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Codice penale
Libro secondo
Dei delitti in particolare
Capo
I: DEI DELITTI CONTRO LA PERSONALITÀ INTERNAZIONALE DELLO STATO
Art.
241
-
Attentati contro la integrità, l'indipendenza o l'unità dello Stato
-
Chiunque
commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una
parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare
l'indipendenza dello Stato è punito con la morte (1).
Alla
stessa pena soggiace chiunque commette un fatto diretto a disciogliere
l'unità dello Stato, o a distaccare dalla madre Patria una colonia o
un altro territorio soggetto, anche temporaneamente, alla sua sovranità.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
242
-
Cittadino che porta le armi contro lo Stato italiano -
Il
cittadino che porta le armi contro lo Stato, o presta servizio nelle
forze armate di uno Stato in guerra contro lo Stato italiano, è punito
con l'ergastolo. Se esercita un comando superiore o una funzione direttiva
è punito con la morte (1).
Non
è punibile chi, trovandosi, durante le ostilità, nel territorio dello
Stato nemico, ha commesso il fatto per esservi stato costretto da un
obbligo impostogli dalle leggi dello Stato medesimo.
Agli
effetti delle disposizioni di questo titolo è considerato "cittadino"
anche chi ha perduto per qualunque causa la cittadinanza italiana.
Agli
effetti della legge penale, sono considerati "Stati in guerra" contro
lo Stato italiano anche gli aggregati politici che, sebbene dallo Stato
italiano non riconosciuti come Stati, abbiano tuttavia il trattamento
di belligeranti.
(1)La
pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
243
-
Intelligenze con lo straniero a scopo di guerra. contro lo Stato italiano
-
Chiunque
tiene intelligenze con lo straniero affinchè uno Stato estero muova
guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette
altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non
inferiore a dieci anni.
Se
la guerra segue, si applica la pena di morte (1); se le ostilità si
verificano, si applica l'ergastolo.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
244
-
Atti ostili verso uno Stato estero, che espongono lo Stato italiano
al pericolo di guerra -
Chiunque,
senza l'approvazione del Governo, fa arruolamenti o compie altri atti
ostili contro uno Stato estero, in modo da esporre lo Stato italiano
al pericolo di una guerra, è punito con la reclusione da cinque a dodici
anni; se la guerra avviene, è punito con l'ergastolo.
Qualora
gli atti ostili siano tali da turbare soltanto le relazioni con un Governo
estero, ovvero da esporre lo Stato italiano o i suoi cittadini, ovunque
residenti, al pericolo di rappresaglie o di ritorsioni, la pena è della
reclusione da due a otto anni. Se segue la rottura delle relazioni diplomatiche,
o se avvengono le rappresaglie o le ritorsioni, la pena è della reclusione
da tre a dieci anni.
Art.
245
-
Intelligenze con lo straniero per impegnare lo Stato italiano alla neutralità
o alla guerra -
Chiunque
tiene intelligenze con lo straniero per impegnare o per compiere atti
diretti a impegnare lo Stato italiano alla dichiarazione o al mantenimento
della neutralità, ovvero alla dichiarazione di guerra, è punito con
la reclusione da cinque a quindici anni.
La
pena è aumentata se le intelligenze hanno per oggetto una propaganda
col mezzo della stampa.
Art.
246
-
Corruzione del cittadino da parte dello straniero -
Il
cittadino, che, anche indirettamente, riceve o si fa promettere dallo
straniero, per sè o per altri, denaro o qualsiasi utilità, o soltanto
ne accetta la promessa, al fine di compiere atti contrari agli interessi
nazionali, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato,
con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da lire un milione
a quattro milioni.
Alla
stessa pena soggiace lo straniero che dà o promette il denaro o l'utilità.
La
pena è aumentata:
1)
se il fatto è commesso in tempo di guerra;
2)
se il denaro o l'utilità sono dati o promessi per una propaganda col
mezzo della stampa.
Art.
247
-
Favoreggiamento bellico -
Chiunque,
in tempo di guerra, tiene intelligenze con lo straniero per favorire
le operazioni militari del nemico a danno dello Stato italiano, o per
nuocere altrimenti alle operazioni militari dello Stato italiano, ovvero
commette altri fatti diretti agli stessi scopi, è punito con la reclusione
non inferiore a dieci anni; e, se raggiunge l'intento, con la morte
(1).
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
248
-
Somministrazione al nemico di provvigioni -
Chiunque,
in tempo di guerra, somministra, anche indirettamente, allo Stato nemico
provvigioni, ovvero altre cose, le quali possano essere usate a danno
dello Stato italiano, è punito con la reclusione non inferiore a cinque
anni.
Tale
disposizione non si applica allo straniero che commette il fatto all'estero.
Art.
249
-
Partecipazione a prestiti a favore del nemico -
Chiunque,
in tempo di guerra, partecipa a prestiti o a versamenti a favore dello
Stato nemico, o agevola le operazioni ad essi relative, è punito con
la reclusione non inferiore a cinque anni.
Tale
disposizione non si applica allo straniero che commette il fatto all'estero.
Art.
250
-
Commercio col nemico -
Il
cittadino, o lo straniero dimorante nel territorio dello Stato, il quale,
in tempo di guerra e fuori dei casi indicati nell'articolo 248, commercia,
anche indirettamente, con sudditi dello Stato nemico, ovunque dimoranti,
ovvero con altre persone dimoranti nel territorio dello Stato nemico,
è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa pari al
quintuplo del valore della merce e, in ogni caso, non inferiore a lire
duemilioni.
Art.
251
-
Inadempimento di contratti di forniture in tempo di guerra -
Chiunque,
in tempo di guerra, non adempie in tutto o in parte gli obblighi che
gli derivano da un contratto di fornitura di cose o di opere concluso
con lo Stato o con un altro ente pubblico o con un'impresa esercente
servizi pubblici o di pubblica necessità, per i bisogni delle forze
armate dello Stato o della popolazione, è punito con la reclusione da
tre a dieci anni e con la multa pari al triplo del valore della cosa
o dell'opera che egli avrebbe dovuto fornire e, in ogni caso, non inferiore
a lire due milioni.
Se
l'inadempimento, totale o parziale, del contratto è dovuto a colpa,
le pene sono ridotte alla metà.
Le
stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori e ai
rappresentanti dei fornitori, allorchè essi, violando i loro obblighi
contrattuali, hanno cagionato l'inadempimento del contratto di fornitura.
Art.
252
-
Frode in forniture in tempo di guerra -
Chiunque,
in tempo di guerra, commette frode nella esecuzione dei contratti di
fornitura o nell'adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati
nell'articolo precedente è punito con la reclusione non inferiore a
dieci anni e con la multa pari al quintuplo del valore della cosa o
dell'opera che avrebbe dovuto fornire, e, in ogni caso, non inferiore
a lire quattro milioni.
Art.
253
-
Distruzione o sabotaggio di opere militari -
Chiunque
distrugge, o rende inservibili, in tutto o in parte, anche temporaneamente,
navi, aeromobili, convogli, strade, stabilimenti, depositi o altre opere
militari o adibite al servizio delle forze armate dello Stato è punito
con la reclusione non inferiore a otto anni.
Si
applica la pena di morte (1):
1)
se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra contro
lo Stato italiano;
2)
se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello
Stato, ovvero le operazioni militari.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
254
-
Agevolazione colposa -
Quando
l'esecuzione del delitto preveduto dall'articolo precedente è stata
resa possibile, o soltanto agevolata, per colpa di chi era in possesso
o aveva la custodia o la vigilanza delle cose ivi indicate, questi è
punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Art.
255
-
Soppressione, falsificazione o sottrazione di atti o documenti concernenti
la sicurezza dello Stato -
Chiunque,
in tutto o in parte, distrugge o falsifica, ovvero carpisce, sottrae
o distrae, anche temporaneamente, atti o documenti concernenti la sicurezza
dello Stato od altro interesse politico, interno o internazionale, dello
Stato è punito con la reclusione non inferiore a otto anni.
Si
applica la pena di morte (1) se il fatto ha compromesso la preparazione
o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
256
-
Procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato -
Chiunque
si procura notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato o,
comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato,
debbono rimanere segrete è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Agli
effetti delle disposizioni di questo titolo, fra le notizie che debbono
rimanere segrete nell'interesse politico dello Stato sono comprese quelle
contenute in atti del Governo, da esso non pubblicati per ragioni d'ordine
politico, interno o internazionale.
Se
si tratta di notizie di cui l'Autorità competente ha vietato la divulgazione,
la pena è della reclusione da due a otto anni.
Si
applica la pena di morte (1) se il fatto ha compromesso la preparazione
o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
257
-
Spionaggio politico o militare -
Chiunque
si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie che,
nell'interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell'interesse
politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete,
è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.
Si
applica la pena di morte (1):
1)
se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo
Stato italiano;
2)
se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello
Stato, ovvero le operazioni militari.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
258
-
Spionaggio di notizie di cui è stata vietata la divulgazione -
Chiunque
si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie di cui
l'Autorità competente ha vietato la divulgazione è punito con la reclusione
non inferiore a dieci anni.
Si
applica l'ergastolo se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato
in guerra con lo Stato italiano.
Si
applica la pena di morte (1) se il fatto ha compromesso la preparazione
o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
259
-
Agevolazione colposa -
Quando
l'esecuzione di alcuni dei delitti preveduti dagli articoli 255, 256,
257 e 258 è stata resa possibile, o soltanto agevolata, per colpa di
chi era in possesso dell'atto o documento o a cognizione della notizia,
questi è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Si
applica la reclusione da tre a quindici anni se sono state compromesse
la preparazione o la efficienza bellica dello Stato ovvero le operazioni
militari.
Le
stesse pene si applicano quando l'esecuzione dei delitti suddetti è
stata resa possibile o soltanto agevolata per colpa di chi aveva la
custodia o la vigilanza dei luoghi o delle zone di terra, di acqua o
di aria, nelle quali è vietato l'accesso nell'interesse militare dello
Stato.
Art.
260
-
Introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato
di mezzi di spionaggio -
È
punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:
1)
si introduce clandestinamente o con inganno in luoghi o zone di terra,
di acqua o di aria, in cui è vietato l'accesso nell'interesse militare
dello Stato;
2)
è colto, in tali luoghi o zone, o in loro prossimità, in possesso ingiustificato
di mezzi idonei a commettere alcuni dei delitti preveduti dagli articoli
256, 257 e 258;
3)
è colto in possesso ingiustificato di documenti o di qualsiasi altra
cosa atta a fornire le notizie indicate nell'articolo 256.
Se
alcuno dei fatti preveduti dai numeri precedenti è commesso in tempo
di guerra, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.
Art.
261
-
Rivelazione di segreti di Stato -
Chiunque
rivela taluna delle notizie di carattere segreto indicate nell'articolo
256 è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
Se
il fatto è commesso in tempo di guerra, ovvero ha compromesso la preparazione
o la efficienza bellica dello Stato o le operazioni militari, la pena
della reclusione non può essere inferiore a dieci anni.
Se
il colpevole ha agito a scopo di spionaggio politico o militare, si
applica, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, la
pena dell'ergastolo; e, nei casi preveduti dal primo capoverso, la pena
di morte (1).
Le
pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche a chi
ottiene la notizia.
Se
il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione da sei mesi
a due anni, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo,
e da tre a quindici anni qualora concorra una delle circostanze indicate
nel primo capoverso.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
262
-
Rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione -
Chiunque
rivela notizie, delle quali l'Autorità competente ha vietato la divulgazione,
è punito con la reclusione non inferiore a tre anni.
Se
il fatto è commesso in tempo di guerra, ovvero ha compromesso la preparazione
o l'efficienza bellica dello Stato o le operazioni militari, la pena
è della reclusione non inferiore a dieci anni.
Se
il colpevole ha agito a scopo di spionaggio politico o militare, si
applica, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, la
reclusione non inferiore a quindici anni; e, nei casi preveduti dal
primo capoverso la pena di morte (1).
Le
pene stabilite nelle disposizioni precedenti ai applicano anche a chi
ottiene la notizia.
Se
il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione da sei mesi
a due anni, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo,
e da tre a quindici anni qualora concorra una delle circostanze indicate
nel primo capoverso.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
263
-
Utilizzazione dei segreti di Stato -
Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che impiega
a proprio o altrui profitto invenzioni o scoperte scientifiche o nuove
applicazioni industriali che egli conosca per ragione del suo ufficio
o servizio, e che debbano rimanere segrete nell'interesse della sicurezza
dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni
e con la multa non inferiore a lire due milioni.
Se
il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato
italiano, o se ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica
dello Stato, ovvero le operazioni militari, il colpevole è punito con
la morte (1).
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
264
-
Infedeltà in affari di Stato -
Chiunque,
incaricato dal Governo italiano di trattare all'estero affari di Stato,
si rende infedele al mandato è punito, se dal fatto possa derivare nocumento
all'interesse nazionale, con la reclusione non inferiore a cinque anni.
Art.
265
-
Disfattismo politico -
Chiunque,
in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate
o tendenziose, che possano destare pubblico allarme o deprimere lo spirito
pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di fronte
al nemico, o svolge comunque un'attività tale da recare nocumento agli
interessi nazionali, è punito con la reclusione non inferiore a cinque
anni.
La
pena è non inferiore a quindici anni:
1)
se il fatto è commesso con propaganda o comunicazioni dirette a militari;
2)
se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero.
La
pena è dell'ergastolo se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze
col nemico.
Art.
266
-
Istigazione di militari a disobbedire alle leggi -
Chiunque
istiga i militari a disobbedire alle leggi o a violare il giuramento
dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al
proprio stato, ovvero fa a militari l'apologia di fatti contrari alle
leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri doveri militari, è
punito, per ciò solo, se il fatto non costituisce un più grave delitto,
con la reclusione da uno a tre anni.
La
pena è della reclusione da due a cinque anni se il fatto è commesso
pubblicamente.
Le
pene sono aumentate se il fatto è commesso in tempo di guerra.
Agli
effetti della legge penale, il reato si considera avvenuto pubblicamente
quando il fatto è commesso:
1)
col mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda;
2)
in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone;
3)
in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli
intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione
non privata.
La
Corte costituzionale, con sentenza 21 marzo 1989, n. 139, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui
non prevede che per l'istigazione di militari a commettere un reato
militare la pena sia sempre applicata in misura inferiore alla metà
della pena stabilita per il reato al quale si riferisce l'istigazione.
Art.
267
-
Disfattismo economico -
Chiunque,
in tempo di guerra, adopera mezzi diretti a deprimere il corso dei cambi,
o ad influire sul mercato dei titoli o dei valori, pubblici o privati,
in modo da esporre a pericolo la resistenza della nazione di fronte
al nemico, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni e
con la multa non inferiore a lire sei milioni.
Se
il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero, la
reclusione non può essere inferiore a dieci anni.
La
reclusione non è inferiore a quindici anni se il colpevole ha agito
in seguito a intelligenze col nemico.
Art.
268
-
Parificazione degli Stati alleati -
Le
pene stabilite negli articoli 247 e seguenti si applicano anche quando
il delitto è commesso a danno di uno Stato estero alleato o associato,
a fine di guerra, con lo Stato italiano.
Art.
269
-
Attività antinazionale del cittadino all'estero -
Il
cittadino, che, fuori del territorio dello Stato, diffonde o comunica
voci o notizie false, esagerate o tendenziose sulle condizioni interne
dello Stato, per modo da menomare il credito o il prestigio dello Stato
all'estero, o svolge comunque un'attività tale da recare nocumento agli
interessi nazionali, è punito con la reclusione non inferiore a cinque
anni.
Art.
270
-
Associazioni sovversive -
Chiunque
nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige
associazioni dirette a stabilire violentemente la dittatura di una classe
sociale sulle altre, ovvero a sopprimere violentemente una classe sociale
o, comunque, a sovvertire violentemente gli ordinamenti economico-sociali
costituiti nello Stato, è punito con la reclusione da cinque a dodici
anni.
Alla
stessa pena soggiace chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce,
organizza o dirige associazioni aventi per fine la soppressione violenta
di ogni ordinamento politico e giuridico della società.
Chiunque
partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da uno a tre
anni.
Le
pene sono aumentate per coloro che ricostituiscono, anche sotto falso
nome o forma simulata, le associazioni predette, delle quali sia stato
ordinato lo scioglimento.
Art.
270 bis
-
Associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico
-
Chiunque
promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni che si propongono
il compito di atti di violenza con fini di eversione dell'ordine democratico
è punito con la reclusione da sette a quindici anni.
Chiunque
partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da quattro
a otto anni.
Articolo
aggiunto dal D.L. 15 dicembre 1979, n. 625.
Art.
271
-
Associazioni antinazionali -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, nel territorio dello
Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni che si
propongono di svolgere o che svolgono un'attività diretta a distruggere
o deprimere il sentimento nazionale è punito con la reclusione da sei
mesi a due anni.
Si
applica l'ultimo capoverso dell'articolo precedente.
Art.
272
-
Propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale -
Chiunque
nel territorio dello Stato fa propaganda per la instaurazione violenta
della dittatura di una classe sociale sulle altre, o per la soppressione
violenta di una classe sociale o, comunque, per il sovvertimento violento
degli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato, ovvero
fa propaganda per la distruzione di ogni ordinamento politico e giuridico
della società, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se
la propaganda è fatta per distruggere o deprimere il sentimento nazionale,
la pena è della reclusione da sei mesi a due anni (1).
Alle
stesse pene soggiace chi fa apologia dei fatti preveduti dalle disposizioni
precedenti.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 6 luglio 1966, n. 87, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo comma.
Art.
273
-
Illecita costituzione di associazioni aventi carattere internazionale
-
Chiunque
senza autorizzazione del Governo promuove, costituisce, organizza o
dirige nel territorio dello Stato associazioni, enti o istituti di carattere
internazionale, o sezioni di essi, è punito con la reclusione fino a
sei mesi o con la multa da lire un milione a quattro milioni.
Se
l'autorizzazione è stata ottenuta per effetto di dichiarazioni false
o reticenti, la pena è della reclusione da uno a cinque anni e della
multa non inferiore a lire due milioni.
La
Corte costituzionale, con sentenza 3 luglio 1985, n. 193, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo articolo.
Art.
274
-
Illecita partecipazione ad associazioni aventi carattere internazionale
-
Chiunque
partecipa nel territorio dello Stato ad associazioni, enti o istituti,
o sezioni di essi, di carattere internazionale, per i quali non sia
stata conceduta l'autorizzazione del Governo, è punito con la multa
da lire duecentomila a due milioni.
La
stessa pena si applica al cittadino, residente nel territorio dello
Stato, che senza l'autorizzazione del Governo partecipa ad associazioni,
enti o istituti di carattere internazionale, che abbiano sede all'estero.
La
Corte costiuzionale, con sentenza 28 giugno 1985, n. 193, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo articolo.
Art.
275
-
Accettazione di onorificenze o utilità da uno Stato nemico -
Il
cittadino, che, da uno Stato in guerra con lo Stato italiano, accetta
gradi o dignità accademiche, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne
onorifiche, pensioni o altre utilità, inerenti ai predetti gradi, dignità,
titoli, decorazioni o onorificenze, è punito con la reclusione fino
a un anno.
Capo
II: DEI DELITTI CONTRO LA PERSONALITÀ INTERNA DELLO STATO
Art.
276
-
Attentato contro il Presidente della Repubblica -
Chiunque
attenta alla vita, alla incolumità o alla libertà personale del Presidente
della Repubblica, è punito con l'ergastolo.
Articolo
così modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.
Art.
277
-
Offesa alla libertà del Presidente della Repubblica -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, attenta alla libertà
del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da cinque
a quindici anni.
Articolo
così modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.
Art.
278
-
Offesa all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica -
Chiunque
offende l'onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito
con la reclusione da uno a cinque anni.
Articolo
così modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.
Art.
279
-
Lesa prerogativa della irresponsabilità del Presidente della Repubblica
-
Chiunque,
pubblicamente, fa risalire al Presidente della Repubblica il biasimo
o la responsabilità degli atti del Governo è punito con la reclusione
fino ad un anno e con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Articolo
così modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.
Art.
280
-
Attentato per finalità terroristiche o di eversione -
Chiunque,
per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico attenta
alla vita od alla incolumità di una persona, è punito, nel primo caso,
con la reclusione non inferiore ad anni venti e, nel secondo caso, con
la reclusione non inferiore ad anni sei.
Se
dall'attentato alla incolumità di una persona deriva una lesione gravissima,
si applica la pena della reclusione non inferiore ad anni diciotto;
se ne deriva una lesione grave, si applica la pena della reclusione
non inferiore ad anni dodici.
Se
i fatti previsti nei commi precedenti sono rivolti contro persone che
esercitano funzioni giudiziarie o penitenziarie ovvero di sicurezza
pubblica nell'esercizio o a causa delle loro funzioni, le pene sono
aumentate di un terzo.
Se
dai fatti di cui ai commi precedenti deriva la morte della persona si
applicano, nel caso di attentato alla vita, l'ergastolo e, nel caso
di attentato alla incolumità, la reclusione di anni trenta.
Le
circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti previste
nel secondo e quarto comma non possono essere ritenute equivalenti o
prevalenti rispetto a queste (1).
(1)L'articolo
originario era stato abrogato dal D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288.
L'attuale articolo è stato inserito dal D.L. 15 dicembre 1979, n. 625.
Art.
281
Articolo
abrogato dal D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288.
Art.
282
Articolo
abrogato dal D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288.
Art.
283
-
Attentato contro la costituzione dello Stato -
Chiunque
commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la
forma del Governo, con mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale
dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
Articolo
così modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.
Art.
284
-
Insurrezione armata contro i poteri dello Stato -
Chiunque
promuove un'insurrezione armata contro i poteri dello Stato è punito
con l'ergastolo e, se l'insurrezione avviene, con la morte (1).
Coloro
che partecipano alla insurrezione sono puniti con la reclusione da tre
a quindici anni; coloro che la dirigono, con la morte (1).
La
insurrezione si considera armata anche se le armi sono soltanto tenute
in un luogo di deposito.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
285
-
Devastazione, saccheggio e strage -
Chiunque,
allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto
diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio
dello Stato o in una parte di esso è punito con la morte (1).
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
286
-
Guerra civile -
Chiunque
commette un fatto diretto a suscitare la guerra civile nel territorio
dello Stato, è punito con l'ergastolo.
Se
la guerra civile avviene, il colpevole è punito con la morte (1).
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
287
-
Usurpazione di potere politico o di comando militare -
Chiunque
usurpa un potere politico, ovvero persiste nell'esercitarlo indebitamente,
è punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Alla
stessa pena soggiace chiunque indebitamente assume un alto comando militare.
Se
il fatto è commesso in tempo di guerra, il colpevole è punito con l'ergastolo;
ed è punito con la morte (1), se il fatto ha compromesso l'esito delle
operazioni militari.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
288
-
Arruolamento o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero
-
Chiunque,
nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola
o arma cittadini, perchè militino al servizio o a favore dello straniero,
è punito con la reclusione da tre a sei anni.
La
pena è aumentata se fra gli arruolati sono militari in servizio, o persone
tuttora soggette agli obblighi del servizio militare.
Art.
289
-
Attentato contro gli organi costituzionali e contro le assemblee regionali
-
È
punito con la reclusione non inferiore a dieci anni, qualora non si
tratti di un più grave delitto, chiunque commette un fatto diretto ad
impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente:
1)
al Presidente della Repubblica o al Governo l'esercizio delle attribuzioni
o prerogative conferite dalla legge;
2)
alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale
o alle assemblee regionali l'esercizio delle loro funzioni.
La
pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è diretto soltanto
a turbare l'esercizio delle attribuzioni, prerogative o funzioni suddette.
Articolo
così modificato dalla L. 30 luglio 1957, n. 655.
Art.
289 bis
-
Sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione -
Chiunque
per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico sequestra
una persona è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni.
Se
dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta
dal reo, della persona sequestrata, il colpevole è punito con la reclusione
di anni trenta.
Se
il colpevole cagiona la morte del sequestrato si applica la pena dell'ergastolo.
Il
concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il
soggetto passivo riacquisti la libertà è punito con la reclusione da
due a otto anni; se il soggetto passivo muore, in conseguenza del sequestro,
dopo la liberazione, la pena è della reclusione da otto a diciotto anni.
Quando
ricorre una circostanza attenuante, alla pena prevista dal secondo comma
è sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni; alla pena prevista
dal terzo comma è sostituita la reclusione da ventiquattro a trenta
anni. Se concorrono più circostanze attenuanti, la pena da applicare
per effetto delle diminuzioni non può essere inferiore a dieci anni,
nell'ipotesi prevista dal secondo comma, ed a quindici, nell'ipotesi
prevista dal terzo comma.
Articolo
aggiunto dal D.L. 21 marzo 1978, n. 59.
Art.
290
-
Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle
Forze armate -
Chiunque
pubblicamente vilipende la Repubblica, le assemblee legislative o una
di queste, ovvero il Governo, o la Corte costituzionale, o l'ordine
giudiziario è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La
stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le Forze armate
dello Stato o quelle della liberazione.
Articolo
così modificato dalla L. 30 luglio 1957, n. 655.
Art.
290 bis
-
Parificazione al Presidente della Repubblica di chi ne fa le veci -
Agli
effetti degli articoli 276, 277, 278, 279, 289 è parificato al Presidente
della Repubblica chi ne fa le veci.
Articolo
aggiunto dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.
Art.
291
-
Vilipendio alla nazione italiana -
Chiunque
pubblicamente vilipende la nazione italiana è punito con la reclusione
da uno a tre anni.
Art.
292
-
Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato -
Chiunque
vilipende la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito
con la reclusione da uno a tre anni.
Agli
effetti della legge penale, per "bandiera nazionale" s'intende la bandiera
ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali.
Le
disposizioni di questo articolo si applicano anche a chi vilipende i
colori nazionali raffigurati su cosa diversa da una bandiera.
Art.
292 bis
-
Circostanza aggravante -
La
pena prevista nei casi indicati dagli articoli 278 (offesa all'onore
o al prestigio del Presidente della Repubblica), 290, comma secondo
(vilipendio delle Forze armate) , e 292 (vilipendio della bandiera o
di altro emblema dello Stato) è aumentata, se il fatto è commesso dal
militare in congedo.
Si
considera militare in congedo chi, non essendo in servizio alle armi,
non ha cessato di appartenere alle Forze armate dello Stato, ai sensi
degli articoli 8 e 9 del codice penale militare di pace.
Articolo
aggiunto dalla L. 23 marzo 1956, n. 167.
Art.
293
-
Circostanza aggravante -
Nei
casi indicati dai due articoli precedenti, la pena è aumentata se il
fatto è commesso dal cittadino in territorio estero.
Capo
III: DEI DELITTI CONTRO I DIRITTI POLITICI DEL CITTADINO
Art.
294
-
Attentati contro i diritti politici del cittadino -
Chiunque
con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l'esercizio
di un diritto politico, ovvero determina taluno a esercitarlo in senso
difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da uno a cinque
anni.
Capo
IV: DEI DELITTI CONTRO GLI STATI ESTERI
I
LORO CAPI E I LORO RAPPRESENTANTI
Art.
295
-
Attentato contro i Capi di Stati esteri -
Chiunque
nel territorio dello Stato attenta alla vita, alla incolumità o alla
libertà personale del Capo di uno Stato estero è punito, nel caso di
attentato alla vita, con la reclusione non inferiore a venti anni e,
negli altri casi, con la reclusione non inferiore a quindici anni. Se
dal fatto è derivata la morte del Capo dello Stato estero, il colpevole
è punito con la morte (1) nel caso di attentato alla vita; negli altri
casi è punito con l'ergastolo.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
296
-
Offesa alla libertà dei Capi di Stati esteri -
Chiunque
nel territorio dello Stato, fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente,
attenta alla libertà del Capo di uno Stato estero è punito con la reclusione
da tre a dieci anni.
Art.
297
-
Offesa all'onore dei Capi di Stati esteri -
Chiunque
nel territorio dello Stato offende l'onore o il prestigio del Capo di
uno Stato estero è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Art.
298
-
Offese contro i rappresentanti di Stati esteri -
Le
disposizioni dei tre articoli precedenti si applicano anche se i fatti,
ivi preveduti, sono commessi contro rappresentanti di Stati esteri,
accreditati presso il Governo della Repubblica, in qualità di Capi di
missione diplomatica, a causa o nell'esercizio delle loro funzioni (1).
(1)
Articolo così modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.
Art.
299
-
Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero -
Chiunque
nel territorio dello Stato, vilipende, in luogo pubblico o aperto o
esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro emblema di uno
Stato estero, usati in conformità del diritto interno dello Stato italiano,
è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Art.
300
-
Condizione di reciprocità -
Le
disposizioni degli articoli 295, 296, 297 e 299 si applicano solo in
quanto la legge straniera garantisca, reciprocamente, al Capo dello
Stato italiano o alla bandiera italiana parità di tutela penale.
I
Capi di missione diplomatica sono equiparati ai Capi di Stati esteri,
a norma dell'articolo 298, soltanto se lo Stato straniero concede parità
di tutela penale ai Capi di missione diplomatica italiana.
Se
la parità della tutela penale non esiste, si applicano le disposizioni
dei titoli dodicesimo e tredicesimo, ma la pena è aumentata.
Capo
V: DISPOSIZIONI GENERALI E COMUNI AI CAPI PRECEDENTI
Art.
301
-
Concorso di reati -
Quando
l'offesa alla vita, alla incolumità, alla libertà o all'onore, indicata
negli articoli 276, 277, 278, 295, 296, 297 e 298, è considerata dalla
legge come reato anche in base a disposizioni diverse da quelle contenute
nei capi precedenti, si applicano le disposizioni che stabiliscono la
pena più grave.
Nondimeno,
nei casi in cui debbono essere applicate, disposizioni diverse da quelle
contenute nei capi precedenti, le pene sono aumentate da un terzo alla
metà.
Quando
l'offesa alla vita, alla incolumità, alla libertà o all'onore è considerata
dalla legge come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un
altro reato, questo cessa dal costituire un reato complesso, e il colpevole
soggiace a pene distinte, secondo le norme sul concorso dei reati, applicandosi,
per le dette offese, le disposizioni contenute nei capi precedenti.
Art.
302
-
Istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti nei capi primo
e secondo -
Chiunque
istiga taluno a commettere uno dei delitti, non colposi, preveduti dai
capi primo e secondo di questo titolo, per i quali la legge stabilisce
la pena di morte (1) o l'ergastolo o la reclusione, è punito, se la
istigazione non è accolta, ovvero se la istigazione è accolta ma il
delitto non è commesso, con la reclusione da uno a otto anni.
Tuttavia,
la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita
per il delitto al quale si riferisce la istigazione.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
303
-
Pubblica istigazione e apologia -
Chiunque
pubblicamente istiga a commettere uno o più fra i delitti indicati nell'articolo
precedente è punito, per il solo fatto dell'istigazione, con la reclusione
da tre a dodici anni.
La
stessa pena si applica a chiunque pubblicamente fa l'apologia di uno
o più fra i delitti indicati nell'articolo precedente.
Art.
304
-
Cospirazione politica mediante accordo -
Quando
più persone si accordano al fine di commettere uno dei delitti indicati
nell'articolo 302, coloro che partecipano all'accordo sono puniti, se
il delitto non è commesso, con la reclusione da uno a sei anni.
Per
i promotori la pena è aumentata.
Tuttavia,
la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita
per il delitto al quale si riferisce l'accordo (1).
(1)
Con sentenza n. 123 del 28 dicembre 1962 la Corte cost. ha dichiarato
che "compete al giudice di merito disapplicare le norme ricordate -
artt. 330, 304, 305 cod. pen. - in tutti quei casi rispetto ai quali
l'accertamento degli elementi di fatto conduca a far ritenere che lo
sciopero costituisca valido esercizio del diritto garantito dall'art.
40 Cost., ed a rendere in conseguenza possibile l'applicazione dell'esimente
di cui al cit. art. 51 cod. pen.".
Art.
305
-
Cospirazione politica mediante associazione -
Quando
tre o più persone si associano al fine di commettere uno dei delitti
indicati nell'articolo 302, coloro che promuovono, costituiscono o organizzano
la associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da cinque
a dodici anni.
Per
il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione
da due a otto anni.
I
capi dell'associazione soggiacciono alla stessa pena stabilita per i
promotori.
Le
pene sono aumentate se l'associazione tende a commettere due o più dei
delitti sopra indicati (1).
(1)Con
sentenza n. 123 del 28 dicembre 1962 la Corte cost. ha dichiarato che
"compete al giudice di merito disapplicare le norme ricordate - artt.
330, 304, 305 cod. pen. - in tutti quei casi rispetto ai quali l'accertamento
degli elementi di fatto conduca a far ritenere che lo sciopero costituisca
valido esercizio del diritto garantito dall'art. 40 Cost., ed a rendere
in conseguenza possibile l'applicazione dell'esimente di cui al cit.
art. 51 cod. pen.".
Art.
306
-
Banda armata: formazione e partecipazione -
Quando,
per commettere uno dei delitti indicati nell'articolo 302, si forma
una banda armata, coloro che la promuovono o costituiscono od organizzano,
soggiacciono, per ciò solo, alla pena della reclusione da cinque a quindici
anni.
Per
il solo fatto di partecipare alla banda armata, la pena è della reclusione
da tre a nove anni.
I
capi o i sovventori della banda armata soggiacciono alla stessa pena
stabilita per i promotori.
Art.
307
-
Assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata -
Chiunque,
fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio
o fornisce il vitto a taluna delle persone che partecipano all'associazione
o alla banda indicate nei due articoli precedenti, è punito con la reclusione
fino a due anni.
La
pena è aumentata se il rifugio o il vitto sono prestati continuatamente.
Non
è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto.
Agli
effetti della legge penale, si intendono per "prossimi congiunti" gli
ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini
nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione
di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorchè sia morto
il coniuge e non vi sia prole.
Art.
308
-
Cospirazione: casi di non punibilità -
Nei
casi preveduti dagli articoli 304, 305 e 307 non sono punibili coloro
i quali, prima che sia commesso il delitto per cui l'accordo è intervenuto
o l'associazione è costituita, e anteriormente all'arresto, ovvero al
procedimento:
1)
disciolgono o, comunque, determinano lo scioglimento dell'associazione;
2)
non essendo promotori o capi, recedono dall'accordo o dall'associazione.
Non
sono parimenti punibili coloro i quali impediscono comunque che sia
compiuta l'esecuzione del delitto per cui l'accordo è intervenuto o
l'associazione è stata costituita.
Art.
309
-
Banda armata: casi di non punibilità -
Nei
casi preveduti dagli articoli 306 e 307, non sono punibili coloro i
quali, prima che sia commesso il delitto per cui la banda armata venne
formata, e prima dell'ingiunzione dell'autorità o della forza pubblica,
o immediatamente dopo tale ingiunzione:
1)
disciolgono o, comunque, determinano lo scioglimento della banda;
2)
non essendo promotori o capi della banda, si ritirano dalla banda stessa,
ovvero si arrendono, senza opporre resistenza e consegnando o abbandonando
le armi.
Non
sono parimenti punibili coloro i quali impediscono comunque che sia
compiuta l'esecuzione del delitto per cui la banda è stata formata.
Art.
310
-
Tempo di guerra -
Agli
effetti della legge penale, nella denominazione di "tempo di guerra"
è compreso anche il periodo di imminente pericolo di guerra quando questa
sia seguita.
Art.
311
-
Circostanza diminuente: lieve entità del fatto -
Le
pene comminate pei delitti preveduti da questo titolo sono diminuite
quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze
dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo,
il fatto risulti di lieve entità.
Art.
312
-
Espulsione dello straniero -
Lo
straniero, condannato a una pena restrittiva della libertà personale
per taluno dei delitti preveduti da questo titolo è espulso dallo Stato.
Art.
313
-
Autorizzazione a procedere o richiesta di procedimento -
Per
i delitti preveduti dagli articoli 244, 245, 265, 267, 269, 273, 274,
277. 278, 279, 287 e 288 non si può procedere senza l'autorizzazione
del Ministro per la giustizia.
Parimenti,
non si può procedere senza tale autorizzazione per i delitti preveduti
dagli articolo 247, 248, 249, 250, 251 e 252, quando sono commessi a
danno di uno Stato estero alleato o associato, a fine di guerra, allo
Stato italiano.
Per
il delitto preveduto dall'articolo 290, quando è commesso contro l'assemblea
costituente ovvero contro le assemblee legislative o una di queste,
non si può procedere senza l'autorizzazione dell'assemblea contro la
quale il vilipendio è diretto. Negli altri casi non si può procedere
senza l'autorizzazione del Ministro per la giustizia (1).
I
delitti preveduti dagli articoli 296, 297, 298 in relazione agli articoli
296 e 297, e dall'articolo 299 sono punibili a richiesta del Ministro
per la giustizia (2).
(1)
Con sentenza n. 15 del 17 febbraio 1969 la Corte cost. ha dichiarato
l'illegittimità di questo comma nei limiti in cui attribuisce il potere
di dare l'autorizzazione a procedere per il delitto di vilipendio della
Corte costituzionale al Ministro di grazia e giustizia anzichè alla
Corte stessa.
(2)
Articolo così modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.
Titolo
II: DEI DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Capo
I: DEI DELITTI DEI PUBBLICI UFFICIALI
CONTRO
LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Art.
314
-
Peculato -
Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo
per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità
di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con
la reclusione da tre a dieci anni.
Si
applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole
ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa,
dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
315
Abrogato
dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
316
-
Peculato mediante profitto dell'errore altrui -
Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, il quale,
nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore
altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sè o per un terzo, denaro
od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni
(1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
316 bis
-
Malversazione a danno dello Stato -
Chiunque,
estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato
o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni
o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione
di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non
li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei
mesi a quattro anni (1).
(1)
Articolo introdotto dall'art. 3, L. 26 aprile 1990, n. 86, e successivamente
così modificato dall'art. 1, L. 7 febbraio 1992, n. 181.
Art.
317
-
Concussione -
Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando
della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare
o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità,
è punito con la reclusione da quattro a dodici anni (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
317 bis
-
Pene accessorie -
La
condanna per i reati di cui agli articoli 314 e 317 importa l'interdizione
perpetua dai pubblici uffici. Nondimeno, se per circostanze attenuanti
viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, la condanna
importa l'interdizione temporanea (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
318
-
Corruzione per un atto d'ufficio -
Il
pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve,
per sè o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione
che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione
da sei mesi a tre anni.
Se
il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da
lui già compiuto, la pena è della reclusione fino ad un anno (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
319
-
Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio -
Il
pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso
o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver
compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sè o per
un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito
con la reclusione da due a cinque anni (1) .
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
319 bis
-
Circostanze aggravanti -
La
pena è aumentata se il fatto di cui all'articolo 319 ha per oggetto
il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione
di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale
il pubblico ufficiale appartiene (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
319 ter
-
Corruzione in atti giudiziari -
Se
i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire
o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo,
si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
Se
dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore
a cinque anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni;
se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni
o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
320
-
Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio -
Le
disposizioni dell'articolo 319 si applicano anche se il fatto è commesso
da persona incaricata di un pubblico servizio; quelle di cui all'articolo
318 si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio,
qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.
In
ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo
(1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
321
-
Pene per il corruttore -
Le
pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319,
nell'articolo 319 bis, nell'articolo 319 ter e nell'articolo 320 in
relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano
anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di
un pubblico servizio il denaro od altra utilità (1).
1)Articolo
così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86 e successivamente modificato
dall'art. 2, L. 7 febbraio 1992, n. 181.
Art.
322
-
Istigazione alla corruzione -
Chiunque
offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale
o ad un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di
pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio,
soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena
stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.
Se
l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o
un incaricato di un pubblico servizio ad omettere od a ritardare un
atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri,
il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata,
alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo (1) .
La
pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato
di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato
che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte
di un privato per le finalità indicate dall'articolo 318.
La
pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato
di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro
od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'articolo
319 (2).
(1)-
Comma così modificato dall'art. 3, L. 7 febbraio 1992, n. 181.
(2)
- Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
323
-
Abuso d'ufficio -
Salvo
che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale
o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni
o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero
omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo
congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a
sè o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri
un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La
pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere
di rilevante gravità.
Articolo
sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86 e successivamente così sostituito
dall'art. 1, L. 16 luglio 1997, n. 234.
Art.
323 bis
-
Circostanza attenuante -
Se
i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316 bis, 317, 318, 319, 320,
322 e 323 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
324
Abrogato
dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
325
-
Utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragioni di ufficio
-
Il
pubblico ufficiale, o l'incaricato di un pubblico servizio che impiega,
a proprio o altrui profitto, invenzioni o scoperte scientifiche, o nuove
applicazioni industriali, che egli conosca per ragione dell'ufficio
o servizio, e che debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione
da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a lire un milione.
Art.
326
-
Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio -
Il
pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio,
che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque
abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano
rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito
con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se
l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un
anno.
Il
pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio,
che, per procurare a sè o ad altri un indebito profitto patrimoniale,
si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere
segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto
è commesso al fine di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto
non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica
la pena della reclusione fino a due anni (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
327
-
Eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi
o degli atti dell'Autorità -
Il
pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, eccita al
dispregio delle istituzioni o alla inosservanza delle leggi, delle disposizioni
dell'Autorità o dei doveri inerenti a un pubblico ufficio o servizio,
ovvero fa l'apologia di fatti contrari alle leggi, alle disposizioni
dell'Autorità o ai doveri predetti, è punito, quando il fatto non sia
preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la
reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire quattrocentomila.
La
disposizione precedente si applica anche al pubblico impiegato incaricato
di un pubblico servizio e al ministro di un culto.
Art.
328
-
Rifiuto di atti di ufficio. Omissione -
Il
pubblico ufficiale o l'incaricato del pubblico servizio, che indebitamente
rifiuta un atto dell'ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza
pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto
senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori
dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato
di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di
chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde
per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino
ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve
essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre
dalla ricezione della richiesta stessa (1).
(1)Articolo
così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
329
-
Rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente
della forza pubblica -
Il
militare o l'agente della forza pubblica, il quale rifiuta o ritarda
indebitamente di eseguire una richiesta fattagli dall'Autorità competente
nelle forme stabilite dalla legge, è punito con la reclusione fino a
due anni.
Art.
330
Abrogato
dalla L. 12 giugno 1990, n. 146.
Art.
331
-
Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità -
Chi,
esercitando imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità, interrompe
il servizio, ovvero sospende il lavoro nei suoi stabilimenti, uffici
o aziende, in modo da turbare la regolarità del servizio, è punito con
la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a lire
un milione.
I
capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da tre
a sette anni e con la multa non inferiore a lire sei milioni.
Si
applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.
Art.
332
-
Omissioni di doveri di ufficio in occasione di abbandono di un pubblico
ufficio o di interruzione di un pubblico servizio -
Il
pubblico ufficiale o il dirigente un servizio pubblico o di pubblica
necessità che, in occasione di alcuno dei delitti preveduti dai due
articoli precedenti, ai quali non abbia preso parte, rifiuta od omette
di adoperarsi per la ripresa del servizio a cui è addetto o preposto,
ovvero di compiere ciò che è necessario per la regolare continuazione
del servizio, è punito con la multa fino a lire un milione.
Art.
333
Abrogato
dalla L. 12 giugno 1990, n. 146.
Art.
334
-
Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto
nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa -
Chiunque
sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa sottoposta
a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità
amministrativa e affidata alla sua custodia, al solo scopo di favorire
il proprietario di essa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre
anni e con la multa da lire centomila a un milione.
Si
applicano la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da lire sessantamila
a lire seicentomila, se la sottrazione, la soppressione, la distruzione,
la dispersione, o il deterioramento sono commessi dal proprietario della
cosa, affidata alla sua custodia.
La
pena è della reclusione da un mese ad un anno e della multa fino a lire
seicentomila, se il fatto è commesso dal proprietario della cosa medesima
non affidata alla sua custodia (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
335
-
Violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte
a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità
amministrativa -
Chiunque,
avendo in custodia una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso
di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa, per colpa
ne cagiona la distruzione o la dispersione, ovvero ne agevola la sottrazione
o la soppressione, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con
la multa fino a lire seicentomila (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Capo
II: DEI DELITTI DEI PRIVATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Art.
336
-
Violazione o minaccia a un pubblico ufficiale -
Chiunque
usa violenza a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico
servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri,
o ad omettere un atto dell'ufficio o del servizio, è punito con la reclusione
da sei mesi a cinque anni.
La
pena è della reclusione fino a tre anni, se il fatto è commesso per
costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio
ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa.
Art.
337
-
Resistenza a un pubblico ufficiale -
Chiunque
usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o ad un
incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio
o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è
punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Art.
338
-
Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario
-
Chiunque
usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario
o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorità
costituita in collegio, per impedirne in tutto o in parte, anche temporaneamente
o per turbarne comunque l'attività, è punito con la reclusione da uno
a sette anni.
Alla
stessa pena soggiace chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni
collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica
necessità, qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l'organizzazione
o l'esecuzione dei servizi.
Art.
339
-
Circostanze aggravanti -
Le
pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza
o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più
persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi
della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti
o supposte.
Se
la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite,
mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero
da più di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è, nei casi
preveduti dalla prima parte dell'articolo 336 e dagli articoli 337 e
338, della reclusione da tre a quindici anni, e, nel caso preveduto
dal capoverso dell'articolo 336, della reclusione da due a otto anni.
Art.
340
-
Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica
necessità -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona
una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico
o di un servizio di pubblica necessità, è punito con la reclusione fino
a un anno.
I
capi, o promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da
uno a cinque anni.
Art.
341
-
Oltraggio a un pubblico ufficiale -
Chiunque
offende l'onore o il prestigio di un pubblico ufficiale, in presenza
di lui e a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, è punito con la
reclusione da sei mesi a due anni (1).
La
stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione
telegrafica o telefonica, o con scritto o disegno, diretti al pubblico
ufficiale e a causa delle sue funzioni.
La
pena è della reclusione da uno a tre anni, se l'offesa consiste nella
attribuzione di un fatto determinato.
Le
pene sono aumentate quando il fatto è commesso con violenza o minaccia,
ovvero quando l'offesa è recata in presenza di una o più persone.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 25 luglio 1994, n. 341, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui
prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei.
Art.
342
-
Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario -
Chiunque
offende l'onore o il prestigio di un Corpo politico, amministrativo
o giudiziario, o di una rappresentanza di esso, o di una pubblica Autorità
costituita in collegio, al cospetto del Corpo, della rappresentanza
o del collegio, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La
stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione
telegrafica, o con scritto o disegno, diretti al Corpo, alla rappresentanza
o al collegio, a causa delle sue funzioni.
La
pena è della reclusione da uno a quattro anni se l'offesa consiste nella
attribuzione di un fatto determinato.
Si
applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.
Art.
343
-
Oltraggio a un magistrato in udienza -
Chiunque
offende l'onore o il prestigio di un magistrato in udienza è punito
con la reclusione da uno a quattro anni.
La
pena è della reclusione da due a cinque anni, se l'offesa consiste nell'attribuzione
di un fatto determinato.
Le
pene sono aumentate se il fatto è commesso con violenza o minaccia.
Art.
344
-
Oltraggio a un pubblico impiegato -
Le
disposizioni dell'articolo 341 si applicano anche nel caso in cui l'offesa
è recata a un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio; ma
la pene sono ridotte di un terzo.
Art.
345
-
Offesa all'Autorità mediante danneggiamento di affissioni -
Chiunque,
per disprezzo verso l'Autorità, rimuove, lacera, o, altrimenti rende
illeggibili o comunque inservibili scritti o disegni affissi o esposti
al pubblico per ordine dell'Autorità stessa, è punito con la multa fino
a un milione di lire.
Art.
346
-
Millantato credito -
Chiunque,
millantando credito presso un pubblico ufficiale o presso un pubblico
impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere,
a sè o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione
verso il pubblico ufficiale o impiegato, è punito con la reclusione
da un anno a cinque anni e con la multa da lire seicentomila a quattro
milioni.
La
pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da lire un milione
a sei milioni, se il colpevole riceve o fa dare o promettere, a sè o
ad altri, denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il
favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare.
Art.
347
-
Usurpazione di funzioni pubbliche -
Chiunque
usurpa una funzione pubblica o le attribuzioni inerenti a un pubblico
impiego è punito con la reclusione fino a due anni.
Alla
stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o impiegato il quale, avendo
ricevuto partecipazione del provvedimento che fa cessare o sospendere
le sue funzioni e le sue attribuzioni, continua ad esercitarle.
La
condanna importa la pubblicazione della sentenza.
Art.
348
-
Abusivo esercizio di una professione -
Chiunque
abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una
speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a
sei mesi o con la multa da lire duecentomila a un milione.
Art.
349
-
Violazione di sigilli -
Chiunque
viola i sigilli, per disposizione della legge o per ordine dell'Autorità
apposti al fine di assicurare la conservazione o la identità di una
cosa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa
da lire duecentomila a due milioni.
Se
il colpevole è colui che ha in custodia la cosa, la pena è della reclusione
da tre a cinque anni e della multa da lire seicentomila a sei milioni.
Art.
350
-
Agevolazione colposa -
Se
la violazione dei sigilli è resa possibile, o comunque agevolata, per
colpa di chi ha in custodia la cosa, questi è punito con la multa da
lire centomila a due milioni.
Art.
351
-
Violazione della pubblica custodia di cose -
Chiunque
sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora corpi di reato, atti,
documenti, ovvero un'altra cosa mobile particolarmente custodita in
un pubblico ufficio, o presso un pubblico ufficiale o un impiegato che
presti un pubblico servizio, è punito, qualora il fatto non costituisca
un più grave delitto, con la reclusione da uno a cinque anni.
Art.
352
-
Vendita di stampati dei quali è stato ordinato il sequestro -
Chiunque
vende, distribuisce o affigge, in luogo pubblico o aperto al pubblico,
scritti o disegni, dei quali l'Autorità ha ordinato il sequestro, è
punito con la multa fino a un milione di lire.
Art.
353
-
Turbata libertà degli incanti -
Chiunque,
con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi
fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle
licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne
allontana gli offerenti, è punito con la reclusione fino a due anni
e con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Se
il colpevole è persona preposta dalla legge o dalla Autorità o agli
incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da uno a cinque
anni e la multa da lire un milione a quattro milioni.
Le
pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni
private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da
persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla metà.
Art.
354
-
Astensione dagli incanti -
Chiunque,
per denaro dato o promesso a lui o ad altri, o per altra utilità a lui
data o promessa, si astiene dal concorrere agli incanti o alle licitazioni
indicati nell'articolo precedente, è punito con la reclusione sino a
sei mesi o con la multa fino a lire un milione.
Art.
355
-
Inadempimenti di contratti di pubbliche forniture -
Chiunque,
non adempiendo agli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura
concluso con lo Stato, o con un altro ente pubblico, ovvero con un'impresa
esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, fa mancare in tutto
o in parte, cose od opere, che siano necessarie a uno stabilimento pubblico
o ad un pubblico servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a
tre anni, e con la multa non inferiore a lire duecentomila.
La
pena è aumentata se la fornitura concerne:
1)
sostanze alimentari o medicinali, ovvero cose od opere destinate alla
comunicazioni per terra, per acqua o per aria, o alle comunicazioni
telegrafiche e telefoniche;
2)
cose od opere destinate all'armamento o all'equipaggiamento delle forze
armate dello Stato;
3)
cose od opere destinate ad ovviare a un comune pericolo o ad un pubblico
infortunio.
Se
il fatto è commesso per colpa, si applica la reclusione fino a un anno,
ovvero la multa da lire centomila a un milione.
Le
stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori e ai
rappresentanti dei fornitori, quando essi, violando i loro obblighi
contrattuali, hanno fatto mancare la fornitura.
Art.
356
-
Frode nelle pubbliche forniture -
Chiunque
commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o nell'adempimento
degli altri obblighi contrattuali indicati nell'articolo precedente,
è punito con la reclusione da un anno a cinque anni o con la multa non
inferiore a lire due milioni.
La
pena è aumentata nei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo
precedente.
Capo
III: DISPOSIZIONI COMUNI AI CAPI PRECEDENTI
Art.
357
-
Nozione del pubblico ufficiale -
Agli
effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano
una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli
stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da
norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla
formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione
o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi
(1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86 e successivamente
modificato dall'art. 4, L. 7 febbraio 1992, n. 181.
Art.
358
-
Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio -
Agli
effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio
coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.
Per
pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse
forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei
poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di
semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale
(1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
359
-
Persone esercenti un servizio di pubblica necessità -
Agli
effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio
di pubblica necessità:
1)
i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni
il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione
dello Stato, quando dell'opera di essi il pubblico sia per legge obbligato
a valersi;
2)
i privati che, non esercitando una pubblica funzione, nè prestando un
pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità
mediante un atto della pubblica Amministrazione.
Art.
360
-
Cessazione della qualità di pubblico ufficiale -
Quando
la legge considera la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato
di un pubblico servizio, o di esercente un servizio di pubblica necessità,
come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato,
la cessazione di tale qualità, nel momento in cui il reato è commesso,
non esclude la esistenza di questo nè la circostanza aggravante, se
il fatto si riferisce all'ufficio o al servizio esercitato.
Titolo
III: DEI DELITTI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
Capo
I: DEI DELITTI CONTRO L'ATTIVITÀ GIUDIZIARIA
Art.
361
-
Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale -
Il
pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità
giudiziaria, o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferire,
un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue
funzioni, è punito con la multa da lire sessantamila a un milione.
La
pena è della reclusione fino a un anno, se il colpevole è un ufficiale
o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di
un reato del quale doveva fare rapporto.
Le
disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile
a querela della persona offesa.
Art.
362
-
Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio -
L'incaricato
di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all'Autorità
indicata nell'articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia
nell'esercizio o a causa del suo servizio, è punito con la multa fino
a lire duecentomila.
Tale
disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela
della persona offesa.
Art.
363
-
Omessa denuncia aggravata -
Nei
casi preveduti dai due articoli precedenti, se la omessa o ritardata
denuncia riguarda un delitto contro la personalità dello Stato, la pena
è della reclusione da sei mesi a tre anni; ed è da uno a cinque anni,
se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria.
Art.
364
-
Omessa denuncia di reato da parte del cittadino -
Il
cittadino, che avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità
dello Stato, per il quale la legge stabilisce la pena di morte (1) o
l'ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all'Autorità indicata
nell'articolo 361, è punito con la reclusione fino a un anno o con la
multa da lire duecentomila a due milioni.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
365
-
Omissione di referto -
Chiunque,
avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria
assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un
delitto pel quale si debba procedere d'ufficio, omette o ritarda di
riferirne all'Autorità indicata nell'art. 361, è punito con la multa
fino a lire un milione.
Questa
disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona
assistita a procedimento penale.
Art.
366
-
Rifiuto di uffici legalmente dovuti -
Chiunque,
nominato dall'Autorità giudiziaria perito, interprete, ovvero custode
di cose sottoposte a sequestro dal giudice penale, ottiene con mezzi
fraudolenti l'esenzione dall'obbligo di comparire o di prestare il suo
ufficio, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da
lire sessantamila a un milione.
Le
stesse pene si applicano a chi, chiamato dinnanzi all'Autorità giudiziaria
per adempiere ad alcuna delle predette funzioni, rifiuta di dare le
proprie generalità, ovvero di prestare il giuramento richiesto, ovvero
di assumere o di adempiere le funzioni medesime.
Le
disposizioni precedenti si applicano alla persona chiamata a deporre
come testimonio dinanzi all'Autorità giudiziaria e ad ogni altra persona
chiamata ad esercitare una funzione giudiziaria.
Se
il colpevole è un perito o un interprete, la condanna importa la interdizione
dalla professione o dall'arte.
Art.
367
-
Simulazione di reato -
Chiunque,
con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto
falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che
a quella abbia obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto
un reato, ovvero simula le tracce di un reato, in modo che si possa
iniziare un procedimento penale per accertarlo, è punito con la reclusione
da uno a tre anni.
Art.
368
-
Calunnia -
Chiunque,
con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto
falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che
a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che
egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato,
è punito con la reclusione da due a sei anni.
La
pena è aumentata se s'incolpa taluno di un reato pel quale la legge
stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni,
o un'altra pena più grave.
La
reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna
alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal
fatto deriva una condanna all'ergastolo; e si applica la pena dell'ergastolo,
se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte (1).
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
369
-
Autocalunnia -
Chiunque,
mediante dichiarazione ad alcuna delle Autorità indicate nell'articolo
precedente, anche se fatta con scritto anonimo o sotto falso nome, ovvero
mediante confessione innanzi all'Autorità giudiziaria, incolpa se stesso
di un reato che egli sa non avvenuto, o di un reato commesso da altri,
è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Art.
370
-
Simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione -
Le
pene stabilite negli articoli precedenti sono diminuite se la simulazione
o la calunnia concerne un fatto preveduto dalla legge come contravvenzione.
Art.
371
-
Falso giuramento della parte -
Chiunque,
come parte in giudizio civile, giura il falso è punito con la reclusione
da sei mesi a tre anni.
Nel
caso di giuramento deferito di ufficio, il colpevole non è punibile,
se ritratta il falso prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata
sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
La
condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.
Art.
371 bis
-
False informazioni al pubblico ministero -
Chiunque,
nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero
di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni
false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti
sui quali viene sentito, è punito con la reclusione fino a quattro anni
(1).
Ferma
l'immediata procedibilità nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento
penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel procedimento
nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata
sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente
definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere (2).
(1)
Comma così modificato dall'art. 25, comma 1, L. 8 agosto 1995, n. 332.
(2)
Articolo aggiunto dall'art. 11, comma 1, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Successivamente l'art. 25, comma 2, L. 8 agosto 1995, n. 332, ha aggiunto
il presente comma.
Art.
372
-
Falsa testimonianza -
Chiunque,
deponendo come testimone innanzi all'Autorità giudiziaria, afferma il
falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte ciò che sa intorno
ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due
a sei anni (1) .
(1)
Articolo così modificato dall'art. 11, comma 2, D.L. 8 giugno 1992,
n. 306.
Art.
373
-
Falsa perizia o interpretazione -
Il
perito o l'interprete che, nominato dall'Autorità giudiziaria, dà parere
o interpretazione mendaci, o afferma fatti non conformi al vero, soggiace
alle pene stabilite nell'articolo precedente.
La
condanna importa, oltre l'interdizione dai pubblici uffici, la interdizione
dalla professione o dall'arte.
Art.
374
-
Frode processuale -
Chiunque,
nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre
in inganno il giudice in un atto d'ispezione o di esperimento giudiziale,
ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente
lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone, è punito, qualora
il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione
di legge, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La
stessa disposizione si applica se il fatto è commesso nel corso di un
procedimento penale, o anteriormente ad esso; ma in tal caso la punibilità
è esclusa, se si tratta di reato per cui non si può procedere che in
seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non è stata presentata.
Art.
374 bis
-
False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria
-
Salvo
che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione
da uno a cinque anni chiunque dichiara o attesta falsamente in certificati
o atti destinati a essere prodotti all'autorità giudiziaria condizioni,
qualità personali, trattamenti terapeutici, rapporti di lavoro in essere
o da instaurare, relativi all'imputato, al condannato o alla persona
sottoposta a procedimento di prevenzione.
Si
applica la pena della reclusione da due a sei anni se il fatto è commesso
da un pubblico ufficiale, da un incaricato di un pubblico servizio o
da un esercente la professione sanitaria (1).
(1)Articolo
aggiunto dall'art. 11, comma 3, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Art.
375
-
Circostanze aggravanti -
Nei
casi previsti dagli articoli 371 bis, 372, 373 e 374, la pena è della
reclusione da tre a otto anni se dal fatto deriva una condanna alla
reclusione non superiore a cinque anni; è della reclusione da quattro
a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna superiore a cinque anni;
ed è della reclusione da sei a venti anni se dal fatto deriva una condanna
all'ergastolo(1) .
(1)Articolo
così sostituito dall'art. 11, comma 4, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Art.
376
-
Ritrattazione -
Nei
casi previsti dagli articoli 371 bis, 372 e 373, il colpevole non è
punibile se, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio
o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non
oltre la chiusura del dibattimento (1).
Qualora
la falsità sia intervenuta in una causa civile, il colpevole non è punibile
se ritratta il falso e manifesta il vero prima che sulla domanda giudiziale
sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
(1)Comma
così sostituito dall'art. 11, comma 5, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Art.
377
-
Subornazione -
Chiunque
offre o promette denaro o altra utilità alla persona chiamata a rendere
dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria ovvero a svolgere attività
di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere
i reati previsti dagli articoli 371 bis, 372 e 373, soggiace, qualora
l'offerta o la promessa non sia accettata, alle pene stabilite negli
articoli medesimi ridotte dalla metà ai due terzi (1) .
La
stessa disposizione si applica qualora l'offerta o la promessa sia accettata,
ma la falsità non sia commessa.
La
condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.
(1)Comma
così sostituito dall'art. 11, comma 6, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Art.
378
-
Favoreggiamento personale -
Chiunque,
dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce la
pena di morte (1)o l'ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di
concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'Autorità,
o a sottrarsi alle ricerche di questa, è punito con la reclusione fino
a quattro anni.
Quando
il delitto commesso è quello previsto dall'articolo 416 bis, si applica,
in ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a due anni (2)
.
Se
si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa,
ovvero di contravvenzioni, la pena è della multa fino a lire un milione.
Le
disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona
aiutata non è imputabile o risulta che non ha commesso il delitto.
(1)La
pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
(2)
Comma aggiunto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646.
Art.
379
-
Favoreggiamento reale -
Chiunque,
fuori dei casi di concorso nel reato o dei casi previsti dagli articoli
648, 648 bis e 648 ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il
profitto o il prezzo di un reato, è punito con la reclusione fino a
cinque anni se si tratta di delitto, e con la multa da lire centomila
a due milioni se si tratta di contravvenzione (1).
Si
applicano le disposizioni del primo e dell'ultimo capoverso dell'articolo
precedente (2) .
(1)
Comma così modificato dalla L. 19 marzo 1990, n. 55.
(2)
Comma così sostituito dalla L. 13 settembre 1982, n. 646.
Art.
380
-
Patrocinio o consulenza infedele -
Il
patrocinatore o il consulente tecnico, che, rendendosi infedele ai suoi
doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della parte da
lui difesa, assistita o rappresentata dinnanzi all'Autorità giudiziaria,
è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa non inferiore
a lire un milione.
La
pena è aumentata:
1)
se il colpevole ha commesso il fatto, colludendo con la parte avversaria;
2)
se il fatto è stato commesso a danno di un imputato.
Si
applicano la reclusione da tre a dieci anni e la multa non inferiore
a lire due milioni, se il fatto è commesso a danno di persona imputata
di un delitto per il quale la legge commina la pena di morte (1) o l'ergastolo
ovvero la reclusione superiore a cinque anni.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
381
-
Altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico -
Il
patrocinatore o il consulente tecnico, che, in un procedimento dinnanzi
all'Autorità giudiziaria, presta contemporaneamente, anche per interposta
persona, il suo patrocinio o la sua consulenza a favore di parti contrarie,
è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con la
reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferire a lire
duecentomila.
La
pena è della reclusione fino a un anno e della multa da lire centomila
a un milione, se il patrocinatore o il consulente, dopo aver difeso,
assistito o rappresentato una parte, assume, senza il consenso di questa,
nello stesso procedimento, il patrocinio o la consulenza della parte
avversaria.
Art.
382
-
Millantato credito del patrocinatore -
Il
patrocinatore, che, millantando credito presso il giudice o il pubblico
ministero che deve concludere, ovvero presso il testimone, il perito
o l'interprete, riceve o fa dare o promettere dal suo cliente, a sè
o ad altri, denaro o altra utilità, col pretesto di doversi procurare
il favore del giudice o del pubblico ministero, o del testimone, perito
o interprete, ovvero di doverli remunerare, è punito con la reclusione
da due a otto anni e con la multa non inferiore a lire due milioni.
Art.
383
-
Interdizione dai pubblici uffici -
La
condanna per i delitti preveduti dagli artt. 380, 381, prima parte,
e 382 importa l'interdizione dai pubblici uffici.
Art.
384
-
Casi di non punibilità -
Nei
casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371
bis, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per
esservi stato costretto dalla necessità di salvare sè medesimo o un
prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà
e nell'onore.
Nei
casi previsti dagli articoli 371 bis, 372 e 373, la punibilità è esclusa
se il fatto è commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto
di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunto come testimonio,
perito, consulente tecnico o interprete ovvero avrebbe dovuto essere
avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza,
perizia, consulenza o interpretazione (1) .
Articolo
così sostituito dall'art. 11, comma 7, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 27 dicembre 1996, n. 416, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui
non prevede l'esclusione della punibilità per false o reticenti informazioni
assunte dalla polizia giudiziaria, fornite da chi avrebbe dovuto essere
avvertito della facoltà di astenersi dal renderle, a norma dell'art.
199 del codice di procedura penale.
Capo
II: DEI DELITTI CONTRO L'AUTORITÀ DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE
Art.
385
-
Evasione -
Chiunque,
essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade è punito
con la reclusione da sei mesi a un anno.
La
pena è della reclusione da uno a tre anni se il colpevole commette il
fatto usando violenza o minaccia contro le persone, ovvero mediante
effrazione; ed è da tre a cinque anni se la violenza o minaccia è commessa
con armi o da più persone riunite.
Le
disposizioni precedenti si applicano anche all'imputato che essendo
in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato
nel provvedimento se ne allontani, nonchè al condannato ammesso a lavorare
fuori dello stabilimento penale (1) .
Quando
l'evaso si costituisce in carcere prima della condanna, la pena è diminuita
(1) .
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 12 gennaio 1977, n. 1. Il penultimo
comma è stato successivamente così sostituito dalla L. 12 agosto 1982,
n. 532.
Art.
386
-
Procurata evasione -
Chiunque
procura o agevola la evasione di una persona legalmente arrestata o
detenuta per un reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque
anni.
Si
applica la reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso a favore
di un condannato alla pena di morte (1) o all'ergastolo.
La
pena è aumentata, se il colpevole, per commettere il fatto, adopera
alcuno dei mezzi indicati nel primo capoverso dell'articolo precedente.
La
pena è diminuita:
1)
se il colpevole è prossimo congiunto;
2)
se il colpevole nel termine di tre mesi dall'evasione, procura la cattura
della persona evasa o la presentazione di lei all'Autorità.
La
condanna importa in ogni caso l'interdizione dai pubblici uffici.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
387
-
Colpa del custode -
Chiunque,
preposto per ragione del suo ufficio alla custodia, anche temporanea,
di una persona arrestata o detenuta per un reato, ne cagiona, per colpa,
la evasione, è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa
da lire duecentomila a due milioni.
Il
colpevole non è punibile se nel termine di tre mesi dalla evasione procura
la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all'Autorità.
Art.
388
-
Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice -
Chiunque,
per sottrarsi all'adempimento degli obblighi civili nascenti da una
sentenza di condanna, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi
l'Autorità giudiziaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti
simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti,
è punito, qualora non ottemperi alla ingiunzione di eseguire la sentenza,
con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire duecentomila
a due milioni.
La
stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento
del giudice civile, che concerna l'affidamento di minori o di altre
persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà,
del possesso o del credito.
Chiunque
sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà
sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo
è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a lire
seicentomila (1) .
Si
applicano la reclusione da due mesi a due anni e la multa da lire sessantamila
a lire seicentomila se il fatto è commesso dal proprietario su una cosa
affidata alla sua custodia e la reclusione da quattro mesi a tre anni
e la multa da lire centomila a un milione se il fatto è commesso dal
custode al solo scopo di favorire il proprietario della cosa (1).
Il
custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario
o conservativo che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell'ufficio
è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a un
milione (1) .
Il
colpevole è punito a querela della persona offesa (1) .
(1)Gli
ultimi quattro commi hanno così sostituito l'originario terzo comma
(art. 87, L. 24 novembre 1981, n. 689).
Art.
388 bis
-
Violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte
a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo -
Chiunque,
avendo in custodia una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro
giudiziario o conservativo, per colpa ne cagiona la distruzione o la
dispersione, ovvero ne agevola la soppressione o la sottrazione, è punito,
a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o
con la multa fino a lire seicentomila (1) .
(1)Articolo
aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
388 ter
-
Mancata esecuzione dolosa di sanzioni pecuniarie -
Chiunque,
per sottrarsi all'esecuzione di una multa o di una ammenda o di una
sanzione amministrativa pecuniaria compie, sui propri o sugli altrui
beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri
fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi nei termini all'ingiunzione
di pagamento contenuta nel precetto, con la reclusione da sei mesi a
tre anni (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
389
-
Inosservanza di pene accessorie -
Chiunque,
avendo riportato una condanna, da cui consegue una pena accessoria,
trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tale pena, è punito
con la reclusione da due a sei mesi.
La
stessa pena si applica a chi trasgredisce agli obblighi o ai divieti
inerenti ad una pena accessoria provvisoriamente applicata (1) .
(1)Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
390
-
Procurata inosservanza di pena -
Chiunque,
fuori dei casi di concorso nel reato, aiuta taluno a sottrarsi all'esecuzione
della pena è punito con la reclusione da tre mesi a cinque anni se si
tratta di condannato per delitto, e con la multa da lire centomila a
due milioni se si tratta di condannato per contravvenzione.
Si
applicano le disposizioni del terzo capoverso dell'articolo 386.
Art.
391
-
Procurata inosservanza di misure di sicurezza -
Chiunque
procura o agevola l'evasione di persona sottoposta a misura di sicurezza
detentiva, ovvero nasconde l'evaso o comunque la favorisce nel sottrarsi
alle ricerche dell'Autorità, è punito con la reclusione fino a due anni.
Si applicano le disposizioni del terzo capoverso dell'articolo 386.
Se
l'evasione avviene per colpa di chi, per ragione del suo ufficio, ha
la custodia, anche temporanea, della persona sottoposta a misura di
sicurezza, il colpevole è punito con la multa fino a lire quattrocentomila.
Si applica la disposizione del capoverso dell'articolo 387.
Capo
III: DELLA TUTELA ARBITRARIA DELLE PRIVATE RAGIONI
Art.
392
-
Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose -
Chiunque,
al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice,
si fa arbitrariamente ragione da sè medesimo, mediante violenza sulle
cose, è punito a querela della persona offesa, con la multa fino a lire
un milione.
Agli
effetti della legge penale, si ha "violenza sulle cose", allorchè la
cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione.
Si
ha altresì, violenza sulle cose allorchè un programma informatico viene
alterato, modificato o cancellato in tutto o in parte ovvero viene impedito
o turbato il funzionamento di un sistema informatico o telematico (1)
.
(1)Comma
aggiunto dall'art. 1, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
Art.
393
-
Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone
-
Chiunque,
al fine indicato nell'articolo precedente, e potendo ricorrere al giudice,
si fa arbitrariamente ragione da sè medesimo usando violenza o minaccia
alle persone, è punito con la reclusione fino a un anno.
Se
il fatto è commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della reclusione
è aggiunta la multa fino a lire quattrocentomila.
La
pena è aumentata se la violenza o la minaccia alle persone è commessa
con armi.
Art.
394
-
Sfida a duello -
Chiunque
sfida altri a duello, anche se la sfida non è accettata, è punito, se
il duello non avviene, con la multa da lire quarantamila a quattrocentomila.
La
stessa pena si applica a chi accetta la sfida, sempre che il duello
non avvenga.
Art.
395
-
Portatori di sfida -
I
portatori della sfida sono puniti con la multa da lire quarantamila
a quattrocentomila; ma la pena è diminuita se il duello non avviene.
Art.
396
-
Uso delle armi in duello -
Chiunque
fa uso delle armi in duello è punito, anche se non cagiona all'avversario
una lesione personale, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa
da lire centomila a due milioni.
Il
duellante è punito:
1)
con la reclusione fino a due anni, se dal fatto deriva all'avversario
una lesione personale, grave o gravissima;
2)
con la reclusione da uno a cinque anni, se dal fatto deriva la morte.
Ai
padrini o ai secondi e alle persone, che hanno agevolato il duello,
si applica la multa da lire centomila a due milioni.
Se
i padrini o secondi sono gli stessi portatori della sfida, non si applicano
loro le disposizioni dell'articolo precedente.
Art.
397
-
Casi di applicazione delle pene ordinarie stabilite per l'omicidio e
per la lesione personale -
In
luogo delle disposizioni dell'articolo precedente, si applicano quelle
contenute nel capo primo del titolo dodicesimo:
1)
se le condizioni del combattimento sono state precedentemente stabilite
dai padrini o secondi, ovvero se il combattimento non avviene alla loro
presenza;
2)
se le armi adoperate nel combattimento non sono uguali, e non sono spade,
o sciabole o pistole egualmente cariche, ovvero se non sono armi di
precisione o a più colpi;
3)
se nella scelta delle armi o nel combattimento è commessa frode o violazione
delle condizioni stabilite;
4)
se è stato espressamente convenuto, ovvero se risulta dalla specie del
duello, o dalla distanza fra i combattenti, o dalle altre condizioni
stabilite, che uno dei duellanti doveva rimanere ucciso.
La
frode o la violazione delle condizioni stabilite, quanto alla scelta
delle armi o al combattimento, è a carico non solo di chi ne è l'autore,
ma anche di quello fra i duellanti, padrini o secondi, che ne ha avuto
conoscenza prima o durante il combattimento.
Art.
398
-
Circostanze aggravanti. Casi di non punibilità -
Se
il colpevole di uno dei delitti preveduti dall'articolo 394, dalla prima
parte e dal primo capoverso dell'articolo 396, è stato la causa ingiusta
e determinante del fatto, la pena è per lui raddoppiata.
Non
sono punibili:
1)
i portatori della sfida, i padrini o secondi e coloro che hanno agevolato
il duello, se impediscono l'uso delle armi, ovvero se procurano la cessazione
del combattimento, prima che dal medesimo sia derivata alcuna lesione;
2)
i padrini o i secondi che, prima del duello, hanno fatto quanto dipendeva
da loro per conciliare le parti, o se per opera loro il combattimento
ha avuto un esito meno grave di quello che altrimenti poteva avere;
3)
il sanitario che presta la propria assistenza ai duellanti.
Art.
399
-
Duellante estraneo al fatto -
Quando
taluno dei duellanti non ha avuto parte nel fatto che cagionò il duello,
e si batte in vece di chi ha direttamente interesse, le pene stabilite
nella prima parte del capoverso dell'articolo 396 sono aumentate.
Tale
aumento di pena non si applica se il duellante è un prossimo congiunto,
ovvero se, essendo uno dei padrini o secondi, si è battuto in vece del
suo primo assente.
Art.
400
-
Offesa per rifiuto di duello e incitamento al duello -
Chiunque
pubblicamente offende una persona o la fa segno a pubblico disprezzo,
perchè essa o non ha sfidato o non ha accettato la sua sfida, o non
si è battuta in duello, è punito con la reclusione fino a sei mesi o
con la multa da lire centomila a un milione.
La
stessa pena si applica a chi, facendo mostra del suo disprezzo, incita
altri al duello.
Art.
401
-
Provocazione al duello per fine di lucro -
Quando
chi provoca o sfida a duello, o minaccia di provocare o di sfidare,
agisce con l'intento di carpire denaro o altra utilità, si applicano
le disposizioni dell'articolo 629.
Si
applicano altresì le disposizioni del capo primo del titolo dodicesimo,
nel caso in cui il duello sia avvenuto.
Titolo
IV: DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO RELIGIOSO
E
CONTRO LA PIETÀ DEI DEFUNTI
Capo
I: DEI DELITTI CONTRO LA RELIGIONE DELLO STATO
E
I CULTI AMMESSI
Art.
402
-
Vilipendio della religione dello Stato -
Chiunque
pubblicamente vilipende la religione dello Stato è punito con la reclusione
fino a un anno.
Art.
403
-
Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone -
Chiunque
pubblicamente offende la religione dello Stato, mediante vilipendio
di chi la professa, è punito con la reclusione fino a due anni.
Si
applica la reclusione da uno a tre anni a chi offende la religione dello
Stato, mediante vilipendo di un ministro del culto cattolico.
Art.
404
-
Offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose -
Chiunque,
in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico,
offende la religione dello Stato, mediante vilipendio di cose che formino
oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente
all'esercizio del culto, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
La
stessa pena si applica a chi commette il fatto in occasione di funzioni
religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto cattolico.
Art.
405
-
Turbamento di funzioni religiose del culto cattolico -
Chiunque
impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose
del culto cattolico, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro
del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico
o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni.
Se
concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica
la reclusione fino a tre anni.
Art.
406
-
Delitti contro i culti ammessi nello Stato -
Chiunque
commette uno dei fatti preveduti dagli articoli 403, 404, e 405 contro
un culto ammesso nello Stato, è punito ai termini dei predetti articoli,
ma la pena è diminuita.
Capo
II: DEI DELITTI CONTRO LA PIETÀ DEI DEFUNTI
Art.
407
-
Violazione di sepolcro -
Chiunque
viola una tomba, un sepolcro o un'urna è punito con la reclusione da
uno a cinque anni.
Art.
408
-
Vilipendio delle tombe -
Chiunque,
in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, commette vilipendio di tombe,
sepolcri o urne, o di cose destinate al culto dei defunti, ovvero a
difesa o ad ornamento dei cimiteri, è punito con la reclusione da sei
mesi a tre anni.
Art.
409
-
Turbamento di un funerale o servizio funebre -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti dall'articolo 405, impedisce o turba un funerale
o un servizio funebre è punito con la reclusione fino a un anno.
Art.
410
-
Vilipendio di cadavere -
Chiunque
commette atti di vilipendio sopra un cadavere o sulle sue ceneri è punito
con la reclusione da uno a tre anni.
Se
il colpevole deturpa o mutila il cadavere, o commette, comunque, su
questo atti di brutalità o di oscenità, è punito con la reclusione da
tre a sei anni.
Art.
411
-
Distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere -
Chiunque
distrugge, sopprime o sottrae un cadavere, o una parte di esso, ovvero
ne sottrae o disperde le ceneri, è punito con la reclusione da due a
sette anni.
La
pena è aumentata se il fatto è commesso in cimiteri o in altri luoghi
di sepoltura, di deposito o di custodia.
Art.
412
-
Occultamento di cadavere -
Chiunque
occulta un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne nasconde le ceneri,
è punito con la reclusione fino a tre anni.
Art.
413
-
Uso illegittimo di cadavere -
Chiunque
disseziona o altrimenti adopera un cadavere, o una parte di esso, a
scopi scientifici o didattici, in casi non consentiti dalla legge, è
punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire
un milione.
La
pena è aumentata se il fatto è commesso su un cadavere, o su una parte
di esso, che il colpevole sappia essere stato da altrui mutilato, occultato
o sottratto.
Codice
Penale
Libro
Secondo: DEI DELITTI IN PARTICOLARE
Titolo
V: DEI DELITTI CONTRO L'ORDINE PUBBLICO
Art.
414
-
Istigazione a delinquere -
Chiunque
pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo
fatto dell'istigazione:
1)
con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a
commettere delitti.
2)
con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a lire quattrocentomila,
se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni.
Se
si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più
contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel n. 1.
Alla
pena stabilita nel n. 1 soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia
di uno o più delitti.
Art.
415
-
Istigazione a disobbedire alle leggi -
Chiunque
pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico,
ovvero all'odio fra le classi sociali, è punito con la reclusione da
sei mesi a cinque anni (1).
(1)
Con sentenza n. 108 del 23 aprile 1974 la Corte cost. ha dichiarato
l'illegittimità di questo articolo, riguardante l'istigazione all'odio
fra le classi sociali, nella parte in cui non specifica che tale istigazione
deve essere attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità.
Art.
416
-
Associazione per delinquere -
Quando
tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti,
coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione
sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.
Per
il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione
da uno a cinque anni.
I
capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Se
gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie si applica
la reclusione da cinque a quindici anni.
La
pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.
Art.
416 bis
-
Associazione di tipo mafioso -
Chiunque
fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone,
è punito con la reclusione da tre a sei anni.
Coloro
che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per
ciò solo, con la reclusione da quattro a nove anni.
L'associazione
è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della
forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di
assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per
acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo
di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e
servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sè
o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio
del voto o di procurare voti a sè o ad altri in occasione di consultazioni
elettorali (1).
Se
l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da quattro
a dieci anni nei casi previsti dal primo comma e da cinque a quindici
anni nei casi previsti dal secondo comma.
L'associazione
si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per
il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie
esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.
Se
le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere
il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto,
o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono
aumentate da un terzo alla metà.
Nei
confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose
che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose
che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono
l'impiego. Decadono inoltre di diritto le licenze di polizia, di commercio,
di commissionario astatore presso i mercati annonari all'ingrosso, le
concessioni di acque pubbliche e i diritti ad esse inerenti nonchè le
iscrizioni agli albi di appaltatori di opere o di forniture pubbliche
di cui il condannato fosse titolare (2) .
Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e
alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi
della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti
a quelli delle associazioni di tipo mafioso (3) .
(1)
Comma così modificato dall'art. 11 bis, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
(2)
La seconda parte di questo comma è stata abrogata dall'art. 36 , secondo
comma, della L. 19 marzo 1990, n. 55.
(3)
Articolo aggiunto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646.
Art.
416 ter
-
Scambio elettorale politico-mafioso -
La
pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416 bis si applica anche
a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo
articolo 416 bis in cambio della erogazione di denaro (1) .
(1)
Articolo inserito dall'art. 11 ter, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Art.
417
-
Misura di sicurezza -
Nel
caso di condanna per i delitti preveduti dai due articoli precedenti
è sempre ordinata una misura di sicurezza (1).
(1)
Articolo così modificato dalla L. 23 dicembre 1982, n. 936.
Art.
418
-
Assistenza agli associati -
Chiunque,
fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio
o fornisce il vitto a taluna delle persone che partecipano all'associazione
è punito con la reclusione fino a due anni.
La
pena è aumentata se il rifugio o il vitto sono prestati continuatamente.
Non
è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto.
Art.
419
-
Devastazione e saccheggio -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, commette fatti di devastazione
o di saccheggio è punito con la reclusione da otto a quindici anni.
La
pena è aumentata se il fatto è commesso su armi, munizioni o viveri
esistenti in luogo di vendita o di deposito.
Art.
420
-
Attentato a impianti di pubblica utilità -
Chiunque
commette un fatto diretto a danneggiare o distruggere impianti di pubblica
utilità, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con
la reclusione da uno a quattro anni.
La
pena di cui al primo comma si applica anche a chi commette un fatto
diretto a danneggiare o distruggere sistemi informatici o telematici
di pubblica utilità, ovvero dati, informazioni o programmi in essi contenuti
o ad essi pertinenti.
Se
dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento dell'impianto o
del sistema, dei dati, delle informazioni o dei programmi ovvero l'interruzione
anche parziale del funzionamento dell'impianto o del sistema la pena
è della reclusione da tre a otto anni (1).
(1)
Articolo così sostituito dall'art. 2, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
Art.
421
-
Pubblica intimidazione -
Chiunque
minaccia di commettere delitti contro la pubblica incolumità, ovvero
fatti di devastazione o di saccheggio, in modo da incutere pubblico
timore, è punito con la reclusione fino a un anno.
Titolo
VI: DEI DELITTI CONTRO L'INCOLUMITÀ PUBBLICA
Capo
I: DEI DELITTI DI COMUNE PERICOLO MEDIANTE VIOLENZA
Art.
422
-
Strage -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, al fine di uccidere, compie
atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal
fatto deriva la morte di più persone, con la morte (1).
Se
è cagionata la morte di una sola persona si applica l'ergastolo. In
ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
423
-
Incendio -
Chiunque
cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni.
La
disposizione precedente si applica anche nel caso d'incendio della cosa
propria, se dal fatto deriva pericolo per la incolumità pubblica.
Art.
424
-
Danneggiamento seguito da incendio -
Chiunque,
al solo scopo di danneggiare la cosa altrui, appicca il fuoco a una
cosa propria o altrui è punito, se del fatto sorge pericolo di un incendio,
con la reclusione da sei mesi a due anni.
Se
segue l'incendio, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente,
ma la pena è ridotta da un terzo alla metà.
Art.
425
-
Circostanze aggravanti -
Nei
casi preveduti dai due articoli precedenti, la pena è aumentata se il
fatto è commesso:
1)
su edifici pubblici o destinati a uso pubblico, su monumenti, cimiteri
e loro dipendenze;
2
su edifici abitati o destinati a uso di abitazione, su impianti industriali
o cantieri, o su miniere, cave, sorgenti, o su acquedotti o altri manufatti
destinati a raccogliere e condurre le acque;
3
su navi o altri edifici natanti, o su aeromobili;
4
su scali ferroviari o marittimi, o aeroscali, magazzini generali o altri
depositi di merci o derrate, o su ammassi o depositi di materie esplodenti,
infiammabili o combustibili;
5
su boschi, selve e foreste.
Art.
426
-
Inondazione, frana o valanga -
Chiunque
cagiona una inondazione o una frana, ovvero la caduta di una valanga,
è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
Art.
427
-
Danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga -
Chiunque
rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili chiuse, sbarramenti,
argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro le acque, valanghe
o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque, al solo scopo
di danneggiamento, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una
inondazione o di una frana, ovvero della caduta di una valanga, con
la reclusione da uno a cinque anni.
Se
il disastro si verifica, la pena della reclusione è da tre a dieci anni.
Art.
428
-
Naufragio, sommersione o disastro aviatorio -
Chiunque
cagiona il naufragio o la sommersione di una nave o di un altro edificio
natante, ovvero la caduta di un aeromobile, di altrui proprietà, è punito
con la reclusione da cinque a dodici anni.
La
pena è della reclusione da cinque a quindici anni se il fatto è commesso
distruggendo, rimuovendo o facendo mancare le lanterne o altri segnali,
ovvero adoperando falsi segnali o altri mezzi fraudolenti.
Le
disposizioni di questo articolo si applicano anche a chi cagiona il
naufragio o la sommersione di una nave o di un altro edificio natante,
ovvero la caduta di un aeromobile, di sua proprietà, se dal fatto deriva
pericolo per la incolumità pubblica.
Art.
429
-
Danneggiamento seguito da naufragio -
Chiunque,
al solo scopo di danneggiare una nave, un'edificio natante o un aeromobile,
ovvero un apparecchio prescritto per la sicurezza della navigazione,
lo deteriora, ovvero lo rende in tutto o in parte inservibile, è punito,
se dal fatto deriva pericolo di naufragio, di sommersione o di disastro
aviatorio, con la reclusione da uno a cinque anni.
Se
dal fatto deriva il naufragio, la sommersione o il disastro, la pena
è della reclusione da tre a dieci anni.
Art.
430
-
Disastro ferroviario -
Chiunque
cagiona un disastro ferroviario è punito con la reclusione da cinque
a quindici anni.
Art.
431
-
Pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento -
Chiunque,
al solo scopo di danneggiare una strada ferrata ovvero macchine, veicoli,
strumenti, apparecchi o altri oggetti che servono all'esercizio di essa,
li distrugge in tutto o in parte, li deteriora o li rende altrimenti
in tutto o in parte inservibili, è punito, se dal fatto deriva il pericolo
di un disastro ferroviario, con la reclusione da due a sei anni.
Se
dal fatto deriva il disastro, la pena è della reclusione da tre a dieci
anni.
Per
"strade ferrate" la legge penale intende, oltre le strade ferrate ordinarie,
ogni altra strada con rotaie metalliche, sulla quale circolino veicoli
mossi dal vapore, dalla elettricità o da altro mezzo di trazione meccanica.
Art.
432
-
Attentati alla sicurezza dei trasporti -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, pone in pericolo
la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria,
è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Si
applica la reclusione da tre mesi a due anni a chi lancia corpi contundenti
o proiettili contro veicoli in movimento, destinati a pubblici trasporti
per terra, per acqua o per aria.
Se
dal fatto deriva un disastro, la pena è della reclusione da tre a dieci
anni.
Art.
433
-
Attentati alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas,
ovvero delle pubbliche comunicazioni -
Chiunque
attenta alla sicurezza delle officine, delle opere, degli apparecchi
o di altri mezzi destinati alla produzione o alla trasmissione di energia
elettrica o di gas, per la illuminazione o per le industrie, è punito,
qualora dal fatto derivi pericolo alla pubblica incolumità, con la reclusione
da uno a cinque anni.
La
stessa pena si applica a chi attenta alla sicurezza delle pubbliche
comunicazioni telegrafiche, qualora dal fatto derivi pericolo per la
pubblica incolumità.
Se
dal fatto deriva un disastro, la pena è della reclusione da tre a dieci
anni.
Art.
434
-
Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto
diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa
ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per
la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni.
La
pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro
avviene.
Art.
435
-
Fabbricazione o detenzione di materie esplodenti -
Chiunque,
al fine di attentare alla pubblica incolumità, fabbrica, acquista o
detiene dinamite o altre materie esplodenti, asfissianti, accecanti,
tossiche o infiammabili, ovvero sostanze che servono alla composizione
o alla fabbricazione di esse, è punito con la reclusione da uno a cinque
anni.
Art.
436
-
Sottrazione, occultamento o guasto di apparecchi a pubblica difesa da
infortuni -
Chiunque,
in occasione di un incendio, di una inondazione, di una sommersione,
di un naufragio, o di un altro disastro o pubblico infortunio, sottrae,
occulta o rende inservibili materiali, apparecchi o altri mezzi destinati
all'estinzione dell'incendio o all'opera di difesa, di salvataggio o
di soccorso, ovvero in qualsiasi modo impedisce, od ostacola, che l'incendio
sia estinto, o che sia prestata opera di difesa o di assistenza, è punito
con la reclusione da due a sette anni.
Art.
437
-
Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro
-
Chiunque
omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire
disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è
punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se
dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione
da tre a dieci anni.
Capo
II: DEI DELITTI DI COMUNE PERICOLO MEDIANTE FRODE
Art.
438
-
Epidemia -
Chiunque
cagiona un'epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito
con l'ergastolo.
Se
dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena di morte
(1) .
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
439
-
Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari -
Chiunque
avvelena acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano
attinte o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non
inferiore a quindici anni.
Se
dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l'ergastolo; e, nel
caso di morte di più persone, si applica la pena di morte (1) .
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
440
-
Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari -
Chiunque
corrompe o adultera acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima
che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose
alla salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
La
stessa pena si applica a chi contraffà, in modo pericoloso alla salute
pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio.
La
pena è aumentata se sono adulterate o contraffatte sostanze medicinali.
Art.
441
-
Adulterazione e contraffazione di altre cose in danno della pubblica
salute -
Chiunque
adultera o contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, cose
destinate al commercio, diverse da quelle indicate nell'articolo precedente,
è punito con la reclusione da uno a cinque anni o con la multa non inferiore
a lire seicentomila.
Art.
442
-
Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate -
Chiunque,
senza essere concorso nei reati preveduti dai tre articoli precedenti,
detiene per il commercio, pone in commercio, ovvero distribuisce per
il consumo acque, sostanze o cose che sono state da altri avvelenate,
corrotte, adulterate o contraffatte in modo pericoloso alla salute pubblica,
soggiace alle pene rispettivamente stabilite dai detti articoli.
Art.
443
-
Commercio o somministrazione di medicinali guasti -
Chiunque
detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali
guasti o imperfetti è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni
e con la multa non inferiore a lire duecentomila.
Art.
444
-
Commercio di sostanze alimentari nocive -
Chiunque
detiene per il commercio, pone in commercio ovvero distribuisce per
il consumo sostanze destinate all'alimentazione, non contraffatte nè
adulterate, ma pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione
da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire centomila.
La
pena è diminuita se la qualità nociva delle sostanze è nota alla persona
che le acquista o le riceve.
Art.
445
-
Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica
-
Chiunque,
esercitando anche abusivamente, il commercio di sostanze medicinali,
le somministra in specie, qualità o quantità non corrispondente alle
ordinazioni mediche, o diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito
con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire duecentomila
a due milioni.
Art.
446
-
Confisca obbligatoria -
In
caso di condanna per taluno dei delitti preveduti negli articoli 439,
440, 441 e 442, se dal fatto è derivata la morte o la lesione grave
o gravissima di una persona, la confisca delle cose indicate nel primo
comma dell'articolo 240 è obbligatoria (1).
(1)
L'originario articolo era stato abrogato dalla L. 22 dicembre 1975,
n. 685. L'attuale articolo è stato inserito dal D.L. 18 giugno 1986,
n. 282.
Art.
447
Abrogato
dalla L. 22 dicembre 1975, n. 685.
Art.
448
-
Pene accessorie -
La
condanna per taluno dei delitti preveduti da questo capo importa la
pubblicazione della sentenza.
La
condanna per taluno dei delitti preveduti dagli articoli 439, 440, 441
e 442 importa l'interdizione da cinque a dieci anni dalla professione,
arte, industria, commercio o mestiere nonchè l'interdizione dagli uffici
direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per lo stesso periodo.
La condanna comporta altresì la pubblicazione della sentenza su almeno
due quotidiani a diffusione nazionale (1).
(1)Comma
aggiunto dal D.L. 18 giugno 1986, n. 282.
Capo
III: DEI DELITTI COLPOSI DI COMUNE PERICOLO
Art.
449
-
Delitti colposi di danno -
Chiunque
cagiona per colpa un incendio, o un altro disastro preveduto dal capo
primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La
pena è raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio
o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta
di un aeromobile adibito a trasporto di persone.
Art.
450
-
Delitti colposi di pericolo -
Chiunque,
con la propria azione od omissione colposa, fa sorgere o persistere
il pericolo di un disastro ferroviario, di un'inondazione, di un naufragio,
o della sommersione di una nave o di un altro edificio natante, è punito
con la reclusione fino a due anni.
La
reclusione non è inferiore a un anno se il colpevole ha trasgredito
ad una particolare ingiunzione dell'Autorità diretta alla rimozione
del pericolo.
Art.
451
-
Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul
lavoro -
Chiunque,
per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi
o altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio, o al salvataggio
o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro, è punito con la
reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a un milione.
Art.
452
-
Delitti colposi contro la salute pubblica -
Chiunque
commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e
439 è punito:
1)
con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette
disposizioni stabiliscono la pena di morte (1);
2)
con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono
l'ergastolo;
3)
con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l'articolo
439 stabilisce la pena della reclusione.
Quando
sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440,
441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite
ridotte da un terzo a un sesto.
(1)La
pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Titolo
VII: DEI DELITTI CONTRO LA FEDE PUBBLICA
Capo
I: DELLA FALSITÀ IN MONETE, IN CARTE DI PUBBLICO CREDITO E IN VALORI
DI BOLLO
Art.
453
-
Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo
concerto, di monete falsificate -
È
punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da lire
un milione a sei milioni;
1)
chiunque contraffà monete nazionali o straniere, aventi corso legale
nello Stato o fuori;
2)
chiunque altera in qualsiasi modo monete genuine, col dare ad esse l'apparenza
di un valore superiore;
3)
chiunque, non essendo concorso nella contraffazione o nell'alterazione,
ma di concerto con chi l'ha eseguita ovvero con un intermediario, introduce
nel territorio dello Stato o detiene o spende o mette altrimenti in
circolazione monete contraffatte o alterate;
4)
chiunque, al fine di metterle in circolazione, acquista o comunque riceve
da chi le ha falsificate, ovvero da un intermediario, monete contraffatte
o alterate.
Art.
454
-
Alterazione di monete -
Chiunque
altera monete della qualità indicata nell'articolo precedente, scemandone
in qualsiasi modo il valore, ovvero, rispetto alle monete in tal modo
alterate, commette alcuno dei fatti indicati nei numeri 3 e 4 del detto
articolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa
da lire duecentomila a un milione.
Art.
455
-
Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate
-
Chiunque,
fuori dei casi preveduti dai due articoli precedenti, introduce nel
territorio dello Stato, acquista o detiene monete contraffatte o alterate,
al fine di metterle in circolazione, ovvero le spende o le mette altrimenti
in circolazione, soggiace alle pene stabilite nei detti articoli ridotte
da un terzo alla metà.
Art.
456
-
Circostanze aggravanti -
Le
pene stabilite negli articoli 453 e 455 sono aumentate se dai fatti
ivi preveduti deriva una diminuzione nel prezzo della valuta o dei titoli
di Stato, o ne è compromesso il credito nei mercati interni o esteri.
Art.
457
-
Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede -
Chiunque
spende, o mette altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate,
da lui ricevute in buona fede, è punito con la reclusione fino a sei
mesi o con la multa fino a lire due milioni.
Art.
458
-
Parificazione delle carte di pubblico credito alle monete -
Agli
effetti della legge penale, sono parificate alle monete le carte di
pubblico credito.
Per
"carte di pubblico credito" si intendono, oltre quelle che hanno corso
legale come moneta, le carte e cedole al portatore emesse dai Governi,
e tutte le altre aventi corso legale emesse da istituti a ciò autorizzati.
Art.
459
-
Falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto,
detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati -
Le
disposizioni degli articoli 453, 455 e 457 si applicano anche alla contraffazione
o alterazione di valori di bollo e alla introduzione nel territorio
dello Stato, o all'acquisto, detenzione e messa in circolazione di valori
di bollo contraffatti; ma le pene sono ridotte di un terzo.
Agli
effetti della legge penale si intendono per "valori di bollo" la carta
bollata, le marche da bollo, i francobolli e gli altri valori equiparati
a questi da leggi speciali.
Art.
460
-
Contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte
di pubblico credito o di valori di bollo -
Chiunque
contraffà la carta filigranata che si adopera per la fabbricazione delle
carte di pubblico credito o di valori di bollo, ovvero acquista, detiene
o aliena tale carta contraffatta, è punito, se il fatto non costituisce
un più grave reato, con la reclusione da due a sei anni e con la multa
da lire seicentomila a due milioni.
Art.
461
-
Fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla
falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata
-
Chiunque
fabbrica, acquista, detiene o aliena filigrane o strumenti destinati
esclusivamente alla contraffazione o alterazione di monete, di valori
di bollo o di carta filigranata è punito, se il fatto non costituisce
un più grave reato, con la reclusione da uno a cinque anni e con la
multa da lire duecentomila a un milione.
Art.
462
-
Falsificazione di biglietti di pubblica impresa di trasporto -
Chiunque
contraffà o altera biglietti di strade ferrate o di altre pubbliche
imprese di trasporto, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione
o nell'alterazione, acquista o detiene al fine di metterli in circolazione,
o mette in circolazione tali biglietti contraffatti o alterati, è punito
con la reclusione fino a un anno e con la multa da lire ventimila a
quattrocentomila.
Art.
463
-
Casi di non punibilità -
Non
è punibile chi, avendo commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli
precedenti, riesce, prima che l'Autorità ne abbia notizia, a impedire
la contraffazione, l'alterazione, la fabbricazione o la circolazione
delle cose indicate negli articoli stessi.
Art.
464
-
Uso di valori di bollo contraffatti o alterati -
Chiunque,
non essendo concorso nella contraffazione o nella alterazione, fa uso
di valori di bollo contraffatti o alterati è punito con la reclusione
fino a tre anni e con la multa fino a lire un milione.
Se
i valori sono stati ricevuti in buona fede, si applica la pena stabilita
nell'articolo 457, ridotta di un terzo.
Art.
465
-
Uso di biglietti falsificati di pubbliche imprese di trasporto -
Chiunque,
non essendo concorso nella contraffazione o nell'alterazione, fa uso
di biglietti di strade ferrate o di altre pubbliche imprese di trasporto,
contraffatti o alterati, è punito con la reclusione fino a sei mesi
o con la multa da lire ventimila a quattrocentomila.
Se
i biglietti sono stati ricevuti in buona fede, si applica soltanto la
multa fino a lire sessantamila.
Art.
466
-
Alterazione di segni nei valori di bollo o nei biglietti usati e uso
degli oggetti così alterati -
Chiunque
cancella o fa in qualsiasi modo scomparire, da valori di bollo o da
biglietti di strade ferrate o di altre di pubbliche imprese di trasporto,
i segni appostivi per indicare l'uso già fattone, è punito, qualora
ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione fino
a sei mesi o con la multa da lire ventimila a quattrocentomila.
Alla
stessa pena soggiace chi, senza essere concorso nell'alterazione, fa
uso dei valori di bollo o dei biglietti alterati. Si applica la sola
multa fino a lire sessantamila, se le cose sono state ricevute in buona
fede.
Capo
II: DELLA FALSITÀ IN SIGILLI O STRUMENTI O SEGNI DI AUTENTICAZIONE,
CERTIFICAZIONE
O RICONOSCIMENTO
Art.
467
-
Contraffazione del sigillo dello Stato e uso del sigillo contraffatto
-
Chiunque
contraffà il sigillo dello Stato, destinato a essere apposto sugli atti
del Governo, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione, fa uso
di tale sigillo da altri contraffatto, è punito con la reclusione da
tre a sei anni e con la multa da lire duecentomila a quattro milioni.
Art.
468
-
Contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica
autenticazione o certificazione e uso di tali sigilli o strumenti contraffatti
-
Chiunque
contraffà il sigillo di un ente pubblico o di un pubblico ufficio, ovvero,
non essendo concorso nella contraffazione, fa uso di tale sigillo contraffatto,
è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire
duecentomila a due milioni.
La
stessa pena si applica a chi contraffà altri strumenti destinati a pubblica
autenticazione o certificazione, ovvero, senza essere concorso nella
contraffazione, fa uso di tali strumenti.
Art.
469
-
Contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione
-
Chiunque,
con mezzi diversi dagli strumenti indicati negli articoli precedenti,
contraffà le impronte di una pubblica autenticazione o certificazione,
ovvero, non essendo concorso nella contraffazione, fa uso della cosa
che reca l'impronta contraffatta, soggiace alle pene rispettivamente
stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.
Art.
470
-
Vendita o acquisto di cose con impronte contraffatte di una pubblica
autenticazione o certificazione -
Chiunque,
fuori dei casi di concorso nei reati preveduti dagli articoli precedenti,
pone in vendita o acquista cose sulle quali siano le impronte contraffatte
di una pubblica autenticazione o certificazione, soggiace alle pene
rispettivamente stabilite per i detti reati.
Art.
471
-
Uso abusivo di sigilli e strumenti veri -
Chiunque,
essendosi procurati i veri sigilli o i veri strumenti destinati a pubblica
autenticazione o certificazione, ne fa uso a danno altrui, o a profitto
di sè o degli altri, è punito con la reclusione fino a tre anni e con
la multa fino a lire seicentomila.
Art.
472
-
Uso e detenzione di misure o pesi con falsa impronta -
Chiunque
fa uso, a danno altrui, di misure o di pesi con la impronta legale contraffatta
o alterata, o comunque alterati, è punito con la reclusione fino a sei
mesi o con la multa fino a lire un milione.
La
stessa pena si applica a chi nell'esercizio di una attività commerciale,
ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, detiene misure o pesi con
l'impronta legale contraffatta o alterata, ovvero comunque alterati.
Agli
effetti della legge penale, nella denominazione di "misure" o di "pesi"
è compreso qualsiasi strumento per misurare o pesare.
Art.
473
-
Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno
o di prodotti industriali -
Chiunque
contraffà o altera i marchi o segni distintivi, nazionali o esteri,
delle opere dell'ingegno o dei prodotti industriali, ovvero, senza essere
concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o
segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione fino a tre
anni e con la multa fino a lire quattro milioni.
Alla
stessa pena soggiace chi contraffà o altera brevetti, disegni o modelli
industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella
contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli
contraffatti o alterati.
Le
disposizioni precedenti si applicano sempre che siano state osservate
le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla
tutela della proprietà intellettuale o industriale.
Art.
474
-
Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi -
Chiunque,
fuori dei casi di concorso nei delitti preveduti dall'articolo precedente,
introduce nel territorio dello Stato per farne commercio, detiene per
vendere, o pone in vendita, o mette altrimenti in circolazione opere
dell'ingegno o prodotti industriali, con marchi o segni distintivi,
nazionali o esteri, contraffatti o alterati, è punito con la reclusione
fino a due anni e con la multa fino a lire quattro milioni.
Si
applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.
Art.
475
-
Pena accessoria -
La
condanna per alcuno dei delitti preveduti dai due articoli precedenti
importa la pubblicazione della sentenza.
Capo
III: DELLA FALSITÀ IN ATTI
Art.
476
-
Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici -
Il
pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, forma, in
tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con
la reclusione da uno a sei anni.
Se
la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino
a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni.
Art.
477
-
Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni
amministrative -
Il
pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, contraffà
o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante
contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste
per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Art.
478
-
Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche
di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti -
Il
pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, supponendo
esistente un atto pubblico o privato, ne simula una copia e la rilascia
in forma legale, ovvero rilascia una copia di un atto pubblico o privato
diversa dall'originale, è punito con la reclusione da uno a quattro
anni.
Se
la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino
a querela di falso, la reclusione è da tre a otto anni.
Se
la falsità è commessa dal pubblico ufficiale in un attestato sul contenuto
di atti, pubblici o privati, la pena è della reclusione da uno a tre
anni.
Art.
479
-
Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici
-
Il
pubblico ufficiale che, ricevendo o formando un atto nell'esercizio
delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto
o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni
a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute,
o comunque attesta falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare
la verità, soggiace alle pene stabilite nell'articolo 476.
Art.
480
-
Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o
in autorizzazioni amministrative -
Il
pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, attesta
falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei
quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione
da tre mesi a due anni.
Art.
481
-
Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio
di pubblica necessità -
Chiunque,
nell'esercizio di una professione sanitaria o forense o di un altro
servizio di pubblica necessità attesta falsamente in un certificato,
fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con
la reclusione fino a un anno o con la multa da lire centomila a un milione.
Tali
pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.
Art.
482
-
Falsità materiale commessa dal privato -
Se
alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso
da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell'esercizio
delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei
detti articoli, ridotte di un terzo.
Art.
483
-
Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico -
Chiunque
attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti
dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione
fino a due anni.
Se
si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione
non può essere inferiore a tre mesi.
Art.
484
-
Falsità in registri e notificazioni -
Chiunque,
essendo per legge obbligato a fare registrazioni soggette all'ispezione
all'Autorità di pubblica sicurezza, o a fare notificazioni all'Autorità
stessa circa le proprie operazioni industriali commerciali o professionali,
scrive o lascia scrivere false indicazioni è punito con la reclusione
fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila.
Art.
485
-
Falsità in scrittura privata -
Chiunque,
al fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio o di recare ad altri
un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o
altera una scrittura privata vera, è punito, qualora ne faccia uso o
lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Si
considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura
vera, dopo che questa fu definitivamente formata.
Art.
486
-
Falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato -
Chiunque,
al fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio o di recare ad altri
un danno, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il
possesso per un titolo che importi l'obbligo o la facoltà di riempirlo,
vi scrive o fa scrivere un atto privato produttivo di effetti giuridici,
diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, è punito, se del
foglio faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione
da sei mesi a tre anni.
Si
considera firmato in bianco il foglio in cui il sottoscrittore abbia
lasciato bianco un qualsiasi spazio destinato ad essere riempito.
Art.
487
-
Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico -
Il
pubblico ufficiale, che, abusando di un foglio firmato in bianco del
quale abbia il possesso per ragione del suo ufficio e per un titolo
che importa l'obbligo o la facoltà di riempirlo, vi scrive o vi fa scrivere
un atto pubblico diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato,
soggiace alle pene rispettivamente stabilite negli articoli 479 e 480.
Art.
488
-
Altre falsità in foglio firmato in bianco. Applicabilità delle disposizioni
sulle falsità materiali -
Ai
casi di falsità su un foglio firmato in bianco diversi da quelli preveduti
dai due articoli precedenti, si applicano le disposizioni sulle falsità
materiali in atti pubblici o in scritture private.
Art.
489
-
Uso di atto falso -
Chiunque,
senza essere concorso nella falsità, fa uso di un atto falso soggiace
alle pene stabilite negli articoli precedenti, ridotte di un terzo.
Qualora
si tratti di scritture private, chi commette il fatto è punibile soltanto
se ha agito al fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio o di recare
ad altri un danno.
Art.
490
-
Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri -
Chiunque,
in tutto o in parte, distrugge, sopprime od occulta un atto pubblico
o una scrittura privata veri soggiace rispettivamente alle pene stabilite
negli artt. 476, 477, 482 e 485, secondo le distinzioni in essi contenute.
Si
applica la disposizione del capoverso dell'articolo precedente.
Art.
491
-
Documenti equiparati agli atti pubblici agli effetti della pena -
Se
alcuna delle falsità prevedute dagli articoli precedenti riguarda un
testamento olografo, ovvero una cambiale o un altro titolo di credito
trasmissibile per girata o al portatore, in luogo della pena stabilita
per la falsità in scrittura privata nell'articolo 485, si applicano
le pene rispettivamente stabilite nella prima parte dell'articolo 476
e nell'articolo 482.
Nel
caso di contraffazione o alterazione di alcuno degli atti suddetti,
chi ne fa uso, senza essere concorso nella falsità, soggiace alla pena
stabilita nell'articolo 489 per l'uso di atto pubblico falso.
Art.
491 bis
-
Documenti informatici -
Se
alcuna delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento
informatico pubblico o privato, si applicano le disposizioni del capo
stesso concernenti rispettivamente gli atti pubblici e le scritture
private. A tal fine per documento informatico si intende qualunque supporto
informatico contenente dati o informazioni aventi efficacia probatoria
o programmi specificamente destinati ad elaborarli (1).
(1)
Articolo aggiunto dall'art. 3, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
Art.
492
-
Copie autentiche che tengono luogo degli originali mancanti -
Agli
effetti delle disposizioni precedenti, nella denominazione di "atti
pubblici" e di "scritture private" sono compresi gli atti originali
e le copie autentiche di essi, quando a norma di legge tengano luogo
degli originali mancanti.
Art.
493
-
Falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico
-
Le
disposizioni degli articoli precedenti sulle falsità commesse da pubblici
ufficiali si applicano altresì agli impiegati dello Stato, o di un altro
ente pubblico, incaricati di un pubblico servizio relativamente agli
atti che essi redigono nell'esercizio delle loro attribuzioni.
Art.
493 bis
-
Casi di perseguibilità a querela -
I
delitti previsti dagli articoli 485 e 486 e quelli previsti dagli articoli
488, 489 e 490, quando concernono una scrittura privata, sono punibili
a querela della persona offesa.
Si
procede d'ufficio, se i fatti previsti dagli articoli di cui al precedente
comma riguardano un testamento olografo (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Capo
IV: DELLA FALSITÀ PERSONALE
Art.
494
-
Sostituzione di persona -
Chiunque,
al fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio o di recare ad altri
un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria
all'altrui persona, o attribuendo a sè o ad altri un falso nome, o un
falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici,
è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede
pubblica, con la reclusione fino a un anno.
Art.
495
-
Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità
o su qualità personali proprie o di altri -
Chiunque
dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico,
l'identità o lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona
è punito con la reclusione fino a tre anni.
Alla
stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata
ad essere riprodotta in un atto pubblico.
La
reclusione non è inferiore ad un anno:
1)
se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;
2)
se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato
o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all'Autorità
giudiziaria, ovvero se per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario
giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.
La
pena è diminuita se chi ha dichiarato il falso intendeva ottenere, per
sè o per altri, il rilascio di certificati o di autorizzazioni amministrative
sotto falso nome, o con altre indicazioni mendaci.
Art.
496
-
False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o
di altri -
Chiunque,
fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, interrogato sulla
identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell'altrui
persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale, o a persona
incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o
del servizio, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa
fino a lire un milione.
Art.
497
-
Frode nel farsi rilasciare certificati del casellario giudiziale e uso
indebito di tali certificati -
Chiunque
si procura con frode un certificato del casellario giudiziale o un altro
certificato penale relativo ad altra persona, ovvero ne fa uso per uno
scopo diverso da quello per cui esso è domandato, è punito con la reclusione
fino a sei mesi o con la multa fino a lire un milione.
Art.
498
-
Usurpazione di titoli o di onori -
Chiunque
abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un
ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o
giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una
speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico
l'abito ecclesiastico, è punito con la multa da lire duecentomila a
due milioni.
Alla
stessa pena soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli,
decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti
ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione
precedente.
La
condanna importa la pubblicazione della sentenza.