Sei in Codici
Codice penale
Libro primo
Dei reati in generale
TITOLO I
DELLA LEGGE PENALE
Art.
1
-
Reati e pene: disposizione espressa di legge -
Nessuno
può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come
reato dalla legge, nè con pene che non siano da essa stabilite.
Art.
2
-
Successione di leggi penali -
Nessuno
può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui
fu commesso, non costituiva reato.
Nessuno
può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore non
costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano la esecuzione
e gli effetti penali.
Se
la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono
diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al
reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.
Se
si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni
dei capoversi precedenti.
Le
disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza
e di mancata ratifica di un decreto - legge e nei casi di un decreto
- legge convertito in legge con emendamenti (1).
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 22 febbraio 1985, n. 51, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui
rende applicabili alle ipotesi da esso previste le disposizioni contenute
nel secondo e terzo comma dello stesso art. 2 del cod. pen.
Art.
3
-
Obbligatorietà della legge penale -
La
legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri,
si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite
dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale.
La
legge penale italiana obbliga altresì tutti coloro che, cittadini o
stranieri, si trovano all'estero, ma limitatamente ai casi stabiliti
dalla legge medesima o dal diritto internazionale.
Art.
4
-
Cittadino italiano. Territorio dello Stato -
Agli
effetti della legge penale, sono considerati "cittadini italiani" i
cittadini delle colonie, i sudditi coloniali, gli appartenenti per origine
o per elezione ai luoghi soggetti alla sovranità dello Stato e gli apolidi
residenti nel territorio dello Stato.
Agli
effetti della legge penale, è "territorio dello Stato" il territorio
"della Repubblica", quello delle colonie ed ogni altro luogo soggetto
alla sovranità dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati
come territorio dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti,
secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera.
Art.
5
-
Ignoranza della legge penale -
Nessuno
può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale.
La
Corte costituzionale, sentenza 24 marzo 1988, n. 364, ha dichiarato
l'illegittimità di questo articolo nella parte in cui non esclude dall'inescusabilità
dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile.
Art.
6
-
Reati commessi nel territorio dello Stato -
Chiunque
commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge
italiana.
Il
reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione
o l'omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte,
ovvero si è verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od
omissione.
Art.
7
-
Reati commessi all'estero -
È
punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette
in territorio estero taluno dei seguenti reati:
1)
delitti contro la personalità dello Stato;
2)
delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo
contraffatto;
3)
delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello
Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano;
4)
delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando
dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni;
5)
ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni
internazionali stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana.
Art.
8
-
Delitto politico commesso all'estero -
Il
cittadino o lo straniero, che commette in territorio estero un delitto
politico non compreso tra quelli indicati nel n. 1 dell'articolo precedente,
è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia.
Se
si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre,
oltre tale richiesta, anche la querela.
Agli
effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto, che offende
un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino.
È altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato,
in tutto o in parte, da motivi politici.
Art.
9
-
Delitto comune del cittadino all'estero -
Il
cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti,
commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana
stabilisce la pena di morte (1) o l'ergastolo, o la reclusione non inferiore
nel minimo a tre anni, è punito secondo la legge medesima, sempre che
si trovi nel territorio dello Stato.
Se
si tratta di delitto per il quale è stabilita una pena restrittiva della
libertà personale di minore durata, il colpevole è punito a richiesta
del Ministro della giustizia, ovvero a istanza o a querela della persona
offesa.
Nei
casi preveduti dalle disposizioni precedenti, qualora si tratti di delitto
commesso a danno di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole
è punito a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che la estradizione
di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo
dello Stato in cui egli ha commesso il delitto.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
10
-
Delitto comune dello straniero all'estero -
Lo
straniero, che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette
in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto
per il quale la legge italiana stabilisce la pena di morte (1) o l'ergastolo,
o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, è punito secondo
la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato e
vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela
della persona offesa.
Se
il delitto è commesso a danno di uno Stato estero o di uno straniero,
il colpevole è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro
della giustizia, sempre che:
1)
si trovi nel territorio dello Stato;
2)
si tratti di delitto per il quale è stabilita la pena di morte (1) o
dell'ergastolo, ovvero della reclusione non inferiore a un minimo di
tre anni;
3)
l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata
accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto,
o da quello dello Stato a cui egli appartiene.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
11
-
Rinnovamento del giudizio -
Nel
caso indicato nell'art. 6, il cittadino o lo straniero è giudicato nello
Stato anche se sia stato giudicato all'estero.
Nei
casi indicati negli articoli 7, 8, 9 e 10, il cittadino o lo straniero,
che sia stato giudicato all'estero, è giudicato nuovamente nello Stato,
qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta.
Art.
12
-
Riconoscimento delle sentenze penali straniere -
Alla
sentenza penale straniera pronunciata per un delitto può essere dato
riconoscimento:
1)
per stabilire la recidiva o un altro effetto penale della condanna,
ovvero per dichiarare l'abitualità o la professionalità nel reato o
la tendenza a delinquere;
2)
quando la condanna importerebbe, secondo la legge italiana, una pena
accessoria;
3)
quando, secondo la legge italiana, si dovrebbe sottoporre la persona
condannata o prosciolta, che si trova nel territorio dello Stato, a
misure di sicurezza personali;
4)
quando la sentenza straniera porta condanna alle restituzioni o al risarcimento
del danno, ovvero deve, comunque, esser fatta valere in giudizio nel
territorio dello Stato, agli effetti delle restituzioni o del risarcimento
del danno, o ad altri effetti civili.
Per
farsi luogo al riconoscimento, la sentenza deve essere stata pronunciata
dall'Autorità giudiziaria di uno Stato estero col quale esiste trattato
di estradizione. Se questo non esiste, la sentenza estera può essere
ugualmente ammessa a riconoscimento nello Stato qualora il Ministro
della giustizia ne faccia richiesta. Tale richiesta non occorre se viene
fatta istanza per il riconoscimento agli effetti indicati nel n. 4.
Art.
13
-
Estradizione -
L'estradizione
è regolata dalla legge penale italiana, dalle convenzioni e dagli usi
internazionali.
L'estradizione
non è ammessa, se il fatto che forma oggetto della domanda di estradizione,
non è preveduto come reato dalla legge italiana e dalla legge straniera.
L'estradizione
può essere conceduta od offerta, anche per reati non preveduti nelle
convenzioni internazionali, purchè queste non ne facciano espresso divieto.
Non
è ammessa l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente
consentita nelle convenzioni internazionali.
Art.
14
-
Computo e decorrenza dei termini -
Quando
la legge penale fa dipendere un effetto giuridico dal decorso del tempo,
per il computo di questo si osserva il calendario comune.
Ogni
qual volta la legge penale stabilisce un termine per il verificarsi
di un effetto giuridico, il giorno della decorrenza non è computato
nel termine.
Art.
15
-
Materia regolata da più leggi penali o da più disposizioni della medesima
legge penale -
Quando
più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano
la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga
alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti
stabilito.
Art.
16
-
Leggi penali speciali -
Le
disposizioni di questo codice si applicano anche alle materie regolate
da altre leggi penali, in quanto non sia da queste stabilito altrimenti
Titolo
II: DELLE PENE
Capo
I: DELLE SPECIE DI PENE, IN GENERALE
Art.
17
-
Pene principali: specie -
Le
pene principali stabilite per i delitti sono:
1)
la morte (1) ;
2)
l'ergastolo;
3)
la reclusione;
4)
la multa.
Le
pene principali stabilite per le contravvenzioni sono:
1)
l'arresto;
2)
l'ammenda.
La
Corte costituzionale, sentenza 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in
cui non esclude l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile.
(1)La
pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
18
-
Denominazione e classificazione delle pene principali -
Sotto
la denominazione di "pene detentive" o "restrittive della libertà personale"
la legge comprende: l'ergastolo, la reclusione e l'arresto.
Sotto
la denominazione di "pene pecuniarie" la legge comprende: la multa e
l'ammenda.
Art.
19
-
Pene accessorie: specie -
Le
pene accessorie per i delitti sono:
1)
l'interdizione dai pubblici uffici;
2)
l'interdizione da una professione o da un'arte;
3)
l'interdizione legale;
4)
l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle
imprese;
5)
l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;
6)
la decadenza o la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori.
Le
pene accessorie per le contravvenzioni sono:
1)
la sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte;
2)
la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle
imprese.
Pena
accessoria comune ai delitti e alle contravvenzioni è la pubblicazione
della sentenza penale di condanna.
La
legge penale determina gli altri casi in cui le pene accessorie stabilite
per i delitti sono comuni alle contravvenzioni.
Articolo
così modificato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
20
-
Pene principali e accessorie -
Le
pene principali sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna;
quelle accessorie conseguono di diritto alla condanna, come effetti
penali di essa.
Capo
II: DELLE PENE PRINCIPALI, IN PARTICOLARE
Art.
21
-
Pena di morte - (1)
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
22
-
Ergastolo -
La
pena dell'ergastolo è perpetua, ed è scontata in uno degli stabilimenti
a ciò destinati, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno.
Il
condannato all'ergastolo può essere ammesso al lavoro all'aperto (1).
La
Corte costituzionale, sentenza del 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in
cui non esclude l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile.
(1)
Comma così modificato dalla L. 25 novembre 1962, n. 1634.
Art.
23
-
Reclusione -
La
pena della reclusione si estende da quindici giorni a ventiquattro anni,
ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l'obbligo
del lavoro e con l'isolamento notturno.
Il
condannato alla reclusione, che ha scontato almeno un anno della pena,
può essere ammesso al lavoro all'aperto.
Sono
applicabili alla pena della reclusione le disposizioni degli ultimi
due capoversi dell'articolo precedente.
Art.
24
-
Multa -
La
pena della multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma non
inferiore a lire diecimila, nè superiore a dieci milioni.
Per
i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto
la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da lire
diecimila a quattro milioni.
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
25
-
Arresto -
La
pena dell'arresto si estende da cinque giorni a tre anni, ed è scontata
in uno degli stabilimenti a ciò destinati o in sezioni speciali degli
stabilimenti di reclusione, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento
notturno.
Il
condannato all'arresto può essere addetto a lavori anche diversi da
quelli organizzati nello stabilimento, avuto riguardo alle sue attitudini
e alle sue precedenti occupazioni.
Art.
26
-
Ammenda -
La
pena dell'ammenda consiste nel pagamento allo Stato di una somma non
inferiore a lire quattromila nè superiore a lire due milioni.
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
27
-
Pene pecuniarie fisse e proporzionali -
La
legge determina i casi nei quali le pene pecuniarie sono fisse e quelle
in cui sono proporzionali. Le pene pecuniarie proporzionali non hanno
limite massimo.
Capo
III: DELLE PENE ACCESSORIE, IN PARTICOLARE
Art.
28
-
Interdizione dai pubblici uffici -
L'interdizione
dai pubblici uffici è perpetua o temporanea.
L'interdizione
perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto,
priva il condannato:
1)
del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale,
e di ogni altro diritto politico;
2)
di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico
servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o d'incaricato
di pubblico servizio;
3)
dell'ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, e di ogni altro
ufficio attinente alla tutela o alla cura;
4)
dei gradi e delle dignità accademiche, dei titoli, delle decorazioni
o di altre pubbliche insegne onorifiche;
5)
degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello
Stato o di un altro ente pubblico (1) ;
6)
di ogni diritto onorifico, inerente a qualunque degli uffici, servizi,
gradi, o titoli e delle qualità, dignità e decorazioni indicate nei
numeri precedenti;
7)
della capacità di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio,
servizio, qualità, grado, titolo, dignità, decorazione e insegna onorifica,
indicati nei numeri precedenti.
L'interdizione
temporanea priva il condannato della capacità di acquistare o di esercitare
o di godere, durante l'interdizione, i predetti diritti, uffici, servizi,
qualità, gradi, titoli e onorificenze (2) .
Essa
non può avere una durata inferiore a un anno, nè superiore a cinque.
La
legge determina i casi nei quali l'interdizione dai pubblici uffici
è limitata ad alcuni di questi.
(1)
La Corte costituzionale, sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, ha dichiarato
l'illegittimità, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., del presente
comma, limitatamente alla parte in cui i diritti in essi previsti traggono
titolo da un rapporto di lavoro.
Successivamente
la stessa Corte, con sentenza del 19 luglio 1968, n. 113, ha dichiarato
l'illegittimità del comma per quanto attiene alle pensioni di guerra.
(2)
La Corte costituzionale, con sentenza 13 gennaio 1966, n. 3, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale del presente comma, limitatamente alla
parte in cui i diritti in essi previsti traggono titolo da un rapporto
di lavoro.
Art.
29
-
Casi nei quali alla condanna consegue l'interdizione dai pubblici uffici
-
La
condanna all'ergastolo e la condanna alla reclusione per un tempo non
inferiore a cinque anni importano l'interdizione perpetua del condannato
dai pubblici uffici; e la condanna alla reclusione per un tempo non
inferiore a tre anni importa l'interdizione dai pubblici uffici per
la durata di anni cinque.
La
dichiarazione di abitualità o di professionalità nel delitto, ovvero
di tendenza a delinquere, importa l'interdizione perpetua dai pubblici
uffici.
Art.
30
-
Interdizione da una professione o da un'arte -
L'interdizione
da una professione o da un'arte priva il condannato della capacità di
esercitare, durante l'interdizione, una professione, arte, industria,
o un commercio o mestiere per cui è richiesto uno speciale permesso
o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell'Autorità
e importa la decadenza dal permesso o dall'abilitazione, autorizzazione
o licenza anzidetta.
L'interdizione
da una professione o da un'arte non può avere una durata inferiore a
un mese, nè superiore a cinque anni, salvi i casi espressamente stabiliti
dalla legge.
Art.
31
-
Condanna per delitti commessi con abuso di un pubblico ufficio o di
una professione o di un'arte. Interdizione -
Ogni
condanna per delitti commessi con l'abuso dei poteri, o con la violazione
dei doveri inerenti a una pubblica funzione, o ad un pubblico servizio,
o a taluno degli uffici indicati nel numero 3 dell'art. 28, ovvero con
l'abuso di una professione, arte, industria, o di un commercio, o mestiere,
o con la violazione dei doveri ad essi inerenti, importa l'interdizione
temporanea dai pubblici uffici o dalla professione, arte, industria,
o dal commercio o mestiere.
Art.
32
-
Interdizione legale -
Il
condannato all'ergastolo è in stato d'interdizione legale.
La
condanna all'ergastolo importa anche la decadenza dalla potestà dei
genitori (1) .
Il
condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni
è, durante la pena, in stato d'interdizione legale; la condanna produce
altresì, durante la pena, la sospensione dall'esercizio della potestà
dei genitori, salvo che il giudice disponga altrimenti (1) .
Alla
interdizione legale si applicano, per ciò che concerne la disponibilità
e l'amministrazione dei beni, nonchè la rappresentanza negli atti ad
esse relativi, le norme della legge civile sulla interdizione giudiziale.
(1)
Comma così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
32 bis
-
Interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche
e delle imprese -
L'interdizione
dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva
il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione,
l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore e direttore generale,
nonchè ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona
giuridica o dell'imprenditore.
Essa
consegue ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per
delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti
all'ufficio.
Articolo
aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
32 ter
-
Incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione -
L'incapacità
di contrattare con la pubblica amministrazione importa il divieto di
concludere contratti con la pubblica amministrazione, salvo che per
ottenere le prestazioni di un pubblico servizio.
Essa
non può avere durata inferiore ad un anno nè superiore a tre anni.
Articolo
aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
32 quater
-
Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con
la pubblica amministrazione -
Ogni
condanna per i delitti previsti dagli articoli 316 bis, 317, 318, 319,
319 bis, 320, 321, 322, 353, 355, 356, 416, 416 bis, 437, 501, 501 bis,
640, n. 1 - del secondo comma, 640 bis, 644, commessi in danno o in
vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione ad
essa, importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.
Articolo
aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, successivamente sostituito
dall'art. 3, comma 3, D.L. 17 settembre 1993, n. 369 ed infine così
modificato dell’art. 7, L. 7 marzo 1996, n. 108.
Art.
33
-
Condanna per delitto colposo -
Le
disposizioni dell'articolo 29 e del secondo capoverso dell'articolo
32 non si applicano nel caso di condanna per delitto colposo (1) .
Le
disposizioni dell'articolo 31 non si applicano nel caso di condanna
per delitto colposo, se la pena inflitta è inferiore a tre anni di reclusione,
o se è inflitta soltanto una pena pecuniaria.
(1)
Comma così modificato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
34
-
Decadenza della potestà dei genitori e sospensione dell'esercizio di
essa -
La
legge determina i casi nei quali la condanna importa la decadenza della
potestà dei genitori.
La
condanna per delitti commessi con abuso della potestà dei genitori importa
la sospensione dell'esercizio di essa per un periodo di tempo pari al
doppio della pena inflitta.
La
decadenza della potestà dei genitori importa anche la privazione di
ogni diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in forza della
potestà di cui al titolo IX del libro I del codice civile.
La
sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori importa anche
l'incapacità di esercitare, durante la sospensione, qualsiasi diritto
che al genitore spetti sui beni del figlio in base alle norme del titolo
IX del libro I del codice civile.
Nelle
ipotesi previste dai commi precedenti, quando sia concessa la sospensione
condizionale della pena, gli atti del procedimento vengono trasmessi
al tribunale dei minorenni, che assume i provvedimenti più opportuni
nell'interesse dei minori (1) .
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
(1)
Comma aggiunto dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.
Art.
35
-
Sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte -
La
sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte priva il
condannato della capacità di esercitare, durante la sospensione, una
professione, arte, industria, o un commercio o mestiere, per i quali
è richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione
o licenza dell'Autorità.
La
sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte non può avere
una durata inferiore a quindici giorni, nè superiore a due anni .
Essa
consegue a ogni condanna per contravvenzione, che sia commessa con abuso
della professione, arte, industria, o del commercio o mestiere, ovvero
con violazione dei doveri ad essi inerenti, quando la pena inflitta
non è inferiore a un anno d'arresto.
Art.
35 bis
-
Sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche
e delle imprese -
La
sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche
e delle imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante
la sospensione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore e
direttore generale, nonchè ogni altro ufficio con potere di rappresentanza
della persona giuridica o dell'imprenditore.
Essa
non può avere una durata inferiore a quindici giorni nè superiore a
due anni e consegue ad ogni condanna all'arresto per contravvenzioni
commesse con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio.
Articolo
aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
36
-
Pubblicazione della sentenza penale di condanna -
La
sentenza di condanna alla pena di morte (1) o all'ergastolo è pubblicata
mediante affissione nel Comune ove è stata pronunciata, in quello ove
il delitto fu commesso, e in quello ove il condannato aveva l'ultima
residenza.
La
sentenza di condanna è inoltre pubblicata, per una sola volta, in uno
o più giornali designati dal giudice.
La
pubblicazione è fatta per estratto, salvo che il giudice disponga la
pubblicazione per intero; essa è eseguita d'ufficio e a spese del condannato.
La
legge determina gli altri casi nei quali la sentenza di condanna deve
essere pubblicata. In tali casi la pubblicazione ha luogo nei modi stabiliti
nei due capoversi precedenti.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
37
-
Pene accessorie temporanee: durata -
Quando
la legge stabilisce che la condanna importa una pena accessoria temporanea,
e la durata di questa non è espressamente determinata, la pena accessoria
ha una durata eguale a quella della pena principale inflitta, o che
dovrebbe scontarsi, nel caso di conversione per insolvibilità del condannato.
Tuttavia, in nessun caso essa può oltrepassare il limite minimo e quello
massimo stabiliti per ciascuna specie di pena accessoria.
Art.
38
-
Condizione giuridica del condannato alla pena di morte -
Il
condannato alla pena di morte è equiparato al condannato all'ergastolo,
per quanto riguarda la sua condizione giuridica.
Titolo
III: DEL REATO
Capo
I: DEL REATO CONSUMATO E TENTATO
Art.
39
-
Reato: distinzione fra delitti e contravvenzioni -
I
reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa
specie delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo codice.
Art.
40
-
Rapporto di causalità -
Nessuno
può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se
l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato,
non è conseguenza della sua azione od omissione.
Non
impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale
a cagionarlo.
Art.
41
-
Concorso di cause -
Il
concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se
indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il
rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento.
Le
cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state
da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione
od omissione precedentemente commessa costituisce per sè un reato, si
applica la pena per questo stabilita.
Le
disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente
o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.
Art.
42
-
Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale.
Responsabilità obiettiva -
Nessuno
può essere punito per una azione od omissione preveduta dalla legge
come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà.
Nessuno
può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se
non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale
o colposo espressamente preveduti dalla legge.
La
legge determina i casi nei quali l'evento è posto altrimenti a carico
dell'agente come conseguenza della sua azione od omissione.
Nelle
contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione
cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.
Art.
43
-
Elemento psicologico del reato -
Il
delitto:
è
doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso,
che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere
l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza
della propria azione od omissione;
è
preterintenzionale, o oltre la intenzione, quando dall'azione od omissione
deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente;
è
colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto,
non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza
o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o
discipline.
La
distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo
per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta
per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi
effetto giuridico.
Art.
44
-
Condizione obiettiva di punibilità -
Quando,
per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una
condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l'evento, da cui
dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto.
Art.
45
-
Caso fortuito o forza maggiore -
Non
è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore.
Art.
46
-
Costringimento fisico -
Non
è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri costretto,
mediante violenza fisica, alla quale non poteva resistere o comunque
sottrarsi.
In
tal caso, del fatto commesso dalla persona costretta risponde l'autore
della violenza.
Art.
47
-
Errore di fatto -
L'errore
sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità dell'agente.
Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità
non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto
colposo.
L'errore
sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità
per un reato diverso.
L'errore
su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando
ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato.
Art.
48
-
Errore determinato dall'altrui inganno -
Le
disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche se l'errore
sul fatto che costituisce il reato è determinato dall'altrui inganno;
ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde
chi l'ha determinata a commetterlo.
Art.
49
-
Reato supposto erroneamente e reato impossibile -
Non
è punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella supposizione
erronea che esso costituisca reato.
La
punibilità è altresì esclusa quando, per la inidoneità dell'azione o
per l'inesistenza dell'oggetto di essa, è impossibile l'evento dannoso
o pericoloso.
Nei
casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se concorrono nel fatto
gli elementi costitutivi di un reato diverso, si applica la pena stabilita
per il reato effettivamente commesso.
Nel
caso indicato nel primo capoverso, il giudice può ordinare che l'imputato
prosciolto sia sottoposto a misura di sicurezza.
Art.
50
-
Consenso dell'avente diritto -
Non
è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della
persona che può validamente disporne.
Art.
51
-
Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere -
L'esercizio
di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica
o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità.
Se
un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del
reato risponde il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.
Risponde
del reato altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di
fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.
Non
è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli
consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine.
Art.
52
-
Difesa legittima -
Non
è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo
attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata
all'offesa.
Art.
53
-
Uso legittimo delle armi -
Ferme
le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile
il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio
ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo
di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere
una violenza o di vincere una resistenza all'Autorità e comunque di
impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione,
disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina
a mano armata e sequestro di persona (1) .
La
stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta
dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza.
La
legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l'uso delle
armi o di un altro mezzo di coazione fisica.
(1)Comma
così modificato dalla L. 22 maggio 1975, n. 152.
Art.
54
-
Stato di necessità -
Non
è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave
alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, nè altrimenti
evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa
disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico
di esporsi al pericolo.
La
disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se
lo stato di necessità è determinato dall'altrui minaccia; ma, in tal
caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha
costretta a commetterlo.
Art.
55
-
Eccesso colposo -
Quando,
nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53
e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine
dell'Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni
concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come
delitto colposo.
Art.
56
-
Delitto tentato -
Chi
compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto,
risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non
si verifica.
Il
colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione da ventiquattro
a trenta anni, se dalla legge è stabilita per il delitto la pena di
morte (1); con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena
stabilita è l'ergastolo; e negli altri casi, con la pena stabilita per
il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Se
il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto
alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sè
un reato diverso.
Se
volontariamente impedisce l'evento, soggiace alla pena stabilita per
il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
57
-
Reati commessi col mezzo della stampa periodica -
Salva
la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di
concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette
di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo
necessario ad impedire che col mezzo dalla pubblicazione siano commessi
reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena
stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo.
Articolo
così modificato dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.
Art.
57 bis
-
Reati commessi col mezzo della stampa non periodica -
Nel
caso di stampa non periodica, le disposizioni di cui al precedente articolo
si applicano all'editore, se l'autore della pubblicazione è ignoto o
non imputabile, ovvero allo stampatore, se l'editore non è indicato
o non è imputabile.
Articolo
aggiunto dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.
Art.
58
-
Stampa clandestina -
Le
disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche se non sono
state osservate le prescrizioni di legge sulla pubblicazione e diffusione
della stampa periodica e non periodica.
L'articolo
comprendeva un secondo comma abrogato dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.
Art.
58 bis
-
Procedibilità per i reati commessi col mezzo della stampa -
Se
il reato commesso col mezzo della stampa è punibile a querela, istanza
o richiesta, anche per la punibilità dei reati preveduti dai tre articoli
precedenti è necessaria querela, istanza o richiesta.
La
querela, la istanza o la richiesta presentata contro il direttore o
vicedirettore responsabile, l'editore o lo stampatore, ha effetto anche
nei confronti dell'autore della pubblicazione per il reato da questo
commesso.
Non
si può procedere per i reati preveduti nei tre articoli precedenti se
è necessaria un'autorizzazione di procedimento per il reato commesso
dall'autore della pubblicazione, fino a quando l'autorizzazione non
è concessa. Questa disposizione non si applica se l'autorizzazione è
stabilita per le qualità o condizioni personali dell'autore della pubblicazione.
Articolo
aggiunto dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.
Capo
II: DELLE CIRCOSTANZE DEL REATO
Art.
59
-
Circostanze non conosciute o erroneamente supposte -
Le
circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore
dell'agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute
inesistenti (1) .
Le
circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell'agente
soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti
per errore determinato da colpa (2).
Se
l'agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti,
queste non sono valutate contro o a favore di lui.
Se
l'agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della
pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta
di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando
il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
(1)
Comma così modificato dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.
(2)
Comma aggiunto dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.
Art.
60
-
Errore sulla persona dell'offeso -
Nel
caso di errore sulla persona offesa da un reato, non sono poste a carico
dell'agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni
o qualità della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole.
Sono
invece valutate a suo favore le circostanze attenuanti, erroneamente
supposte, che concernono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti.
Le
disposizioni di questo articolo non si applicano, se si tratta di circostanze
che riguardano l'età o altre condizioni o qualità, fisiche o psichiche,
della persona offesa.
Art.
61
-
Circostanze aggravanti comuni -
Aggravano
il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti
speciali, le circostanze seguenti:
1)
l'avere agito per motivi abbietti o futili;
2)
l'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero
per conseguire o assicurare a sè o ad altri il prodotto o il profitto
o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato;
3)
l'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento;
4)
l'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone;
5)
l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali
da ostacolare la pubblica o privata difesa;
6)
l'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è
sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine
di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente
reato;
7)
l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono
il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato
alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;
8)
l'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto
commesso;
9)
l'avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei
doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero
alla qualità di ministro di un culto;
10)
l'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona
incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro
del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro
un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a
causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio;
11)
l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche,
ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione di opera, di
coabitazione, o di ospitalità.
Art.
62
-
Circostanze attenuanti comuni -
Attenuano
il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti
speciali, le circostanze seguenti:
1)
l'avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale;
2)
l'aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui;
3)
l'avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si
tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall'Autorità,
e il colpevole non è delinquente o contravventore abituale o professionale,
o delinquente per tendenza;
4)
l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono
il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale
di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro,
l'avere agito per conseguire o l'avere comunque conseguito un lucro
di speciale tenuità, quando anche l'evento dannoso o pericoloso sia
di speciale tenuità (1);
5)
l'essere concorso a determinare l'evento, insieme con l'azione o l'omissione
del colpevole, il fatto doloso della persona offesa;
6)
l'avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante
risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni;
o l'essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell'ultimo
capoverso dell'articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente
per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.
(1)
Numero così sostituito dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.
Art.
62 bis
-
Attenuanti generiche -
Il
giudice, indipendentemente dalle circostanze prevedute nell'art. 62,
può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le
ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate,
in ogni caso, ai fini della applicazione di questo capo, come una sola
circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze
indicate nel predetto articolo 62.
Articolo
aggiunto dal D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288.
Art.
63
-
Applicazione degli aumenti o delle diminuzioni di pena -
Quando
la legge dispone che la pena sia aumentata o diminuita entro limiti
determinati, l'aumento o la diminuzione si opera sulla quantità di essa,
che il giudice applicherebbe al colpevole qualora non concorresse la
circostanza che la fa aumentare o diminuire.
Se
concorrono più circostanze aggravanti, ovvero più circostanze attenuanti,
l'aumento o la diminuzione di pena si opera sulla quantità di essa risultante
dall'aumento o dalla diminuzione precedente.
Quando
per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa da
quella ordinaria del reato o si tratta di circostanza ad effetto speciale,
l'aumento o la diminuzione per le altre circostanze non opera sulla
pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza
anzidetta. Sono circostanze ad effetto speciale quelle che importano
un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo (1).
Se
concorrono più circostanze aggravanti tra quelle indicate nel secondo
capoverso di questo articolo, si applica soltanto la pena stabilita
per la circostanza più grave; ma il giudice può aumentarla.
Se
concorrono più circostanze attenuanti tra quelle indicate nel secondo
capoverso di questo articolo, si applica soltanto la pena meno grave
stabilita per le predette circostanze; ma il giudice può diminuirla.
(1)
Comma così modificato dalla L. 31 luglio 1984, n. 400.
Art.
64
-
Aumento di pena nel caso di una sola circostanza aggravante -
Quando
ricorre una circostanza aggravante, e l'aumento di pena non è determinato
dalla legge, è aumentata fino a un terzo la pena che dovrebbe essere
inflitta per il reato commesso.
Nondimeno,
la pena della reclusione da applicare per effetto dell'aumento non può
superare gli anni trenta.
(1)
Art.
65
-
Diminuzione di pena nel caso di una sola circostanza attenuante -
Quando
ricorre una circostanza attenuante, e non è dalla legge determinata
la diminuzione di pena, si osservano le norme seguenti:
1)
alla pena di morte (1) è sostituita la reclusione da ventiquattro a
trenta anni;
2)
alla pena dell'ergastolo è sostituita la reclusione da venti a ventiquattro
anni;
3)
le altre pene sono diminuite in misura non eccedente un terzo.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
66
-
Limiti degli aumenti di pena nel caso di concorso di più circostanze
aggravanti -
Se
concorrono più circostanze aggravanti, la pena da applicare per effetto
degli aumenti non può superare il triplo del massimo stabilito dalla
legge per il reato, salvo che si tratti delle circostanze indicate nel
secondo capoverso dell'articolo 63, nè comunque eccedere:
1)
gli anni trenta, se si tratta della reclusione;
2)
gli anni cinque, se si tratta dell'arresto;
3)
e, rispettivamente, lire venti milioni o quattro milioni, se si tratta
della multa o dell'ammenda; ovvero, rispettivamente, lire sessanta milioni
o dodici milioni se il giudice si vale della facoltà di aumento indicata
nel capoverso dell'articolo 133 bis.
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
67
-
Limiti delle diminuzioni di pena nel caso di concorso di più circostanze
attenuanti -
Se
concorrono più circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto
delle diminuzioni non può essere inferiore:
1)
a quindici anni di reclusione, se per il delitto la legge stabilisce
la pena di morte (1);
2)
a dieci anni di reclusione, se per il delitto la legge stabilisce la
pena dell'ergastolo.
Le
altre pene sono diminuite. In tal caso, quando non si tratta delle circostanze
indicate nel secondo capoverso dell'articolo 63, la pena non può essere
applicata in misura inferiore a un quarto.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
68
-
Limiti al concorso di circostanze -
Salvo
quanto è disposto nell'articolo 15, quando una circostanza aggravante
comprende in sè un'altra circostanza aggravante, ovvero una circostanza
attenuante comprende in sè un'altra circostanza attenuante, è valutata
a carico o a favore del colpevole soltanto la circostanza aggravante
o la circostanza attenuante, la quale importa, rispettivamente, il maggior
aumento o la maggiore diminuzione di pena.
Se
le circostanze aggravanti o attenuanti importano lo stesso aumento o
la stessa diminuzione di pena, si applica un solo aumento o una sola
diminuzione di pena.
Art.
69
-
Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti -
Quando
concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti,
e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tien conto delle
diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa
luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti.
Se
le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze
aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per queste
ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per
le circostanze attenuanti.
Se
fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene
che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non
concorresse alcuna di dette circostanze.
Le
disposizioni precedenti si applicano anche alle circostanze inerenti
alla persona del colpevole e a qualsiasi altra circostanza per la quale
la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura
della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato (1).
In
tal caso, gli aumenti e le diminuzioni di pena si operano a norma dell'articolo
63, valutata per ultima la recidiva (2).
(1)Comma
così modificato dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99. Successivamente la Corte
costituzionale, sentenza 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato, in applicazione
dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale
del quarto comma del presente articolo nella parte in cui prevede che
nei confronti del minore imputabile sia applicabile la disposizione
del primo comma dello stesso articolo 69 in caso di concorso tra la
circostanza attenuante di cui all'art. 98 del codice penale e una o
più circostanze aggravanti che comportano la pena dell'ergastolo, nonchè
nella parte in cui prevede che nei confronti del minore stesso siano
applicabili le disposizioni del primo e del terzo comma del citato art.
69, in caso di concorso tra la circostanza attenuante di cui all'art.
98 del codice penale e una o più circostanze aggravanti che accedono
ad un reato per il quale è prevista la pena base dell'ergastolo.
(2)Comma
abrogato dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99.
Art.
70
-
Circostanze oggettive e soggettive -
Agli
effetti della legge penale:
1)
sono circostanze oggettive quelle che concernono la natura, la specie,
i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione,
la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità
personali dell'offeso;
2)
sono circostanze soggettive quelle che concernono la intensità del dolo
o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del colpevole,
o i rapporti fra il colpevole e l'offeso, ovvero che sono inerenti alla
persona del colpevole.
Le
circostanze inerenti alla persona del colpevole riguardano la imputabilità
e la recidiva.
Capo
III: DEL CONCORSO DI REATI
Art.
71
-
Condanna per più reati con unica sentenza o decreto -
Quando,
con una sola sentenza o con un solo decreto, si deve pronunciare condanna
per più reati contro la stessa persona, si applicano le disposizioni
degli articoli seguenti.
Art.
72
-
Concorso di reati che importano l'ergastolo e di reati che importano
pene detentive temporanee -
Al
colpevole di più delitti, ciascuno dei quali importa la pena dell'ergastolo,
si applica la detta pena con l'isolamento diurno da sei mesi a tre anni.
Nel
caso di concorso di un delitto che importa la pena dell'ergastolo, con
uno o più delitti che importano pene detentive temporanee per un tempo
complessivo superiore a cinque anni, si applica la pena dell'ergastolo
con l'isolamento diurno per un periodo di tempo da due a diciotto mesi.
L'ergastolano
condannato all'isolamento diurno partecipa all'attività lavorativa.
Articolo
così modificato dalla L. 25 novembre 1962, n. 1634.
Art.
73
-
Concorso di reati che importano pene detentive temporanee o
pene
pecuniarie della stessa specie -
Se
più reati importano pene temporanee detentive della stessa specie, si
applica una pena unica, per un tempo eguale alla durata complessiva
delle pene che si dovrebbero infliggere per i singoli reati.
Quando
concorrono più delitti, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena
della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, si applica l'ergastolo
(1) .
Le
pene pecuniarie della stessa specie si applicano tutte per intero.
(1)La
Corte costituzionale, con sentenza 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato,
in applicazione dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità
costituzionale del presente comma nella parte in cui, in caso di concorso
di più delitti commessi da minore imputabile, per ciascuno dei quali
deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro
anni, prevede la pena dell'ergastolo.
Art.
74
-
Concorso di reati che importano pene detentive di specie diversa -
Se
più reati importano pene temporanee detentive di specie diversa, queste
si applicano tutte distintamente e per intero.
La
pena dell'arresto è eseguita per ultima.
Art.
75
-
Concorso di reati che importano pene pecuniarie di specie diversa -
Se
più reati importano pene pecuniarie di specie diversa, queste si applicano
tutte distintamente e per intero.
Nel
caso che la pena pecuniaria non sia stata pagata per intero, la somma
pagata, agli effetti della conversione, viene detratta dall'ammontare
della multa.
Art.
76
-
Pene concorrenti considerate come pena unica ovvero come pene distinte
-
Salvo
che la legge stabilisca altrimenti, le pene della stessa specie concorrenti
a norma dell'articolo 73 si considerano come pena unica per ogni effetto
giuridico.
Le
pene di specie diversa concorrenti a norma degli articoli 74 e 75 si
considerano egualmente, per ogni effetto giuridico, come pena unica
della specie più grave. Nondimeno si considerano come pene distinte,
agli effetti della loro esecuzione, dell'applicazione delle misure di
sicurezza e in ogni altro caso stabilito dalla legge.
Se
una legge pecuniaria concorre con un'altra pena di specie diversa, le
pene si considerano distinte per qualsiasi effetto giuridico.
Art.
77
-
Determinazione delle pene accessorie -
Per
determinare le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna,
si ha riguardo ai singoli reati per i quali è pronunciata la condanna,
e alle pene principali che, se non vi fosse concorso di reati, si dovrebbero
infliggere per ciascuno di essi.
Se
concorrono pene accessorie della stessa specie, queste si applicano
tutte per intero.
Art.
78
-
Limiti degli aumenti delle pene principali -
Nel
caso di concorso di reati preveduto dall'articolo 73, la pena da applicare
a norma dello stesso articolo non può essere superiore al quintuplo
della più grave fra le pene concorrenti, nè comunque eccedere:
1)
trenta anni per la reclusione;
2)
sei anni per l'arresto;
3)
lire trenta milioni per la multa e sei milioni per l'ammenda; ovvero
lire centoventicinque milioni per la multa e venticinque milioni per
l'ammenda, se il giudice si vale della facoltà di aumento indicata nel
capoverso dell'articolo 133 bis.
Nel
caso di concorso di reato preveduto dall'articolo 74, la durata delle
pene da applicare a norma dell'articolo stesso non può superare gli
anni trenta. La parte della pena eccedente tale limite, è detratta in
ogni caso dall'arresto.
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
79
-
Limiti degli aumenti delle pene accessorie -
La
durata massima delle pene accessorie temporanee non può superare, nel
complesso, i limiti seguenti:
1)
dieci anni, se si tratta della interdizione dai pubblici uffici o dell'interdizione
da una professione o da un'arte;
2)
cinque anni, se si tratta della sospensione dall'esercizio di una professione
o di un'arte.
Art.
80
-
Concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi -
Le
disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche nel caso in
cui, dopo una sentenza o un decreto di condanna, si deve giudicare la
stessa persona per un altro reato commesso anteriormente o posteriormente
alla condanna medesima, ovvero quando contro la stessa persona si debbono
eseguire più sentenze o più decreti di condanna.
Art.
81
-
Concorso formale. Reato continuato -
È
punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave
aumentata fino al triplo chi con una sola azione od omissione viola
diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima
disposizione di legge.
Alla
stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un
medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni
della stessa o di diverse disposizioni di legge.
Nei
casi preveduti da quest'articolo, la pena non può essere superiore a
quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.
Articolo
così sostituito dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99.
Art.
82
-
Offesa di persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta
-
Quando,
per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra
causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l'offesa
era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato
in danno della persona che voleva offendere, salve, per quanto riguarda
le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell'articolo
60.
Qualora,
oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella alla quale l'offesa
era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato
più grave, aumentata fino alla metà.
Art.
83
-
Evento diverso da quello voluto dall'agente -
Fuori
dei casi preveduti dall'articolo precedente, se, per errore nell'uso
dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si cagiona
un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo
di colpa, dell'evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla
legge come delitto colposo.
Se
il colpevole ha cagionato altresì l'evento voluto, si applicano le regole
sul concorso dei reati.
Art.
84
-
Reato complesso -
Le
disposizioni degli articoli precedenti non si applicano quando la legge
considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di
un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato.
Qualora
la legge, nella determinazione della pena per il reato complesso, si
riferisca alle pene stabilite per i singoli reati che lo costituiscono,
non possono essere superati i limiti massimi indicati negli articoli
78 e 79.
Titolo
IV: DEL REO E DELLA PERSONA OFFESA DAL REATO
Capo
I: DELLA IMPUTABILITÀ
Art.
85
-
Capacità d'intendere e di volere -
Nessuno
può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se,
al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile.
È
imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere.
Art.
86
-
Determinazione in altri dello stato d'incapacità, allo scopo di far
commettere un reato -
Se
taluno mette altri nello stato d'incapacità d'intendere o di volere,
al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona
resa incapace risponde chi ha cagionato lo stato d'incapacità.
Art.
87
-
Stato preordinato d'incapacità d'intendere e di volere -
La
disposizione della prima parte dell'articolo 85 non si applica a chi
si è messo in stato d'incapacità d'intendere o di volere al fine di
commettere il reato, o di prepararsi una scusa.
Art.
88
-
Vizio totale di mente -
Non
è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per
infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere
o di volere.
Art.
89
-
Vizio parziale di mente -
Chi,
nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale
stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità
d'intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita.
Art.
90
-
Stati emotivi o passionali -
Gli
stati emotivi o passionali non escludono nè diminuiscono l'imputabilità.
Art.
91
-
Ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore -
Non
è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva
la capacità d'intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza
derivata da caso fortuito o da forza maggiore.
Se
l'ubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare grandemente,
senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, la pena è diminuita.
Art.
92
-
Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata -
L'ubriachezza
non derivata da caso fortuito o da forza maggiore non esclude nè diminuisce
l'imputabilità.
Se
l'ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di prepararsi
una scusa, la pena è aumentata.
Art.
93
-
Fatto commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti -
Le
disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche quando il
fatto è stato commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti.
Art.
94
-
Ubriachezza abituale -
Quando
il reato è commesso in stato di ubriachezza, e questa è abituale, la
pena è aumentata.
Agli
effetti della legge penale, è considerato ubriaco abituale chi è dedito
all'uso di bevande alcooliche e in stato frequente di ubriachezza.
L'aggravamento
di pena stabilito nella prima parte di questo articolo si applica anche
quando il reato è commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti da
chi è dedito all'uso di tali sostanze.
Art.
95
-
Cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti -
Per
i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool
ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute
negli articoli 88 e 89.
Art.
96
-
Sordomutismo -
Non
è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il fatto,
non aveva, per causa della sua infermità la capacità d'intendere o di
volere.
Se
la capacità d'intendere o di volere era grandemente scemata, ma non
esclusa, la pena è diminuita.
Art.
97
-
Minore degli anni quattordici -
Non
è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva
compiuto i quattordici anni.
Art.
98
-
Minore degli anni diciotto -
È
imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto
i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d'intendere
e di volere; ma la pena è diminuita.
Quando
la pena detentiva inflitta è inferiore a cinque anni, o si tratta di
pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie. Se si
tratta di pena più grave, la condanna importa soltanto l'interdizione
dai pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni, e, nei
casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall'esercizio della potestà
dei genitori o dell'autorità maritale.
Capo
II: DELLA RECIDIVA, DELLA ABITUALITÀ E PROFESSIONALITÀ NEL REATO
E
DELLA TENDENZA A DELINQUERE
Art.
99
-
Recidiva -
Chi,
dopo essere stato condannato per un reato, ne commette un altro, può
essere sottoposto a un aumento fino ad un sesto della pena da infliggere
per il nuovo reato.
La
pena può essere aumentata fino ad un terzo:
1)
se il nuovo reato è della stessa indole;
2)
se il nuovo reato è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
3)
se il nuovo reato è stato commesso durante o dopo l'esecuzione della
pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente
all'esecuzione della pena.
Qualora
concorrano più circostanze fra quelle indicate nei numeri precedenti,
l'aumento di pena può essere fino alla metà.
Se
il recidivo commette un altro reato, l'aumento della pena, nel caso
preveduto dalla prima parte di questo articolo, può essere fino alla
metà e, nei casi preveduti dai numeri 1) e 2) del primo capoverso, può
essere fino a due terzi; nel caso preveduto dal numero 3) dello stesso
capoverso può essere da un terzo ai due terzi.
In
nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare
il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione
del nuovo reato.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 aprile 1974, n. 99.
Art.
100
Articolo
abrogato dalla L. 11 aprile 1974, n. 99.
Art.
101
-
Reati della stessa indole -
Agli
effetti della legge penale, sono considerati reati della stessa indole
non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge, ma
anche quelli che, pure essendo preveduti da disposizioni diverse di
questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei
fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano,
nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni.
Art.
102
-
Abitualità presunta dalla legge -
È
dichiarato delinquente abituale chi, dopo essere stato condannato alla
reclusione in misura superiore complessivamente a cinque anni per tre
delitti non colposi, della stessa indole, commessi entro dieci anni,
e non contestualmente, riporta un'altra condanna per un delitto, non
colposo, della stessa indole, e commesso entro i dieci anni successivi
all'ultimo dei delitti precedenti.
Nei
dieci anni indicati nella disposizione precedente non si computa il
tempo in cui il condannato ha scontato pene detentive o è stato sottoposto
a misure di sicurezza detentive.
Art.
103
-
Abitualità ritenuta dal giudice -
Fuori
del caso indicato nell'articolo precedente, la dichiarazione di abitualità
nel delitto è pronunciata anche contro chi, dopo essere stato condannato
per due delitti non colposi, riporta un'altra condanna per delitto non
colposo, se il giudice, tenuto conto della specie e gravità dei reati,
del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere
di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso
dell'articolo 133, ritiene che il colpevole sia dedito al delitto.
Art.
104
-
Abitualità nelle contravvenzioni -
Chi,
dopo essere stato condannato alla pena dell'arresto per tre contravvenzioni
della stessa indole, riporta condanna per un'altra contravvenzione,
anche della stessa indole, è dichiarato contravventore abituale, se
il giudice, tenuto conto della specie e gravità dei reati, del tempo
entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita
del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo
133, ritiene che il colpevole sia dedito al reato.
Art.
105
-
Professionalità nel reato -
Chi,
trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità,
riporta condanna per un altro reato, è dichiarato delinquente o contravventore
professionale, qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta
e al genere di vita del colpevole e alle altre circostanze indicate
nel capoverso dell'articolo 133, debba ritenersi che egli viva abitualmente,
anche in parte soltanto, dei proventi del reato.
Art.
106
-
Effetti dell'estinzione del reato o della pena -
Agli
effetti della recidiva e della dichiarazione di abitualità o di professionalità
nel reato, si tien conto altresì delle condanne per le quali è intervenuta
una causa di estinzione del reato o della pena.
Tale
disposizione non si applica quando la causa estingue anche gli effetti
penali.
Art.
107
-
Condanna per vari reati con una sola sentenza -
Le
disposizioni relative alla dichiarazione di abitualità o di professionalità
nel reato si applicano anche se, per i vari reati, è pronunciata condanna
con una sola sentenza.
Art.
108
-
Tendenza a delinquere -
È
dichiarato delinquente per tendenza chi, sebbene non recidivo o delinquente
abituale o professionale, commette un delitto non colposo, contro la
vita o l'incolumità individuale, anche non preveduto dal capo I del
titolo XII del libro II di questo codice, il quale, per sè e unitamente
alle circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, riveli una
speciale inclinazione al delitto, che trovi sua causa nell'indole particolarmente
malvagia del colpevole.
La
disposizione di questo articolo non si applica se la inclinazione al
delitto è originata dall'infermità preveduta dagli artt. 88 e 89.
Art.
109
-
Effetti della dichiarazione di abitualità, professionalità o tendenza
a delinquere -
Oltre
gli aumenti di pena stabiliti per la recidiva e i particolari effetti
indicati da altre disposizioni di legge, la dichiarazione di abitualità
o di professionalità nel reato o di tendenza a delinquere importa l'applicazione
di misure di sicurezza.
La
dichiarazione di abitualità o di professionalità nel reato può essere
pronunciata in ogni tempo, anche dopo la esecuzione della pena; ma se
è pronunciata dopo la sentenza di condanna, non si tien conto della
successiva condotta del colpevole e rimane ferma la pena inflitta.
La
dichiarazione di tendenza a delinquere non può essere pronunciata che
con la sentenza di condanna.
La
dichiarazione di abitualità e professionalità nel reato e quella di
tendenza a delinquere si estinguono per effetto della riabilitazione.
Capo
III: DEL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO
Art.
110
-
Pena per coloro che concorrono nel reato -
Quando
più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace
alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli
seguenti.
Art.
111
-
Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile -
Chi
ha determinato a commettere un reato una persona non imputabile, ovvero
non punibile a cagione di una conduzione o qualità personale, risponde
del reato da questa commesso, e la pena è aumentata. Se si tratta di
delitti per i quali è previsto l'arresto in flagranza, la pena è aumentata
da un terzo alla metà (1) .
Se
chi ha determinato altri a commettere il reato ne è il genitore esercente
la potestà, la pena è aumentata fino alla metà o, se si tratta di delitti
per i quali è previsto l'arresto in flagranza, da un terzo a due terzi
(2).
(1)
L'originario unico comma è stato così modificato dall'art. 11, D.L.
13 maggio 1991, n. 152.
(2)
Comma aggiunto dall'art. 7, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.
Art.
112
-
Circostanze aggravanti -
La
pena da infliggere per il reato commesso è aumentata:
1)
se il numero delle persone, che sono concorse nel reato, è di cinque
o più, salvo che la legge disponga altrimenti;
2)
per chi, anche fuori dei casi preveduti dai due numeri seguenti, ha
promosso od organizzato la cooperazione nel reato, ovvero diretto l'attività
delle persone che sono concorse nel reato medesimo;
3)
per chi, nell'esercizio della sua autorità, direzione o vigilanza, ha
determinato a commettere il reato persone ad esso soggette;
4)
per chi, fuori del caso preveduto dall'articolo 111, ha determinato
a commettere il reato un minore di anni 18 o una persona in stato d'infermità
o di deficienza psichica, ovvero si è comunque avvalso degli stessi
nella commissione di un delitto per il quale è previsto l'arresto in
flagranza (1).
La
pena è aumentata fino alla metà per chi si è avvalso di persona non
imputabile o non punibile, a cagione di una condizione o qualità personale,
nella commissione di un delitto per il quale è previsto l'arresto in
flagranza (2).
Se
chi ha determinato altri a commettere il reato o si è avvalso di altri
nella commissione del delitto ne è il genitore esercente la potestà,
nel caso previsto dal numero 4 del primo comma la pena è aumentata fino
alla metà e in quello previsto dal secondo comma la pena è aumentata
fino a due terzi (3).
Gli
aggravamenti di pena stabiliti nei numeri 1, 2 e 3 di questo articolo
si applicano anche se taluno dei partecipi al fatto non è imputabile
o non è punibile.
(1)
Numero così sostituito dall'art. 11, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.
(2)
Comma aggiunto dall'art. 11, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.
(3)
Comma aggiunto dall'art. 7, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.
Art.
113
-
Cooperazione nel delitto colposo -
Nel
delitto colposo, quando l'evento è stato cagionato dalla cooperazione
di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per
il delitto stesso.
La
pena è aumentata per chi ha determinato altri a cooperare nel delitto,
quando concorrono le condizioni stabilite nell'articolo 111 e nei numeri
3 e 4 dell'articolo 112.
Art.
114
-
Circostanze attenuanti -
Il
giudice, qualora ritenga che l'opera prestata da taluna delle persone
che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 e 113 abbia avuto
minima importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato, può
diminuire la pena.
Tale
disposizione non si applica nei casi indicati nell'articolo 112.
La
pena può altresì essere diminuita per chi è stato determinato a commettere
il reato o a cooperare nel reato, quando concorrono le condizioni stabilite
nei numeri 3 e 4 del primo comma e nel terzo comma dell'articolo 112
(1) .
(1)
Comma così modificato dall'art. 7, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.
Art.
115
-
Accordo per commettere un reato. Istigazione -
Salvo
che la legge disponga altrimenti, qualora due o più persone si accordino
allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna
di esse è punibile per il solo fatto dell'accordo.
Nondimeno,
nel caso di accordo per commettere un delitto, il giudice può applicare
una misura di sicurezza.
Le
stesse disposizioni si applicano nel caso di istigazione a commettere
un reato, se la istigazione è stata accolta, ma il reato non è stato
commesso.
Qualora
la istigazione non sia stata accolta, e si sia trattato d'istigazione
a un delitto, l'istigatore può essere sottoposto a misura di sicurezza.
Art.
116
-
Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti -
Qualora
il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti,
anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione
od omissione.
Se
il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita
riguardo a chi volle il reato meno grave.
Art.
117
-
Mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti -
Se,
per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti
tra il colpevole e l'offeso, muta il titolo del reato per taluno di
coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso
reato. Nondimeno, se questo è più grave, il giudice può, rispetto a
coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i rapporti
predetti, diminuire la pena.
Art.
118
-
Valutazione delle circostanze aggravanti o attenuanti -
Le
circostanze che aggravano o diminuiscono le pene concernenti i motivi
a delinquere, l'intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze
inerenti alla persona del colpevole sono valutate soltanto riguardo
alla persona cui si riferiscono.
Articolo
così sostituito dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.
Art.
119
-
Valutazione delle circostanze di esclusione della pena -
Le
circostanze soggettive, le quali escludono la pena per taluno di coloro
che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla persona
a cui si riferiscono.
Le
circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti
coloro che sono concorsi nel reato.
Capo
IV: DELLA PERSONA OFFESA DAL REATO
Art.
120
-
Diritto di querela -
Ogni
persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d'ufficio o
dietro richiesta o istanza ha diritto di querela.
Per
i minori degli anni quattordici e per gli interdetti a cagione d'infermità
di mente, il diritto di querela è esercitato dal genitore o dal tutore.
I
minori che hanno compiuto gli anni quattordici e gli inabilitati, possono
esercitare il diritto di querela, e possono altresì, in loro vece, esercitarlo
il genitore ovvero il tutore o il curatore, nonostante ogni contraria
dichiarazione di volontà, espressa o tacita, del minore o dell'inabilitato.
Art.
121
-
Diritto di querela esercitato da un curatore speciale -
Se
la persona offesa è minore degli anni quattordici o inferma di mente,
e non v'è chi ne abbia la rappresentanza, ovvero chi l'esercita si trovi
con la persona medesima in conflitto di interessi, il diritto di querela
è esercitato da un curatore speciale.
Art.
122
-
Querela di uno fra più offesi -
Il
reato commesso in danno di più persone è punibile anche se la querela
è proposta da una soltanto di esse.
Art.
123
-
Estensione della querela -
La
querela si estende di diritto a tutti coloro che hanno commesso il reato.
Art.
124
-
Termine per proporre la querela. Rinuncia -
Salvo
che la legge disponga altrimenti, il diritto di querela non può essere
esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che
costituisce il reato.
Il
diritto di querela non può essere esercitato se vi è stata rinuncia
espressa o tacita da parte di colui al quale ne spetta l'esercizio.
Vi
è rinuncia tacita, quando chi ha facoltà di proporre querela ha compiuto
fatti incompatibili con la volontà di querelarsi.
La
rinuncia si estende di diritto a tutti coloro che hanno commesso il
reato.
Art.
125
-
Querela del minore o inabilitato nel caso di rinuncia del rappresentante
-
La
rinuncia alla facoltà di esercitare il diritto di querela, fatta dal
genitore o dal tutore o dal curatore, non priva il minore, che ha compiuto
gli anni quattordici, o l'inabilitato, del diritto di proporre querela.
Art.
126
-
Estinzione del diritto di querela -
Il
diritto di querela si estingue con la morte della persona offesa.
Se
la querela è stata già proposta, la morte della persona offesa non estingue
il reato.
Art.
127
-
Richiesta di procedimento per delitti contro il Presidente della Repubblica
-
Salvo
quanto è disposto nel titolo I del libro II di questo codice, qualora
un delitto punibile a querela della persona offesa sia commesso in danno
del Presidente della Repubblica, alla querela è sostituita la richiesta
del Ministro della giustizia.
Articolo
così modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.
Art.
128
-
Termine per la richiesta di procedimento -
Quando
la punibilità di un reato dipende dalla richiesta dell'Autorità, la
richiesta non può essere più proposta, decorsi tre mesi dal giorno in
cui l'Autorità ha avuto notizia del fatto che costituisce il reato.
Quando
la punibilità di un reato commesso all'estero dipende dalla presenza
del colpevole nel territorio dello Stato, la richiesta non può essere
più proposta, decorsi tre anni dal giorno in cui il colpevole si trova
nel territorio dello Stato.
Art.
129
-
Irrevocabilità ed estensione della richiesta -
La
richiesta dell'Autorità è irrevocabile.
Le
disposizioni degli articoli 122 e 123 si applicano anche alla richiesta.
Art.
130
-
Istanza della persona offesa -
Quando
la punibilità del reato dipende dall'istanza della persona offesa, l'istanza
è regolata dalle disposizioni relative alla richiesta. Nondimeno, per
quanto riguarda la capacità e la rappresentanza della persona offesa,
si applicano le disposizioni relative alla querela.
Art.
131
-
Reato complesso. Procedibilità di ufficio -
Nei
casi preveduti dall'articolo 84, per il reato complesso si procede sempre
di ufficio, se per taluno dei reati, che ne sono elementi costitutivi
o circostanze aggravanti, si deve procedere di ufficio.
Titolo
V: DELLA MODIFICAZIONE, APPLICAZIONE
ED
ESECUZIONE DELLA PENA
Capo
I: DELLA MODIFICAZIONE E APPLICAZIONE DELLA PENA
Art.
132
-
Potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena: limiti
-
Nei
limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente;
esso deve indicare i motivi che giustificano l'uso di tale potere discrezionale.
Nell'aumento
o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti
stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati
dalla legge.
Art.
133
-
Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena -
Nell'esercizio
del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente, il giudice
deve tenere conto della gravità del reato, desunta:
1)
dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal
luogo e da ogni altra modalità dell'azione;
2)
dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa
dal reato;
3)
dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.
Il
giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole,
desunta:
1)
dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
2)
dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla
vita del reo, antecedenti al reato;
3)
dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;
4)
delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
Art.
133 bis
-
Condizioni economiche del reo; valutazione agli effetti della pena pecuniaria
-
Nella
determinazione dell'ammontare della multa o dell'ammenda il giudice
deve tenere conto, oltre che dei criteri indicati dall'articolo precedente,
anche delle condizioni economiche del reo.
Il
giudice può aumentare la multa o l'ammenda stabilita dalla legge sino
al triplo o diminuirle sino ad un terzo quando, per le condizioni economiche
del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la
misura minima sia eccessivamente gravosa.
Articolo
aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
133 ter
-
Pagamento rateale della multa o dell'ammenda -
Il
giudice, con la sentenza di condanna o con il decreto penale, può disporre,
in relazione alle condizioni economiche del condannato, che la multa
o l'ammenda venga pagata in rate mensili da tre a trenta. Ciascuna rata
tuttavia non può essere inferiore a lire trentamila.
In
ogni momento il condannato può estinguere la pena mediante un unico
pagamento.
Articolo
aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
134
-
Computo delle pene -
Le
pene temporanee si applicano a giorni, a mesi e ad anni.
Nelle
condanne a pene temporanee non si tien conto delle frazioni di giorno,
e, in quelle a pena pecuniaria, delle frazioni di lira.
Art.
135
-
Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive -
Quando,
per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra
pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando venticinquemila
lire, o frazione di venticinquemila lire, di pena pecuniaria per un
giorno di pena detentiva.
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
136
-
Modalità di conversione di pene pecuniarie -
Le
pene della multa e dell'ammenda, non eseguite per insolvibilità del
condannato, si convertono a norma di legge.
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689. Precedentemente la
Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre 1979, n. 131, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente articolo.
Art.
137
-
Custodia cautelare -
La
carcerazione sofferta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile
si detrae dalla durata complessiva della pena temporanea detentiva o
dall'ammontare della pena pecuniaria.
La
custodia cautelare è considerata, agli effetti della detrazione, come
reclusione od arresto.
Art.
138
-
Pena e custodia cautelare per reati commessi all'estero -
Quando
il giudizio seguito all'estero è rinnovato nello Stato, la pena scontata
all'estero è sempre computata, tenendo conto della specie di essa; e,
se vi è stata all'estero custodia cautelare, si applicano le disposizioni
dell'articolo precedente.
Art.
139
-
Computo delle pene accessorie -
Nel
computo delle pene accessorie temporanee non si tien conto del tempo
in cui il condannato sconta la pena detentiva, o è sottoposto a misura
di sicurezza detentiva, nè del tempo in cui egli si è sottratto volontariamente
alla esecuzione della pena o della misura di sicurezza.
Art.
140
Articolo
abrogato dall'art. 217 delle disposizioni di coordinamento del codice
di procedura penale.
Capo
II: DELLA ESECUZIONE DELLA PENA
Art.
141
Articolo
abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.
Art.
142
Articolo
abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.
Art.
143
Articolo
abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.
Art.
144
Articolo
abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.
Art.
145
-
Remunerazione ai condannati per il lavoro prestato -
Negli
stabilimenti penitenziari, ai condannati è corrisposta una remunerazione
per il lavoro prestato.
Sulla
remunerazione, salvo che l'adempimento delle obbligazioni sia altrimenti
eseguito, sono prelevate nel seguente ordine:
1)
le somme dovute a titolo di risarcimento del danno;
2)
le spese che lo Stato sostiene per il mantenimento del condannato;
3)
le somme dovute a titolo di rimborso delle spese del procedimento.
In
ogni caso, deve essere riservata a favore del condannato una quota pari
a un terzo della remunerazione, a titolo di peculio. Tale quota non
è soggetta a pignoramento o a sequestro.
Art.
146
-
Rinvio obbligatorio della esecuzione della pena -
L'esecuzione
di una pena, che non sia pecuniaria, è differita:
1)
se deve aver luogo contro donna incinta;
2)
se deve aver luogo contro donna che ha partorito da meno di sei mesi;
3)
se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da infezione da
HIV nei casi di incompatibilità con lo stato di detenzione ai sensi
dell'art. 286 bis, comma 1, del codice di procedura penale (1) .
Nel
caso preveduto dal n. 2 il provvedimento è revocato, qualora il figlio
muoia o sia affidato a persona diversa dalla madre, e il parto sia avvenuto
da oltre due mesi.
(1)
Numero aggiunto dall'art. 2, D.L. 14 maggio 1993, n. 139. Successivamente,
la Corte costituzionale, con sentenza 18 ottobre 1995, n. 438, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente numero nella parte in cui
prevede che il differimento ha luogo anche quando l'espiazione della
pena possa avvenire senza pregiudizio della salute del soggetto e di
quella degli altri detenuti.
Art.
147
-
Rinvio facoltativo della esecuzione della pena -
L'esecuzione
di una pena può essere differita:
1)
se è presentata domanda di grazia, e l'esecuzione della pena non deve
essere differita a norma dell'articolo precedente;
2)
se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita
contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica;
3)
se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita
contro donna, che ha partorito da più di sei mesi ma da meno di un anno,
e non vi è modo di affidare il figlio ad altri che alla madre.
Nel
caso indicato nel n. 1, la esecuzione della pena non può essere differita
per un periodo superiore complessivamente a sei mesi, a decorrere dal
giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, anche se la domanda
di grazia è successivamente rinnovata.
Nel
caso indicato nel n. 3, il provvedimento è revocato, qualora il figlio
muoia o sia affidato ad altri che alla madre.
Art.
148
-
Infermità psichica sopravvenuta al condannato -
Se,
prima dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale
o durante l'esecuzione, sopravviene al condannato una infermità psichica,
il giudice, qualora ritenga che l'infermità sia tale da impedire l'esecuzione
della pena, ordina che questa sia differita o sospesa e che il condannato
sia ricoverato in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura
e di custodia. Il giudice può disporre che il condannato, invece che
in un manicomio giudiziario, sia ricoverato in un manicomio comune se
la pena inflittagli sia inferiore a tre anni di reclusione o di arresto,
e non si tratti di delinquente o contravventore abituale, o professionale,
o di delinquente per tendenza.
La
disposizione precedente si applica anche nel caso in cui, per infermità
psichica sopravvenuta, il condannato alla pena di morte (1) deve essere
ricoverato in un manicomio giudiziario.
Il
provvedimento di ricovero è revocato, e il condannato è sottoposto alla
esecuzione della pena, quando sono venute meno le ragioni che hanno
determinato tale provvedimento.
La
Corte costituzionale, con sentenza 19 giugno 1975, n. 146, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui
prevede che il giudice, nel disporre il ricovero in manicomio giudiziario
del condannato caduto in stato di infermità psichica durante l'esecuzione
di pena restrittiva della libertà personale, ordini che la pena medesima
sia sospesa; ha dichiarato altresì l'illegittimità nella parte in cui
prevede che il giudice ordini la sospensione della pena anche nel caso
in cui il condannato sia ricoverato in una casa di cura e di custodia
ovvero in un manicomio comune.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
149
Articolo
abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.
Titolo
VI: DELLA ESTINZIONE DEL REATO E DELLA PENA
Capo
I: DELLA ESTINZIONE DEL REATO
Art.
150
-
Morte del reo prima della condanna -
La
morte del reo, avvenuta prima della condanna, estingue il reato.
Art.
151
-
Amnistia -
L'amnistia
estingue il reato, e, se vi è stata condanna, fa cessare l'esecuzione
della condanna e le pene accessorie (1) .
Nel
concorso di più reati, l'amnistia si applica ai singoli reati per i
quali è conceduta.
La
estinzione del reato per effetto dell'amnistia è limitata ai reati commessi
a tutto il giorno precedente la data del decreto, salvo che questo stabilisca
una data diversa.
L'amnistia
può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi.
L'amnistia
non si applica ai recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo
99, nè ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo
che il decreto disponga diversamente.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 14 luglio 1971, n. 175, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui
esclude la rinuncia, con le conseguenze indicate in motivazione, all'applicazione
dell'amnistia.
Art.
152
-
Remissione della querela -
Nei
delitti punibili a querela della persona offesa, la remissione estingue
il reato.
La
remissione è processuale o extraprocessuale. La remissione extraprocessuale
è espressa o tacita. Vi è remissione tacita, quando il querelante ha
compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela.
La
remissione può intervenire solo prima della condanna, salvi i casi per
i quali la legge disponga altrimenti.
La
remissione non può essere sottoposta a termini o a condizioni. Nell'atto
di remissione può essere fatta rinuncia al diritto alle restituzioni
e al risarcimento del danno.
Art.
153
-
Esercizio del diritto di remissione. Incapace -
Per
i minori degli anni quattordici e per gli interdetti a cagione di infermità
di mente, il diritto di remissione è esercitato dal loro legale rappresentante.
I
minori, che hanno compiuto gli anni quattordici, e gli inabilitati possono
esercitare il diritto di remissione, anche quando la querela è stata
proposta dal rappresentante, ma, in ogni caso, la remissione non ha
effetto senza l'approvazione di questo.
Il
rappresentante può rimettere la querela proposta da lui o dal rappresentato,
ma la remissione non ha effetto, se questi manifesta volontà contraria.
Le
disposizioni dei capoversi precedenti si applicano anche nel caso in
cui il minore raggiunge gli anni quattordici, dopo che è stata proposta
la querela.
Art.
154
-
Più querelanti: remissione di uno solo -
Se
la querela è stata proposta da più persone, il reato non si estingue
se non interviene la remissione di tutti i querelanti.
Se
tra più persone offese da un reato taluna soltanto ha proposto querela,
la remissione, che questa ha fatto, non pregiudica il diritto di querela
delle altre.
Art.
155
-
Accettazione della remissione -
La
remissione non produce effetto, se il querelato l'ha espressamente o
tacitamente ricusata. Vi è ricusa tacita, quando il querelato ha compiuto
fatti incompatibili con la volontà di accettare la remissione.
La
remissione fatta a favore anche di uno soltanto fra coloro che hanno
commesso il reato si estende a tutti, ma non produce effetto per chi
l'abbia ricusata.
Per
quanto riguarda la capacità di accettare la remissione, si osservano
le disposizioni dell'articolo 153.
Se
il querelato è un minore o un infermo di mente, e nessuno ne ha la rappresentanza,
ovvero chi la esercita si trova con esso in conflitto di interessi,
la facoltà di accettare la remissione è esercitata da un curatore speciale.
Art.
156
-
Estinzione del diritto di remissione -
Il
diritto di remissione si estingue con la morte della persona offesa
dal reato.
La
Corte costituzionale, con sentenza 19 giugno 1975, n. 151, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui
non attribuisce l'esercizio del diritto di remissione della querela
agli eredi della persona offesa dal reato, allorchè tutti vi consentano.
Art.
157
-
Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere -
La
prescrizione estingue il reato:
1)
in venti anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la
pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni;
2)
in quindici anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce
la pena della reclusione non inferiore a dieci anni;
3)
in dieci anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la
pena della reclusione non inferiore a cinque anni;
4)
in cinque anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce
la pena della reclusione inferiore a cinque anni, o la pena della multa;
5)
in tre anni, se si tratta di contravvenzione per cui la legge stabilisce
la pena dell'arresto;
6)
in due anni, se si tratta di contravvenzione per cui la legge stabilisce
la pena dell'ammenda (1) .
Per
determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo al massimo
della pena stabilita dalla legge per il reato, consumato o tentato,
tenuto conto dell'aumento massimo di pena stabilito per le circostanze
aggravanti e della diminuzione minima stabilita per le circostanze attenuanti.
Nel
caso di concorso di circostanze aggravanti e di circostanze attenuanti
si applicano anche a tale effetto le disposizioni dell'articolo 69.
Quando
per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la
pena detentiva e quella pecuniaria, per determinare il tempo necessario
a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.
N.B.:
La Corte costituzioanle, con sentenza 31 maggio 1990, n. 275, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui
non prevede che l'imputato possa rinunziare alla prescrizione del reato.
(1)
Numero così modificato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
158
-
Decorrenza del termine della prescrizione -
Il
termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno
della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata
l'attività del colpevole; per il reato permanente o continuato, dal
giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione.
Quando
la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una
condizione, il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui
la condizione si è verificata. Nondimeno, nei reati punibili a querela,
istanza o richiesta, il termine della prescrizione decorre dal giorno
del commesso reato.
Art.
159
-
Sospensione del corso della prescrizione -
Il
corso della prescrizione rimane sospeso nei casi di autorizzazione a
procedere, o di questione deferita ad altro giudizio, e in ogni caso
in cui la sospensione del procedimento penale o dei termini di custodia
cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge (1).
La
sospensione del corso della prescrizione, nei casi di autorizzazione
a procedere di cui al primo comma, si verifica dal momento in cui il
pubblico ministero effettua la relativa richiesta.
La
prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa
della sospensione. In caso di autorizzazione a procedere, il corso della
prescrizione riprende dal giorno in cui l'autorità competente accoglie
la richiesta.
Articolo
modificato dall'art. 1, L. 5 ottobre 1991, n. 320.
(1)Comma
così modificato dall'art. 15, comma 2, L. 8 agosto 1995, n. 332.
Art.
160
-
Interruzione del corso della prescrizione -
Il
corso della prescrizione è interrotto dalla sentenza di condanna o dal
decreto di condanna.
Interrompono
pure la prescrizione l'ordinanza che applica le misure cautelari personali
e quella di convalida del fermo o dell'arresto, l'interrogatorio reso
davanti al pubblico ministero o al giudice, l'invito a presentarsi al
pubblico ministero per rendere l'interrogatorio, il provvedimento del
giudice di fissazione dell'udienza in camera di consiglio per la decisione
sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio,
il decreto di fissazione della udienza preliminare, l'ordinanza che
dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione della udienza
per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione
o la citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone
il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio e il decreto
di citazione a giudizio (1).
La
prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno della
interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre
dall'ultimo di essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo
157 possono essere prolungati oltre la metà.
(1)
Comma così sostituito dall'art. 239 delle disposizioni di coordinamento
del codice di procedura penale.
Art.
161
-
Effetti della sospensione e della interruzione -
La
sospensione e la interruzione della prescrizione hanno effetto per tutti
coloro che hanno commesso il reato.
Quando
per più reati connessi si procede congiuntamente, la sospensione o la
interruzione della prescrizione per taluno di essi ha effetto anche
per gli altri.
Art.
162
-
Oblazione nelle contravvenzioni -
Nelle
contravvenzioni, per le quali la legge stabilisce la sola pena dell'ammenda,
il contravventore è ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento,
ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla
terza parte del massimo della pena stabilita dalla legge per la contravvenzione
commessa, oltre le spese del procedimento.
Il
pagamento estingue il reato.
Articolo
così sostituito dall'art. 7, D.Lgs.Lgt. 5 ottobre 1945, n. 679.
Art.
162 bis
-
Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative -
Nelle
contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa
dell'arresto o dell'ammenda, il contravventore può essere ammesso a
pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto
di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda
stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese
del procedimento.
Con
la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma corrispondente
alla metà del massimo dell'ammenda.
L'oblazione
non è ammessa quando ricorrono i casi previsti dal terzo capoverso dell'articolo
99, dall'articolo 104 o dall'articolo 105, nè quando permangono conseguenze
dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore.
In
ogni altro caso il giudice può respingere con ordinanza la domanda di
oblazione, avuto riguardo alla gravità del fatto.
La
domanda può essere riproposta fino all'inizio della discussione finale
del dibattimento di primo grado.
Il
pagamento delle somme indicate nella prima parte del presente articolo
estingue il reato.
Articolo
aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
163
-
Sospensione condizionale della pena -
Nel
pronunciare sentenza di condanna alla reclusione o all'arresto per un
tempo non superiore a due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o
congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo 135,
sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un
tempo non superiore, nel complesso, a due anni, il giudice può ordinare
che l'esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque
anni se la condanna è per delitto e di due anni se la condanna è per
contravvenzione.
Se
il reato è stato commesso da un minore degli anni diciotto, la sospensione
può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà
personale non superiore a tre anni, ovvero una pena pecuniaria che,
sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo
135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per
un tempo non superiore, nel complesso, a tre anni.
Se
il reato è stato commesso da persona di età superiore agli anni diciotto
ma inferiore agli anni ventuno o da chi ha compiuto gli anni settanta,
la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva
della libertà personale non superiore a due anni e sei mesi ovvero una
pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata
a norma dell'articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della
libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni
e sei mesi.
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
164
-
Limiti entro i quali è ammessa la sospensione condizionale della pena
-
La
sospensione condizionale della pena è ammessa soltanto se, avuto riguardo
alle circostanze indicate nell'art. 133, il giudice presume che il colpevole
si asterrà dal commettere ulteriori reati.
La
sospensione condizionale della pena non può essere conceduta:
1)
a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto,
anche se è intervenuta la riabilitazione, nè al delinquente o contravventore
abituale o professionale;
2)
allorchè alla pena inflitta deve essere aggiunta una misura di sicurezza
personale, perchè il reo è persona che la legge presume socialmente
pericolosa.
La
sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di
sicurezza, tranne che si tratti della confisca.
La
sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una
volta. Tuttavia il giudice, nell'infliggere una nuova condanna, può
disporre la sospensione condizionale qualora la pena da infliggere,
cumulata con quella irrogata con la precedente condanna anche per delitto,
non superi i limiti stabiliti dall'articolo 163 (1).
Articolo
così sostituito dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 28 aprile 1976, n. 95, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma di questo articolo
nella parte in cui non consente la concessione della sospensione condizionale
della pena a chi ha già riportato una precedente condanna a pena detentiva
per delitto non sospesa, qualora la pena da infliggere cumulata con
quella irrogata con la condanna precedente non superi i limiti stabiliti
dall'art. 163 del codice penale.
Art.
165
-
Obblighi del condannato -
La
sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'adempimento
dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata
a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare
di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione
del danno; può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga
altrimenti, all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
del reato, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di
condanna.
La
sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona che
ne ha già usufruito, deve essere subordinata all'adempimento di uno
degli obblighi previsti nel comma precedente, salvo che ciò sia impossibile.
Il
giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi
devono essere adempiuti.
Articolo
così sostituto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
166
-
Effetti della sospensione -
La
sospensione condizionale della pena si estende alle pene accessorie.
La
condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire in alcun
caso, di per sè sola, motivo per l'applicazione di misure di prevenzione,
nè d'impedimento all'accesso a posti di lavoro pubblici o privati tranne
i casi specificamente previsti dalla legge, nè per il diniego di concessioni,
di licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa.
Articolo
così sostituito dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.
Art.
167
-
Estinzione del reato -
Se,
nei termini stabiliti, il condannato non commette un delitto, ovvero
una contravvenzione della stessa indole, ed adempie gli obblighi impostigli,
il reato è estinto.
Il
tal caso non ha luogo la esecuzione delle pene (1).
(1)Comma
così sostituito dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.
Art.
168
-
Revoca della sospensione -
Salva
la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 164, la sospensione condizionale
della pena è revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti, il
condannato:
1)
commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole,
per cui venga inflitta una pena detentiva, o non adempia agli obblighi
impostigli;
2)
riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena
che, cumulata a quella pecedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti
dall'art. 163.
Qualora
il condannato riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente
commesso, a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, non
supera i limiti stabiliti dall'art. 163, il giudice, tenuto conto dell'indole
e della gravità del reato, può revocare l'ordine di sospensione condizionale
della pena.
Articolo
così sostituito dal D.L. 11 aprile 1974, n. 99.
Art.
169
-
Perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto -
Se,
per il reato commesso dal minore degli anni diciotto, la legge stabilisce
una pena restrittiva della libertà personale non superiore nel massimo
a due anni ovvero una pena pecuniaria non superiore nel massimo a lire
tre milioni (1) , anche se congiunta a detta pena, il giudice può astenersi
dal pronunciare il rinvio a giudizio, quando, avuto riguardo alle circostanze
indicate nell'articolo 133, presume che il colpevole si asterrà dal
commettere ulteriori reati.
Qualora
si proceda al giudizio, il giudice può, nella sentenza, per gli stessi
motivi, astenersi dal pronunciare condanna.
Le
disposizioni precedenti non si applicano nei casi preveduti dal n. 1
del primo capoverso dell'articolo 164.
Il
perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta (2) .
La
Corte costituzionale, con sentenza 5 luglio 1973, n. 108, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui
non consente che possa estendersi il perdono giudiziale ad altri reati
che si legano col vincolo della continuazione a quelli per i quali è
stato concesso il beneficio.
(1)
Importo ora stabilito dall'art. 19, R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404,
nel testo modificato dall'art. 112, L. 24 novembre 1981, n. 689.
(2)
La Corte costituzionale, con sentenza 7 luglio 1976, n. 154, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui
esclude che possa concedersi un nuovo perdono giudiziale in caso di
reato commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono, e di pena
che, cumulata con quella precedente, non superi i limiti di applicabilità
del beneficio.
Art.
170
-
Estinzione di un reato che sia presupposto, elemento costitutivo o
circostanza
aggravante di un altro reato -
Quando
un reato è il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue
non si estende all'altro reato.
La
causa estintiva di un reato, che è elemento costitutivo o circostanza
aggravante di un reato complesso, non si estende al reato complesso.
L'estinzione
di taluno fra più reati connessi non esclude, per gli altri, l'aggravamento
di pena derivante dalla connessione.
Capo
II: DELLA ESTINZIONE DELLA PENA
Art.
171
-
Morte del reo dopo la condanna -
La
morte del reo, avvenuta dopo la condanna, estingue la pena.
Art.
172
-
Estinzione delle pene della reclusione e della multa per decorso del
tempo -
La
pena della reclusione si estingue col decorso di un tempo pari al doppio
della pena inflitta e, in ogni caso, non superiore a trenta e non inferiore
a dieci anni.
La
pena della multa si estingue nel termine di dieci anni.
Quando,
congiuntamente alla pena della reclusione, è inflitta la pena della
multa, per l'estinzione dell'una e dell'altra pena si ha riguardo soltanto
al decorso del tempo stabilito per la reclusione.
Il
termine decorre dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile,
ovvero dal giorno in cui il condannato si è sottratto volontariamente
alla esecuzione già iniziata della pena.
Se
l'esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o
al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per la estinzione
della pena decorre dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione
si è verificata.
Nel
caso di concorso di reati si ha riguardo, per l'estinzione della pena,
a ciascuno di essi, anche se le pene sono state inflitte con la medesima
sentenza.
L'estinzione
delle pene non ha luogo, se si tratta di recidivi, nei casi preveduti
dai capoversi dell'articolo 99, o di delinquenti abituali, professionali
o per tendenza; ovvero se il condannato, durante il tempo necessario
per l'estinzione della pena, riporta una condanna alla reclusione per
un delitto della stessa indole.
Art.
173
-
Estinzione delle pene dell'arresto e dell'ammenda per decorso del tempo
-
Le
pene dell'arresto e dell'ammenda si estinguono nel termine di cinque
anni. Tale termine è raddoppiato se si tratta di recidivi, nei casi
preveduti dai capoversi dell'articolo 99, ovvero di delinquenti abituali,
professionali o per tendenza.
Se,
congiuntamente alla pena dell'arresto, è inflitta la pena dell'ammenda,
per l'estinzione dell'una e dell'altra pena si ha riguardo soltanto
al decorso del termine stabilito per l'arresto.
Per
la decorrenza del termine si applicano le disposizioni del terzo, quarto
e quinto capoverso dell'articolo precedente.
Art.
174
-
Indulto e grazia -
L'indulto
o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta
in un'altra specie di pena stabilita dalla legge. Non estingue le pene
accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente, e neppure gli
altri effetti penali della condanna.
Nel
concorso di più reati, l'indulto si applica una sola volta, dopo cumulate
le pene, secondo le norme concernenti il concorso dei reati.
Si
osservano, per l'indulto, le disposizioni contenute nei tre ultimi capoversi
dell'articolo 151.
Art.
175
-
Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale
-
Se,
con una prima condanna, è inflitta una pena detentiva non superiore
a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a un milione, il
giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133, può
ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato
del casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati, non per ragione
di diritto elettorale (1).
La
non menzione della condanna può essere altresì concessa quando è inflitta
congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni ed una pena
pecuniaria che, ragguagliata a norma dell'articolo 135 e cumulata alla
pena detentiva, priverebbe complessivamente il condannato della libertà
personale per un tempo non superiore a trenta mesi.
Se
il condannato commette successivamente un delitto, l'ordine di non far
menzione della condanna precedente è revocato.
Le
disposizioni di questo articolo non si applicano quando alla condanna
conseguono pene accessorie (2).
Articolo
sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 7 giugno 1984, n. 155, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma ( nel testo sostituito
dalla L. n. 689/1981) , nella parte in cui esclude che possano concedersi
ulteriori non menzioni di condanne nel certificato del casellario giudiziale
spedito a richiesta di privati, nel caso di condanne, per reati anteriormente
commessi, a pene che, cumulate con quelle già irrogate, non superino
i limiti di applicabilità del beneficio. Successivamente la stessa Corte,
con sentenza 17 marzo 1988, n. 304, ha dichiarato l'illegittimità del
comma nella parte in cui prevede che la non menzione nel certificato
del casellario giudiziale di condanna a sola pena pecuniaria possa essere
ordinata dal giudice quando non sia superiore a un milione, anzichè
a somma pari a quella risultante dal ragguaglio della pena detentiva
di anni due, a norma dell'art. 135 cod. pen.
(2)
Comma è stato abrogato dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19.
Art.
176
-
Liberazione condizionale -
Il
condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della
pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo
ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha
scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli,
qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni.
Se
si tratta di recidivo, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo
99, il condannato, per essere ammesso alla liberazione condizionale,
deve avere scontato almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti
della pena inflittagli.
Il
condannato all'ergastolo può essere ammesso alla liberazione condizionale
quando abbia scontato almeno ventisei anni di pena.
La
concessione della liberazione condizionale è subordinata all'adempimento
delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato
dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle.
Art.
177
-
Revoca della liberazione condizionale o estinzione della pena -
Nei
confronti del condannato ammesso alla liberazione condizionale resta
sospesa la esecuzione della misura di sicurezza detentiva cui il condannato
stesso sia stato sottoposto con la sentenza di condanna o con un provvedimento
successivo. La liberazione condizionale è revocata, se la persona liberata
commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole, ovvero
trasgredisce agli obblighi inerenti alla libertà vigilata, disposta
a termini dell'articolo 230, n. 2. In tal caso, il tempo trascorso in
libertà condizionale non è computato nella durata della pena e il condannato
non può essere riammesso alla liberazione condizionale (1) .
Decorso
tutto il tempo della pena inflitta, ovvero cinque anni dalla data del
provvedimento di liberazione condizionale, se trattasi di condannato
all'ergastolo, senza che sia intervenuta alcuna causa di revoca, la
pena rimane estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali,
ordinate dal giudice con la sentenza di condanna o con provvedimento
successivo.
Articolo
così modificato dalla L. 25 novembre 1962, n. 1634.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 25 maggio 1989, n. 282, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui,
nel caso di revoca della liberazione condizionale, non consente al tribunale
di sorveglianza di determinare la pena detentiva ancora da espiare,
tenendo conto del tempo trascorso in libertà condizionale nonchè delle
restrizioni di libertà subite dal condannato e del suo comportamento
durante tale periodo. Successivamente la stessa Corte, con sentenza
4 giugno 1997, n. 161, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
del presente comma, ultimo periodo, nella parte in cui non prevede che
il condannato alla pena dell'ergastolo, cui sia stata revocata la liberazione
condizionale, possa essere nuovamente ammesso a fruire del beneficio
ove ne sussistano i relativi presupposti.
Art.
178
-
Riabilitazione -
La
riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale
della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti.
Art.
179
-
Condizioni per la riabilitazione -
La
riabilitazione è conceduta quando siano decorsi cinque anni dal giorno
in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta,
e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Il termine è di dieci anni se si tratta di recidivi, nei casi preveduti
dai capoversi dell'articolo 99.
Il
termine è, parimenti, di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali,
professionali o per tendenza e decorre dal giorno in cui sia stato revocato
l'ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
La
riabilitazione non può essere conceduta quando il condannato:
1)
sia stato sottoposto a misura di sicurezza, tranne che si tratti di
espulsione dello straniero dallo Stato ovvero di confisca, e il provvedimento
non sia stato revocato;
2)
non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo
che dimostri di trovarsi nella impossibilità di adempierle.
Art.
180
-
Revoca della sentenza di riabilitazione -
La
sentenza di riabilitazione è revocata di diritto se la persona riabilitata
commette entro cinque anni un delitto non colposo, per il quale sia
inflitta la pena della reclusione per un tempo non inferiore a tre anni,
od un'altra pena più grave.
Art.
181
-
Riabilitazione nel caso di condanna all'estero -
Le
disposizioni relative alla riabilitazione si applicano anche nel caso
di sentenze straniere di condanna, riconosciute a norma dell'articolo
12.
Capo
III: DISPOSIZIONI COMUNI
Art.
182
-
Effetti delle cause di estinzione del reato o della pena -
Salvo
che la legge disponga altrimenti, l'estinzione del reato o della pena
ha effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce.
Art.
183
-
Concorso di cause estintive -
Le
cause di estinzione del reato o della pena operano nel momento in cui
esse intervengono.
Nel
concorso di una causa che estingue il reato con una causa che estingue
la pena, prevale la causa che estingue il reato, anche se è intervenuta
successivamente.
Quando
intervengono in tempi diversi più cause di estinzione del reato o della
pena, la causa antecedente estingue il reato o la pena, e quelle successive
fanno cessare gli effetti che non siano ancora estinti in conseguenza
della causa antecedente.
Se
più cause intervengono contemporaneamente, la causa più favorevole opera
l'estinzione del reato o della pena; ma anche in tal caso, per gli effetti
che non siano estinti in conseguenza della causa più favorevole, si
applica il capoverso precedente.
Art.
184
-
Estinzione della pena di morte, dell'ergastolo o di pene temporanee
nel caso di concorso di reati -
Quando,
per effetto di amnistia, indulto o grazia, la pena di morte o dell'ergastolo
è estinta, la pena detentiva temporanea, inflitta per il reato concorrente,
è eseguita per intero. Nondimeno, se il condannato ha già interamente
subito l'isolamento diurno, applicato a norma del capoverso dell'articolo
72, la pena per il reato concorrente è ridotta alla metà; ed è estinta,
se il condannato è stato detenuto per oltre trenta anni.
Se,
per effetto di alcuna delle dette cause estintive, non deve essere scontata
la pena detentiva temporanea inflitta, per il reato concorrente, al
condannato all'ergastolo, non si applica l'isolamento diurno, stabilito
nel capoverso dell'articolo 72. Se la pena detentiva deve essere scontata
solo in parte, il periodo dell'isolamento diurno, applicato a norma
del predetto articolo, può essere ridotto fino a tre mesi.
Titolo
VII: DELLE SANZIONI CIVILI
Art.
185
-
Restituzioni e risarcimento del danno -
Ogni
reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili.
Ogni
reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale,
obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle
leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui.
Art.
186
-
Riparazione del danno mediante pubblicazione della sentenza di condanna
-
Oltre
quanto prescritto nell'articolo precedente e in altre disposizioni di
legge, ogni reato obbliga il colpevole alla pubblicazione, a sue spese,
della sentenza di condanna, qualora la pubblicazione costituisca un
mezzo per riparare il danno non patrimoniale cagionato dal reato.
Art.
187
-
Indivisibilità e solidarietà nelle obbligazioni "ex delicto" -
L'obbligo
alle restituzioni e alla pubblicazione della sentenza penale di condanna
è indivisibile.
I
condannati per uno stesso reato sono obbligati in solido al risarcimento
del danno patrimoniale o non patrimoniale.
Art.
188
-
Spese per il mantenimento del condannato. Obbligo al rimborso -
Il
condannato è obbligato a rimborsare all'erario dello Stato le spese
per il suo mantenimento negli stabilimenti di pena, e risponde di tale
obbligazione con tutti i suoi beni mobili e immobili, presenti e futuri,
a norma delle leggi civili.
L'obbligazione
non si estende alla persona civilmente responsabile, e non si trasmette
agli eredi del condannato.
Art.
189
-
Ipoteca legale; sequestro -
Lo
Stato ha ipoteca legale sui beni dell'imputato a garanzia del pagamento:
1)
delle pene pecuniarie e di ogni altra somma dovuta all'erario dello
Stato;
2)
delle spese del procedimento;
3)
delle spese relative al mantenimento del condannato negli stabilimenti
di pena;
4)
delle spese sostenute da un pubblico istituto sanitario, a titolo di
cura e di alimenti per la persona offesa, durante l'infermità;
5)
delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno, comprese le spese
processuali;
6)
delle spese anticipate dal difensore e delle somme a lui dovute a titolo
di onorario.
L'ipoteca
legale non pregiudica il diritto degli interessati a iscrivere ipoteca
giudiziale, dopo la sentenza di condanna, anche se non divenuta irrevocabile.
Se
vi è fondata ragione di temere che manchino o si disperdano le garanzie
delle obbligazioni per le quali è ammessa l'ipoteca legale, può essere
ordinato il sequestro dei beni mobili dell'imputato.
Gli
effetti dell'ipoteca o del sequestro cessano con la sentenza irrevocabile
di proscioglimento.
Se
l'imputato offre cauzione, può non farsi luogo alla iscrizione della
ipoteca legale o al sequestro.
Per
effetto del sequestro i crediti indicati in questo articolo si considerano
privilegiati rispetto ad ogni altro credito non privilegiato di data
anteriore e ai crediti sorti posteriormente, salvi, in ogni caso, i
privilegi stabiliti a garanzia del pagamento di tributi.
Art.
190
-
Garanzie sui beni della persona civilmente responsabile -
Le
garanzie stabilite nell'articolo precedente si estendono anche ai beni
della persona civilmente responsabile, limitatamente ai crediti indicati
nei numeri 2, 4 e 5 del predetto articolo, qualora, per la ipoteca legale,
sussistano le condizioni richieste per la iscrizione sui beni dell'imputato,
e qualora, per il sequestro, concorrano, riguardo alla persona civilmente
responsabile, le circostanze indicate nel secondo capoverso dell'articolo
precedente.
Art.
191
-
Ordine dei crediti garantiti con ipoteca o sequestro -
Sul
prezzo degli immobili ipotecati e dei mobili sequestrati a norma dei
due articoli precedenti, e sulle somme versate a titolo di cauzione
e non devolute alla Cassa delle ammende, sono pagate nell'ordine seguente:
1)
le spese sostenute da un pubblico istituto sanitario, a titolo di cura
e di alimenti per la persona offesa, durante l'infermità;
2)
le somme dovute a titolo di risarcimento di danni e di spese processuali
al danneggiato, purchè il pagamento ne sia richiesto entro un anno dal
giorno in cui la sentenza penale di condanna sia divenuta irrevocabile;
3)
le spese anticipate dal difensore del condannato e la somma a lui dovuta
a titolo di onorario;
4)
le spese del procedimento;
5)
le spese per il mantenimento del condannato negli stabilimenti di pena.
Se
l'esecuzione della pena non ha ancora avuto luogo, in tutto o in parte,
è depositata nella Cassa delle ammende una somma presumibilmente adeguata
alle spese predette;
6)
le pene pecuniarie e ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato.
Art.
192
-
Atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo il reato -
Gli
atti a titolo gratuito, compiuti dal colpevole dopo il reato, non hanno
efficacia rispetto ai crediti indicati nell'articolo 189.
Art.
193
-
Atti a titolo oneroso compiuti dal colpevole dopo il reato -
Gli
atti a titolo oneroso, eccedenti la semplice amministrazione ovvero
la gestione dell'ordinario commercio, i quali siano compiuti dal colpevole
dopo il reato, si presumono fatti in frode rispetto ai crediti indicati
nell'articolo 189.
Nondimeno,
per la revoca dell'atto, è necessaria la prova della mala fede dell'altro
contraente.
Art.
194
-
Atti a titolo oneroso o gratuito compiuti dal colpevole prima del reato
-
Gli
atti a titolo gratuito, compiuti dal colpevole prima del reato, non
sono efficaci rispetto ai crediti indicati nell'articolo 189, qualora
si provi che furono da lui compiuti in frode.
La
stessa disposizione si applica agli atti a titolo oneroso eccedenti
la semplice amministrazione ovvero la gestione dell'ordinario commercio;
nondimeno, per la revoca dell'atto a titolo oneroso, è necessaria la
prova anche della mala fede dell'altro contraente.
Le
disposizioni di questo articolo non si applicano per gli atti anteriori
di un anno al commesso reato.
Art.
195
-
Diritti dei terzi -
Nei
casi preveduti dai tre articoli precedenti, i diritti dei terzi sono
regolati dalle leggi civili.
Art.
196
-
Obbligazione civile per le multe e le ammende inflitte a persona dipendente
-
Nei
reati commessi da chi è soggetto all'altrui autorità, direzione o vigilanza,
la persona rivestita dell'autorità, o incaricata della direzione o vigilanza,
è obbligata, in caso di insolvibilità del condannato, al pagamento di
una somma pari all'ammontare della multa o dell'ammenda inflitta al
colpevole, se si tratta di violazioni di disposizioni che essa era tenuta
a far osservare, e delle quali non debba rispondere penalmente.
Qualora
la persona preposta risulti insolvibile, si applicano al condannato
le disposizioni dell'art. 136.
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
197
-
Obbligazione civile delle persone giuridiche per il pagamento delle
multe e delle ammende -
Gli
enti forniti di personalità giuridica, eccettuati lo Stato, le regioni,
le province ed i comuni, qualora sia pronunciata condanna per reato
contro chi ne abbia la rappresentanza o l'amministrazione, o sia con
essi in rapporto di dipendenza, e si tratti di reato che costituisca
violazione degli obblighi inerenti alla qualità rivestita dal colpevole,
ovvero sia commesso nell'interesse della persona giuridica, sono obbligati
al pagamento, in caso di insolvibilità del condannato, di una somma
pari all'ammontare della multa o dell'ammenda inflitta.
Se
tale obbligazione non può essere adempiuta, si applicano al condannato
le disposizioni dell'articolo 136.
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
198
-
Effetti della estinzione del reato o della pena sulle obbligazioni civili
-
L'estinzione
del reato o della pena non importa la estinzione delle obbligazioni
civili derivanti dal reato, salvo che si tratti delle obbligazioni indicate
nei due articoli precedenti.
Titolo
VIII: DELLE MISURE AMMINISTRATIVE DI SICUREZZA
Capo
I: DELLE MISURE DI SICUREZZA PERSONALI
Sezione
I: DISPOSIZIONI GENERALI
Art.
199
-
Sottoposizione a misure di sicurezza: disposizione espressa di legge
-
Nessuno
può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente
stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti.
Art.
200
-
Applicabilità delle misure di sicurezza rispetto al tempo, al territorio
e alle persone -
Le
misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della
loro applicazione.
Se
la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa,
si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione.
Le
misure di sicurezza si applicano anche agli stranieri, che si trovano
nel territorio dello Stato.
Tuttavia
l'applicazione di misure di sicurezza allo straniero non impedisce l'espulsione
di lui dal territorio dello Stato, a norma delle leggi di pubblica sicurezza.
Art.
201
-
Misure di sicurezza per fatti commessi all'estero -
Quando,
per un fatto commesso all'estero, si procede o si rinnova il giudizio
nello Stato, è applicabile la legge italiana anche riguardo alle misure
di sicurezza.
Nel
caso indicato nell'articolo 12, n. 3, l'applicazione delle misure di
sicurezza stabilite dalla legge italiana è sempre subordinata all'accertamento
che la persona sia socialmente pericolosa.
Art.
202
-
Applicabilità delle misure di sicurezza -
Le
misure di sicurezza possono essere applicate soltanto alle persone socialmente
pericolose, che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come
reato.
La
legge penale determina i casi nei quali a persone socialmente pericolose
possono essere applicate misure di sicurezza per un fatto non preveduto
dalla legge come reato.
Art.
203
-
Pericolosità sociale -
Agli
effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche
se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti
indicati nell'articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi
fatti preveduti dalla legge come reati.
La
qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze
indicate nell'articolo 133.
Art.
204
Articolo
abrogato dalla L. 10 ottobre 1986, n. 663.
Art.
205
-
Provvedimento del giudice -
Le
misure di sicurezza sono ordinate dal giudice nella stessa sentenza
di condanna o di proscioglimento.
Possono
essere ordinate con provvedimento successivo:
1)
nel caso di condanna, durante l'esecuzione della pena o durante il tempo
in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della
pena;
2)
nel caso di proscioglimento, qualora la qualità di persona socialmente
pericolosa sia presunta, e non sia decorso un tempo corrispondente alla
durata minima della relativa misura di sicurezza (1);
3)
in ogni tempo, nei casi stabiliti dalla legge.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 27 luglio 1982, n. 139, la Corte
cost. ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente cpv.
n. 2, nella parte in cui non subordinano il provvedimento di ricovero
in ospedale psichiatrico giudiziario dell'imputato prosciolto per infermità
psichica al previo accertamento da parte del giudice della cognizione
o della esecuzione della persistente pericolosità sociale derivante
dalla infermità medesima al tempo dell'applicazione della misura.
Art.
206
-
Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza -
Durante
la istruzione o il giudizio, può disporsi che il minore di età, o l'infermo
di mente, o l'ubriaco abituale, o la persona dedita all'uso di sostanze
stupefacenti, o in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool
o da sostanze stupefacenti, siano provvisoriamente ricoverati in un
riformatorio, o in un manicomio giudiziale, o in una casa di cura e
di custodia.
Il
giudice revoca l'ordine, quando ritenga che tali persone non siano più
socialmente pericolose.
Il
tempo dell'esecuzione provvisoria della misura di sicurezza è computato
nella durata minima di essa.
Art.
207
-
Revoca delle misure di sicurezza personali -
Le
misure di sicurezza non possono essere revocate se le persone ad esse
sottoposte non hanno cessato di essere socialmente pericolose.
La
revoca non può essere ordinata se non è decorso un tempo corrispondente
alla durata minima stabilita dalla legge per ciascuna misura di sicurezza
(1).
L'articolo
comprendeva un terzo comma abrogato dalla L. 26 luglio 1975, n. 354,
che precedentemente, la Corte costituzionale, con sentenza 23 aprile
1974, n. 110, aveva dichiarato illegittimo nella parte in cui attribuiva
al Ministro di grazia e giustizia - anzichè al giudice di sorveglianza
- il potere di revocare le misure di sicurezza.
(1)La
Corte costituzionale, con sentenza 23 aprile 1974, n. 110, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui non
consente la revoca delle misure di sicurezza prima che sia decorso il
tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge.
Art.
208
-
Riesame della pericolosità -
Decorso
il periodo minimo di durata, stabilito dalla legge per ciascuna misura
di sicurezza, il giudice riprende in esame le condizioni della persona
che vi è sottoposta, per stabilire se essa è ancora socialmente pericolosa.
Qualora
la persona risulti ancora pericolosa, il giudice fissa un nuovo termine
per un esame ulteriore. Nondimeno, quando vi sia ragione di ritenere
che il pericolo sia cessato, il giudice può, in ogni tempo, procedere
a nuovi accertamenti.
Art.
209
-
Persona giudicata per più fatti -
Quando
una persona ha commesso, anche in tempi diversi, più fatti per i quali
siano applicabili più misure di sicurezza della medesima specie, è ordinata
una sola misura di sicurezza.
Se
le misure di sicurezza sono di specie diversa, il giudice valuta complessivamente
il pericolo che deriva dalla persona e, in relazione ad esso, applica
una o più delle misure di sicurezza stabilite dalla legge.
Sono
in ogni caso applicate le misure di sicurezza detentive, alle quali
debba essere sottoposta la persona, a cagione del pericolo presunto
dalla legge.
Le
disposizioni precedenti si applicano anche nel caso di misure di sicurezza
in corso di esecuzione, o delle quali non siasi ancora iniziata l'esecuzione.
Art.
210
-
Effetti della estinzione del reato o della pena -
La
estinzione del reato impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza
e ne fa cessare l'esecuzione.
L'estinzione
della pena impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza, eccetto
quelle per le quali la legge stabilisce che possono essere ordinate
in ogni tempo, ma non impedisce l'esecuzione delle misure di sicurezza
che sono state già ordinate dal giudice come misure accessorie di una
condanna alla pena della reclusione superiore a dieci anni. Nondimeno,
alla colonia agricola e alla casa di lavoro è sostituita la libertà
vigilata.
Qualora
per effetto di indulto o di grazia non debba essere eseguita la pena
di morte (1) , ovvero, in tutto o in parte, la pena dell'ergastolo,
il condannato è sottoposto a libertà vigilata per un tempo non inferiore
a tre anni.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
211
-
Esecuzione delle misure di sicurezza -
Le
misure di sicurezza aggiunte a una pena detentiva sono eseguite dopo
che la pena è stata scontata o è altrimenti estinta.
Le
misure di sicurezza, aggiunte a pena non detentiva, sono eseguite dopo
che la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile.
L'esecuzione
delle misure di sicurezza temporanee non detentive, aggiunte a misure
di sicurezza detentive, ha luogo dopo la esecuzione di queste ultime.
Art.
212
-
Casi di sospensione o di trasformazione di misure di sicurezza -
L'esecuzione
di una misura di sicurezza applicata a persona imputabile è sospesa
se questa deve scontare una pena detentiva, e riprende il suo corso
dopo l'esecuzione della pena.
Se
la persona sottoposta a una misura di sicurezza detentiva è colpita
da un'infermità psichica, il giudice ne ordina il ricovero in un manicomio
giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia.
Quando
sia cessata la infermità, il giudice, accertato che la persona è socialmente
pericolosa, ordina che essa sia assegnata ad una colonia agricola o
ad una casa di lavoro, ovvero a un riformatorio giudiziario, se non
crede di sottoporla a libertà vigilata.
Se
l'infermità psichica colpisce persona sottoposta a misura di sicurezza
non detentiva o a cauzione di buona condotta, e l'infermo viene ricoverato
in un manicomio comune, cessa l'esecuzione di dette misure. Nondimeno,
se si tratta di persona sottoposta a misura di sicurezza personale non
detentiva, il giudice, cessata l'infermità, procede a nuovo accertamento
ed applica una misura di sicurezza personale non detentiva qualora la
persona risulti ancora pericolosa.
Art.
213
-
Stabilimenti destinati alla esecuzione delle misure di sicurezza detentive.
Regime educativo, curativo e di lavoro -
Le
misure di sicurezza detentive sono eseguite negli stabilimenti a ciò
destinati.
Le
donne sono assegnate a stabilimenti separati da quelli destinati agli
uomini.
In
ciascuno degli stabilimenti è adottato un particolare regime educativo
o curativo e di lavoro, avuto riguardo alle tendenze e alle abitudini
criminose della persona e, in genere, al pericolo sociale che da essa
deriva.
Il
lavoro è remunerato. Dalla remunerazione è prelevata una quota per il
rimborso delle spese di mantenimento.
Per
quanto concerne il mantenimento dei ricoverati nei manicomi giudiziari,
si osservano le disposizioni sul rimborso delle spese di spedalità.
Art.
214
-
Inosservanza delle misure di sicurezza detentive -
Nel
caso in cui la persona sottoposta a misura di sicurezza detentiva si
sottrae volontariamente alla esecuzione di essa, ricomincia a decorrere
il periodo minimo di durata della misura di sicurezza dal giorno in
cui a questa è data nuovamente esecuzione.
Tale
disposizione non si applica nel caso di persona ricoverata in un manicomio
giudiziario o in una casa di cura e di custodia.
Sezione
II: DISPOSIZIONI SPECIALI
Art.
215
-
Specie -
Le
misure di sicurezza personali si distinguono in detentive e non detentive.
Sono
misure di sicurezza detentive:
1)
l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro;
2)
il ricovero in una casa di cura e di custodia;
3)
il ricorso in un manicomio giudiziario;
4)
il ricovero in un riformatorio giudiziario.
Sono
misure di sicurezza non detentive:
1)
la libertà vigilata:
2)
il divieto di soggiorno in uno o più Comuni, o in una o più Province;
3)
il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche;
4)
l'espulsione dello straniero dallo Stato.
Quando
la legge stabilisce una misura di sicurezza senza indicarne la specie,
il giudice dispone che si applichi la libertà vigilata, a meno che,
trattandosi di un condannato per delitto, ritenga di disporre l'assegnazione
di lui a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
Art.
216
-
Assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro -
Sono
assegnati ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro:
1)
coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali
o per tendenza;
2)
coloro che, essendo stati dichiarati delinquenti abituali, professionali
o per tendenza, e non essendo più sottoposti a misura di sicurezza,
commettono un nuovo delitto, non colposo, che sia nuova manifestazione
della abitualità, della professionalità o della tendenza a delinquere;
3)
le persone condannate o prosciolte, negli altri casi indicati espressamente
nella legge.
Art.
217
-
Durata minima -
La
assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro ha la durata
minima di un anno. Per i delinquenti abituali, la durata minima è di
due anni, per i delinquenti professionali di tre anni, ed è di quattro
anni per i delinquenti per tendenza.
Art.
218
-
Esecuzione -
Nelle
colonie agricole e nelle case di lavoro i delinquenti abituali o professionali
e quelli per tendenza sono assegnati a sezioni speciali.
Il
giudice stabilisce se la misura di sicurezza debba essere eseguita in
una colonia agricola, ovvero in una casa di lavoro, tenuto conto delle
condizioni e attitudini della persona a cui il provvedimento si riferisce.
Il provvedimento può essere modificato nel corso della esecuzione.
Art.
219
-
Assegnazione a una casa di cura e di custodia -
Il
condannato, per un delitto non colposo, a una pena diminuita per cagione
di infermità psichica, o di cronica intossicazione da alcool o da sostanze
stupefacenti, ovvero per cagione di sordomutismo, è ricoverato in una
casa di cura e di custodia per un tempo non inferiore a un anno, quando
la pena stabilita dalla legge non è inferiore nel minimo a cinque anni
di reclusione (1) .
Se
per il delitto commesso è stabilita dalla legge la pena di morte (2)
o la pena dell'ergastolo, ovvero la reclusione non inferiore nel minimo
a dieci anni, la misura di sicurezza è ordinata per un tempo non inferiore
a tre anni (1).
Se
si tratta di un altro reato, per il quale la legge stabilisce la pena
detentiva, e risulta che il condannato è persona socialmente pericolosa,
il ricovero in una casa di cura e di custodia è ordinato per un tempo
non inferiore a sei mesi; tuttavia il giudice può sostituire alla misura
del ricovero quella della libertà vigilata. Tale sostituzione non ha
luogo, qualora si tratti di condannati a pena diminuita per intossicazione
cronica da alcool o da sostanze stupefacenti (3).
Quando
deve essere ordinato il ricovero in una casa di cura e di custodia,
non si applica altra misura di sicurezza detentiva.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 28 luglio 1983, n. 249, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del primo comma nella parte in cui non
subordina il provvedimento di ricovero in una casa di cura e di custodia
dell'imputato condannato per delitto non colposo ad una pena diminuita
per cagione di infermità psichica al previo accertamento da parte del
giudice della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità
medesima, al tempo dell'applicazione della misura di sicurezza, e ai
sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, del secondo comma
nella parte in cui non subordina il provvedimento di ricovero in una
casa di cura e di custodia dell'imputato condannato ad una pena diminuita
per cagione di infermità psichica per un delitto per il quale è stabilita
dalla legge la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore
nel minimo a dieci anni, al previo accertamento da parte del giudice
della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima,
al tempo della applicazione della misura di sicurezza.
(2)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
(3)
La Corte costituzionale, con sentenza 13 dicembre 1988, n. 1102, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte
in cui, per i casi ivi previsti, subordina il provvedimento di ricovero
in una casa di cura e di custodia al previo accertamento della pericolosità
sociale derivante dalla seminfermità di mente, soltanto nel momento
in cui la misura di sicurezza viene disposta e non anche nel momento
della sua esecuzione.
Art.
220
-
Esecuzione dell'ordine di ricovero -
L'ordine
di ricovero del condannato nella casa di cura e di custodia è eseguito
dopo che la pena restrittiva della libertà personale sia stata scontata
o sia altrimenti estinta.
Il
giudice, nondimeno, tenuto conto delle particolari condizioni di infermità
psichica del condannato, può disporre che il ricovero venga eseguito
prima che sia iniziata o abbia termine la esecuzione della pena restrittiva
della libertà personale.
Il
provvedimento è revocato quando siano venute meno le ragioni che lo
determinarono, ma non prima che sia decorso il termine minimo stabilito
nell'articolo precedente.
Il
condannato, dimesso dalla casa di cura e di custodia, è sottoposto all'esecuzione
della pena.
Art.
221
-
Ubriachi abituali -
Quando
non debba essere ordinata altra misura di sicurezza detentiva, i condannati
alla reclusione per delitti commessi in stato di ubriachezza, qualora
questa sia abituale, o per delitti commessi sotto l'azione di sostanze
stupefacenti all'uso delle quali siano dediti, sono ricoverati in una
casa di cura e di custodia.
Tuttavia,
se si tratta di delitti per i quali sia stata inflitta la reclusione
per un tempo inferiore a tre anni, al ricovero in una casa di cura e
di custodia può essere sostituita la libertà vigilata.
Il
ricovero ha luogo in sezioni speciali, e ha la durata minima di sei
mesi.
Art.
222
-
Ricovero in un manicomio giudiziario -
Nel
caso di proscioglimento per infermità psichica, ovvero per intossicazione
cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per sordomutismo,
è sempre ordinato il ricovero dell'imputato in un manicomio giudiziario
per un tempo non inferiore a due anni; salvo che si tratti di contravvenzioni
o di delitti colposi o di altri delitti per i quali la legge stabilisce
la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo non superiore nel massimo
a due anni, nei quali casi la sentenza di proscioglimento è comunicata
all'autorità di pubblica sicurezza (1).
La
durata minima del ricovero nel manicomio giudiziario è di dieci anni,
se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena di morte (2) o
l'ergastolo, ovvero di cinque se per il fatto commesso la legge stabilisce
la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a dieci
anni.
Nel
caso in cui la persona ricoverata in un manicomio giudiziario debba
scontare una pena restrittiva della libertà personale, l'esecuzione
di questa è differita fino a che perduri il ricovero nel manicomio.
Le
disposizioni di questo articolo si applicano anche ai minori degli anni
quattordici o maggiori dei quattordici e minori dei diciotto, prosciolti
per ragione di età, quando abbiano commesso un fatto preveduto dalla
legge come reato, trovandosi in alcuna delle condizioni indicate nella
prima parte dell'articolo stesso.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 27 luglio 1982, n. 139, la Corte
cost. ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma,
nella parte in cui non subordinano il provvedimento di ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario dell'imputato prosciolto per infermità psichica
al previo accertamento da parte del giudice della cognizione o della
esecuzione della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità
medesima al tempo dell'applicazione della misura.
(2)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
223
-
Ricovero dei minori in un riformatorio giudiziario -
Il
ricovero in un riformatorio giudiziario è misura di sicurezza speciale
per i minori, e non può avere durata inferiore a un anno.
Qualora
tale misura di sicurezza debba essere, in tutto o in parte, applicata
o eseguita dopo che il minore abbia compiuto gli anni diciotto, ad essa
è sostituita la libertà vigilata, salvo che il giudice ritenga di ordinare
l'assegnazione a una colonia agricola, o ad una casa di lavoro.
Art.
224
-
Minore non imputabile -
Qualora
il fatto commesso da un minore degli anni quattordici sia preveduto
dalla legge come delitto, ed egli sia pericoloso, il giudice, tenuto
specialmente conto della gravità del fatto e delle condizioni morali
della famiglia in cui il minore è vissuto, ordina che questi sia ricoverato
nel riformatorio giudiziario o posto in libertà vigilata.
Se,
per il delitto, la legge stabilisce la pena di morte (1) o l'ergastolo,
o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, e non si tratta
di delitto colposo, è sempre ordinato il ricovero del minore nel riformatorio
per un tempo non inferiore a tre anni (2).
Le
disposizioni precedenti si applicano anche al minore che, nel momento
in cui ha commesso il fatto preveduto dalla legge come delitto, aveva
compiuto gli anni quattordici, ma non ancora i diciotto, se egli sia
riconosciuto non imputabile, a norma dell'articolo 98.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
(2)
La Corte costituzionale, con sentenza 20 gennaio 1971, n. 1, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui rende
obbligatorio ed automatico, per i minori degli anni 14, il ricovero,
per almeno tre anni, in riformatorio giudiziario.
Art.
225
-
Minore imputabile -
Quando
il minore che ha compiuto gli anni quattordici, ma non ancora i diciotto,
sia riconosciuto imputabile, il giudice può ordinare che, dopo l'esecuzione
della pena, egli sia ricoverato in un riformatorio giudiziario o posto
in libertà vigilata, tenuto conto delle circostanze indicate nella prima
parte dell'articolo precedente.
È
sempre applicata una delle predette misure di sicurezza al minore che
sia condannato per delitto durante la esecuzione di una misura di sicurezza,
a lui precedentemente applicata per difetto d'imputabilità.
Art.
226
-
Minore delinquente abituale, professionale o per tendenza -
Il
ricovero in un riformatorio giudiziario è sempre ordinato per il minore
degli anni diciotto, che sia delinquente abituale o professionale, ovvero
delinquente per tendenza; e non può avere durata inferiore a tre anni.
Quando egli ha compiuto gli anni ventuno, il giudice ne ordina l'assegnazione
a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
La
legge determina gli altri casi nei quali deve essere ordinato il ricovero
del minore in un riformatorio giudiziario.
Art.
227
-
Riformatori speciali -
Quando
la legge stabilisce che il ricovero in un riformatorio giudiziario sia
ordinato senza che occorra accertare che il minore è socialmente pericoloso,
questi è assegnato ad uno stabilimento speciale o ad una sezione speciale
degli stabilimenti ordinari.
Può
altresì essere assegnato ad uno stabilimento speciale o ad una sezione
speciale degli stabilimenti ordinari il minore che, durante il ricovero
nello stabilimento ordinario, si sia rivelato particolarmente pericoloso.
Art.
228
-
Libertà vigilata -
La
sorveglianza della persona in stato di libertà vigilata è affidata all'autorità
di pubblica sicurezza.
Alla
persona in stato di libertà vigilata sono imposte dal giudice prescrizioni
idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati.
Tali
prescrizioni possono essere dal giudice successivamente modificate o
limitate.
La
sorveglianza deve essere esercitata in modo da agevolare, mediante il
lavoro, il riadattamento della persona alla vita sociale.
La
libertà vigilata non può avere durata inferiore a un anno.
Per
la vigilanza sui minori si osservano le disposizioni precedenti, in
quanto non provvedano leggi speciali.
Art.
229
-
Casi nei quali può essere ordinata la libertà vigilata -
Oltre
quanto è prescritto da speciali disposizioni di legge, la libertà vigilata
può essere ordinata:
1)
nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a un anno;
2)
nei casi in cui questo codice autorizza una misura di sicurezza per
un fatto non preveduto dalla legge come reato.
Art.
230
-
Casi nei quali deve essere ordinata la libertà vigilata -
La
libertà vigilata è sempre ordinata:
1)
se è inflitta la pena della reclusione per non meno di dieci anni: e
non può, in tal caso, avere durata inferiore a tre anni;
2)
quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale;
3)
se il contravventore abituale o professionale, non essendo più sottoposto
a misure di sicurezza, commette un nuovo reato, il quale sia nuova manifestazione
di abitualità o professionalità;
4)
negli altri casi determinati dalla legge.
Nel
caso in cui sia stata disposta l'assegnazione a una colonia agricola
o a una casa di lavoro, il giudice, al termine dell'assegnazione, può
ordinare che la persona da dimettere sia posta in libertà vigilata,
ovvero può obbligarla a cauzione di buona condotta.
Art.
231
-
Trasgressione degli obblighi imposti -
Fuori
del caso preveduto dalla prima parte dell'articolo 177, quando la persona
in stato di libertà vigilata trasgredisce agli obblighi imposti, il
giudice può aggiungere alla libertà vigilata la cauzione di buona condotta.
Avuto
riguardo alla particolare gravità della trasgressione o al ripetersi
della medesima, ovvero qualora il trasgressore non presti la cauzione,
il giudice può sostituire alla libertà vigilata l'assegnazione a una
colonia agricola o ad una casa di lavoro, ovvero, se si tratta di un
minore, il ricovero in un riformatorio giudiziario.
Art.
232
-
Minori o infermi di mente in stato di libertà vigilata -
La
persona di età minore o in stato di infermità psichica non può essere
posta in libertà vigilata, se non quando sia possibile affidarla ai
genitori, o a coloro che abbiano obbligo di provvedere alla sua educazione
o assistenza, ovvero a istituti di assistenza sociale.
Qualora
tale affidamento non sia possibile o non sia ritenuto opportuno, è ordinato,
o mantenuto, secondo i casi, il ricovero nel riformatorio, o nella casa
di cura e di custodia.
Se,
durante la libertà vigilata, il minore non dà prova di ravvedimento
o la persona in stato di infermità psichica si rivela di nuovo pericolosa,
alla libertà vigilata è sostituito, rispettivamente, il ricovero in
un riformatorio o il ricovero in una casa di cura e di custodia.
Art.
233
-
Divieto di soggiorno in uno o più Comuni o in una o più Province -
Al
colpevole di un delitto contro la personalità dello Stato o contro l'ordine
pubblico, ovvero di un delitto commesso per motivi politici o occasionato
da particolari condizioni sociali o morali esistenti in un determinato
luogo, può essere imposto il divieto di soggiorno in uno o più Comuni
o in una o più Province, designati dal giudice.
Il
divieto di soggiorno ha una durata non inferiore a un anno.
Nel
caso di trasgressione, ricomincia a decorrere il termine minimo, e può
essere ordinata inoltre la libertà vigilata.
Art.
234
-
Divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche
-
Il
divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche
ha la durata minima di un anno.
Il
divieto è sempre aggiunto alla pena, quando si tratta di condannati
per ubriachezza abituale o per reati commessi in stato di ubriachezza,
sempre che questa sia abituale.
Nel
caso di trasgressione, può essere ordinata inoltre la libertà vigilata
o la prestazione di una cauzione di buona condotta.
Art.
235
-
Espulsione dello straniero dallo Stato -
L'espulsione
dello straniero dal territorio dello Stato è ordinata dal giudice, oltre
che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero
sia condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a dieci anni.
Allo
straniero che trasgredisce all'ordine di espulsione, pronunciato dal
giudice, si applicano le sanzioni stabilite dalle leggi di sicurezza
pubblica per il caso di contravvenzione all'ordine di espulsione emanato
dall'Autorità amministrativa.
Capo
II: DELLE MISURE DI SICUREZZA PATRIMONIALI
Art.
236
-
Specie: regole generali -
Sono
misure di sicurezza patrimoniali, oltre quelle stabilite da particolari
disposizioni di legge:
1)
la cauzione di buona condotta;
2)
la confisca.
Si
applicano anche alle misure di sicurezza patrimoniali le disposizioni
degli articoli 199, 200, prima parte, 201, prima parte, 205, prima parte
e n. 3 del capoverso, e, salvo che si tratti di confisca, le disposizioni
del primo e secondo capoverso dell'articolo 200 e quelle dell'articolo
210.
Alla
cauzione di buona condotta si applicano altresì le disposizioni degli
articoli 202, 203, 204, prima parte, e 207.
Art.
237
-
Cauzione di buona condotta -
La
cauzione di buona condotta è data mediante deposito, presso la Cassa
delle ammende, di una somma non inferiore a lire duecentomila, nè superiore
a lire quattro milioni.
In
luogo del deposito, è ammessa la prestazione di una garanzia mediante
ipoteca, o anche mediante fideiussione solidale.
La
durata della misura di sicurezza non può essere inferiore a un anno,
nè superiore a cinque; e decorre dal giorno in cui la cauzione fu prestata.
Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
238
-
Inadempimento dell'obbligo di prestare cauzione -
Qualora
il deposito della somma non sia eseguito o la garanzia non sia prestata,
il giudice sostituisce alla cauzione la libertà vigilata.
Art.
239
-
Adempimento o trasgressione dell'obbligo di buona condotta -
Se,
durante l'esecuzione della misura di sicurezza, chi vi è sottoposto
non commette alcun delitto, ovvero alcuna contravvenzione per la quale
la legge stabilisce la pena dell'arresto, è ordinata la restituzione
della somma depositata o la cancellazione della ipoteca; e la fideiussione
si estingue. In caso diverso, la somma depositata, o per la quale fu
data garanzia, è devoluta alla Cassa delle ammende.
Art.
240
-
Confisca -
Nel
caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che
ne sono il prodotto o il profitto.
È
sempre ordinata la confisca:
1)
delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2)
delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione
delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Le
disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non
si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.
La
disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona
estranea al reato e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione
o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione
amministrativa.