del tribunale,
le relative domande possono essere proposte innanzi al pretore o al tribunale
affinchè siano decise nello stesso processo (2).
Se le cause connesse ai sensi del
sesto comma sono proposte davanti al giudice di pace e al pretore o al
tribunale, il giudice di pace deve pronunziare anche d'ufficio la connessione
a favore del pretore o del tribunale (2).
----------
(1) Comma aggiunto dall'art. 5,
L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma aggiunto dall'art. 19,
comma 1, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Sezione VI: DEL REGOLAMENTO
DI GIURISDIZIONE E DI COMPETENZA
Art. 41
(Regolamento di
giurisdizione)
Finchè la causa non sia decisa
nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle sezioni unite
della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione
di cui all'articolo 37. L'istanza si propone con ricorso a norma degli
articoli 364 e seguenti, e produce gli effetti di cui all'articolo 367.
La pubblica amministrazione che
non è parte in causa può chiedere in ogni stato e grado del processo che
sia dichiarato dalle sezioni unite della Corte di cassazione il difetto
di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla
legge all'amministrazione stessa, finchè la giurisdizione non sia stata
affermata con sentenza passata in giudicato.
Art. 42
(Regolamento necessario
di competenza)
La sentenza che, pronunciando sulla
competenza anche ai sensi degli articoli 39 e 40, non decide il merito
della causa e i provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo
ai sensi dell'articolo 295 possono essere impugnati soltanto con istanza
di regolamento di competenza.
Articolo così sostituito dall'art.
6, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 43
(Regolamento facoltativo
di competenza)
La sentenza che ha pronunciato
sulla competenza insieme col merito può essere impugnata con l'istanza
di regolamento di competenza oppure nei modi ordinari quando insieme con
la pronuncia sulla competenza si impugna quella sul merito.
La proposizione dell'impugnazione
ordinaria non toglie alle altre parti la facoltà di proporre l'istanza
di regolamento.
Se l'istanza di regolamento è proposta
prima dell'impugnazione ordinaria, i termini per la proposizione di questa
riprendono a decorrere dalla comunicazione della sentenza che regola la
competenza; se è proposta dopo, si applica la disposizione dell'articolo
48.
Art. 44
(Efficacia della
sentenza che pronuncia sulla competenza)
La sentenza che, anche a norma
degli articoli 39 e 40, dichiara l'incompetenza del giudice che l'ha pronunciata,
se non è impugnata con l'istanza di regolamento, rende incontestabile
l'incompetenza dichiarata e la competenza del giudice in essa indicato
se la causa è riassunta nei termini di cui all'articolo 50, salvo che
si tratti di incompetenza per materia o di incompetenza per territorio
nei casi previsti nell'articolo 28.
Art. 45
(Conflitto di competenza)
Quando, in seguito alla sentenza
che dichiara l'incompetenza del giudice adito per ragione di materia o
per territorio nei casi di cui all'articolo 28, la causa nei termini di
cui all'articolo 50 è riassunta davanti ad altro giudice, questi, se ritiene
di essere a sua volta incompetente, richiede d'ufficio il regolamento
di competenza.
Art. 46
(Casi di inapplicabilità
del regolamento di competenza)
Le disposizioni degli articoli
42 e 43 non si applicano nei giudizi davanti ai conciliatori.
Art. 47
(Procedimento del
regolamento di competenza)
L'istanza di regolamento di competenza
si propone alla Corte di cassazione con ricorso sottoscritto dal procuratore
o dalla parte, se questa si è costituita personalmente.
Il ricorso deve essere notificato
alle parti che non vi hanno aderito entro il termine perentorio di trenta
giorni dalla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla
competenza o dalla notificazione dell'impugnazione ordinaria nel caso
previsto nell'articolo 43, secondo comma. L'adesione delle parti può risultare
anche dalla sottoscrizione del ricorso.
La parte che propone l'istanza,
nei cinque giorni successivi all'ultima notificazione del ricorso alle
parti, deve chiedere ai cancellieri degli uffici davanti ai quali pendono
i processi che i relativi fascicoli siano rimessi alla cancelleria della
Corte di cassazione. Nel termine perentorio di venti giorni dalla stessa
notificazione deve depositare nella cancelleria il ricorso con i documenti
necessari.
Il regolamento d'ufficio è richiesto
con ordinanza dal giudice, il quale dispone la rimessione del fascicolo
di ufficio alla cancelleria della Corte di cassazione.
Le parti alle quali è notificato
il ricorso o comunicata l'ordinanza del giudice, possono, nei venti giorni
successivi, depositare nella cancelleria della Corte di cassazione scritture
difensive e documenti.
N.B.: Articolo così sostituito
dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 48
(Sospensione dei
processi)
I processi relativamente ai quali
è chiesto il regolamento di competenza sono sospesi dal giorno in cui
è presentata l'istanza al cancelliere a norma dell'articolo precedente
o dalla pronuncia dell'ordinanza che richiede il regolamento.
Il giudice può autorizzare il compimento
degli atti che ritiene urgenti.
Art. 49
(Sentenza di regolamento
di competenza)
Il regolamento è pronunciato con
sentenza in camera di consiglio entro i venti giorni successivi alla scadenza
del termine previsto nell'art. 47 ultimo comma.
Con la sentenza la Corte di cassazione
statuisce sulla competenza, dà i provvedimenti necessari per la prosecuzione
del processo davanti al giudice che dichiara competente e rimette, quando
occorre, le parti in termini affinchè provvedano alla loro difesa.
Art. 50
(Riassunzione della
causa)
Se la riassunzione della causa
davanti al giudice dichiarato competente avviene nel termine fissato nella
sentenza dal giudice e in mancanza in quello di sei mesi dalla comunicazione
della sentenza di regolamento o della sentenza che dichiara l'incompetenza
del giudice adito, il processo continua davanti al nuovo giudice.
Se la riassunzione non avviene
nei termini su indicati, il processo si estingue.
Articolo così sostituito dalla
L. 14 luglio 1950, n. 581.
Sezione VII: DELL'ASTENSIONE,
DELLA RICUSAZIONE
E DELLA RESPONSABILITÀ
DEI GIUDICI
Art. 51
(Astensione del
giudice)
Il giudice ha l'obbligo di astenersi:
1) se ha interesse nella causa
o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è
parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è
convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha
causa pendente o grave inamicizia o rapporti di credito o debito con una
delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato
patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne
ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro
o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
5) se è tutore, curatore, procuratore,
agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore
o gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un
comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
In ogni altro caso in cui esistono
gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell'ufficio
l'autorizzazione ad astenersi: quando l'astensione riguarda il capo dell'ufficio,
l'autorizzazione è chiesta al capo dell'ufficio superiore.
Art. 52
(Ricusazione del
giudice)
Nei casi in cui è fatto obbligo
al giudice di astenersi, ciascuna delle parti può proporne la ricusazione
mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova.
Il ricorso, sottoscritto dalla
parte o dal difensore, deve essere depositato in cancelleria due giorni
prima dell'udienza, se al ricusante è noto il nome dei giudici che sono
chiamati a trattare o decidere la causa, e prima dell'inizio della trattazione
o discussione di questa nel caso contrario.
La ricusazione sospende il processo.
Art. 53
(Giudice competente)
Sulla ricusazione decide il pretore
se è ricusato un conciliatore o un vice pretore del mandamento; il presidente
del tribunale se è ricusato un pretore della circoscrizione; il collegio
se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte.
La decisione è pronunciata con
ordinanza non impugnabile, udito il giudice ricusato e assunte, quando
occorre, le prove offerte.
Art. 54
(Ordinanza sulla
ricusazione)
L'ordinanza che accoglie il ricorso
designa il giudice che deve sostituire quello ricusato.
La ricusazione è dichiarata inammissibile,
se non è stata proposta nelle forme e nei termini fissati nell'articolo
52.
L'ordinanza, che dichiara inammissibile
o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e condanna la parte o il
difensore che l'ha proposta a una pena pecuniaria non superiore a lire
cinquemila.
Dell'ordinanza è data notizia dalla
cancelleria al giudice e alle parti, le quali debbono provvedere alla
riassunzione della causa nel termine perentorio di sei mesi.
Articolo così sostituito dalla
L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 55
Abrogato dal D.P.R. 9 dicembre
1987, n. 497.
Art. 56
Abrogato dal D.P.R. 9 dicembre
1987, n. 497.
Capo II: DEL CANCELLIERE
E DELL'UFFICIALE GIUDIZIARIO
Art. 57
(Attività del cancelliere)
Il cancelliere documenta a tutti
gli effetti, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attività proprie
e quelle degli organi giudiziari e delle parti.
Egli assiste il giudice in tutti
gli atti dei quali deve essere formato processo verbale.
Quando il giudice provvede per
iscritto, salvo che la legge disponga altrimenti, il cancelliere stende
la scrittura e vi appone la sua sottoscrizione dopo quella del giudice.
Art. 58
(Altre attività
del cancelliere)
Il cancelliere attende al rilascio
di copie ed estratti autentici dei documenti prodotti, all'iscrizione
delle cause a ruolo, alla formazione del fascicolo d'ufficio e alla conservazione
di quelli delle parti, alle comunicazioni e alle notificazioni prescritte
dalla legge o dal giudice, nonchè alle altre incombenze che la legge gli
attribuisce.
Art. 59
(Attività dell'ufficiale
giudiziario)
L'ufficiale giudiziario assiste
il giudice in udienza, provvede all'esecuzione dei suoi ordini, esegue
la notificazione degli atti e attende alle altre incombenze che la legge
gli attribuisce.
Art. 60
(Responsabilità
del cancelliere e dell'ufficiale giudiziario)
Il cancelliere e l'ufficiale giudiziario
sono civilmente responsabili:
1) quando, senza giusto motivo,
ricusano di compiere gli atti che sono loro legalmente richiesti oppure
omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato
dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono stati delegati;
2) quando hanno compiuto un atto
nullo con dolo o colpa grave.
Capo III: DEL CONSULENTE
TECNICO, DEL CUSTODE
E DEGLI ALTRI AUSILIARI
DEL GIUDICE
Art. 61
(Consulente tecnico)
Quando è necessario, il giudice
può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il
processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica.
La scelta dei consulenti tecnici
deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali
formati a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice.
Articolo così sostituito dalla
L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 62
(Attività del consulente)
Il consulente compie le indagini
che gli sono commesse dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di
consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede a norma degli articoli
194 e seguenti, e degli articoli 441 e 463.
Art. 63
(Obbligo di assumere
l'incarico e ricusazione del consulente)
Il consulente scelto tra gli iscritti
in un albo ha l'obbligo di prestare il suo ufficio, tranne che il giudice
riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione.
Il consulente può essere ricusato
dalle parti per i motivi indicati nell'art. 51.
Della ricusazione del consulente
conosce il giudice che l'ha nominato.
Art. 64
(Responsabilità
del consulente)
Si applicano al consulente tecnico
le disposizioni del codice penale relative ai periti.
In ogni caso, il consulente tecnico
che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti,
è punito con l'arresto fino a un anno o con l'ammenda fino a lire venti
milioni. Si applica l'art. 35 del codice penale. In ogni caso è dovuto
il risarcimento dei danni causati alle parti.
Articolo così sostituito dalla
L. 4 giugno 1985, n. 281.
Art. 65
(Custode)
La conservazione e l'amministrazione
dei beni pignorati o sequestrati sono affidate a un custode, quando la
legge non dispone altrimenti.
Il compenso al custode è stabilito,
con decreto, dal pretore nel caso di nomina fatta dall'ufficiale giudiziario,
e in ogni altro caso dal giudice che l'ha nominato.
Art. 66
(Sostituzione del
custode)
Il giudice, d'ufficio o su istanza
di parte, può disporre in ogni tempo la sostituzione del custode.
Il custode che non ha diritto a
compenso può chiedere in ogni tempo di essere sostituito; altrimenti può
chiederlo soltanto per giusti motivi.
Il provvedimento di sostituzione
è dato, con ordinanza non impugnabile dal pretore o dal giudice di cui
al secondo comma dell'articolo precedente.
Art. 67
(Responsabilità
del custode)
Ferme le disposizioni del codice
penale, il custode che non esegue l'incarico assunto può essere condannato
dal giudice a una pena pecuniaria non superiore a lire ventimila.
Egli è tenuto al risarcimento dei
danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre
di famiglia.
Art. 68
(Altri ausiliari)
Nei casi previsti dalla legge o
quando ne sorge necessità, il giudice, il cancelliere o l'ufficiale giudiziario
si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione
e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che egli non è
in grado di compiere da sè solo.
Il giudice può commettere a un
notaio il compimento di determinati atti nei casi previsti dalla legge.
Il giudice può sempre richiedere
l'assistenza della forza pubblica.
Titolo II:
DEL PUBBLICO MINISTERO
Art. 69
(Azione del pubblico
ministero)
Il pubblico ministero esercita
l'azione civile nei casi stabiliti dalla legge.
Art. 70
(Intervento in
causa del pubblico ministero)
Il pubblico ministero deve intervenire,
a pena di nullità rilevabile d'ufficio:
1) nelle cause che egli stesso
potrebbe proporre;
2) nelle cause matrimoniali, comprese
quelle di separazione personale dei coniugi;
3) nelle cause riguardanti lo stato
e la capacità delle persone;
4) nelle cause collettive e nelle
cause individuali di lavoro in grado di appello (1);
5) negli altri casi previsti dalla
legge.
Deve intervenire in ogni causa
davanti alla Corte di cassazione.
Può infine intervenire in ogni
altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse.
La Corte costituzionale, con sentenza
25 giugno 1996, n. 214, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del
presente articolo nella parte in cui non prescrive l’intervento obbligatorio
del pubblico ministero nei giudizi tra genitori naturali che comportino
"provvedimenti relativi ai figli", nei sensi di cui agli artt. 9 della
legge n. 898 del 1970 e 710 del codice di procedura civile come risulta
a seguito della sentenza n. 416 del 1992.
(1) Numero abrogato dalla L. 11
agosto 1973, n. 533.
Art. 71
(Comunicazione
degli atti processuali al pubblico ministero)
Il giudice, davanti al quale è
proposta una delle cause indicate nel primo comma dell'articolo precedente,
ordina la comunicazione degli atti al pubblico ministero affinchè possa
intervenire.
Lo stesso ordine il giudice può
dare ogni volta che ravvisi uno dei casi previsti nell'ultimo comma dell'articolo
precedente.
Art. 72
(Poteri del pubblico
ministero)
Il pubblico ministero, che interviene
nelle cause che avrebbe potuto proporre, ha gli stessi poteri che competono
alle parti e li esercita nelle forme che la legge stabilisce per queste
ultime.
Negli altri casi di intervento
previsti nell'art. 70, tranne che nelle cause davanti alla Corte di cassazione
il pubblico ministero può produrre documenti, dedurre prove, prendere
conclusioni nei limiti delle domande proposte dalle parti.
Il pubblico ministero può proporre
impugnazioni contro le sentenze relative a cause matrimoniali, salvo che
per quelle di separazione personale dei coniugi.
Lo stesso potere spetta al pubblico
ministero contro le sentenze che dichiarano l'efficacia o l'inefficacia
di sentenze straniere relative a cause matrimoniali, salvo che per quelle
di separazione personale dei coniugi.
Nelle ipotesi prevedute nei commi
terzo e quarto, la facoltà di impugnazione spetta tanto al pubblico ministero
presso il giudice che ha pronunziato la sentenza quanto a quello presso
il giudice competente a decidere sull'impugnazione.
Il termine decorre dalla comunicazione
della sentenza a norma dell'art. 133.
Restano salve le disposizioni dell'art.
397.
Articolo così sostituito dalla
L. 30 luglio 1950, n. 534.
Art. 73
(Astensione del
pubblico ministero)
Ai magistrati del pubblico ministero
che intervengono nel processo civile si applicano le disposizioni del
presente codice relative all'astensione dei giudici, ma non quelle relative
alla ricusazione.
Art. 74
Articolo abrogato dal D.P.R. 9
dicembre 1987, n. 497.
Titolo III:
DELLE PARTI E DEI DIFENSORI
Capo I: DELLE
PARTI
Art. 75
(Capacità processuale)
Sono capaci di stare in giudizio
le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere.
Le persone che non hanno il libero
esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate,
assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità.
Le persone giuridiche stanno in
giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto.
Le associazioni e i comitati, che
non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone
indicate negli artt. 36 ss. del codice civile.
La Corte costituzionale, con sentenza
n. 220 del 16 ottobre 1986, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
del presente articolo nella parte in cui non prevede, ove emerga una situazione
di scomparsa del convenuto, la interruzione del processo e la segnalazione,
ad opera del giudice, del caso al pubblico ministero perchè promuova la
nomina di un curatore, nei cui confronti debba l'attore riassumere il
giudizio.
Art. 76
Articolo abrogato
Art. 77
(Rappresentanza
del procuratore e dell'institore)
Il procuratore generale e quello
preposto a determinati affari non possono stare in giudizio per il preponente,
quando questo potere non è stato loro conferito espressamente, per iscritto,
tranne che per gli atti urgenti e per le misure cautelari.
Tale potere si presume conferito
al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nella Repubblica
e all'institore.
Art. 78
(Curatore speciale)
Se manca la persona a cui spetta
la rappresentanza o l'assistenza, e vi sono ragioni di urgenza, può essere
nominato all'incapace, alla persona giuridica o all'associazione non riconosciuta
un curatore speciale che li rappresenti o assista finchè subentri colui
al quale spetta la rappresentanza o l'assistenza.
Si procede altresì alla nomina
di un curatore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto d'interessi
col rappresentante.
Art. 79
(Istanza di nomina
del curatore speciale)
La nomina del curatore speciale
di cui all'articolo precedente può essere in ogni caso chiesta dal pubblico
ministero. Può essere chiesta anche dalla persona che deve essere rappresentata
o assistita, sebbene incapace, nonchè dai suoi prossimi congiunti e, in
caso di conflitto di interessi, dal rappresentante.
Può essere inoltre chiesta da qualunque
altra parte in causa che vi abbia interesse.
Art. 80
(Provvedimento
di nomina del curatore speciale)
L'istanza per la nomina del curatore
speciale si propone al conciliatore, al pretore o al presidente dell'ufficio
giudiziario davanti al quale s'intende proporre la causa.
Il giudice, assunte le opportune
informazioni e sentite possibilmente le persone interessate, provvede
con decreto. Questo è comunicato al pubblico ministero affinchè provochi,
quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza
o assistenza dell'incapace, della persona giuridica o dell'associazione
non riconosciuta.
Art. 81
(Sostituzione processuale)
Fuori dei casi espressamente previsti
dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto
altrui.
Capo II: DEI DIFENSORI
Art. 82
(Patrocinio)
Davanti al giudice di pace le parti
possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non
eccede lire un milione.
Negli altri casi, le parti non
possono stare in giudizio se non col ministero o con l'assistenza di un
difensore. Il giudice di pace tuttavia, in considerazione della natura
ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della
parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona.
Salvi i casi in cui la legge dispone
altrimenti, davanti al pretore, al tribunale e alla corte d'appello le
parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente
esercente; e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato
iscritto nell'apposito albo.
Articolo così sostituito dall'art.
20, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 83
(Procura alle liti)
Quando la parte sta in giudizio
col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura.
La procura alle liti può essere
generale o speciale, e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura
privata autenticata.
La procura speciale può essere
anche apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso, del controricorso,
della comparsa di risposta o d'intervento, del precetto o della domanda
d'intervento nell'esecuzione. In tali casi l'autografia della sottoscrizione
della parte deve essere certificata dal difensore.
La procura speciale si presume
conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell'atto
non è espressa volontà diversa.
La procura si considera apposta
in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto
materialmente all'atto cui si riferisce.
Articolo così modificato dall'art.
1, L. 27 maggio 1997, n. 141.
Art. 84
(Poteri del difensore)
Quando la parte sta in giudizio
col ministero del difensore, questi può compiere e ricevere, nell'interesse
della parte stessa, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono
ad essa espressamente riservati.
In ogni caso non può compiere atti
che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto
espressamente il potere.
Art. 85
(Revoca e rinuncia
alla procura)
La procura può essere sempre revocata
e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non
hanno effetto nei confronti dell'altra parte finchè non sia avvenuta la
sostituzione del difensore.
Art. 86
(Difesa personale
della parte)
La parte o la persona che la rappresenta
o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di
difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza
il ministero di altro difensore.
Art. 87
(Assistenza degli
avvocati e del consulente tecnico)
La parte può farsi assistere da
uno o più avvocati, e anche da un consulente tecnico nei casi e con i
modi stabiliti nel presente codice.
Capo III: DEI DOVERI
DELLE PARTI E DEI DIFENSORI
Art. 88
(Dovere di lealtà
e di probità)
Le parti e i loro difensori hanno
il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità.
In caso di mancanza dei difensori
a tale dovere, il giudice deve riferirne alle autorità che esercitano
il potere disciplinare su di essi.
Art. 89
(Espressioni sconvenienti
od offensive)
Negli scritti presentati e nei
discorsi pronunciati davanti al giudice, le parti e i loro difensori non
debbono usare espressioni sconvenienti od offensive.
Il giudice, in ogni stato dell'istruzione,
può disporre con ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti
od offensive, e, con la sentenza che decide la causa, può inoltre assegnare
alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche
non patrimoniale sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano
l'oggetto della causa.
Capo IV: DELLE RESPONSABILITÀ
DELLE PARTI
PER LE SPESE E PER
I DANNI PROCESSUALI
Art. 90
(Onere delle spese)
Salve le disposizioni relative
al gratuito patrocinio, nel corso del processo ciascuna delle parti deve
provvedere alle spese degli atti che compie e di quelli che chiede, e
deve anticiparle per gli altri atti necessari al processo quando l'anticipazione
è posta a suo carico dalla legge o dal giudice.
Art. 91
(Condanna alle
spese)
Il giudice, con la sentenza che
chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso
delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme
con gli onorari di difesa. Eguale provvedimento emette nella sua sentenza
il giudice che regola la competenza.
Le spese della sentenza sono liquidate
dal cancelliere con nota in margine alla stessa; quelle della notificazione
della sentenza, del titolo esecutivo e del precetto sono liquidate dall'ufficiale
giudiziario con nota in margine all'originale e alla copia notificata.
I reclami contro le liquidazioni
di cui al comma precedente sono decisi con le forme previste negli artt.
287 e 288 dal capo dell'ufficio a cui appartiene il cancelliere o l'ufficiale
giudiziario.
Art. 92
(Condanna alle
spese per singoli atti. Compensazione delle spese)
. Il giudice, nel pronunciare la
condanna di cui all'articolo precedente, può escludere la ripetizione
delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive
o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare una
parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione
al dovere di cui all'art. 88, essa ha causato all'altra parte.
Se vi è soccombenza reciproca o
concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare, parzialmente
o per intero, le spese tra le parti.
Se le parti si sono conciliate,
le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente
convenuto nel processo verbale di conciliazione.
Art. 93
(Distrazione delle
spese)
Il difensore con procura può chiedere
che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga
in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese
che dichiara di avere anticipate.
Finchè il difensore non abbia conseguito
il rimborso che gli è stato attribuito, la parte può chiedere al giudice,
con le forme stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del
provvedimento, qualora dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore
per gli onorari e le spese.
Art. 94
(Condanna di rappresentanti
o curatori)
Gli eredi beneficiati, i tutori,
i curatori e in generale coloro che rappresentano o assistono la parte
in giudizio possono essere condannati personalmente, per motivi gravi
che il giudice deve specificare nella sentenza, alle spese dell'intero
processo o di singoli atti, anche in solido con la parte rappresentata
o assistita.
Art. 95
(Spese del processo
di esecuzione)
Le spese sostenute dal creditore
procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione
sono a carico di chi ha subito l'esecuzione, fermo il privilegio stabilito
dal codice civile.
Art. 96
(Responsabilità
aggravata)
Se risulta che la parte soccombente
ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice,
su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento
dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza.
Il giudice che accerta l'inesistenza
del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta
domanda giudiziaria o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta
l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento
dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale
prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.
Art. 97
(Responsabilità
di più soccombenti)
Se le parti soccombenti sono più,
il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e ai danni in proporzione
del rispettivo interesse nella causa. Può anche pronunciare condanna solidale
di tutte o di alcune tra esse, quando hanno interesse comune.
Se la sentenza non statuisce sulla
ripartizione delle spese e dei danni, questa si fa per quote uguali.
Art. 98
(Cauzione per le
spese)
Il giudice istruttore, il pretore
o il conciliatore, su istanza del convenuto, può disporre con ordinanza
che l'attore non ammesso al gratuito patrocinio presti cauzione per il
rimborso delle spese, quando vi è fondato timore che l'eventuale condanna
possa restare ineseguita.
Se la cauzione non è prestata nel
termine stabilito, il processo si estingue.
La Corte costituzionale, con sentenza
n. 67 del 29 novembre 1960, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
del presente articolo.
Titolo IV:
DELL'ESERCIZIO DELL'AZIONE
Art. 99
(Principio della
domanda)
Chi vuole far valere un diritto
in giudizio deve proporre domanda al giudice competente.
Art. 100
(Interesse ad agire)
Per proporre una domanda o per
contraddire alla stessa è necessario avervi interesse.
Art. 101
(Principio del
contraddittorio)
Il giudice, salvo che la legge
disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte
contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa.
Art. 102
(Litisconsorzio
necessario)
Se la decisione non può pronunciarsi
che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute
nello stesso processo.
Se questo è promosso da alcune
o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l'integrazione del
contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito.
Art. 103
(Litisconsorzio
facoltativo)
Più parti possono agire o essere
convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono
esiste connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono,
oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione
di identiche questioni.
Il giudice può disporre, nel corso
della istruzione o nella decisione, la separazione delle cause, se vi
è istanza di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro
riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo, e può rimettere
al giudice inferiore le cause di sua competenza.
Articolo così sostituito dalla
L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 104
(Pluralità di domande
contro la stessa parte)
Contro la stessa parte possono
proporsi nel medesimo processo più domande anche non altrimenti connesse,
purchè sia osservata la norma dell'articolo 10 secondo comma.
È applicabile la disposizione del
secondo comma dell'articolo precedente.
Articolo così sostituito dalla
14 luglio 1950, n. 581.
Art. 105
(Intervento volontario)
Ciascuno può intervenire in un
processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti
o di alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal
titolo dedotto nel processo medesimo.
Può altresì intervenire per sostenere
le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse.
Art. 106
(Intervento su
istanza di parte)
Ciascuna parte può chiamare nel
processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende
essere garantita.
Art. 107
(Intervento per
ordine del giudice)
Il giudice, quando ritiene opportuno
che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa è
comune, ne ordina l'intervento.
Art. 108
(Estromissione
del garantito)
Se il garante comparisce e accetta
di assumere la causa in luogo del garantito, questi può chiedere, qualora
le altre parti non si oppongano, la propria estromissione. Questa è disposta
dal giudice con ordinanza; ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio
spiega i suoi effetti anche contro l'estromesso.
Art. 109
(Estromissione
dell'obbligato)
Se si contende a quale di più parti
spetta una prestazione e l'obbligato si dichiara pronto a eseguirla a
favore di chi ne ha diritto, il giudice può ordinare il deposito della
cosa o della somma dovuta e, dopo il deposito, può estromettere l'obbligato
dal processo.
Art. 110
(Successione nel
processo)
Quando la parte vien meno per morte
o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale
o in suo confronto.
Art. 111
(Successione a
titolo particolare nel diritto controverso)
Se nel corso del processo si trasferisce
il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo
prosegue tra le parti originarie.
Se il trasferimento a titolo particolare
avviene a causa di morte, il processo è proseguito dal successore universale
o in suo confronto.
In ogni caso il successore a titolo
particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre
parti vi consentono, l'alienante o il successore universale può esserne
estromesso.
La sentenza pronunciata contro
questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore
a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme sull'acquisto
in buona fede dei mobili e sulla trascrizione.
Titolo V:
DEI POTERI DEL GIUDICE
Art. 112
(Corrispondenza
tra il chiesto e il pronunciato)
Il giudice deve pronunciare su
tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d'ufficio
su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti.
Art. 113
(Pronuncia secondo
diritto)
Nel pronunciare sulla causa il
giudice deve seguire le norme del diritto, salvo che la legge gli attribuisca
il potere di decidere secondo equità.
Il giudice di pace decide secondo
equità le cause il cui valore non eccede lire due milioni (1).
(1) Comma così sostituito dall'art.
21, L. 21 novembre 1991, n. 374.
Art. 114
(Pronuncia secondo
equità a richiesta di parte)
Il giudice, sia in primo grado
che in appello, decide il merito della causa secondo equità quando esso
riguarda diritti disponibili delle parti e queste gliene fanno concorde
richiesta.
Art. 115
(Disponibilità
delle prove)
Salvi i casi previsti dalla legge,
il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle
parti o dal pubblico ministero.
Può tuttavia, senza bisogno di
prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano
nella comune esperienza.
Art. 116
(Valutazione delle
prove)
Il giudice deve valutare le prove
secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti.
Il giudice può desumere argomenti
di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell'articolo seguente,
dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha
ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo.
Art. 117
(Interrogatorio
non formale delle parti)
Il giudice, in qualunque stato
e grado del processo, ha facoltà di ordinare la comparizione personale
delle parti in contraddittorio tra loro per interrogarle liberamente sui
fatti della causa. Le parti possono farsi assistere dai difensori.
Art. 118
(Ordine d'ispezione
di persone e di cose)
Il giudice può ordinare alle parti
e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose in loro possesso
le ispezioni che appaiano indispensabili per conoscere i fatti della causa,
purchè ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo,
e senza costringerli a violare uno dei segreti previsti negli articoli
351 e 352 del codice di procedura penale.
Se la parte rifiuta di eseguire
tale ordine senza giusto motivo, il giudice può da questo rifiuto desumere
argomenti di prova a norma dell'articolo 116, secondo comma.
Se rifiuta il terzo, il giudice
lo condanna a una pena pecuniaria non superiore a lire ottomila.
Art. 119
(Imposizione di
cauzione)
Il giudice, nel provvedimento col
quale impone una cauzione, deve indicare l'oggetto di essa, il modo di
prestarla, e il termine entro il quale la prestazione deve avvenire.
Art. 120
(Pubblicità della
sentenza)
Nei casi in cui la pubblicità della
decisione di merito può contribuire a riparare il danno, il giudice, su
istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante
inserzione per estratto in uno o più giornali da lui designati.
Se l'inserzione non avviene nel
termine stabilito dal giudice, può procedervi la parte a favore della
quale è stata disposta, con diritto a ripetere le spese dall'obbligato.
Titolo VI:
DEGLI ATTI PROCESSUALI
Capo I: DELLE
FORME DEGLI ATTI E DEI PROVVEDIMENTI
Sezione I: DEGLI ATTI
IN GENERALE
Art. 121
(Libertà di forme)
Gli atti del processo, per i quali
la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella
forma più idonea al raggiungimento del loro scopo.
Art. 122
(Uso della lingua
italiana - Nomina dell'interprete)
In tutto il processo è prescritto
l'uso della lingua italiana.
Quando deve essere sentito chi
non conosce la lingua italiana, il giudice può nominare un interprete.
Questi, prima di esercitare le
sue funzioni, presta giuramento davanti al giudice di adempiere fedelmente
il suo ufficio.
Art. 123
(Nomina del traduttore)
Quando occorre procedere all'esame
di documenti che non sono scritti in lingua italiana, il giudice può nominare
un traduttore, il quale presta giuramento a norma dell'articolo precedente.
Art. 124
(Interrogazione
del sordo e del muto)
Se nel procedimento deve essere
sentito un sordo, un muto o un sordomuto, le interrogazioni e le risposte
possono essere fatte per iscritto.
Quando occorre, il giudice nomina
un interprete, il quale presta giuramento a norma dell'articolo 122 ultimo
comma.
Art. 125
(Contenuto e sottoscrizione
degli atti di parte)
Salvo che la legge disponga altrimenti,
la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono
indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della
domanda e le conclusioni o la istanza, e, tanto nell'originale quanto
nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se
essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore.
La procura al difensore dell'attore
può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto,
purchè anteriormente alla costituzione della parte rappresentata.
La disposizione del comma precedente
non si applica quando la legge richiede che la citazione sia sottoscritta
dal difensore munito di mandato speciale.
Articolo così sostituito dalla
L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 126
(Contenuto del
processo verbale)
Il processo verbale deve contenere
l'indicazione delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e
di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti; deve inoltre
contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte,
nonchè le dichiarazioni ricevute.
Il processo verbale è sottoscritto
dal cancelliere. Se vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando
la legge non dispone altrimenti, dà loro lettura del processo verbale
e li invita a sottoscriverlo. Se alcuno di essi non può o non vuole sottoscrivere,
ne è fatta espressa menzione.
Sezione II: DELLE
UDIENZE
Art. 127
(Direzione dell'udienza)
L'udienza è diretta dal giudice
singolo o dal presidente del collegio.
Il giudice che la dirige può fare
o prescrivere quanto occorre affinchè la trattazione delle cause avvenga
in modo ordinato e proficuo, regola la discussione, determina i punti
sui quali essa deve svolgersi e la dichiara chiusa quando la ritiene sufficiente.
Art. 128
(Udienza pubblica)
L'udienza in cui si discute la
causa è pubblica a pena di nullità, ma il giudice che la dirige può disporre
che si svolga a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello
Stato, di ordine pubblico o di buon costume.
Il giudice esercita i poteri di
polizia per il mantenimento dell'ordine e del decoro e può allontanare
chi contravviene alle sue prescrizioni.
Art. 129
(Doveri di chi
interviene o assiste all'udienza)
Chi interviene o assiste all'udienza
non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio.
È vietato fare segni di approvazione
o di disapprovazione o cagionare in qualsiasi modo disturbo.
Art. 130
(Redazione del
processo verbale)
Il cancelliere redige il processo
verbale di udienza sotto la direzione del giudice.
Il processo verbale è sottoscritto
da chi presiede l'udienza e dal cancelliere; di esso non si dà lettura,
salvo espressa istanza di parte.
Sezione III:DEI PROVVEDIMENTI
Art. 131
(Forma dei provvedimenti
in generale)
La legge prescrive in quali casi
il giudice pronuncia sentenza, ordinanza o decreto.
In mancanza di tali prescrizioni,
i provvedimenti sono dati in qualsiasi forma idonea al raggiungimento
del loro scopo.
Dei provvedimenti collegiali è
compilato sommario processo verbale, il quale deve contenere la menzione
della unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato,
che qualcuno dei componenti del collegio, da indicarsi nominativamente,
abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale,
redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto
da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura del presidente
in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio (1).
(1) Comma aggiunto dall'art. 16,
L. 13 aprile 1988, n. 117.
La Corte costituzionale, con sentenza
19 gennaio 1989, n. 18, ha dichiarato l'illegittimità del predetto art.
16 nella parte cui dispone che "è compilato sommario processo verbale"
anzichè "può, se uno dei componenti l'organo collegiale lo richieda, essere
compilato sommario processo verbale".
Art. 132
(Contenuto della
sentenza)
La sentenza è pronunciata in nome
del popolo italiano e reca l'intestazione: Repubblica italiana.
Essa deve contenere:
1) l'indicazione del giudice che
l'ha pronunciata;
2) l'indicazione delle parti e
dei loro difensori;
3) le conclusioni del pubblico
ministero e quelle delle parti;
4) la concisa esposizione dello
svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto della decisione;
5) il dispositivo, la data della
deliberazione e la sottoscrizione del giudice.
La sentenza emessa dal giudice
collegiale è sottoscritta soltanto dal presidente e dal giudice estensore.
Se il presidente non può sottoscrivere per morte o per altro impedimento,
la sentenza viene sottoscritta dal componente più anziano del collegio,
purchè prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento; se l'estensore
non può sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento è sufficiente
la sottoscrizione del solo presidente, purchè prima della sottoscrizione
sia menzionato l'impedimento (1).
(1) Comma così sostituito dalla
L. 8 agosto 1977, n. 532.
Art. 133
(Pubblicazione
e comunicazione della sentenza)
La sentenza è resa pubblica mediante
deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata.
Il cancelliere dà atto del deposito
in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque
giorni, mediante biglietto contenente il dispositivo, ne dà notizia alle
parti che si sono costituite.
Art. 134
(Forma, contenuto
e comunicazione dell'ordinanza)
L'ordinanza è succintamente motivata.
Se è pronunciata in udienza, è inserita nel processo verbale; se è pronunciata
fuori dell'udienza, è scritta in calce al processo verbale oppure in foglio
separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, quando
questo è collegiale, del presidente.
Il cancelliere comunica alle parti
l'ordinanza pronunciata fuori dell'udienza, salvo che la legge ne prescriva
la notificazione.
Art. 135
(Forma e contenuto
del decreto)
Il decreto è pronunciato d'ufficio
o su istanza anche verbale della parte.
Se è pronunciato su ricorso, è
scritto in calce al medesimo.
Quando l'istanza è proposta verbalmente,
se ne redige processo verbale e il decreto è inserito nello stesso.
Il decreto non è motivato, salvo
che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge; è dato ed
è sottoscritto dal giudice o, quando questo è collegiale, dal presidente.
Sezione IV: DELLE
COMUNICAZIONI E DELLE NOTIFICAZIONI
Art. 136
(Comunicazioni)
Il cancelliere, con biglietto di
cancelleria in carta non bollata, fa le comunicazioni che sono prescritte
dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente,
agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei
provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata
di comunicazione.
Il biglietto è consegnato dal cancelliere
al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o è notificato dall'ufficiale
giudiziario (1).
(1) Comma così sostituito dalla
L. 7 febbraio 1979, n. 59.
Art. 137
(Notificazioni)
Le notificazioni, quando non è
disposto altrimenti, sono eseguite dall'ufficiale giudiziario, su istanza
di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere.
L'ufficiale giudiziario esegue
la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all'originale
dell'atto da notificarsi.
Art. 138
(Notificazione
in mani proprie)
L'ufficiale giudiziario può sempre
eseguire la notificazione mediante consegna della copia nelle mani proprie
del destinatario, ovunque lo trovi nell'ambito della circoscrizione dell'ufficio
giudiziario al quale è addetto.
Se il destinatario rifiuta di ricevere
la copia, l'ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione, e la notificazione
si considera fatta in mani proprie.
Art. 139
(Notificazione
nella residenza, nella dimora o nel domicilio)
Se non avviene nel modo previsto
nell'articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune
di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o
dove ha l'ufficio o esercita l'industria o il commercio.
Se il destinatario non viene trovato
in uno di tali luoghi, l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto
a una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda,
purchè non minore di quattordici anni o non palesemente incapace.
In mancanza delle persone indicate
nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello stabile
dove è l'abitazione, l'ufficio o l'azienda, e, quando anche il portiere
manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla.
Il portiere o il vicino deve sotto
scrivere l'originale, e l'ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario
dell'avvenuta notificazione dell'atto, a mezzo di lettera raccomandata.
Se il destinatario vive abitualmente
a bordo di una nave mercantile, l'atto può essere consegnato al capitano
o a chi ne fa le veci.
Quando non è noto il comune di
residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora, e, se anche questa
è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le
disposizioni precedenti.
Art. 140
(Irreperibilità
o rifiuto di ricevere la copia)
Se non è possibile eseguire la
consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate
nell'articolo precedente, l'ufficiale giudiziario deposita la copia nella
casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del
deposito alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del
destinatario, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.
Art. 141
(Notificazione
presso il domiciliatario)
La notificazione degli atti a chi
ha eletto domicilio presso una persona o un ufficio può essere fatta mediante
consegna di copia alla persona o al capo dell'ufficio in qualità di domiciliatario,
nel luogo indicato nell'elezione.
Quando l'elezione di domicilio
è stata inserita in un contratto, la notificazione presso il domiciliatario
è obbligatoria, se così è stato espressamente dichiarato.
La consegna, a norma dell'art.
138, della copia nelle mani della persona o del capo dell'ufficio presso
i quali si è eletto domicilio, equivale a consegna nelle mani proprie
del destinatario.
La notificazione non può essere
fatta nel domicilio eletto se è chiesta dal domiciliatario o questi è
morto o si è trasferito fuori della sede indicata nell'elezione di domicilio
o è cessato l'ufficio.
Art. 142
(Notificazione
a persona non residente, nè dimorante, nè domiciliata nella Repubblica)
Salvo quanto disposto nel terzo
comma, se il destinatario non ha residenza, dimora o domicilio nello Stato
e non vi ha eletto domicilio o costituito un procuratore a norma dell'art.
77, l'atto è notificato mediante affissione di copia nell'albo dell'ufficio
giudiziario davanti al quale si procede e mediante spedizione di altra
copia al destinatario per mezzo della posta in piego raccomandato (1).
Una terza copia è consegnata al
pubblico ministero, che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari
esteri per la consegna alla persona alla quale è diretta.
Le disposizioni di cui ai commi
precedenti si applicano soltanto nei casi in cui risulta impossibile eseguire
la notificazione in uno dei modi consentiti dalle Convenzioni internazionali
e dagli artt. 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200 (2).
(1) Comma così sostituito dalla
L. 6 febbraio 1981, n. 42.
(2) Comma aggiunto dalla L. 6 febbraio
1981, n. 42. Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 3 marzo
1994, n. 69, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente
comma, nella parte in cui non prevede che la notificazione all'estero
del sequestro si perfezioni, ai fini dell'osservanza del prescritto termine,
con il tempestivo compimento delle formalità imposte al notificante dalle
Convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio
1967, n. 200.
Art. 143
(Notificazione
a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti)
Se non sono conosciuti la residenza,
la dimora e il domicilio del destinatario e non vi è il procuratore previsto
nell'articolo 77, l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante
deposito di copia dell'atto nella casa comunale dell'ultima residenza
o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario,
e mediante affissione di altra copia nell'albo dell'ufficio giudiziario
davanti al quale si procede.
Se non sono noti nè il luogo dell'ultima
residenza nè quello di nascita, l'ufficiale giudiziario consegna una copia
dell'atto al pubblico ministero.
Nei casi previsti nel presente
articolo e nei primi due commi dell'articolo precedente, la notificazione
si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono
compiute le formalità prescritte (1).
(1) Comma così sostituito dalla
L. 6 febbraio 1981, n. 42. La Corte costituzionale, con sentenza 3 marzo
1994, n. 69, ha poi dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo
comma nella parte in cui non prevede che la notificazione all'estero del
sequestro si perfezioni, ai fini dell'osservanza del prescritto termine,
con il tempestivo compimento delle formalità imposte al notificante dalle
Convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio
1967, n. 200.
Art. 144
(Notificazione
alle amministrazioni dello Stato)
Per le amministrazioni dello Stato
si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione
presso uffici dell'Avvocatura dello Stato.
Fuori dei casi previsti nel comma
precedente, le notificazioni si fanno direttamente presso l'amministrazione
destinataria, a chi la rappresenta nel luogo in cui risiede il giudice
davanti al quale si procede. Esse si eseguono mediante consegna di copia
nella sede dell'ufficio al titolare o alle persone indicate nell'articolo
seguente.
Art. 145
(Notificazione
alle persone giuridiche)
La notificazione alle persone giuridiche
si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante
o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza,
ad altra persona addetta alla sede stessa.
La notificazione alle società non
aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai
comitati di cui agli articoli 36 e seguenti del codice civile si fa a
norma del comma precedente, nella sede indicata nell'articolo 19 secondo
comma.
Se la notificazione non può essere
eseguita a norma dei commi precedenti e nell'atto è indicata la persona
fisica che rappresenta l'ente si osservano le disposizioni degli articoli
138, 139 e 141.
Art. 146
(Notificazione
a militari in attività di servizio)
Se il destinatario è militare in
attività di servizio e la notificazione non è eseguita in mani proprie,
osservate le disposizioni di cui agli articoli 139 e seguenti, si consegna
una copia al pubblico ministero, che ne cura l'invio al comandante del
corpo al quale il militare appartiene.
Art. 147
(Tempo delle notificazioni)
Le notificazioni non possono farsi
dal 1° ottobre al 31 marzo prima delle ore 7 e dopo le ore 19; dal 1°
aprile al 30 settembre prima delle ore 6 e dopo le ore 20.
Art. 148
(Relazione di notificazione)
L'ufficiale giudiziario certifica
l'eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta,
apposta in calce all'originale e alla copia dell'atto.
La relazione indica la persona
alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonchè il luogo della
consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall'ufficiale
giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla
reperibilità del destinatario.
Art. 149
(Notificazione
a mezzo del servizio postale)
Se non ne è fatto espresso divieto
dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio
postale.
In tale caso l'ufficiale giudiziario
scrive la relazione di notificazione sull'originale e sulla copia dell'atto,
facendovi menzione dell'ufficio postale per mezzo del quale spedisce la
copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento.
Quest'ultimo è allegato all'originale.
Art. 150
(Notificazione
per pubblici proclami)
Quando la notificazione nei modi
ordinari è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari
o per la difficoltà di identificarli tutti, il capo dell'ufficio giudiziario
davanti al quale si procede e, in caso di procedimento davanti al pretore,
il presidente del tribunale, nella cui circoscrizione è posta la pretura,
può autorizzare, su istanza della parte interessata e sentito il pubblico
ministero, la notificazione per pubblici proclami.
L'autorizzazione è data con decreto
stesso in calce all'atto da notificarsi; in esso sono designati, quando
occorre, i destinatari ai quali la notificazione deve farsi nelle forme
ordinarie e sono indicati i modi che appaiono più opportuni per portare
l'atto a conoscenza degli altri interessati.
In ogni caso, copia dell'atto è
depositata nella casa comunale del luogo in cui ha sede l'ufficio giudiziario
davanti al quale si promuove o si svolge il processo, e un estratto di
esso è inserito nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel foglio
degli annunzi legali delle province dove risiedono i destinatari o si
presume che risieda la maggior parte di essi.
La notificazione si ha per avvenuta
quando, eseguito ciò che è prescritto nel presente articolo, l'ufficiale
giudiziario deposita una copia dell'atto, con la relazione e i documenti
giustificativi dell'attività svolta, nella cancelleria del giudice davanti
al quale si procede.
Questa forma di notificazione non
è ammessa nei procedimenti davanti al conciliatore.
Art. 151
(Forme di notificazione
ordinate dal giudice)
Il giudice può prescrivere, anche
d'ufficio, con decreto steso in calce all'atto, che la notificazione sia
eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge, e anche per
mezzo di telegramma collazionato con avviso di ricevimento quando lo consigliano
circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità.
Capo II: DEI TERMINI
Art. 152
(Termini legali
e termini giudiziari)
I termini per il compimento degli
atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti
dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette
espressamente.
I termini stabiliti dalla legge
sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente
perentori.
Art. 153
(Improrogabilità
dei termini perentori)
I termini perentori non possono
essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull'accordo delle parti.
Art. 154
(Prorogabilità
del termine ordinatorio)
Il giudice, prima della scadenza,
può abbreviare o prorogare, anche d'ufficio, il termine che non sia stabilito
a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al
termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non
per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato.
Art. 155
(Computo dei termini)
Nel computo dei termini a giorni
o ad ore, si escludono il giorno o l'ora iniziali.
Per il computo dei termini a mesi
o ad anni, si osserva il calendario comune.
I giorni festivi si computano nel
termine.
Se il giorno di scadenza è festivo
la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.
Capo III: DELLA NULLITÀ
DEGLI ATTI
Art. 156
(Rilevanza della
nullità)
Non può essere pronunciata la nullità
per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non
è comminata dalla legge.
Può tuttavia essere pronunciata
quando l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento
dello scopo.
La nullità non può mai essere pronunciata,
se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
*
Art. 157
(Rilevabilità e
sanatoria della nullità)
Non può pronunciarsi la nullità
senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata di
ufficio.
Soltanto la parte nel cui interesse
è stabilito un requisito può opporre la nullità dell'atto per la mancanza
del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva
all'atto o alla notizia di esso.
La nullità non può essere opposta
dalla parte che vi ha dato causa, nè da quella che vi ha rinunciato anche
tacitamente.
Art. 158
(Nullità derivante
dalla costituzione del giudice)
La nullità derivante da vizi relativi
alla costituzione del giudice o all'intervento del pubblico ministero
è insanabile e deve essere rilevata d'ufficio, salva la disposizione dell'art.
161.
Art. 159
(Estensione della
nullità)
La nullità di un atto non importa
quella degli atti precedenti, nè di quelli successivi che ne sono indipendenti.
La nullità di una parte dell'atto
non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti.
Se il vizio impedisce un determinato
effetto, l'atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo.
Art. 160
(Nullità della
notificazione)
La notificazione è nulla se non
sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere
consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui
è fatta o sulla data, salva l'applicazione degli articoli 156 e 157.
Art. 161
(Nullità della
sentenza)
La nullità delle sentenze soggette
ad appello o a ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto
nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione.
Questa disposizione non si applica
quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice.
Art. 162
(Pronuncia sulla
nullità)
Il giudice che pronuncia la nullità
deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali
la nullità si estende.
Se la nullità degli atti del processo
è imputabile al cancelliere, all'ufficiale giudiziario o al difensore,
il giudice, col provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese della
rinnovazione a carico del responsabile e, su istanza di parte, con la
sentenza che decide la causa può condannare quest'ultimo al risarcimento
dei danni causati dalla nullità a norma dell'articolo 60 n. 2.