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Codice civile
Libro terzo
Della proprietà
TITOLO I
DEI BENI
CAPO
I
Dei
beni in generale
Art.
810 Nozione
Sono
beni le cose che possono formare oggetto di diritti.
SEZIONE
I
Dei
beni nell'ordine corporativo
Art.
811 Disciplina corporativa (abrogato)
SEZIONE
II
Dei
beni immobili e mobili
Art.
812 Distinzione dei beni
Sono
beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua, gli alberi, gli
edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio,
e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato
al suolo.
Sono
reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti
quando sono saldamente assicurati alla riva o all'alveo e sono destinati
ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione (1350).
Sono
mobili tutti gli altri beni (923, 1153).
Art.
813 Distinzione dei diritti
Salvo
che dalla legge risulti diversamente, le disposizioni concernenti i
beni immobili si applicano anche ai diritti reali che hanno per oggetto
beni immobili e alle azioni relative; le disposizioni concernenti i
beni mobili si applicano a tutti gli altri diritti.
Art.
814 Energie
Si
considerano beni mobili le energie naturali che hanno valore economico
(p. 624).
Art.
815 Beni mobili iscritti in pubblici registri
I
beni mobili iscritti in pubblici registri sono soggetti alle disposizioni
che li riguardano (507, 534, 609, 819, 1156, 1162, 2683 e seguenti,
2750, 2779, 2810, 2914 e seguente) e, in mancanza, alle disposizioni
relative ai beni mobili.
Art.
816 Universalità di mobili
E'
considerata universalità di mobili la pluralità di cose che appartengono
alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria (771, 994, 1010,
1156, 1160, 1170).
Le
singole cose componenti l'universalità possono formare oggetto di separati
atti e rapporti giuridici.
Art.
817 Pertinenze
Sono
pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento
di un'altra cosa.
La
destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale
o da chi ha un diritto reale sulla medesima (952, 957, 981, 1021, 1022,
1027).
Art.
818 Regime delle pertinenze
Gli
atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale
comprendono anche le pertinenze (667, 817, 1477, 2811), se non è diversamente
disposto.
Le
pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici.
La
cessazione della qualità di pertinenza non è opponibile ai terzi i quali
abbiano anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale (2643).
Art.
819 Diritti dei terzi sulle pertinenze
La
destinazione di una cosa al servizio o all'ornamento di un'altra non
pregiudica i diritti preesistenti su di essa a favore dei terzi. Tali
diritti non possono essere opposti ai terzi di buona fede se non risultano
da scrittura avente data certa anteriore (2704), quando la cosa principale
è un bene immobile o un bene mobile iscritto in pubblici registri.
SEZIONE
II
Dei
frutti
Art.
820 Frutti naturali e frutti civili
Sono
frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa, vi concorra
o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la legna, i parti
degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere.
Finché
non avviene la separazione, i frutti formano parte della cosa. Si può
tuttavia disporre di essi come di cosa mobile futura (771, 1472).
Sono
frutti civili quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo
del godimento che altri ne abbia. Tali sono gli interessi dei capitali
(1224, 1282, 1815), i canoni enfiteutici (957 e seguenti), le rendite
vitalizie (1872 e seguenti) e ogni altra rendita, il corrispettivo delle
locazioni (1571 e seguenti).
Art.
821 Acquisto dei frutti
I
frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce
(1477, 1775), salvo che la loro proprietà sia attribuita ad altri (181,
896, 959, 984, 1021, 1148, 1615, 1960, 2791). In quest'ultimo caso la
proprietà si acquista con la separazione.
Chi
fa propri i frutti deve, nei limiti del loro valore, rimborsare colui
che abbia fatto spese per la produzione e il raccolto (2041).
I
frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata
del diritto.
CAPO
II
Dei
beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e agli enti ecclesiastici
Art.
822 Demanio pubblico
Appartengono
allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia,
le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite
pubbliche dalle leggi in materia (Cod. Nav. 28, 692); le opere destinate
alla difesa nazionale.
Fanno
parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le
strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi (Cod. Nav.
692 a); gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico,
archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte
dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine
gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del
demanio pubblico.
Art.
823 Condizione giuridica del demanio pubblico
I
beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono
formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei
limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (Cod. Nav. 30 e seguenti,
694 e seguenti).
Spetta
all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio
pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia
di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà (948 e seguenti)
e del possesso (1168 e seguenti) regolati dal presente codice.
Art.
824 Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali
I
beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'art.
822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al
regime del demanio pubblico.
Allo
stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali.
Art.
825 Diritti demaniali su beni altrui
Sono
parimenti soggetti al regime del demanio pubblico i diritti reali che
spettano allo Stato, alle province e ai comuni su beni appartenenti
ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilità
di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento
di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono
i beni medesimi.
Art.
826 Patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni
I
beni appartenenti allo Stato, alle province e ai comuni, i quali non
siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti, costituiscono
il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni.
Fanno
parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma
delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato,
le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta
al proprietario del fondo, le cose d'interesse storico, archeologico,
paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque
modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della
presidenza della Repubblica (Costit. 843), le caserme, gli armamenti,
gli aeromobili militari (Cod. Nav. 745) e le navi da guerra .
Fanno
parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle
province e dei comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati
a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati
a pubblico servizio.
NOTA
Gli artt. 1, 2 e 3, L. 27 dicembre 1977, n. 968, riportano quanto segue:
"Art.
1 - La fauna selvatica italiana costituisce patrimonio indisponibile
dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale.
Art.
2 - Fanno parte della fauna selvatica, oggetto della tutela della presente
legge, i mammiferi e gli uccelli dei quali esistono popolazioni viventi,
stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale libertà, nel territorio
nazionale. Sono particolarmente protette le seguenti specie: aquile,
vulturidi, gufi reali, cicogne, gru, fenicotteri, cigni, lupi, orsi,
foche monache, stambecchi, camosci d'Abruzzo e altri ungulati di cui
le regioni ai sensi del successivo art. 12 vietano l'abbattimento. La
tutela non si estende alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti
e alle arvicole.
Art.
3 - In conformità di quanto previsto dai precedenti artt. 1 e 2 è vietata,
in tutto il territorio nazionale, ogni forma di uccellagione.
E'
altresì vietata la cattura di uccelli con mezzi e per fini diversi da
quelli previsti dai successivi articoli della presente legge".
Art.
827 Beni immobili vacanti
I
beni immobili che non sono in proprietà di alcuno spettano al patrimonio
dello Stato.
Art.
828 Condizione giuridica dei beni patrimoniali
I
beni che costituiscono il patrimonio dello Stato, delle province e dei
comuni sono soggetti alle regole particolari che li concernono e, in
quanto non è diversamente disposto, alle regole del presente codice.
I
beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere
sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi
che li riguardano.
Art.
829 Passaggio di beni dal demanio al patrimonio
Il
passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato deve
essere dichiarato dall'autorità amministrativa. Dell'atto deve essere
dato annunzio nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Per
quanto riguarda i beni delle province e dei comuni, il provvedimento
che dichiara il passaggio al patrimonio dev'essere pubblicato nei modi
stabiliti per i regolamenti comunali e provinciali.
Art.
830 Beni degli enti pubblici non territoriali
I
beni appartenenti agli enti pubblici non territoriali sono soggetti
alle regole del presente codice, salve le disposizioni delle leggi speciali.
Ai
beni di tali enti che sono destinati a un pubblico servizio si applica
la disposizione del secondo comma dell'art. 828.
Art.
831 Beni degli enti ecclesiastici ed edifici di culto
I
beni degli enti ecclesiastici sono soggetti alle norme del presente
codice, in quanto non è diversamente disposto dalle leggi speciali che
li riguardano.
Gli
edifici destinati all'esercizio pubblico del culto cattolico, anche
se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla loro destinazione
neppure per effetto di alienazione, fino a che la destinazione stessa
non sia cessata in conformità delle leggi che li riguardano.
TITOLO
II
DELLA
PROPRIETA'
CAPO
I
Disposizioni
generali
Art.
832 Contenuto del diritto
Il
proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno
ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti
dall'ordinamento giuridico.
Art.
833 Atti d'emulazione
Il
proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello
di nuocere o recare molestia ad altri.
Art.
834 Espropriazione per pubblico interesse
Nessuno
può essere privato in tutto o in parte dei beni di sua proprietà, se
non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e contro
il pagamento di una giusta indennità (Costit. 42, 43).
Le
norme relative all'espropriazione per causa di pubblico interesse sono
determinate da leggi speciali.
Art.
835 Requisizioni
Quando
ricorrono gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili, può
essere disposta la requisizione dei beni mobili o immobili. Al proprietario
è dovuta una giusta indennità.
Le
norme relative alle requisizioni sono determinate da leggi speciali.
Art.
836 Vincoli e obblighi temporanei
Per
le cause indicate dall'articolo precedente l'autorità amministrativa,
nei limiti e con le forme stabiliti da leggi speciali, può sottoporre
a particolari vincoli od obblighi di carattere temporaneo le aziende
commerciali e agricole (Costit. 44).
Art.
837 Ammassi
Allo
scopo di regolare la distribuzione di determinati prodotti agricoli
o industriali nell'interesse della produzione nazionale sono costituiti
gli ammassi (2617).
Le
norme per il conferimento dei prodotti negli ammassi sono contenute
in leggi speciali.
Art.
838 Espropriazione di beni che interessano la produzione nazionale o
di prevalente interesse pubblico
Salve
le disposizioni delle leggi penali e di polizia, nonché (le norme dell'ordinamento
corporativo e) le disposizioni particolari concernenti beni determinati,
quando il proprietario abbandona la conservazione, la coltivazione o
l'esercizio di beni che interessano la produzione nazionale, in modo
da nuocere gravemente alle esigenze della produzione stessa, può farsi
luogo all'espropriazione dei beni da parte dell'autorità amministrativa,
premesso il pagamento di una giusta indennità (att. 56).
La
stessa disposizione si applica se il deperimento dei beni ha per effetto
di nuocere gravemente al decoro delle città o alle ragioni dell'arte,
della storia o della sanità pubblica.
Art.
839 Beni d'interesse storico e artistico
Le
cose di proprietà privata, immobili e mobili, che presentano interesse
artistico, storico, archeologico o etnografico, sono sottoposte alle
disposizioni delle leggi speciali.
CAPO
II
Della
proprietà fondiaria
SEZIONE
I
Disposizioni
generali
Art.
840 Sottosuolo e spazio sovrastante al suolo
La
proprietà del suolo si estende al sottosuolo, con tutto ciò che vi si
contiene, e il proprietario può fare qualsiasi escavazione od opera
che non rechi danno al vicino. Questa disposizione non si applica a
quanto forma oggetto delle leggi sulle miniere, cave e torbiere (826).
Sono del pari salve le limitazioni derivanti dalle leggi sulle antichità
e belle arti, sulle acque, sulle opere idrauliche e da altre leggi speciali
(Cod. Nav. 714 e seguenti).
Il
proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano
a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante,
che egli non abbia interesse ad escluderle (Cod. Nav. 823).
Art.
841 Chiusura del fondo
Il
proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo (1054, 1064).
Art.
842 Caccia e pesca
Il
proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio
della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla
legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno.
Egli
può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata dall'autorità.
Per
l'esercizio della pesca occorre il consenso del proprietario del fondo.
Art.
843 Accesso al fondo
Il
proprietario deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo,
sempre che ne venga riconosciuta la necessita, al fine di costruire
o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.
Se
l'accesso cagiona danno, è dovuta un'adeguata indennità.
Il
proprietario deve parimenti permettere l'accesso a chi vuole riprendere
la cosa sua che vi si trovi accidentalmente o l'animale che vi si sia
riparato sfuggendo alla custodia. Il proprietario può impedire l'accesso
consegnando la cosa o l'animale (896, 924; Cod. Pen. 637).
Art.
844 Immissioni
Il
proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di
calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni
derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità,
avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi (890, Cod. Pen. 674).
Nell'applicare
questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della
produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità
di un determinato uso.
Art.
845 Regole particolari per scopi di pubblico interesse
La
proprietà fondiaria è soggetta a regole particolari per il conseguimento
di scopi di pubblico interesse nei casi previsti dalle leggi speciali
e dalle disposizioni contenute nelle sezioni seguenti.
SEZIONE
II
Del
riordinamento della proprietà rurale
Art.
846 Minima unità colturale
Nei
trasferimenti di proprietà, nelle divisioni (713, 1116) e nelle assegnazioni
a qualunque titolo, aventi per oggetto terreni destinati a coltura o
suscettibili di coltura, e nella costituzione o nei trasferimenti di
diritti reali sui terreni stessi non deve farsi luogo a frazionamenti
che non rispettino la minima unità colturale.
S'intende
per minima unità colturale l'estensione di terreno necessaria e sufficiente
per il lavoro di una famiglia agricola e, se non si tratta di terreno
appoderato, per esercitare una conveniente coltivazione secondo le regole
della buona tecnica agraria.
Art.
847 Determinazione della minima unità colturale
L'estensione
della minima unità colturale sarà determinata distintamente per zone,
avuto riguardo all'ordinamento produttivo e alla situazione demografica
locale, con provvedimento dell'autorità amministrativa, da adottarsi
sentite le associazioni professionali. [Le funzioni delle associazioni
professionali sono ora di pertinenza dei Consigli degli Ordini (art.
1, D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 382)].
Art.
848 Sanzione dell'inosservanza
Gli
atti compiuti contro il divieto dell'art. 846 possono essere
annullati dall'autorità giudiziaria, su istanza del pubblico ministero.
L'azione si prescrive in tre anni dalla data della trascrizione dell'atto
(att. 57).
Art.
849 Fondi compresi entro maggiori unità fondiarie
Indipendentemente
dalla formazione del consorzio previsto dall'articolo seguente, il proprietario
di terreni entro i quali sono compresi appezzamenti appartenenti ad
altri, di estensione inferiore alla minima unità colturale, può domandare
che gli sia trasferita la proprietà di questi ultimi (2932), pagandone
il prezzo, allo scopo di attuare una migliore sistemazione delle unità
fondiarie. In caso di contrasto decide l'autorità giudiziaria, sentite
le associazioni professionali circa la sussistenza delle condizioni
che giustificano la richiesta di trasferimento (att. 57).
Art.
850 Consorzi a scopo di ricomposizione fondiaria
Quando
più terreni contigui e inferiori alla minima unità colturale (846) appartengono
a diversi proprietari, può, su istanza di alcuno degli interessati o
per iniziativa dell'autorità amministrativa, essere costituito un consorzio
tra gli stessi proprietari, allo scopo di provvedere a una ricomposizione
fondiaria idonea alla migliore utilizzazione dei terreni stessi.
Per
la costituzione del consorzio si applicano le norme stabilite per i
consorzi di bonifica (862).
Art.
851 Trasferimenti coattivi
Il
consorzio indicato dall'articolo precedente può predisporre il piano
di riordinamento (854 e seguenti).
Per
la migliore sistemazione delle unità fondiarie può procedersi a espropriazioni
e a trasferimenti coattivi; può anche procedersi a rettificazioni di
confini e ad arrotondamento di fondi.
Art.
852 Terreni esclusi dai trasferimenti
Dai
trasferimenti coattivi previsti dall'articolo precedente sono esclusi:
l)
gli appezzamenti forniti di casa di abitazione civile o colonica;
2)
i terreni adiacenti ai fabbricati e costituenti dipendenze dei medesimi;
3)
le aree fabbricabili;
4)
gli orti, i giardini, i parchi;
5)
i terreni necessari per piazzali o luoghi di deposito di stabilimenti
industriali o commerciali;
6)
i terreni soggetti a inondazioni, a scoscendimenti o ad altri gravi
rischi;
7)
i terreni che per la loro speciale destinazione, ubicazione o singolarità
di coltura presentano caratteristiche di spiccata individualità.
Art.
853 Trasferimento dei diritti reali
Nei
trasferimenti coattivi le servitù prediali (1027) sono abolite, conservate
o create in relazione alle esigenze della nuova sistemazione.
Gli
altri diritti reali di godimento sono trasferiti sui terreni assegnati
in cambio e, qualora non siano costituiti su tutti i terreni dello stesso
proprietario, sono trasferiti soltanto su una parte determinata del
fondo assegnato in cambio, che corrisponda in valore ai terreni su cui
esistevano.
Le
ipoteche (2808) che non siano costituite su tutti i terreni dello stesso
proprietario sono trasferite sul fondo di nuova assegnazione per una
quota corrispondente in valore ai terreni su cui erano costituite. In
caso di espropriazione forzata dell'immobile gravato da ipoteca su una
quota, l'immobile è espropriato per intero e il credito è collocato,
secondo il grado dell'ipoteca (2852), sulla parte del prezzo corrispondente
alla quota soggetta all'ipoteca medesima.
Art.
854 Notifica e trascrizione del piano di riordinamento
Il
piano di riordinamento dev'essere preventivamente portato a cognizione
degli interessati, e contro di esso è ammesso reclamo in via amministrativa,
nelle forme e nei termini stabiliti da leggi speciali.
Il
provvedimento amministrativo di approvazione definitiva del piano dev'essere
trascritto presso l'ufficio dei registri immobiliari nella cui circoscrizione
sono situati i beni (2645).
Art.
855 Effetti dell'approvazione del piano di riordinamento
Con
l'approvazione del piano di riordinamento si operano i trasferimenti
di proprietà e degli altri diritti reali; sono anche costituite le servitù
imposte nel piano stesso (1032).
Art.
856 Competenza dell'autorità giudiziaria
Nelle
materie indicate dagli artt. 850 e seguenti è salva la competenza dell'autorità
giudiziaria ordinaria per la tutela dei diritti degli interessati. L'autorità
giudiziaria non può tuttavia con le sue decisioni provocare una revisione
del piano di riordinamento, ma può procedere alla conversione e liquidazione
in danaro dei diritti da essa accertati.
Il
credito relativo è privilegiato a norma delle leggi speciali.
SEZIONE
III
Della
bonifica integrale
Art.
857 Terreni soggetti a bonifica
Per
il conseguimento di fini igienici, demografici, economici o di altri
fini sociali possono essere dichiarati soggetti a bonifica i terreni
che si trovano in un comprensorio, in cui sono laghi, stagni, paludi
e terre paludose, ovvero costituito da terreni montani dissestati nei
riguardi idrogeologici e forestali, o da terreni estensivamente coltivati
per gravi cause d'ordine fisico o sociale, i quali siano suscettibili
di una radicale trasformazione dell'ordinamento produttivo.
Art.
858 Comprensorio di bonifica e piano delle opere
Il
comprensorio di bonifica e il piano generale dei lavori e di attività
coordinate sono determinati e pubblicati a norma della legge speciale.
Art.
859 Opere di competenza dello Stato
Il
piano generale indicato dall'articolo precedente stabilisce quali opere
di bonifica siano di competenza dello Stato (860).
Art.
860 Concorso dei proprietari nella spesa
I
proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono
obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l'esecuzione la manutenzione
e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla
bonifica.
Art.
861 Opere di competenza dei privati
I
proprietari degli immobili indicati dall'articolo precedente sono obbligati
a eseguire, in conformità del piano generale di bonifica e delle connesse
direttive di trasformazione agraria, le opere di competenza privata
che siano d'interesse comune a più fondi o d'interesse particolare a
taluno di essi.
Art.
862 Consorzi di bonifica
All'esecuzione,
alla manutenzione e all'esercizio delle opere di bonifica può provvedersi
a mezzo di consorzi tra i proprietari interessati.
A
tali consorzi possono essere anche affidati l'esecuzione, la manutenzione
e l'esercizio delle altre opere d'interesse comune a più fondi o d'interesse
particolare a uno di essi.
I
consorzi sono costituiti per decreto del Presidente della Repubblica
e, in mancanza dell'iniziativa privata, possono essere formati anche
d'ufficio.
Essi
sono persone giuridiche pubbliche (11) e svolgono la loro attività secondo
le norme dettate dalla legge speciale.
Art.
863 Consorzi di miglioramento fondiario
Nelle
forme stabilite per i consorzi di bonifica possono essere costituiti
anche consorzi per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio di opere
di miglioramento fondiario comuni a più fondi e indipendenti da un piano
generale di bonifica.
Essi
sono persone giuridiche private (12 e seguenti). Possono tuttavia assumere
il carattere di persone giuridiche pubbliche quando, per la loro vasta
estensione territoriale o per la particolare importanza delle loro funzioni
ai fini dell'incremento della produzione, sono riconosciuti di interesse
nazionale con provvedimento dell'autorità amministrativa.
Art.
864 Contributi consorziali
I
contributi dei proprietari nella spesa di esecuzione, manutenzione ed
esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario sono
esigibili con le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria
(2775).
Art.
865 Espropriazione per inosservanza degli obblighi
Quando
l'inosservanza degli obblighi imposti ai proprietari risulta tale da
compromettere l'attuazione del piano di bonifica, può farsi luogo all'espropriazione
parziale o totale del fondo appartenente al proprietario inadempiente,
osservate le disposizioni della legge speciale.
L'espropriazione
ha luogo a favore del consorzio, se questo ne fa richiesta, o, in mancanza,
a favore di altra persona che si obblighi ad eseguire le opere offrendo
opportune garanzie (1179).
SEZIONE
IV
Dei
vincoli idrogeologici e delle difese fluviali
Art.
866 Vincoli per scopi idrogeologici e per altri scopi
Anche
indipendentemente da un piano di bonifica (857 e seguenti), i terreni
di qualsiasi natura e destinazione possono essere sottoposti a vincolo
idrogeologico, osservate le forme e le condizioni stabilite dalla legge
speciale, al fine di evitare che possano con danno pubblico subire denudazioni,
perdere la stabilità o turbare il regime delle acque.
L'utilizzazione
dei terreni e l'eventuale loro trasformazione, la qualità delle colture,
il governo dei boschi e dei pascoli sono assoggettati, per effetto del
vincolo, alle limitazioni stabilite dalle leggi in materia.
Parimenti,
a norma della legge speciale, possono essere sottoposti a limitazione
nella loro utilizzazione i boschi che per la loro speciale ubicazione
difendono terreni o fabbricati dalla caduta di valanghe, dal rotolamento
dei sassi, dal sorrenamento e dalla furia dei venti, e quelli ritenuti
utili per le condizioni igieniche locali.
Art.
867 Sistemazione e rimboschimento dei terreni vincolati
Al
fine del rimboschimento e del rinsaldamento i terreni vincolati possono
essere assoggettati a espropriazione, a occupazione temporanea o a sospensione
dell'esercizio del pascolo, nei modi e con le forme stabiliti dalle
leggi in materia.
Art.
868 Regolamento protettivo dei corsi d'acqua
I
proprietari d'immobili situati in prossimità di corsi d'acqua che arrecano
o minacciano danni all'agricoltura, ad abitati o a manufatti d'interesse
pubblico sono obbligati, anche. indipendentemente da un piano di bonifica,
a contribuire all'esecuzione delle opere necessarie per il regolamento
del corso d'acqua nelle forme stabilite dalle leggi speciali.
SEZIONE
V
Della
proprietà edilizia
Art.
869 Piani regolatori
I
proprietari d'immobili nei comuni dove sono formati piani regolatori
devono osservare le prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni
e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti.
Art.
870 Comparti
Quando
è prevista la formazione di comparti, costituenti unità fabbricabili
con speciali modalità di costruzione e di adattamento, gli aventi diritto
sugli immobili compresi nel comparto devono regolare i loro reciproci
rapporti in modo da rendere possibile l'attuazione del piano. Possono
anche riunirsi in consorzio per l'esecuzione delle opere. In mancanza
di accordo, può procedersi all'espropriazione a norma delle leggi in
materia.
Art.
871 Norme di edilizia e di ornato pubblico
Le
regole da osservarsi nelle costruzioni sono stabilite dalla legge speciale
e dai regolamenti edilizi comunali.
La
legge speciale stabilisce altresì le regole da osservarsi per le costruzioni
nelle località sismiche.
Art.
872 Violazione delle norme di edilizia
Le
conseguenze di carattere amministrativo della violazione delle norme
indicate dall'articolo precedente sono stabilite da leggi speciali.
Colui
che per effetto della violazione ha subìto danno deve esserne risarcito,
salva la facoltà di chiedere la riduzione in pristino quando si tratta
della violazione delle norme contenute nella sezione seguente o da questa
richiamate (2933).
SEZIONE
VI
Delle
distanze nelle costruzioni, piantagioni e scavi dei muri, fossi e siepi
interposti tra i fondi
Art.
873 Distanze nelle costruzioni
Le
costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono
essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali
può essere stabilita una distanza maggiore.
Art.
874 Comunione forzosa del muro sul confine
Il
proprietario di un fondo continguo al muro altrui può chiederne la comunione
(2932) per tutta l'altezza o per parte di essa, purché lo faccia per
tutta l'estensione della sua proprietà. Per ottenere la comunione deve
pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune,
e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito. Deve inoltre
eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino.
Art.
875 Comunione forzosa del muro che non è sul confine
Quando
il muro si trova a una distanza dal confine minore di un metro e mezzo
ovvero a distanza minore della metà di quella stabilita dai regolamenti
locali, il vicino può chiedere la comunione del muro soltanto allo scopo
di fabbricare contro il muro stesso, pagando, oltre il valore della
metà del muro, il valore del suolo da occupare con la nuova fabbrica,
salvo che il proprietario preferisca estendere il suo muro sino al confine.
Il
vicino che intende domandare la comunione deve interpellare preventivamente
il proprietario se preferisca di estendere il muro al confine o di procedere
alla sua demolizione. Questi deve manifestare la propria volontà entro
il termine (2964) di giorni quindici e deve procedere alla costruzione
o alla demolizione entro sei mesi dal giorno in cui ha comunicato la
risposta.
Art.
876 Innesto nel muro sul confine
Se
il vicino vuole servirsi del muro esistente sul confine solo per innestarvi
un capo del proprio muro, non ha l'obbligo di renderlo comune a norma
dell'art. 874, ma deve pagare un'indennità per l'innesto.
Art.
877 Costruzioni in aderenza
Il
vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, può
costruire sul confine stesso in aderenza (904), ma senza appoggiare
la sua fabbrica a quella preesistente.
Questa
norma si applica anche nel caso previsto dall'art. 875; il vicino
in tal caso deve pagare soltanto il valore del suolo.
Art.
878 Muro di cinta
Il
muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore
ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata
dall'art. 873.
Esso,
quando è posto sul confine, può essere reso comune anche a scopo d'appoggio,
purché non preesista al di là un edificio a distanza inferiore ai tre
metri.
Art.
879 Edifici non soggetti all'obbligo delle distanze o a comunione forzosa
Alla
comunione forzosa non sono soggetti gli edifici appartenenti al demanio
pubblico e quelli soggetti allo stesso regime (822 e seguenti), né gli
edifici che sono riconosciuti di interesse storico, archeologico o artistico,
a norma delle leggi in materia. Il vicino non può neppure usare della
facoltà concessa dall'art. 877.
Alle
costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche
non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi
le leggi e i regolamenti che le riguardano.
Art.
880 Presunzione di comunione del muro divisorio
Il
muro che serve di divisione tra edifici si presume comune fino alla
sua sommità e, in caso di altezze ineguali, fino al punto in cui uno
degli edifici comincia ad essere più alto.
Si
presume parimenti comune il muro che serve di divisione tra cortili,
giardini e orti o tra recinti nei campi.
Art.
881 Presunzione di proprietà esclusiva del muro divisorio
Si
presume che il muro divisorio tra i campi, cortili, giardini od orti
appartenga al proprietario del fondo verso il quale esiste il piovente
e in ragione del piovente medesimo.
Se
esistono sporti, come cornicioni, mensole e simili, o vani che si addentrano
oltre la metà della grossezza del muro, e gli uni e gli altri risultano
costruiti col muro stesso, si presume che questo spetti al proprietario
dalla cui parte gli sporti o i vani si presentano, anche se vi sia soltanto
qualcuno di tali segni.
Se
uno o più di essi sono da una parte, e uno o più dalla parte opposta,
il muro è reputato comune: in ogni caso la positura del piovente prevale
su tutti gli altri indizi.
Art.
882 Riparazioni del muro comune
Le
riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a carico
di tutti quelli che vi hanno diritto e in proporzione del diritto di
ciascuno (1104), salvo che la spesa sia stata cagionata dal fatto di
uno dei partecipanti.
Il
comproprietario di un muro comune può esimersi dall'obbligo di contribuire
nelle spese di riparazione e ricostruzione, rinunziando al diritto di
comunione (1350, 2643), purché il muro comune non sostenga un edificio
di sua spettanza.
La
rinunzia non libera il rinunziante dall'obbligo delle riparazioni e
ricostruzioni a cui abbia dato causa col fatto proprio.
Art.
883 Abbattimento di edificio appoggiato al muro comune
Il
proprietario che vuole atterrare un edificio sostenuto da un muro comune
può rinunziare alla comunione di questo, ma deve farvi le riparazioni
e le opere che la demolizione rende necessarie per evitare ogni danno
al vicino.
Art.
884 Appoggio e immissione di travi e catene nel muro comune
Il
comproprietario di un muro comune può fabbricare appoggiandovi le sue
costruzioni e può immettervi travi, purché le mantenga a distanza di
cinque centimetri dalla superficie opposta, salvo il diritto dell'altro
comproprietario di fare accorciare la trave fino alla metà del muro,
nel caso in cui egli voglia collocare una trave nello stesso luogo,
aprirvi un incavo o appoggiarvi un camino. Il comproprietario può anche
attraversare il muro comune con chiavi e catene di rinforzo, mantenendo
la stessa distanza. Egli è tenuto in ogni caso a riparare i danni causati
dalle opere compiute.
Non
può fare incavi nel muro comune, ne eseguirvi altra opera che ne comprometta
la stabilità o che in altro modo lo danneggi.
Art.
885 Innalzamento del muro comune
Ogni
comproprietario può alzare il muro comune, ma sono a suo carico tutte
le spese di costruzione e conservazione della parte sopraedificata (903).
Anche questa può dal vicino essere resa comune a norma dell'art.
874.
Se
il muro non è atto a sostenere la sopraedificazione, colui che l'esegue
è tenuto a ricostruirlo o a rinforzarlo a sue spese. Per il maggiore
spessore che sia necessario, il muro deve essere costruito sul suolo
proprio, salvo che esigenze tecniche impongano di costruirlo su quello
del vicino. In entrambi i casi il muro ricostruito o ingrossato resta
di proprietà comune, e il vicino deve essere indennizzato di ogni danno
prodotto dall'esecuzione delle opere. Nel secondo caso il vicino ha
diritto di conseguire anche il valore della metà del suolo occupato
per il maggiore spessore.
Qualora
il vicino voglia acquistare la comunione della parte sopraelevata del
muro, si tiene conto, nel calcolare il valore di questa, anche delle
spese occorse per la ricostruzione o per il rafforzamento.
Art.
886 Costruzione del muro di cinta
Ciascuno
può costringere il vicino a contribuire per metà nella spesa di costruzione
dei muri di cinta che separano le rispettive case, i cortili e i giardini
posti negli abitati. L'altezza di essi, se non è diversamente determinata
dai regolamenti locali o dalla convenzione, deve essere di tre metri.
Art.
887 Fondi a dislivello negli abitati
Se
di due fondi posti negli abitati uno è superiore e l'altro inferiore,
il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese
di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza
del proprio suolo, ed entrambi i proprietari devono contribuire per
tutta la restante altezza.
Il
muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore
e per metà sul terreno del fondo superiore.
Art.
888 Esonero dal contributo nelle spese
Il
vicino si può esimere dal contribuire nelle spese di costruzione del
muro di cinta o divisorio, cedendo, senza diritto a compenso, la metà
del terreno su cui il muro di separazione deve essere costruito. In
tal caso il muro è di proprietà di colui che l'ha costruito, salva la
facoltà del vicino di renderlo comune ai sensi dell'art. 874,
senza obbligo però di pagare la metà del valore del suolo su cui il
muro è stato costruito.
Art.
889 Distanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi
Chi
vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il
confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare
la distanza di almeno due metri tra il confine e il punto più vicino
del perimetro interno delle opere predette.
Per
i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni
deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine.
Sono
salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali.
Art.
890 Distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi
Chi
presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, vuole
fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle e simili, o vuol
collocare materie umide o esplodenti o in altro modo nocive, ovvero
impiantare macchinari, per i quali può sorgere pericolo di danni, deve
osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle
necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità,
salubrità e sicurezza (Cod. Pen. 675).
Art.
891 Distanze per canali e fossi
Chi
vuole scavare fossi o canali presso il confine, se non dispongono in
modo diverso i regolamenti locali, deve osservare una distanza eguale
alla profondità del fosso o canale. La distanza si misura dal confine
al ciglio della sponda più vicina, la quale deve essere a scarpa naturale
ovvero munita di opere di sostegno. Se il confine si trova in un fosso
comune o in una via privata, la distanza si misura da ciglio a ciglio
o dal ciglio al lembo esteriore della via (911).
Art.
892 Distanze per gli alberi
Chi
vuol piantare alberi presso il confine deve osservare le distanze stabilite
dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali. Se gli uni e gli altri
non dispongono, devono essere osservate le seguenti distanze dal confine:
l)
tre metri per gli alberi di alto fusto. Rispetto alle distanze, si considerano
alberi di alto fusto quelli il cui fusto, semplice o diviso in rami,
sorge ad altezza notevole, come sono i noci, i castagni, le querce,
i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e simili;
2)
un metro e mezzo per gli alberi di non alto fusto. Sono reputati tali
quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si
diffonde in rami;
3)
mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto
di altezza non maggiore di due metri e mezzo.
La
distanza deve essere però di un metro, qualora le siepi siano di ontano,
di castagno o di altre piante simili che si recidono periodicamente
vicino al ceppo, e di due metri per le siepi di robinie.
La
distanza si misura dalla linea del confine alla base esterna del tronco
dell'albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al luogo
dove fu fatta la semina.
Le
distanze anzidette non si devono osservare se sul confine esiste un
muro divisorio, proprio o comune, purché le piante siano tenute ad altezza
che non ecceda la sommità del muro.
Art.
893 Alberi presso strade, canali e sul confine di boschi
Per
gli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con terreni
non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, si osservano,
trattandosi di boschi, canali e strade di proprietà privata, i regolamenti
e, in mancanza, gli usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono,
si osserva no le distanze prescritte dall'articolo precedente.
Art.
894 Alberi a distanza non legale
Il
vicino può esigere che si estirpino gli alberi e le siepi che sono piantati
o nascono a distanza minore di quelle indicate dagli articoli precedenti.
Art.
895 Divieto di ripiantare alberi a distanza non legale
Se
si è acquistato il diritto di tenere alberi a distanza minore di quelle
sopra indicate, e l'albero muore o viene reciso o abbattuto, il vicino
non può sostituirlo, se non osservando la distanza legale.
La
disposizione non si applica quando gli alberi fanno parte di un filare
situato lungo il confine.
Art.
896 Recisione di rami protesi e di radici
Quegli
sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque
tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici
che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti
e gli usi locali.
Se
gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti
dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del
fondo su cui sono caduti.
Se
a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario dell'albero,
per la raccolta di essi si applica il disposto dell'art. 843.
Art.
897 Comunione di fossi
Ogni
fosso interposto tra due fondi si presume comune.
Si
presume che il fosso appartenga al proprietario che se ne serve per
gli scoli delle sue terre, o al proprietario del fondo dalla cui parte
è il getto della terra o lo spurgo ammucchiatovi da almeno tre anni.
Se
uno o più di tali segni sono da una parte e uno o più dalla parte opposta,
il fosso si presume comune.
Art.
898 Comunioni di siepi
Ogni
siepe tra due fondi si presume comune ed e mantenuta a spese comuni,
salvo che vi sia termine di confine o altra prova in contrario.
Se
uno solo dei fondi è recinto, si presume che la siepe appartenga al
proprietario del fondo recinto, ovvero di quello dalla cui parte si
trova la siepe stessa in relazione ai termini di confine esistenti.
Art.
899 Comunione di alberi
Gli
alberi sorgenti nella siepe comune sono comuni.
Gli
alberi sorgenti sulla linea di confine si presumono comuni, salvo titolo
o prova in contrario.
Gli
alberi che servono di limite o che si trovano nella siepe comune non
possono essere tagliati, se non di comune consenso o dopo che l'autorità
giudiziaria abbia riconosciuto la necessità o la convenienza del taglio.
SEZIONE
VII
Delle
luci e delle vedute
Art.
900 Specie di finestre
Le
finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci,
quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di affacciarsi
sul fondo del vicino; vedute o prospetti quando permettono di affacciarsi
e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.
Art.
901 Luci
Le
luci che si aprono sul fondo del vicino devono:
1)
essere munite di un'inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino
e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di
tre centimetri quadrati;
2)
avere il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo
dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria,
se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri, se sono ai
piani superiori;
3)
avere il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo
dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in
tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione
dei luoghi non consenta di osservare l'altezza stessa.
Art.
902 Apertura priva dei requisiti prescritti per le luci
L'apertura
che non ha i caratteri di veduta o di prospetto è considerata come luce,
anche se non sono state osservate le prescrizioni indicate dall'art.
901.
Il
vicino ha sempre il diritto di esigere che essa sia resa conforme alle
prescrizioni dell'articolo predetto.
Art.
903 Luci nel muro proprio o nel muro comune
Le
luci possono essere aperte dal proprietario del muro contiguo al fondo
altrui.
Se
il muro è comune (874 e seguenti) nessuno dei proprietari può aprire
luci senza il consenso dell'altro; ma chi ha sopraelevato il muro comune
può aprirle nella maggiore altezza a cui il vicino non abbia voluto
contribuire (885).
Art.
904 Diritto di chiudere le luci
La
presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare la
comunione del muro medesimo né di costruire in aderenza (874 e seguenti)
.
Chi
acquista la comunione del muro non può chiudere le luci se ad esso non
appoggia il suo edificio.
Art.
905 Distanza per l'apertura di vedute dirette e balconi
Non
si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso
e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la
faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi
e la distanza di un metro e mezzo.
Non
si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici
solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul
fondo del vicino, se non vi e la distanza di un metro e mezzo tra questo
fondo e la linea esteriore di dette opere.
Il
divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi e una via pubblica.
Art.
906 Distanza per l'apertura di vedute laterali od oblique
Non
si possono aprire vedute laterali od oblique sul fondo del vicino se
non si osserva la distanza di settantacinque centimetri, la quale deve
misurarsi dal più vicino lato della finestra o dal più vicino sporto.
Art.
907 Distanza delle costruzioni dalle vedute
Quando
si e acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino
(1027 e seguenti), il proprietario di questo non può fabbricare a distanza
minore di tre metri, misurata a norma dell'art. 905.
Se
la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri
deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua
si esercita.
Se
si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette
vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto
la loro soglia.
SEZIONE
VIII
Dello
stillicidio
Art.
908 Scarico delle acque piovane
Il
proprietario deve costruire i tetti in maniera che le acque piovane
scolino nel suo terreno e non può farle cadere nel fondo del vicino.
Se
esistono pubblici colatoi, deve provvedere affinché le acque piovane
vi siano immesse con gronde o canali. Si osservano in ogni caso i regolamenti
locali e le leggi sulla polizia idraulica.
SEZIONE
IX
Delle
acque
Art.
909 Diritto sulle acque esistenti nel fondo
Il
proprietario del suolo ha il diritto di utilizzare le acque in esso
esistenti, salve le disposizioni delle leggi speciali per le acque pubbliche
e per le acque sotterranee.
Egli
può anche disporne a favore d'altri, qualora non osti il diritto di
terzi; ma, dopo essersi servito delle acque, non può divertirle in danno
d'altri fondi.
Art.
910 Uso delle acque che limitano o attraversano un fondo
Il
proprietario di un fondo limitato o attraversato da un'acqua non pubblica,
che corre naturalmente e sulla quale altri non ha diritto, può, mentre
essa trascorre, farne uso per l'irrigazione dei suoi terreni e per l'esercizio
delle sue industrie, ma deve restituire le colature e gli avanzi al
corso ordinario.
Art.
911 Apertura di nuove sorgenti e altre opere
Chi
vuole aprire sorgenti, stabilire capi o aste di fonte e in genere eseguire
opere per estrarre acque dal sottosuolo o costruire canali o acquedotti,
oppure scavarne, profondarne, o allargarne il letto, aumentarne o diminuirne
il pendio o variarne la forma, deve, oltre le distanze stabilite nell'art.
891, osservare le maggiori distanze ed eseguire le opere che siano
necessarie per non recare pregiudizio ai fondi altrui, sorgenti, capi
o aste di fonte, canali o acquedotti preesistenti e destinati all'irrigazione
dei terreni o agli usi domestici o industriali.
Art.
912 Conciliazione di opposti interessi
Se
sorge controversia tra i proprietari a cui un'acqua non pubblica può
essere utile, l'autorità giudiziaria deve valutare l'interesse dei singoli
proprietari nei loro rapporti e rispetto ai vantaggi che possono derivare
all'agricoltura o all'industria dall'uso a cui l'acqua è destinata o
si vuol destinare.
L'autorità
giudiziaria può assegnare un'indennità ai proprietari che sopportino
diminuzione del proprio diritto.
In
tutti i casi devono osservarsi le disposizioni delle leggi sulle acque
e sulle opere idrauliche.
Art.
913 Scolo delle acque
Il
fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che dal fondo più elevato
scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l'opera dell'uomo.
Il
proprietario del fondo inferiore non può impedire questo scolo, né il
proprietario del fondo superiore può renderlo più gravoso.
Se
per opere di sistemazione agraria dell'uno o dell'altro fondo si rende
necessaria una modificazione del deflusso naturale delle acque, è dovuta
un'indennità al proprietario del fondo a cui la modificazione stessa
ha recato pregiudizio.
Art.
914 Consorzi per regolare il deflusso delle acque
Qualora
per esigenze della produzione si debba provvedere a opere di sistemazione
degli scoli, di soppressione di ristagni o di raccolta di acque, l'autorità
amministrativa, su richiesta della maggioranza degli interessati o anche
d'ufficio, può costituire un consorzio tra i proprietari dei fondi che
traggono beneficio dalle opere stesse.
Si
applicano a tale consorzio le disposizioni del secondo e del terzo comma
dell'art. 921 (863 e seguenti).
Art.
915 Riparazione di sponde e argini
Qualora
le sponde o gli argini che servivano di ritegno alle acque siano stati
in tutto o in parte distrutti o atterrati, ovvero per la naturale variazione
del corso delle acque si renda necessario costruire nuovi argini o ripari,
e il proprietario del fondo non provveda sollecitamente a ripararli
o a costruirli, ciascuno dei proprietari che hanno sofferto o possono
ricevere danno può provvedervi, previa autorizzazione del pretore, che
provvede in via d'urgenza.
Le
opere devono essere eseguite in modo che il proprietario del fondo,
in cui esse si compiono, non ne subisca danno, eccetto quello temporaneo
causato dall'esecuzione delle opere stesse.
Art.
916 Rimozione degli ingombri
Le
disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche quando si tratta
di togliere un ingombro formatosi sulla superficie di un fondo o in
un fosso, rivo, colatoio o altro alveo, a causa di materie in essi impigliate,
in modo che le acque danneggino o minaccino di danneggiare i fondi vicini.
Art.
917 Spese per la riparazione, costruzione o rimozione
Tutti
i proprietari, ai quali torna utile che le sponde e gli argini siano
conservati o costruiti e gli ingombri rimossi, devono contribuire nella
spesa in proporzione del vantaggio che ciascuno ne ritrae.
Tuttavia,
se la distruzione degli argini, la variazione delle acque o l'ingombro
nei loro corsi deriva da colpa di alcuno dei proprietari, le spese di
conservazione, di costruzione o di riparazione gravano esclusivamente
su di lui, salvo in ogni caso il risarcimento dei danni.
Art.
918 Consorzi volontari
Possono
costituirsi in consorzio i proprietari di fondi vicini che vogliano
riunire e usare in comune le acque defluenti dal medesimo bacino di
alimentazione o da bacini contigui.
L'adesione
degli interessati e il regolamento del consorzio devono risultare da
atto scritto (1418, 2725).
Il
regolamento del consorzio è deliberato dalla maggioranza calcolata in
base all'estensione dei terreni a cui serve l'acqua.
Art.
919 Scioglimento del consorzio
Lo
scioglimento del consorzio non ha luogo se non quando è deliberato da
una maggioranza eccedente i tre quarti, o quando, potendosi la divisione
effettuare senza grave danno, essa è domandata da uno degli interessati.
Art.
920 Norme applicabili
Salvo
quanto è disposto dagli articoli precedenti, si applicano ai consorzi
volontari ivi indicati le norme stabilite per la comunione (1100 e seguenti).
Art.
921 Consorzi coattivi
Nel
caso indicato dall'art. 918, il consorzio può anche essere costituito
d'ufficio dall'autorità amministrativa, allo scopo di provvedere a una
migliore utilizzazione delle acque.
Per
le forme di costituzione e il funzionamento si osservano le norme stabilite
per i consorzi di miglioramento fondiario (863).
Il
consorzio può anche procedere all'espropriazione dei singoli diritti,
mediante il pagamento delle dovute indennità (865).
CAPO
III
Dei
modi di acquisto della proprietà
Art.
922 Modi di acquisto
La
proprietà si acquista per occupazione (923 e seguenti), per invenzione
(927 e seguenti), per accessione (934 e seguenti), per specificazione
(940), per unione o commistione (939), per usucapione (1158 e seguenti),
per effetto di contratti (1376 e seguenti), per successione a causa
di morte (456 e seguenti) e negli altri modi stabiliti dalla legge.
SEZIONE
I
Dell'occupazione
e dell'invenzione
Art.
923 Cose suscettibili di occupazione
Le
cose mobili che non sono proprietà di alcuno si acquistano con l'occupazione
(827).
Tali
sono le cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di caccia
o di pesca (842) [Secondo l’art. 1, L. 27 dicembre 1977, n. 968 (vedi
nota all'art. 826), a fauna selvatica costituisce patrimonio indisponibile
dello Stato].
Art.
924 Sciami di api
Il
proprietario di sciami di api ha diritto d'inseguirli sul fondo altrui,
ma deve indennità per il danno cagionato al fondo (843); se non li ha
inseguiti entro due giorni o ha cessato durante due giorni d'inseguirli,
può prenderli e ritenerli il proprietario del fondo.
Art.
925 Animali mansuefatti
Gli
animali mansuefatti possono essere inseguiti dal proprietario del fondo
altrui, salvo il diritto del proprietario del fondo a indennità per
il danno (843).
Essi
appartengono a chi se ne è impossessato (932), se non sono reclamati
entro venti (2964) giorni da quando il proprietario ha avuto conoscenza
del luogo dove si trovano.
Art.
926 Migrazione di colombi, conigli e pesci
I
conigli o pesci che passano ad un'altra conigliera o peschiera si acquistano
dal proprietario di queste, purché non vi siano stati attirati con arte
o con frode.
La
stessa norma si osserva per i colombi che passano ad altra colombaia,
salve le diverse disposizioni di legge sui colombi viaggiatori.
Art.
927 Cose ritrovate
Chi
trova una cosa mobile (812) deve restituirla al proprietario, e, se
non lo conosce, deve consegnarla senza ritardo al sindaco del luogo
in cui l'ha trovata, indicando le circostanze del ritrovamento.
Art.
928 Pubblicazione del ritrovamento
Il
sindaco rende nota la consegna per mezzo di pubblicazione nell'albo
pretorio del comune, da farsi per due domeniche successive e da restare
affissa per tre giorni ogni volta.
Art.
929 Acquisto di proprietà della cosa ritrovata
Trascorso
un anno dall'ultimo giorno della pubblicazione senza che si presenti
il proprietario, la cosa oppure il suo prezzo, se le circostanze ne
hanno richiesto la vendita, appartiene a chi l'ha trovata.
Così
il proprietario come il ritrovatore, riprendendo la cosa o ricevendo
il prezzo, devono pagare le spese occorse.
Art.
930 Premio dovuto al ritrovatore
Il
proprietario deve pagare a titolo di premio al ritrovatore, se questi
lo richiede, il decimo della somma o del prezzo della cosa ritrovata.
Se
tale somma o prezzo eccede le diecimila lire, il premio per il sovrappiù
è solo del ventesimo.
Se
la cosa non ha valore commerciale, la misura del premio e fissata dal
giudice secondo il suo prudente apprezzamento.
Art.
931 Equiparazione del possessore o detentore al proprietario
Agli
effetti delle disposizioni contenute negli artt. 927 e seguenti al proprietario
sono equiparati, secondo le circostanze, il possessore e il detentore
(1140).
Art.
932 Tesoro
Tesoro
è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno
può provare d'essere proprietario.
Il
tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova. Se il tesoro
è trovato nel fondo altrui, purché sia stato scoperto per solo effetto
del caso, spetta per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore.
La stessa disposizione si applica se il tesoro è scoperto in una cosa
mobile altrui (959, 988; Cod. Pen. 647).
Per
il ritrovamento degli oggetti d'interesse storico, archeologico, paletnologico,
paleontologico e artistico, si osservano le disposizioni delle leggi
speciali (826).
Art.
933 Rigetti del mare e piante sul lido. Relitti aeronautici
I
diritti sopra le cose gettate in mare o sopra quelle che il mare rigetta
e sopra le piante e le erbe che crescono lungo le rive del mare sono
regolati dalle leggi speciali (Cod. Nav. 510 e seguenti, 1227).
Parimenti
si osservano le leggi speciali per il ritrovamento di aeromobili e di
relitti di aeromobili (Cod. Nav. 993 e seguenti).
SEZIONE
II
Dell'accessione,
della specificazione, dell'unione e della commistione
Art.
934 Opere fatte sopra o sotto il suolo
Qualunque
piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene
al proprietario di questo, salvo quanto è disposto dagli artt. 935,
936, 937 e 938 e salvo che risulti diversamente dal titolo (952 e seguenti)
o dalla legge (975-3, 986-2, 1150-5, 1593).
Art.
935 Opere fatte dal proprietario del suolo con materiali altrui
Il
proprietario del suolo che ha fatto costruzioni, piantagioni od opere
con materiali altrui deve pagarne il valore, se la separazione non è
chiesta dal proprietario dei materiali, ovvero non può farsi senza che
si rechi grave danno all'opera costruita o senza che perisca la piantagione.
Deve inoltre, anche nel caso che si faccia la separazione, il risarcimento
dei danni, se e in colpa grave.
In
ogni caso la rivendicazione dei materiali (948) non è ammessa trascorsi
sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione
(2964 e seguenti).
Art.
936 Opere fatte da un terzo con materiali propri
Quando
le piantagioni (956), costruzioni od opere sono state fatte da un terzo
con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerle
o di obbligare colui che le ha fatte a levarle.
Se
il proprietario preferisce di ritenerle, deve pagare a sua scelta il
valore dei materiali e il prezzo della mano d'opera oppure l'aumento
di valore recato al fondo (1150).
Se
il proprietario del fondo domanda che siano tolte, esse devono togliersi
a spese di colui che le ha fatte (2933). Questi può inoltre essere condannato
al risarcimento dei danni.
Il
proprietario non può obbligare il terzo a togliere le piantagioni, costruzioni
od opere, quando sono state fatte a sua scienza e senza opposizione
o quando sono state fatte dal terzo in buona fede (1147).
La
rimozione non può essere domandata trascorsi sei mesi dal giorno in
cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione (2964 e seguenti).
Art.
937 Opere fatte da un terzo con materiali altrui
Se
le piantagioni, costruzioni o altre opere sono state fatte da un terzo
con materiali altrui, il proprietario di questi può rivendicarli, previa
separazione a spese del terzo, se la separazione può ottenersi senza
grave danno delle opere e del fondo.
La
rivendicazione non è ammessa trascorsi sei mesi dal giorno in cui il
proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione (2964 e seguenti).
Nel
caso che la separazione dei materiali non sia richiesta o che i materiali
siano inseparabili, il terzo che ne ha fatto uso e il proprietario del
suolo che sia stato in mala fede sono tenuti in solido (1292 e seguenti)
al pagamento di una indennità pari al valore dei materiali stessi. Il
proprietario dei materiali può anche esigere tale indennità dal proprietario
del suolo, ancorché in buona fede, limitatamente al prezzo che da questo
fosse ancora dovuto. Può altresì chiedere il risarcimento dei danni,
tanto nei confronti del terzo che ne abbia fatto uso senza il suo consenso,
quanto nei confronti del proprietario del suolo che in mala fede abbia
autorizzato l'uso.
Art.
938 Occupazione di porzione di fondo attiguo
Se
nella costruzione di un edificio si occupa in buona fede una porzione
del fondo attiguo, e il proprietario di questo non fa opposizione entro
tre mesi (2964) dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione, l'autorità
giudiziaria, tenuto conto delle circostanze, può (2908) attribuire al
costruttore la proprietà dell'edificio e del suolo occupato. Il costruttore
e tenuto a pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della
superficie occupata, oltre il risarcimento dei danni.
Art.
939 Unione e commistione
Quando
più cose appartenenti a diversi proprietari sono state unite o mescolate
in guisa da formare un sol tutto, ma sono separabili senza notevole
deterioramento, ciascuno conserva la proprietà della cosa sua e ha diritto
di ottenerne la separazione. In caso diverso, la proprietà ne diventa
comune in proporzione del valore delle cose spettanti a ciascuno.
Quando
però una delle cose si può riguardare come principale o è di molto superiore
per valore, ancorché serva all'altra di ornamento, il proprietario della
cosa principale acquista la proprietà del tutto. Egli ha l'obbligo di
pagare all'altro il valore della cosa che vi è unita o mescolata; ma
se l'unione o la mescolanza è avvenuta senza il suo consenso ad opera
del proprietario della cosa accessoria, egli non e obbligato a corrispondere
che la somma minore tra l'aumento di valore apportato alla cosa principale
e il valore della cosa accessoria.
E'
inoltre dovuto il risarcimento dei danni in caso di colpa grave.
Art.
940 Specificazione
Se
taluno ha adoperato una materia che non gli apparteneva per formare
una nuova cosa, possa o non possa la materia riprendere la sua prima
forma, ne acquista la proprietà pagando al proprietario il prezzo della
materia, salvo che il valore della materia sorpassi notevolmente quello
della mano d'opera. In quest'ultimo caso la cosa spetta al proprietario
della materia, il quale deve pagare il prezzo della mano d'opera.
Art.
941 Alluvione
Le
unioni di terra e gli incrementi, che si formano successivamente e impercettibilmente
nei fondi posti lungo le rive dei fiumi o torrenti, appartengono al
proprietario del fondo, salvo quanto è disposto dalle leggi speciali.
Art.
942 Terreni abbandonati dalle acque correnti
I
terreni abbandonati dalle acque correnti, che insensibilmente si ritirano
da una delle rive portandosi sull'altra, appartengono al demanio pubblico,
senza che il confinante della riva opposta possa reclamare il terreno
perduto.
Ai
sensi del primo comma, si intendono per acque correnti i fiumi, i torrenti
e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia.
Quanto
stabilito al primo comma vale anche per i terreni abbandonati dal mare,
dai laghi, dalle lagune e dagli stagni appartenenti al demanio pubblico
(822).
NOTA
Articolo così sostituito dall'art. 1, Legge 5 gennaio 1994, n. 37, in
materia di tutela ambientale delle aree demaniali).
Art.
943 Laghi e stagni
Il
terreno che l'acqua copre quando essa è all'altezza dello sbocco del
lago o dello stagno appartiene al proprietario del lago o dello stagno,
ancorché il volume dell'acqua venga a scemare.
Il
proprietario non acquista alcun diritto sopra la terra lungo la riva
che l'acqua ricopre nei casi di piena straordinaria.
Art.
944 Avulsione
Se
un fiume o torrente stacca per forza istantanea una parte considerevole
e riconoscibile di un fondo contiguo al suo corso e la trasporta verso
un fondo inferiore o verso l'opposta riva, il proprietario del fondo
al quale si e unita la parte staccata ne acquista la proprietà. Deve
però pagare all'altro proprietario un'indennità nei limiti del maggior
valore recato al fondo dall'avulsione.
Art.
945 Isole e unioni di terra
Le
isole e unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi o torrenti
appartengono al demanio pubblico (822).
(Se
l'isola si è formata per avulsione, il proprietario del fondo da cui
è avvenuto il distacco, ne conserva la proprietà).
(La
stessa regola si osserva se un fiume o un torrente, formando un nuovo
corso, attraversa e circonda il fondo o parte del fondo di un proprietario
confinante, facendone un'isola).
NOTA
La parte fra parentesi è stata abrogata dall'art. 2 della Legge 5 gennaio
1994, n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree demaniali.
Art.
946 Alveo abbandonato
Se
un fiume o un torrente si forma un nuovo letto, abbandonato l'antico,
il terreno abbandonato rimane assoggettato al regime proprio del demanio
pubblico.
NOTA
Articolo così sostituito dall'art. 3 della Legge 5 gennaio 1994, n.
37, in materia di tutela ambientale delle aree demaniali.
Art.
947 Mutamenti del letto dei fiumi derivanti da regolamento del loro
corso
Le
disposizioni degli artt. 942, 945 e 946 si applicano ai terreni comunque
abbandonati sia a seguito di eventi naturali che per fatti artificiali
indotti dall'attività antropica, ivi comprendendo anche i terreni abbandonati
per i fenomeni di inalveamento.
La
disposizione dell'art. 941 non si applica nel caso in cui le
alluvioni derivano da regolamento del corso dei fiumi, da bonifiche
o da altri fatti artificiali indotti dall'attività antropica.
In
ogni caso è esclusa la sdemanializzazione tacita dei beni del demanio
idrico.
NOTA
Articolo così sostituito dall'art. 4 della Legge 5 gennaio 1994,
n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree demaniali.
CAPO
IV
Delle
azioni a difesa della proprietà
Art.
948 Azione di rivendicazione
Il
proprietario può rivendicare la cosa (1153, 1994, 2653, 2697) da chiunque
la possiede o detiene (1140) e può proseguire l'esercizio dell'azione
anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di
possedere o detenere la cosa. In tal caso il convenuto è obbligato a
ricuperarla per l'attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene
il valore, oltre a risarcirgli il danno.
Il
proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore
la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore
o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.
L'azione
di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell'acquisto
della proprietà da parte di altri per usucapione (1158 e seguenti).
Art.
949 Azione negatoria
Il
proprietario può agire per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati
da altri sulla cosa, quando ha motivato di temerne pregiudizio (1079).
Se
sussistono anche turbative o molestie, il proprietario può anche chiedere
che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al risarcimento del
danno (1170).
Art.
950 Azione di regolamento di confini
Quando
il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere
che sia stabilito giudizialmente.
Ogni
mezzo di prova è ammesso.
In
mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato
dalle mappe catastali.
Art.
951 Azione per apposizione di termini
Se
i termini tra fondi contigui mancano o sono diventati irriconoscibili,
ciascuno dei proprietari ha diritto di chiedere che essi siano apposti
o ristabiliti a spese comuni.
TITOLO
III
DELLA
SUPERFICIE
Art.
952 Costituzione del diritto di superficie
Il
proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra
del suolo una costruzione a favore di altri che ne acquista la proprietà
(934, 1350, 2643).
Del
pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente
dalla proprietà del suolo.
Art.
953 Costituzione a tempo determinato
Se
la costituzione del diritto e stata fatta per un tempo determinato,
allo scadere del termine il diritto di superficie si estingue e il proprietario
del suolo diventa proprietario della costruzione (2816).
Art.
954 Estinzione del diritto di superficie
L'estinzione
del diritto di superficie per scadenza del termine importa l'estinzione
dei diritti reali imposti dal superficiario. I diritti gravanti sul
suolo si estendono alla costruzione, salvo, per le ipoteche, il disposto
del primo comma dell'art. 2816.
I
contratti di locazione (1596), che hanno per oggetto la costruzione,
non durano se non per l'anno in corso alla scadenza del termine (999).
Il
perimento della costruzione non importa, salvo patto contrario, l'estinzione
del diritto di superficie.
Il
diritto di fare la costruzione sul suolo altrui si estingue per prescrizione
per effetto del non uso protratto per venti anni (2934 e seguenti, 2816).
Art.
955 Costruzioni al disotto del suolo
Le
disposizioni precedenti si applicano anche nel caso in cui e concesso
il diritto di fare e mantenere costruzioni al disotto del suolo altrui
(840).
Art.
956 Divieto di proprietà separata delle piantagioni
Non
può essere costituita o trasferita la proprietà delle piantagioni (821)
separatamente dalla proprietà del suolo.
TITOLO
IV
DELL'ENFITEUSI
(*)
(*)
V. anche L. 22 luglio 1966, n. 607, sub Leggi Speciali, voce Contratti
e controversie agrarie.
Art.
957 Disposizioni inderogabili
L'enfiteusi,
salvo che il titolo disponga altrimenti, e regolata dalle norme contenute
negli articoli seguenti (att. 142 e seguente).
Il
titolo (587, 1350 n. 2, 2643 n. 2, 2648) non può tuttavia derogare alle
norme contenute negli artt. 958, 2° comma, 961, 2° comma, 962, 965,
968, 971 e 973.
Art.
958 Durata
L'enfiteusi
può essere perpetua o a tempo (2815).
L'enfiteusi
temporanea non può essere costituita per una durata inferiore ai venti
anni.
Art.
959 Diritti dell'enfiteuta
L'enfiteuta
ha gli stessi diritti che avrebbe il proprietario sui frutti del fondo
(820 e seguente), sul tesoro (932) e relativamente alle utilizzazioni
del sottosuolo in conformità delle disposizioni delle leggi speciali
(840).
Il
diritto dell'enfiteuta si estende alle accessioni (817 e seguenti, 934
e seguenti, 2810).
Art.
960 Obblighi dell'enfiteuta
L'enfiteuta
ha l'obbligo di migliorare il fondo e di pagare al concedente un canone
periodico. Questo può consistere in una somma di danaro ovvero in una
quantità fissa di prodotti naturali.
L'enfiteuta
non può pretendere remissione o riduzione del canone per qualunque insolita
sterilità del fondo o perdita di frutti.
Art.
961 Pagamento del canone
L'obbligo
del pagamento del canone (2763, 2948) grava solidalmente (1292 e seguenti)
su tutti i coenfiteuti e sugli eredi dell'enfiteuta finché dura la comunione.
Nel
caso in cui segua la divisione e il fondo venga goduto separatamente
dagli enfiteuti o dagli eredi, ciascuno risponde per gli obblighi inerenti
all'enfiteusi proporzionalmente al valore della sua porzione.
Art.
962 Revisione del canone (abrogato)
Art.
963 Perimento totale o parziale del fondo
Quando
il fondo enfiteutico perisce interamente, l'enfiteusi si estingue.
Se
e perita una parte notevole del fondo e il canone risulta sproporzionato
al valore della parte residua, l'enfiteuta, secondo le circostanze,
può chiedere una congrua riduzione del canone, o rinunziare al suo diritto,
restituendo il fondo al concedente, salvo il diritto al rimborso dei
miglioramenti sulla parte residua (975).
La
domanda di riduzione del canone e la rinunzia al diritto non sono ammesse,
decorso un anno dall'avvenuto perimento (2964 e seguenti).
Qualora
il fondo sia assicurato e l'assicurazione sia fatta anche nell'interesse
del concedente, l'indennità e ripartita tra il concedente e l'enfiteuta
in proporzione del valore dei rispettivi diritti.
Nel
caso di espropriazione per pubblico interesse (834), l'indennità si
ripartisce a norma del comma precedente.
Art.
964 Imposte e altri pesi
Le
imposte e gli altri pesi che gravano sul fondo sono a carico dell'enfiteuta,
salve le disposizioni delle leggi speciali.
Se
in virtù del titolo costitutivo sono a carico del concedente, tale obbligo
non può eccedere l'ammontare del canone.
Art.
965 Disponibilità del diritto dell'enfiteuta
L'enfiteuta
può disporre del proprio diritto, sia per atto tra vivi (1350 n. 2,
2643 n. 2, 2810), sia per atto di ultima volontà (587, 2648).
Per
l'alienazione del diritto dell'enfiteuta non è dovuta alcuna prestazione
al concedente (att. 145).
Nell'atto
costitutivo può essere vietato all'enfiteuta di disporre per atto tra
vivi, in tutto o in parte, del proprio diritto, per un tempo non maggiore
di venti anni (1379).
Nel
caso di alienazione compiuta contro tale divieto, l'enfiteuta non è
liberato dai suoi obblighi (1960) verso il concedente ed e tenuto a
questi solidalmente (1292 e seguenti) con l'acquirente.
Art.
966 Prelazione a favore del concedente (abrogato)
Art.
967 Diritti e obblighi dell'enfiteuta e del concedente in caso di alienazione
In
caso di alienazione, il nuovo enfiteuta è obbligato solidalmente (1292
e seguenti) col precedente al pagamento dei canoni non soddisfatti.
Il
precedente enfiteuta non è liberato dai suoi obblighi, prima che sia
stato notificato l'atto di acquisto al concedente.
In
caso di alienazione del diritto del concedente, l'acquirente non può
pretendere l'adempimento degli obblighi dell'enfiteuta prima che a questo
sia stata notificata l'alienazione (1264).
Art.
968 Subenfiteusi
La
subenfiteusi non è ammessa.
Art.
969 Ricognizione
Il
concedente può richiedere la ricognizione del proprio diritto da chi
si trova nel possesso del fondo enfiteutico un anno prima del compimento
del ventennio (2720).
Per
atto di ricognizione non è dovuta alcuna prestazione (2699, 2702). Le
spese dell'atto sono a carico del concedente.
Art.
970 Prescrizione del diritto dell'enfiteuta
Il
diritto dell'enfiteuta si prescrive per effetto del non uso protratto
per venti anni (2934 e seguenti).
Art.
971 Affrancazione
Se
più sono gli enfiteuti, l'affrancazione può promuoversi anche da uno
solo di essi, ma per la totalità. In questo caso l'affrancante subentra
(1203) nei diritti del concedente verso gli altri enfiteuti, salva,
a favore di questi, una riduzione proporzionale del canone.
Se
più sono i concedenti, l'affrancazione può effettuarsi per la quota
che spetta a ciascun concedente.
L'affrancazione
si opera mediante il pagamento di una somma (2815) risultante dalla
capitalizzazione del canone annuo sulla base dell'interesse legale (1284).
Le modalità sono stabilite da leggi speciali (att. 58).
Art.
972 Devoluzione
Il
conducente può chiedere la devoluzione del fondo enfiteutico (2653,
n. 2):
l)
se l'enfiteuta deteriora il fondo o non adempie all'obbligo di migliorarlo;
2)
se l'enfiteuta è in mora nel pagamento di due annualità di canone (1219).
La devoluzione non ha luogo se l'enfiteuta ha effettuato il pagamento
dei canoni maturati prima che sia intervenuta nel giudizio sentenza
(2655), ancorché di primo grado, che abbia accolto la domanda (att.
149).
La
domanda di devoluzione non preclude all'enfiteuta il diritto di affrancare,
sempre che ricorrano le condizioni previste dall'art. 971.
Art.
973 Clausola risolutiva espressa
La
dichiarazione del concedente di valersi della clausola risolutiva espressa
(1456) non impedisce l'esercizio del diritto di affrancazione.
Art.
974 Diritti dei creditori dell'enfiteuta
I
creditori dell'enfiteuta possono intervenire nel giudizio di devoluzione
per conservare le loro ragioni (2900), valendosi all'uopo anche del
diritto di affrancazione che spetti all'enfiteuta; possono offrire il
risarcimento dei danni e dare cauzione (1119) per l'avvenire (att. 149).
I
creditori, che hanno iscritto ipoteca contro l'enfiteuta anteriormente
alla trascrizione della domanda di devoluzione e ai quali questa non
è stata notificata in tempo utile per poter intervenire, conservano
il diritto di affrancazione anche dopo avvenuta la devoluzione (2653,
n. 2).
Art.
975 Miglioramenti e addizioni
Quando
cessa l'enfiteusi all'enfiteuta spetta il rimborso dei miglioramenti
nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo per effetto
dei miglioramenti stessi, quali sono accertati al tempo della riconsegna.
Se
in giudizio è stata fornita qualche prova della sussistenza in genere
dei miglioramenti, all'enfiteuta compete la ritenzione del fondo fino
a quando non è soddisfatto il suo credito.
Per
le addizioni fatte dall'enfiteuta, quando possono essere tolte senza
nocumento del fondo, il concedente, se vuole ritenerle, deve pagarne
il valore al tempo della riconsegna. Se le addizioni non sono separabili
senza nocumento e costituiscono miglioramento, si applica la disposizione
del primo comma di questo articolo (att. 157).
Art.
976 Locazioni concluse dall'enfiteuta
Per
le locazioni concluse dall'enfiteuta si applicano le norme dell'art.
999.
Art.
977 Enfiteusi costituite dalle persone giuridiche
Le
disposizioni contenute negli articoli precedenti si applicano anche
alle enfiteusi costituite dalle persone giuridiche, salvo che sia disposto
diversamente dalle leggi speciali.
TITOLO
V
DELL'USUFRUTTO,
DELL'USO E DELL'ABITAZIONE
CAPO
I
Dell'usufrutto
SEZIONE
I
Disposizioni
generali
Art.
978 Costituzione
L'usufrutto
è stabilito dalla legge (324, 540 e seguenti, 581, 1153) o dalla volontà
dell'uomo (587, 1350 n. 2, 1376, 2643 n. 2, 2684). Può anche acquistarsi
per usucapione (1158 e seguenti).
Art.
979 Durata
La
durata dell'usufrutto non può eccedere la vita dell'usufruttuario (678,
698, 796, 853, 1014).
L'usufrutto
costituito a favore di una persona giuridica non può durare più di trenta
anni (999, 1014).
Art.
980 Cessione dell'usufrutto
L'usufruttuario
può cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua
durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo (1002, 1350 n. 2,
2643 n. 2, 2810).
La
cessione dev'essere notificata al proprietario; finché non sia stata
notificata, l'usufruttuario è solidalmente obbligato con il cessionario
verso il proprietario (1292).
SEZIONE
II
Dei
diritti nascenti dall'usufrutto
Art.
981 Contenuto del diritto di usufrutto
L'usufruttuario
ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione
economica.
Egli
può trarre dalla cosa ogni utilità che questa può dare (1998), fermi
i limiti stabiliti in questo capo.
Art.
982 Possesso della cosa
L'usufruttuario
ha il diritto di conseguire il possesso della cosa di cui ha l'usufrutto,
salvo quanto è disposto dall'art. 1002.
Art.
983 Accessioni
L'usufrutto
si estende a tutte le accessioni della cosa (817 e seguenti, 934 e seguenti).
Se
il proprietario dopo l'inizio dell'usufrutto, con il consenso dell'usufruttuario,
ha fatto nel fondo costruzioni o piantagioni, l'usufruttuario è tenuto
a corrispondere gli interessi (1284) sulle somme impiegate. La norma
si applica anche nel caso in cui le costruzioni o piantagioni sono state
fatte per disposizione della pubblica autorità.
Art.
984 Frutti
I
frutti naturali e i frutti civili spettano all'usufruttuario per la
durata del suo diritto (820 s )
Se
il proprietario e l'usufruttuario si succedono nel godimento della cosa
entro l'anno agrario o nel corso di un periodo produttivo di maggiore
durata, l'insieme di tutti i frutti si ripartisce fra l'uno e l'altro
in proporzione della durata del rispettivo diritto nel periodo stesso
(199; att. 150).
Le
spese per la produzione e il raccolto sono a carico del proprietario
e dell'usufruttuario nella proporzione indicata dal comma precedente
ed entro i limiti del valore dei frutti (821).
Art.
985 Miglioramenti
L'usufruttuario
ha diritto a un'indennità per i miglioramenti che sussistono al momento
della restituzione della cosa (att. 157).
L'indennità
si deve corrispondere nella minor somma tra l'importo della spesa e
l'aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti.
L'autorità
giudiziaria, avuto riguardo alle circostanze, può disporre che il pagamento
della indennità prevista dai commi precedenti sia fatto ratealmente,
imponendo in questo caso idonea garanzia (1179, Cod. Proc. Civ. 119).
Art.
986 Addizioni
L'usufruttuario
può eseguire addizioni che non alterino la destinazione economica della
cosa.
Egli
ha diritto di toglierle alla fine dell'usufrutto, qualora ciò possa
farsi senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca
ritenere le addizioni stesse. In questo caso deve essere corrisposta
all'usufruttuario un'indennità pari alla minor somma tra l'importo della
spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna.
Se
le addizioni non possono separarsi senza nocumento della cosa e costituiscono
miglioramento di essa si applicano le disposizioni relative ai miglioramenti
(att. 157).
Art.
987 Miniere, cave e torbiere
L'usufruttuario
gode delle cave e torbiere (826) già aperte e in esercizio all'inizio
dell'usufrutto. Non ha facoltà di aprirne altre senza il consenso del
proprietario.
Per
le ricerche e le coltivazioni minerarie, di cui abbia ottenuto il permesso,
l'usufruttuario deve indennizzare il proprietario dei danni che saranno
accertati alla fine dell'usufrutto.
Se
il permesso è stato ottenuto dal proprietario o da un terzo, questi
devono al: l'usufruttuario un'indennità corrispondente al diminuito
godimento del fondo durante l'usufrutto.
Art.
988 Tesoro
Il
diritto dell'usufruttuario non si estende al tesoro che si scopra durante
l'usufrutto, salve le ragioni che gli possono competere come ritrovatore
(932).
Art.
989 Boschi, filari e alberi sparsi di alto fusto
Se
nell'usufrutto sono compresi boschi o filari cedui ovvero boschi o filari
di alto fusto destinati alla produzione di legna, l'usufruttuario può
procedere ai tagli ordinari, curando il mantenimento dell'originaria
consistenza dei boschi o dei filari e provvedendo, se occorre, alla
loro ricostituzione.
Circa
il modo, l'estensione, l'ordine e l'epoca dei tagli, l'usufruttuario
è tenuto a uniformarsi, oltre che alle leggi e ai regolamenti forestali,
alla pratica costante della regione.
Le
stesse regole si applicano agli alberi di alto fusto sparsi per la campagna,
destinati ad essere tagliati.
Art.
990 Alberi di alto fusto divelti, spezzati o periti
Gli
alberi di alto fusto divelti, spezzati o periti per accidente spettano
al proprietario. L'usufruttuario può servirsi di essi soltanto per le
riparazioni che sono a suo carico.
Art.
991 Alberi fruttiferi
Gli
alberi fruttiferi che periscono e quelli divelti o spezzati per accidente
appartengono all'usufruttuario, ma questi ha l'obbligo di sostituirne
altri.
Art.
992 Pali per vigne e per altre coltivazioni
L'usufruttuario
può prendere nei boschi i pali occorrenti per le vigne e per le altre
coltivazioni che ne abbisognano, osservando sempre la pratica costante
della regione.
Art.
993 Semenzai
L'usufruttuario
può servirsi dei piantoni dei semenzai, ma deve osservare la pratica
costante della regione per il tempo e il modo della estrazione e per
la rimessa dei virgulti.
Art.
994 Perimento delle mandrie o dei greggi
Se
l'usufrutto e stabilito sopra una mandria o un gregge, l'usufruttuario
e tenuto a surrogare gli animali periti, fino alla concorrente quantità
dei nati, dopo che la mandria o il gregge ha cominciato ad essere mancante
del numero primitivo.
Se
la mandria o il gregge perisce interamente per causa non imputabile
all'usufruttuario, questi non è obbligato verso il proprietario che
a rendere conto delle pelli o del loro valore.
Art.
995 Cose consumabili
Se
l'usufrutto comprende cose consumabili (7502), l'usufruttuario ha diritto
di servirsene e ha l'obbligo di pagarne il valore al termine dell'usufrutto
secondo la stima convenuta.
Mancando
la stima, e in facoltà dell'usufruttuario di pagare le cose secondo
il valore che hanno al tempo in cui finisce l'usufrutto o di restituirne
altre in eguale qualità e quantità (1258).
Art.
996 Cose deteriorabili
Se
l'usufrutto comprende cose che, senza consumarsi in un tratto, si deteriorano
a poco a poco, l'usufruttuario ha diritto di servirsene secondo l'uso
al quale sono destinate, e alla fine dell'usufrutto e soltanto tenuto
a restituirle nello stato in cui si trovano.
Art.
997 Impianti, opifici e macchinari
Se
l'usufrutto comprende impianti, opifici o macchinari che hanno una destinazione
produttiva, l'usufruttuario è tenuto a riparare e a sostituire durante
l'usufrutto le parti che si logorano, in modo da assicurare il regolare
funzionamento delle cose suddette. Se l'usufruttuario ha sopportato
spese che eccedono quelle delle ordinarie riparazioni (1004), il proprietario,
al termine dell'usufrutto, è tenuto a corrispondergli una congrua indennità
(2651).
Art.
998 Scorte vive e morte
Le
scorte vive e morte di un fondo devono essere restituite in eguale quantità
e qualità. L'eccedenza o la deficienza di esse deve essere regolata
in danaro, secondo il loro valore al termine dell'usufrutto.
Art.
999 Locazioni concluse dall'usufruttuario
Le
locazioni concluse dall'usufruttuario, in corso al tempo della cessazione
dell'usufrutto, purché constino da atto pubblico (2699) o da scrittura
privata di data certa (2704) anteriore, continuano per la durata stabilita
(1599), ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto.
Se
la cessazione dell'usufrutto avviene per la scadenza del termine stabilito,
le locazioni non durano in ogni caso se non per l'anno e, trattandosi
di fondi rustici dei quali il principale raccolto è biennale o triennale,
se non per il biennio o triennio che si trova in corso al tempo in cui
cessa l'usufrutto (att. 51).
Art.
1000 Riscossione di capitali
Per
la riscossione di somme che rappresentano un capitale gravato d'usufrutto
(1998), è necessario il concorso del titolare del credito e dell'usufruttuario.
Il pagamento fatto a uno solo di essi non è opponibile all'altro, salve
in ogni caso le norme relative alla cessione dei crediti (260 e seguenti).
Il
capitale riscosso dev'essere investito in modo fruttifero e su di esso
si trasferisce l'usufrutto. Se le parti non sono d'accordo sul modo
d'investimento, provvede l'autorità giudiziaria (1998).
SEZIONE
III
Degli
obblighi nascenti dall'usufrutto
Art.
1001 Obbligo di restituzione. Misura della diligenza
L'usufruttuario
deve restituire le cose che formano oggetto del suo diritto, al termine
dell'usufrutto, salvo quanto è disposto dall'art. 995 (2930).
Nel
godimento della cosa egli deve usare la diligenza del buon padre di
famiglia (1176).
Art.
1002 Inventario e garanzia
L'usufruttuario
prende le cose nello stato in cui si trovano (982).
Egli
è tenuto a fare a sue spese l'inventario dei beni, previo avviso al
proprietario (Cod. Proc. Civ. 769). Quando l'usufruttuario è dispensato
dal fare l'inventario, questo può essere richiesto dal proprietario
a sue spese.
L'usufruttuario
deve inoltre dare idonea garanzia (1179). Dalla prestazione della garanzia
sono dispensati i genitori che hanno l'usufrutto legale sui beni dei
loro figli minori (324). Sono anche dispensati il venditore e il donante
con riserva d'usufrutto (796); ma, qualora questi cedano l'usufrutto,
il cessionario è tenuto a prestare garanzia.
L'usufruttuario
non può conseguire il possesso dei beni (982) prima di aver adempiuto
gli obblighi su indicati.
Art.
1003 Mancanza o insufficienza della garanzia
Se
l'usufruttuario non presta la garanzia a cui e tenuto, si osservano
le disposizioni seguenti:
gli
immobili sono locati o messi sotto amministrazione, salva la facoltà
all'usufruttuario di farsi assegnare per propria abitazione una casa
compresa nell'usufrutto. L'amministrazione è affidata, con il consenso
dell'usufruttuario, al proprietario o altrimenti a un terzo scelto di
comune accordo tra proprietario e usufruttuario o, in mancanza di tale
accordo, nominato dall'autorità giudiziaria (att. 59);
il
danaro è collocato a interesse (1000-2);
i
titoli al portatore si convertono in nominativi a favore del proprietario
con il vincolo dell'usufrutto, ovvero si depositano presso una terza
persona, scelta dalle parti, o presso un istituto di credito, la cui
designazione, in caso di dissenso, e fatta dall'autorità giudiziaria;
le
derrate sono vendute e il loro prezzo è parimenti collocato a interesse
(1000-2).
In
questi casi appartengono all'usufruttuario gli interessi dei capitali,
le rendite, le pigioni e i fitti.
Se
si tratta di mobili i quali si deteriorano con l'uso, il proprietario
può chiedere che siano venduti e ne sia impiegato il prezzo come quello
delle derrate. L'usufruttuario può nondimeno domandare che gli siano
lasciati i mobili necessari per il proprio uso.
Art.
1004 Spese a carico dell'usufruttuario
Le
spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione
e manutenzione ordinaria della cosa sono a carico dell'usufruttuario.
Sono
pure a suo carico le riparazioni straordinarie rese necessarie dall'inadempimento
degli obblighi di ordinaria manutenzione.
Art.
1005 Riparazioni straordinarie
Le
riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario.
Riparazioni
straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei
muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento,
per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini,
acquedotti, muri di sostegno o di cinta.
L'usufruttuario
deve corrispondere al proprietario, durante l'usufrutto, l'interesse
(1284) delle somme spese per le riparazioni straordinarie.
Art.
1006 Rifiuto del proprietario alle riparazioni
Se
il proprietario rifiuta di eseguire le riparazioni poste a suo carico
o ne ritarda l'esecuzione senza giusto motivo, e in facoltà dell'usufruttuario
di farle eseguire a proprie spese. Le spese devono essere rimborsate
alla fine dell'usufrutto senza interesse. A garanzia del rimborso l'usufruttuario
ha diritto di ritenere l'immobile riparato (2756; att. 152).
Art.
1007 Rovina parziale di edificio accessorio
Le
disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche nel caso
in cui, per vetusta o caso fortuito, rovini soltanto in parte l'edificio
che formava accessorio necessario del fondo soggetto a usufrutto.
Art.
1008 Imposte e altri pesi a carico del l'usufruttuario
L'usufruttuario
è tenuto per la durata del suo diritto, ai carichi annuali, come le
imposte, i canoni, le rendite fondiarie e gli altri pesi che gravano
sul reddito.
Per
l'anno in corso al principio e alla fine dell'usufrutto questi carichi
si ripartiscono tra il proprietario e l'usufruttuario in proporzione
della durata del rispettivo diritto (984).
Art.
1009 Imposte e altri pesi a carico del proprietario
Al
pagamento dei carichi imposti sulla proprietà durante l'usufrutto, salvo
diverse disposizioni di legge, è tenuto il proprietario, ma l'usufruttuario
gli deve corrispondere l'interesse (1284) della somma pagata.
Se
l'usufruttuario ne anticipa il pagamento, ha diritto di essere rimborsato
del capitale alla fine dell'usufrutto.
Art.
1010 Passività gravanti su eredità in usufrutto
L'usufruttuario
di un'eredità o di una quota di eredità (588) è obbligato a pagare per
intero, o in proporzione della quota, le annualità e gli interessi dei
debiti o dei legati da cui l'eredità stessa sia gravata.
Per
il pagamento del capitale dei debiti o dei legati, che si renda necessario
durante l'usufrutto, e in facoltà dell'usufruttuario di fornire la somma
occorrente, che gli deve essere rimborsata senza interesse alla fine
dell'usufrutto.
Se
l'usufruttuario non può o non vuole fare questa anticipazione, il proprietario
può pagare tale somma, sulla quale l'usufruttuario deve corrispondergli
l'interesse (1284) durante l'usufrutto, o può vendere una porzione dei
beni soggetti all'usufrutto fino alla concorrenza della somma dovuta.
Se
per il pagamento dei debiti si rende necessaria la vendita dei beni,
questa è fatta d'accordo tra proprietario e usufruttuario, salvo ricorso
all'autorità giudiziaria in caso di dissenso. L'espropriazione forzata
deve seguire contro ambedue.
Art.
1011 Ritenzione per le somme anticipate
Nelle
ipotesi contemplate dal secondo comma dell'art. 1009 e dal secondo
comma dell'art. 1010, l'usufruttuario ha diritto di ritenzione sui beni
che sono in suo possesso fino alla concorrenza della somma a lui dovuta
(att. 152).
Art.
1012 Usurpazioni durante l'usufrutto e azioni relative alle servitù
Se
durante l'usufrutto un terzo commette usurpazione sul fondo o altrimenti
offende le ragioni del proprietario, l'usufruttuario e tenuto a fargliene
denunzia e, omettendola, è responsabile dei danni che eventualmente
siano derivati al proprietario.
L'usufruttuario
può far riconoscere (2653) l'esistenza delle servitù a favore del fondo
(1079) o l'inesistenza di quelle che si pretende di esercitare sul fondo
medesimo (949); egli deve in questi casi chiamare in giudizio il proprietario
(Cod. Proc. Civ. 102).
Art.
1013 Spese per le liti
Le
spese delle liti che riguardano tanto la proprietà quanto l'usufrutto
sono sopportate dal proprietario e dall'usufruttuario in proporzione
del rispettivo interesse.
SEZIONE
IV
Estinzione
e modificazioni dell'usufrutto
Art.
1014 Estinzione dell'usufrutto
Oltre
quanto è stabilito dall'art. 979 (328), l'usufrutto si estingue:
l)
per prescrizione per effetto del non uso durato per venti anni (2934
e seguenti);
2)
per la riunione dell'usufrutto e della proprietà nella stessa persona
(2814);
3)
per il totale perimento della cosa su cui è costituito (1016 e seguenti).
Art.
1015 Abusi dell'usufruttuario
L'usufrutto
può anche cessare per l'abuso (2561, 2814) che faccia l'usufruttuario
del suo diritto alienando i beni o deteriorandoli o lasciandoli andare
in perimento per mancanza di ordinarie riparazioni (1004).
L'autorità
giudiziaria può, secondo le circostanze, ordinare che l'usufruttuario
dia garanzia, qualora ne sia esente, o che i beni siano locati o posti
sotto amministrazione a spese di lui, o anche dati in possesso al proprietario
con l'obbligo di pagare annualmente all'usufruttuario, durante l'usufrutto,
una somma determinata.
I
creditori dell'usufruttuario possono intervenire nel giudizio per conservare
le loro ragioni, offrire il risarcimento dei danni e dare garanzia per
l'avvenire (2900).
Art.
1016 Perimento parziale della cosa
Se
una sola parte della cosa soggetta all'usufrutto perisce, l'usufrutto
si conserva sopra ciò che rimane.
Art.
1017 Perimento della cosa per colpa o dolo di terzi
Se
il perimento della cosa non è conseguenza di caso fortuito, l'usufrutto
si trasferisce sull'indennità dovuta dal responsabile del danno.
Art.
1018 Perimento dell'edificio
Se
l'usufrutto è stabilito sopra un fondo, del quale fa parte un edificio,
e questo viene in qualsiasi modo a perire, l'usufruttuario ha diritto
di godere dell'area e dei materiali.
La
stessa disposizione si applica se l'usufrutto e stabilito soltanto sopra
un edificio. In tal caso, però, il proprietario, se intende costruire
un altro edificio, ha il diritto di occupare l'area e di valersi dei
materiali, pagando all'usufruttuario, durante l'usufrutto, gli interessi
(1284) sulla somma corrispondente al valore dell'area e dei materiali.
Art.
1019 Perimento di cosa assicurata dall'usufruttuario
Se
l'usufruttuario ha provveduto all'assicurazione della cosa o al pagamento
dei premi per la cosa già assicurata, l'usufrutto si trasferisce sull'indennità
dovuta dall'assicuratore.
Se
è perito un edificio e il proprietario intende di ricostruirlo con la
somma conseguita come indennità, l'usufruttuario non può opporsi. L'usufrutto
in questo caso si trasferisce sull'edificio ricostruito. Se però la
somma impiegata nella ricostruzione è maggiore di quella spettante in
usufrutto, il diritto dell'usufruttuario sul nuovo edificio è limitato
in proporzione di quest'ultima.
Art.
1020 Requisizione o espropriazione
Se
la cosa è requisita o espropriata per pubblico interesse, l'usufrutto
si trasferisce sull'indennità relativa (1000).
CAPO
II
Dell'uso
e dell'abitazione
Art.
1021 Uso
Chi
ha il diritto d'uso di una cosa, può servirsi di essa e, se è fruttifera,
può raccogliere i frutti (821) per quanto occorre ai bisogni suoi e
della sua famiglia (1023 e seguenti, 1100).
I
bisogni si devono valutare secondo la condizione sociale del titolare
del diritto.
Art.
1022 Abitazione
Chi
ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai
bisogni suoi e della sua famiglia.
Art.
1023 Ambito della famiglia
Nella
famiglia si comprendono anche i figli nati dopo che è cominciato il
diritto d'uso o d'abitazione, quantunque nel tempo in cui il diritto
e sorto la persona non avesse contratto matrimonio. Si comprendono inoltre
i figli adottivi (291 e seguenti), i figli naturali riconosciuti (250
e seguenti) e gli affiliati (404 e seguenti), anche se l'adozione, il
riconoscimento o l'affiliazione sono seguiti dopo che il diritto era
già sorto. Si comprendono infine le persone che convivono con il titolare
del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi (att.
153).
Art.
1024 Divieto di cessione
I
diritti di uso e di abitazione non si possono cedere (853) o dare in
locazione.
Art.
1025 Obblighi inerenti all'uso e all'abitazione
Chi
ha l'uso di un fondo e ne raccoglie tutti i frutti o chi ha il diritto
di abitazione e occupa tutta la casa e tenuto alle spese di coltura,
alle riparazioni ordinarie e al pagamento dei tributi come l'usufruttuario
(1004 e seguenti).
Se
non raccoglie che una parte dei frutti o non occupa che una parte della
casa, contribuisce in proporzione di ciò che gode.
Art.
1026 Applicabilità delle norme sull'usufrutto
Le
disposizioni relative all'usufrutto (978 e seguenti) si applicano, in
quanto compatibili, all'uso e all'abitazione.
TITOLO
VI
DELLE
SERVITU' PREDIALI
CAPO
I
Disposizioni
generali
Art.
1027 Contenuto del diritto
La
servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità
di un altro fondo appartenente a diverso proprietario (1072, 1100).
Art.
1028 Nozione dell'utilità
L'utilità
può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante.
Può del pari essere inerente alla destinazione industriale del fondo
(1073 e seguente).
Art.
1029 Servitù per vantaggio futuro
E'
ammessa la costituzione di una servitù per assicurare a un fondo un
vantaggio futuro.
E'
ammessa altresì a favore o a carico di un edificio da costruire o di
un fondo da acquistare, ma in questo caso la costituzione non ha effetto
se non dal giorno in cui l'edificio è costruito o il fondo è acquistato
(1472).
Art.
1030 Prestazioni accessorie
Il
proprietario del fondo servente non e tenuto a compiere alcun atto per
rendere possibile l'esercizio della servitù da parte del titolare, salvo
che la legge o il titolo disponga altrimenti (1069 e seguente, 1090
e seguente).
Art.
1031 Costituzione delle servitù
Le
servitù prediali possono essere costituite coattivamente (853, 1032
e seguenti) o volontariamente (1058 e seguenti). Possono anche essere
costituite per usucapione o per destinazione del padre di famiglia (1061
e seguente).
CAPO
II
Delle
servitù coattive
Art.
1032 Modi di costituzione
Quando,
in forza di legge, il proprietario di un fondo ha diritto di ottenere
da parte del proprietario di un altro fondo la costituzione di una servitù,
questa, in mancanza di contratto, e costituita con sentenza (2908, 2643
n. 14, 2932). Può anche essere costituita con atto dell'autorità amministrativa
nei casi specialmente determinati dalla legge (853 e seguenti).
La
sentenza stabilisce le modalità della servitù e determina l'indennità
dovuta.
Prima
del pagamento della indennità il proprietario del fondo servente può
opporsi all'esercizio della servitù.
SEZIONE
I
Dell'acquedotto
e dello scarico coattivo
Art.
1033 Obbligo di dare passaggio alle acque
Il
proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle acque di
ogni specie che si vogliono condurre da parte di chi ha, anche solo
temporaneamente, il diritto di utilizzarle per i bisogni della vita
o per usi agrari o industriali.
Sono
esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad
esse attinenti.
Art.
1034 Apertura di nuovo acquedotto
Chi
ha diritto di condurre acque per il fondo altrui deve costruire il necessario
acquedotto, ma non può far defluire le acque negli acquedotti già esistenti
e destinati al corso di altre acque.
Il
proprietario del fondo soggetto alla servitù può tuttavia impedire la
costruzione, consentendo il passaggio nei propri acquedotti già esistenti,
qualora ciò non rechi notevole pregiudizio alla condotta che si domanda.
In tal caso al proprietario dell'acquedotto è dovuta un'indennità da
determinarsi avuto riguardo all'acqua che s'introduce, al valore dell'acquedotto,
alle opere che si rendono necessarie per il nuovo passaggio e alle maggiori
spese di manutenzione.
La
facoltà indicata dal comma precedente non è consentita al proprietario
del fondo servente nei confronti della pubblica amministrazione.
Art.
1035 Attraversamento di acquedotti
Chi
vuol condurre l'acqua per il fondo altrui può attraversare al di sopra
o al di sotto gli acquedotti preesistenti, appartengano essi al proprietario
del fondo o ad altri, purché esegua le opere necessarie a impedire ogni
danno o alterazione degli acquedotti stessi (1090).
Art.
1036 Attraversamento di fiumi o di strade
Se
per la condotta delle acque occorre attraversare strade pubbliche o
corsi di acque pubbliche, si osservano le leggi e i regolamenti sulle
strade e sulle acque.
Art.
1037 Condizioni per la costituzione della servitù
Chi
vuol far passare le acque sul fondo altrui deve dimostrare che può disporre
dell'acqua durante il tempo per cui chiede il passaggio; che la medesima
è sufficiente per l'uso al quale si vuol destinare; che il passaggio
richiesto e il più conveniente e il meno pregiudizievole al fondo servente,
avuto riguardo alle condizioni dei fondi vicini, al pendio e alle altre
condizioni per la condotta, per il corso e lo sbocco delle acque.
Art.
1038 Indennità per l'imposizione della servitù
Prima
di imprendere la costruzione dell'acquedotto, chi vuol condurre acqua
per il fondo altrui deve pagare il valore, secondo la stima, dei terreni
da occupare, senza detrazione delle imposte e degli altri carichi inerenti
al fondo, oltre l'indennità per i danni, ivi compresi quelli derivanti
dalla separazione in due o più parti o da altro deterioramento del fondo
da intersecare.
Per
i terreni, però, che sono occupati soltanto per il deposito delle materie
estratte e per il getto dello spurgo non si deve pagare che la metà
del valore del suolo, e sempre senza detrazione delle imposte e degli
altri incarichi inerenti; ma nei terreni medesimi il proprietario del
fondo servente può fare piantagioni e rimuovere e trasportare le materie
ammucchiate, purché tutto segua senza danno all'acquedotto, del suo
spurgo e della sua riparazione.
Art.
1039 Indennità per il passaggio temporaneo
Qualora
il passaggio delle acque sia domandato per un tempo non maggiore di
nove anni, il pagamento dei valori e delle indennità indicati dall'articolo
precedente è ristretto alla sola metà, ma con l'obbligo, scaduto il
termine, di rimettere le cose nel primitivo stato.
Il
passaggio temporaneo può essere reso perpetuo prima della scadenza del
termine mediante il pagamento dell'altra metà con gli interessi legali
(1284) dal giorno in cui il passaggio è stato praticato; scaduto il
termine, non si tiene più conto di ciò che è stato pagato per la concessione
temporanea.
Art.
1040 Uso dell'acquedotto
Chi
possiede un acquedotto nel fondo altrui non può immettervi maggiore
quantità d'acqua, se l'acquedotto non ne è capace o ne può venir danno
al fondo servente.
Se
l'introduzione di una maggior quantità d'acqua esige nuove opere, queste
non possono farsi, se prima non se ne determinano la natura e la qualità
e non si paga la somma dovuta per il suolo da occupare e per i danni
nel modo stabilito dall'art. 1038.
La
stessa disposizione si applica anche quando per il passaggio attraverso
un acquedotto occorre sostituire una tomba a un ponte canale o viceversa.
Art.
1041 Letto dell'acquedotto
E'
sempre in facoltà del proprietario del fondo servente di far determinare
stabilmente il letto dell'acquedotto con l'apposizione di capisaldi
o soglie da riportarsi a punti fissi. Se però di tale facoltà egli non
ha fatto uso al tempo della concessione dell'acquedotto, deve sopportare
la metà delle spese occorrenti.
Art.
1042 Obblighi inerenti all'uso di corsi contigui a fondi altrui
Se
un corso d'acqua impedisce ai proprietari dei fondi contigui l'accesso
ai medesimi, o la continuazione dell'irrigazione o dello scolo delle
acque, coloro che si servono di quel corso sono obbligati, in proporzione
del beneficio che ne ritraggono, a costruire e a mantenere i ponti e
i loro accessi sufficienti per un comodo e sicuro transito, come pure
le botti sotterranee, i ponti-canali o altre opere simili per continuare
l'irrigazione o lo scolo, salvi i diritti derivanti dal titolo o dall'usucapione.
Art.
1043 Scarico coattivo
Le
disposizioni contenute negli articoli precedenti per il passaggio delle
acque si applicano anche se il passaggio e domandato al fine di scaricare
acque sovrabbondanti che il vicino non consente di ricevere nel suo
fondo.
Lo
scarico può essere anche domandato per acque impure, purché siano adottate
le precauzioni atte a evitare qualsiasi pregiudizio o molestia.
Art.
1044 Bonifica
Ferme
le disposizioni delle leggi sulla bonifica e sul vincolo forestale,
il proprietario che intende prosciugare o bonificare le sue terre con
fognature, con colmate o altri mezzi ha diritto, premesso il pagamento
dell'indennità e col minor danno possibile, di condurre per fogne o
per fossi le acque di scolo attraverso i fondi che separano le sue terre
da un corso d'acqua o da qualunque altro colatoio.
Se
il prosciugamento risulta in contrasto con gli interessi di coloro che
utilizzano le acque provenienti dal fondo paludoso, e se gli opposti
interessi non si possono conciliare con opportune opere che importino
una spesa proporzionata allo scopo, l'autorità giudiziaria dà le disposizioni
per assicurare l'interesse prevalente, avuto in ogni caso riguardo alle
esigenze generali della produzione. Se si fa luogo al prosciugamento,
può essere assegnata una congrua indennità a coloro che al prosciugamento
si sono opposti.
Art.
1045 Utilizzazione di fogne o di fossi altrui
I
proprietari dei fondi attraversati da fogne o da fosse altrui, o che
altrimenti possono approfittare dei lavori fatti in. forza dell'articolo
precedente, hanno facoltà di servirsene per risanare i loro fondi, a
condizione che non ne venga danno ai fondi già risanati e che essi sopportino
le nuove spese occorrenti per modificare le opere già eseguite, affinche
queste siano in grado di servire anche ai fondi attraversati, e inoltre
sopportino una parte proporzionale delle spese già fatte e di quelle
richieste per il mantenimento delle opere, le quali divengono comuni.
Art.
1046 Norme per l'esecuzione delle opere
Nell'esecuzione
delle opere indicate dagli articoli precedenti sono applicabili le disposizioni
del secondo comma dell'art. 1033 e degli artt. 1035 e 1036.
SEZIONE
II
Dell'appoggio
e dell'infissione di chiusa
Art.
1047 Contenuto della servitù
Chi
ha diritto di derivare acque da fiumi, torrenti, rivi, canali, laghi
o serbatoi può, qualora sia necessario, appoggiare o infiggere una chiusa
alle sponde, con l'obbligo però di pagare la indennità e di fare e mantenere
le opere atte ad assicurare i fondi da ogni danno (1032).
Art.
1048 Obblighi degli utenti
Nella
derivazione e nell'uso delle acque a norma del precedente articolo,
deve evitarsi tra gli utenti superiori e gli inferiori ogni vicendevole
pregiudizio che possa provenire dallo stagnamento, dal rigurgito o dalla
diversione delle acque medesime.
SEZIONE
III
Della
somministrazione coattiva di acqua a un edificio o a un fondo
Art.
1049 Somministrazione di acqua a un edificio
Se
a una casa o alle sue dipendenze manca l'acqua necessaria per l'alimentazione
degli uomini o degli animali e per gli altri usi domestici, e non è
possibile procurarla senza eccessivo dispendio, il proprietario del
fondo vicino deve (1032) consentire che sia dedotta l'acqua di sopravanzo
nella misura indispensabile per le necessità anzidette.
Prima
che siano iniziati i lavori, deve pagarsi il valore dell'acqua, che
si chiede di dedurre, calcolato per un'annualità. Si devono altresì
sostenere tutte le spese per le opere di presa e di derivazione. Si
applicano inoltre le disposizioni del primo comma dell'art. 1038.
In
mancanza di convenzione, la sentenza determina le modalità della derivazione
e l'indennità dovuta (2908, 2932).
Qualora
si verifichi un mutamento nelle condizioni originarie, la derivazione
può essere soppressa su istanza dell'una o dell'altra parte.
Art.
1050 Somministrazione di acqua a un fondo
Le
norme stabilite dall'articolo precedente si applicano anche se il proprietario
di un fondo non ha acqua per irrigarlo, quando le acque del fondo vicino
consentono una parziale somministrazione, dopo soddisfatto ogni bisogno
domestico, agricolo o industriale.
Le
disposizioni di questo articolo e del precedente non si applicano nel
caso in cui delle acque si dispone in forza di concessione amministrativa.
SEZIONE
IV
Del
passaggio coattivo
Art.
1051 Passaggio coattivo
Il
proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha
uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio
o disagio, ha diritto (1032) di ottenere il passaggio sul fondo vicino
per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo.
Il
passaggio si deve stabilire (1350) in quella parte in cui l'accesso
alla via pubblica e più breve e riesce di minore danno al fondo sul
quale è consentito. Esso può essere stabilito anche mediante sottopassaggio,
qualora ciò sia preferibile, avuto riguardo al vantaggio del fondo dominante
e al pregiudizio del fondo servente.
Le
stesse disposizioni si applicano nel caso in cui taluno, avendo un passaggio
sul fondo altrui, abbia bisogno ai fini suddetti di ampliarlo per il
transito dei veicoli anche a trazione meccanica.
Sono
esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad
esse attinenti.
Art.
1052 Passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso
Le
disposizioni dell'articolo precedente si possono applicare anche se
il proprietario del fondo ha un accesso alla via pubblica, ma questo
è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato.
Il
passaggio può essere concesso dall'autorità giudiziaria (2908) solo
quando questa riconosce che la domanda risponde alle esigenze dell'agricoltura
o della industria.
Art.
1053 Indennità
Nei
casi previsti dai due articoli precedenti e dovuta un'indennità proporzionata
al danno cagionato dal passaggio.
Qualora,
per attuare il passaggio, sia necessario occupare con opere stabili
o lasciare incolta una zona del fondo servente, il proprietario che
lo domanda deve, prima d'imprendere le opere o d'iniziare il passaggio,
pagare il valore della zona predetta nella misura stabilita dal primo
comma dell'art. 1038.
Art.
1054 Interclusione per effetto di alienazione o di divisione
Se
il fondo è divenuto da ogni parte chiuso per effetto di alienazione
a titolo oneroso, il proprietario ha diritto di ottenere dall'altro
contraente il passaggio senza alcuna indennità (att. 154).
La
stessa norma si applica in caso di divisione (1111).
Art.
1055 Cessazione dell'interclusione
Se
il passaggio cessa di essere necessario, può essere soppresso in qualunque
tempo a istanza del proprietario del fondo dominante o del fondo servente.
Quest'ultimo deve restituire il compenso ricevuto; ma l'autorità giudiziaria
può disporre una riduzione della somma, avuto riguardo alla durata della
servitù e al danno sofferto. Se l'indennità fu convenuta in annualità,
la prestazione cessa dall'anno successivo.
SEZIONE
V
Dell'elettrodotto
coattivo e del passaggio coattivo di linee teleferiche
Art.
1056 Passaggio di condutture elettriche
Ogni
proprietario è tenuto (2908) a dare passaggio per i suoi fondi alle
condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia.
Art.
1057 Passaggio di vie funicolari
Ogni
proprietario è parimenti tenuto a lasciar passare sopra il suo fondo
le gomene di vie funicolari aeree a uso agrario o industriale e a tollerare
sul fondo le opere, i meccanismi e le occupazioni necessarie a tale
scopo, in conformità delle leggi in materia.
CAPO
III
Delle
servitù volontarie
Art.
1058 Modi di costituzione
Le
servitù prediali possono essere costituite per contratto (1061, 1321,
1350 n. 4, 2643 n. 4) o per testamento (649 e seguenti, 2648).
Art.
1059 Servitù concessa da uno dei comproprietari
La
servitù concessa da uno dei comproprietari di un fondo indiviso non
è costituita se non quando gli altri l'hanno anch'essi concessa unitamente
o separatamente (1108).
La
concessione, però, fatta da uno dei comproprietari, indipendentemente
dagli altri, obbliga il concedente-e i suoi eredi o aventi causa a non
porre impedimento all'esercizio del diritto concesso.
Art.
1060 Servitù costituite dal nudo proprietario
Il
proprietario può, senza il consenso dell'usufruttuario, imporre sul
fondo le servitù che non pregiudicano il diritto di usufrutto (981,
1078).
CAPO
IV
Delle
servitù acquistate per usucapione e per destinazione del padre di famiglia
Art.
1061 Servitù non apparenti
Le
servitù non apparenti non possono acquistarsi per usucapione (1158,
att. 158) o per destinazione del padre di famiglia (1062).
Non
apparenti sono le servitù quando non si hanno opere visibili e permanenti
destinate al loro esercizio.
Art.
1062 Destinazione del padre di famiglia
La
destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante
qualunque genere di prova (2697 e seguente), che due fondi, attualmente
divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi
ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù.
Se
i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario, senza
alcuna disposizione relativa alla servitù, questa s'intende stabilita
attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati.
CAPO
V Dell'esercizio delle servitù
Art.
1063 Norme regolatrici
L'estensione
e l'esercizio delle servitù sono regolati dal titolo e, in mancanza,
dalle disposizioni seguenti.
Art.
1064 Estensione del diritto di servitù
Il
diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario per usarne.
Se
il fondo viene chiuso (841), il proprietario deve lasciarne libero e
comodo l'ingresso a chi ha un diritto di servitù che renda necessario
il passaggio per il fondo stesso.
Art.
1065 Esercizio conforme al titolo o al possesso
Colui
che ha un diritto di servitù non può usarne se non a norma del suo titolo
o del suo possesso. Nel dubbio circa l'estensione e le modalità di esercizio,
la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno
del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente.
Art.
1066 Possesso delle servitù
Nelle
questioni di possesso delle servitù si ha riguardo alla pratica dell'anno
antecedente e, se si tratta di servitù esercitate a intervalli maggiori
di un anno, si ha riguardo alla pratica dell'ultimo godimento.
Art.
1067 Divieto di aggravare o diminuire l'esercizio della servitù
Il
proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendano
più gravosa la condizione del fondo servente.
Il
proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda
a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo.
Art.
1068 Trasferimento della servitù in luogo diverso
Il
proprietario del fondo servente non può trasferire l'esercizio della
servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente.
Tuttavia,
se l'originario esercizio e divenuto più gravoso per il fondo servente
o se impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, il proprietario
del fondo servente può offrire al proprietario dell'altro fondo un luogo
egualmente comodo per l'esercizio dei suoi diritti, e questi non può
ricusarlo (1350, 2643).
Il
cambiamento di luogo per l'esercizio della servitù si può del pari concedere
su istanza (Cod. Proc. Civ. 163) del proprietario del fondo dominante,
se questi prova che il cambiamento riesce per lui di notevole vantaggio
e non reca danno al fondo servente.
L'autorità
giudiziaria può anche disporre che la servitù sia trasferita su altro
fondo del proprietario del fondo servente o di un terzo che vi acconsenta,
purché l'esercizio di essa riesca egualmente agevole al proprietario
del fondo dominante.
Art.
1069 Opere sul fondo servente
Il
proprietario del fondo dominante, nel fare le opere necessarie per conservare
la servitù, deve scegliere il tempo e il modo che siano per recare minore
incomodo al proprietario del fondo servente.
Egli
deve fare le opere a sue spese, salvo che sia diversamente stabilito
dal titolo o dalla legge (1030).
Se
però le opere giovano anche al fondo servente, le spese sono sostenute
in proporzione dei rispettivi vantaggi.
Art.
1070 Abbandono del fondo servente
Il
proprietario del fondo servente, quando è tenuto in forza del titolo
o della legge alle spese necessarie per l'uso o per !a conservazione
della servitù (1030), può sempre liberarsene, rinunziando alla proprietà
del fondo servente a favore del proprietario del fondo dominante (1350,
2643).
Nel
caso in cui l'esercizio della servitù sia limitato a una parte del fondo,
la rinunzia può limitarsi alla parte stessa.
Art.
1071 Divisione del fondo dominante o del fondo servente
Se
il fondo dominante viene diviso, la servitù è dovuta a ciascuna porzione,
senza che però si renda più gravosa la condizione del fondo servente.
Se
il fondo servente viene diviso e la servitù ricade su una parte determinata
del fondo stesso, le altre parti sono liberate.
CAPO
VI
Dell'estinzione
delle servitù
Art.
1072 Estinzione per confusione
La
servitù si estingue (853, 2812), quando in una sola persona si riunisce
la proprietà del fondo dominante con quella del fondo servente.
Art.
1073 Estinzione per prescrizione
La
servitù si estingue per prescrizione quando non se ne usa per venti
anni (2934 e seguenti).
Il
termine decorre dal giorno in cui si è cessato di esercitarla; ma, se
si tratta di servitù negativa o di servitù per il cui esercizio non
è necessario il fatto dell'uomo, il termine decorre dal giorno in cui
si è verificato un fatto che ne ha impedito l'esercizio.
Nelle
servitù che si esercitano a intervalli, il termine decorre dal giorno
in cui la servitù si sarebbe potuta esercitare e non ne fu ripreso l'esercizio.
Agli
effetti dell'estinzione si computa anche il tempo per il quale la servitù
non fu esercitata dai precedenti titolari.
Se
il fondo dominante appartiene a più persone in comune, l'uso della servitù
fatto da una di esse impedisce l'estinzione riguardo a tutte.
La
sospensione o l'interruzione della prescrizione (2941 e seguenti) a
vantaggio di uno dei comproprietari giova anche agli altri.
Art.
1074 Impossibilità di uso e mancanza di utilità
L'impossibilità
di fatto di usare della servitù e il venir meno dell'utilità della medesima
non fanno estinguere la servitù, se non è decorso il termine indicato
dall'articolo precedente.
Art.
1075 Esercizio limitato della servitù
La
servitù esercitata in modo da trarne un'utilità minore di quella indicata
dal titolo si conserva per intero (att. 158).
Art.
1076 Esercizio della servitù non conforme al titolo o al possesso
L'esercizio
di una servitù in tempo diverso da quello determinato dal titolo o dal
possesso non ne impedisce l'estinzione per prescrizione.
Art.
1077 Servitù costituite sul fondo enfiteutico
Le
servitù costituite dall'enfiteuta sul fondo enfiteutico cessano quando
l'enfiteusi si estingue per decorso del termine, per prescrizione o
per devoluzione (958, 970, 972).
Art.
1078 Servitù costituite a favore del fondo enfiteutico, dotale o in
usufrutto
Le
servitù costituite dall'enfiteuta a favore del fondo enfiteutico non
cessano con l'estinguersi dell'enfiteusi. Lo stesso vale per le servitù
costituite dall'usufruttuario a favore del fondo di cui ha l'usufrutto
o dal marito a favore del fondo dotale (166 bis).
CAPO
VII
Delle
azioni a difesa delle servitù
Art.
1079 Accertamento della servitù e altri provvedimenti di tutela
Il
titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio l'esistenza
contro chi ne contesta l'esercizio (949) e può far cessare gli eventuali
impedimenti e turbative (1168 e seguenti). Può anche chiedere la rimessione
delle cose in pristino, oltre il risarcimento dei danni (2933).
CAPO
VIII
Di
alcune servitù in materia di acque
SEZIONE
I
Della
servitù di presa o di derivazione di acqua
Art.
1080 Presa d'acqua continua
Il
diritto alla presa d'acqua continua si può esercitare in ogni istante.
Art.
1081 Modulo d'acqua
Nelle
servitù in cui è convenuta ed espressa una costante quantità di acqua,
la quantità deve esprimersi in relazione al modulo.
Il
modulo è l'unità di misura dell'acqua corrente.
Esso
è un corpo d'acqua che scorre nella costante quantità di cento litri
al minuto secondo e si divide in decimi, centesimi e millesimi.
Art.
1082 Forma della bocca e dell'edificio derivatore
Quando,
per la derivazione di una data e costante quantità di acqua corrente,
è stata determinata la forma della bocca e dell'edificio derivatore,
le parti non possono chiederne la modificazione per eccedenza o deficienza
d'acqua, salvo che l'eccedenza o la deficienza provenga da variazioni
seguite nel canale dispensatore o nel corso delle acque in esso correnti.
Se
la forma non è stata determinata, ma la bocca e l'edificio derivatore
sono stati costruiti e posseduti per cinque anni, non è neppure ammesso
dopo tale tempo alcun reclamo delle parti per eccedenza o deficienza
d'acqua, salvo nel caso di variazione seguita nel canale o nel corso
delle acque.
In
mancanza di titolo o di possesso, la forma è determinata dall'autorità
giudiziaria.
Art.
1083 Determinazione della quantità d'acqua
Quando
la quantità d'acqua non è stata determinata, ma la derivazione è stata
fatta per un dato scopo, s'intende concessa la quantità necessaria per
lo scopo medesimo, e chi vi ha interesse può in ogni tempo fare stabilire
la forma della derivazione in modo che ne venga assicurato l'uso necessario
e impedito l'eccesso.
Se
però è stata determinata la forma della bocca e dell'edificio derivatore,
o se, in mancanza di titolo, si e posseduta per cinque anni la derivazione
in una data forma, non è ammesso reclamo delle parti, se non nel caso
indicato dall'articolo precedente.
Art.
1084 Norme regolatrici della servitù
Per
l'esercizio della servitù di presa d'acqua, quando non dispone il titolo
o non è possibile riferirsi al possesso (1066), si osservano gli usi
locali.
In
mancanza di tali usi si osservano le disposizioni dei tre articoli seguenti.
Art.
1085 Tempo d'esercizio della servitù
Il
diritto alla presa d'acqua si esercita, per l'acqua estiva, dall'equinozio
di primavera a quello d'autunno; per l'acqua iemale, dall'equinozio
di autunno a quello di primavera.
La
distribuzione d'acqua per giorni e per notti si riferisce al giorno
e alla notte naturali.
L'uso
delle acque nei giorni festivi è regolato dalle feste di precetto vigenti
al tempo in cui l'uso fu convenuto o in cui si è incominciato a possedere.
Art.
1086 Distribuzione per ruota
Nelle
distribuzioni per ruota il tempo che impiega l'acqua per giungere alla
bocca di derivazione dell'utente si consuma a suo carico, e la coda
dell'acqua appartiene a quello di cui cessa il turno.
Art.
1087 Acque sorgenti o sfuggite
Nei
canali soggetti a distribuzioni per ruota le acque sorgenti o sfuggite,
ma contenute nell'alveo del canale, non possono trattenersi o derivarsi
da un utente che al tempo del suo turno.
Art.
1088 Variazione del turno tra gli utenti
Gli
utenti dei medesimi canali possono variare o permutare tra loro il turno,
purché tale cambiamento non rechi danno agli altri.
Art.
1089 Acqua impiegata come forza motrice
Chi
ha diritto di servirsi dell'acqua come forza motrice non può, senza
espressa disposizione del titolo, impedirne o rallentarne il corso,
procurandone il ribocco o ristagno.
Art.
1090 Manutenzione del canale
Nella
servitù di presa o di condotta d'acqua, quando il titolo non dispone
altrimenti, il proprietario del fondo servente può domandare che il
canale sia mantenuto convenientemente spurgato e le sue sponde siano
tenute in istato di buona manutenzione a spese del proprietario del
fondo dominante (1030).
Art.
1091 Obblighi del concedente fino al luogo di consegna dell'acqua
Se
il titolo non dispone diversamente, il concedente dell'acqua di una
fonte o di un canale è tenuto verso gli utenti a eseguire le opere ordinarie
e straordinarie per la derivazione e condotta dell'acqua fino al punto
in cui ne fa la consegna, a mantenere in buono stato gli edifici, a
conservare l'alveo e le sponde della fonte o del canale, a praticare
i consueti spurghi e a usare la dovuta diligenza, affinché la derivazione
e la regolare condotta dell'acqua siano in tempi debiti effettuate.
Art.
1092 Deficienza dell'acqua
La
deficienza dell'acqua deve essere sopportata da chi ha diritto di prenderla
e di usarla nel tempo in cui la deficienza si verifica.
Tra
diversi utenti la deficienza dell'acqua deve essere sopportata prima
da quelli che hanno titolo o possesso più recente, e tra utenti in parità
di condizione dall'ultimo utente.
Tuttavia
l'autorità giudiziaria, con provvedimento in camera di consiglio, sentiti
gli uffici tecnici competenti (att. 60), può modificare o limitare i
turni di utilizzazione e dare le altre disposizioni necessarie in relazione
alla quantità di acqua disponibile, agli usi e alle colture a cui l'acqua
è destinata.
Il
concedente dell'acqua è tenuto a una proporzionale diminuzione del corrispettivo
per la deficienza dell'acqua verificatasi per causa naturale o per fatto
altrui. Parimenti si fa luogo alle dovute indennità in conseguenza delle
modificazioni o limitazioni di turni, che siano state disposte dall'autorità
giudiziaria.
Art.
1093 Riduzione della servitù
Se
la servitù dà diritto di derivare acqua da un fondo e per fatti indipendenti
dalla volontà del proprietario si verifica una diminuzione dell'acqua
tale che essa non possa bastare alle esigenze del fondo servente, il
proprietario di questo può chiedere una riduzione della servitù, avuto
riguardo ai bisogni di ciascun fondo. In questo caso e dovuta una congrua
indennità al proprietario del fondo dominante.
SEZIONE
II
Della
servitù degli scoli e degli avanzi di acqua
Art.
1094 Servitù attiva degli scoli
Gli
scoli o acque colaticce derivanti dall'altrui fondo possono costituire
oggetto di servitù a favore del fondo che li riceve, all'effetto di
impedire la loro diversione.
Art.
1095 Usucapione della servitù attiva degli scoli
Nella
servitù attiva degli scoli il termine per l'usucapione (1158) comincia
a decorrere dal giorno in cui il proprietario del fondo dominante ha
fatto sul fondo servente opere visibili e permanenti (1061) destinate
a raccogliere e condurre i detti scoli a vantaggio del proprio fondo.
Quando
sul fondo servente è aperto un cavo destinato a raccogliere e condurre
gli scoli, il regolare spurgo e la manutenzione delle sponde fanno presumere
che il cavo sia opera del proprietario del fondo dominante, purché non
vi sia titolo, segno o prova in contrario.
Si
reputa segno contrario l'esistenza sul cavo di opere costruite o mantenute
dal proprietario del fondo in cui il cavo è aperto.
Art.
1096 Diritti del proprietario del fondo servente
La
servitù degli scoli non toglie al proprietario del fondo servente il
diritto di usare liberamente dell'acqua a vantaggio del suo fondo, di
cambiare la coltivazione di questo e di abbandonare in tutto o in parte
l'irrigazione.
Art.
1097 Diritto agli avanzi d'acqua
Quando
l'acqua è concessa, riservata o posseduta (1066) per un determinato
uso, con restituzione al concedente o ad altri di ciò che ne sopravanza,
tale uso non può variarsi a danno del fondo a cui la restituzione e
dovuta.
Art.
1098 Divieto di deviare acque di scolo o avanzi d'acqua
Il
proprietario del fondo vincolato alla restituzione degli scoli o degli
avanzi d'acqua non può deviarne una parte qualunque adducendo di avervi
introdotto una maggiore quantità di acqua viva o un diverso corpo ma
deve lasciarli discendere nella totalità a favore del fondo dominante
(1069).
Art.
1099 Sostituzione di acqua viva
Il
proprietario del fondo soggetto alla servitù degli scoli o degli avanzi
d'acqua può sempre liberarsi da tale servitù mediante la concessione
e l'assicurazione al fondo dominante di un corpo d'acqua viva, la cui
quantità è determinata dall'autorità giudiziaria, tenuto conto di tutte
le circostanze.
TITOLO
VII
DELLA
COMUNIONE
CAPO
I
Della
comunione in generale
Art.
1100 Norme regolatrici
Quando
la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone, se
il titolo o la legge (Cod. Nav. 258 e seguenti, 872 e seguenti) non
dispone diversamente, si applicano le norme seguenti (2711).
Art.
1101 Quote dei partecipanti
Le
quote dei partecipanti alla comunione si presumono uguali.
Il
concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della
comunione, è in proporzione delle rispettive quote.
Art.
1102 Uso della cosa comune
Ciascun
partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la
destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti
uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese
le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
Il
partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno
degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo
del suo possesso (1164).
Art.
1103 Disposizioni della quota
Ciascun
partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento
della cosa nei limiti della sua quota.
Per
le ipoteche costituite da uno dei partecipanti si osservano le disposizioni
contenute nel capo IV del titolo III del libro VI (2825).
Art.
1104 Obblighi dei partecipanti
Ciascun
partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione
e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla
maggioranza a norma delle disposizioni seguenti, salva la facoltà di
liberarsene con la rinunzia al suo diritto (882).
La
rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente approvato
la spesa.
Il
cessionario (1260) del partecipante e tenuto in solido (1292 e seguenti)
con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati.
Art.
1105 Amministrazione
Tutti
i partecipanti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della
cosa comune (1106).
Per
gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza
dei partecipanti, calcolata secondo il valore delle loro quote, sono
obbligatorie per la minoranza dissenziente.
Per
la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti
i partecipanti siano stati preventivamente informati dell'oggetto della
deliberazione.
Se
non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della
cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione
adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla
autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche
nominare un amministratore (872).
Art.
1106 Regolamento della comunione e nomina di amministratore
Con
la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo precedente,
può essere formato un regolamento per l'ordinaria amministrazione e
per il miglior godimento della cosa comune.
Nello
stesso modo l'amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti,
o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi dell'amministratore.
Art.
1107 Impugnazione del regolamento
Ciascuno
dei partecipanti dissenzienti può impugnare davanti all'autorità giudiziaria
il regolamento della comunione entro trenta giorni (2964) dalla deliberazione
che lo ha approvato. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in
cui e stata loro comunicata la deliberazione. L'autorità giudiziaria
decide con unica sentenza sulle opposizioni proposte (1109).
Decorso
il termine indicato dal comma precedente senza che il regolamento sia
stato impugnato, questo ha effetto anche per gli eredi e gli aventi
causa dai singoli partecipanti.
Art.
1108 Innovazioni e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione
Con
deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno
due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre
tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne
più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino
il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente
gravosa.
Nello
stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l'ordinaria
amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all'interesse
di alcuno dei partecipanti.
E'
necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione
o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni
di durata superiore a nove anni.
L'ipoteca
può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata dal primo
comma, qualora abbia lo scopo di garantire la restituzione delle somme
mutate per la ricostruzione o per il miglioramento della cosa comune.
Art.
1109 Impugnazione delle deliberazioni
Ciascuno
dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti all'autorità
giudiziaria le deliberazioni della maggioranza:
l)
nel caso previsto dal secondo comma dell'art. 1105, se la deliberazione
e gravemente pregiudizievole alla cosa comune;
2)
se non è stata osservata la disposizione del terzo comma dell'art.
1105
3)
se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti
l'ordinaria amministrazione e in contrasto con le norme del primo e
del secondo comma dell'art. 1108 (1137-2).
L'impugnazione
deve essere proposta, sotto pena di decadenza (2964 e seguenti), entro
trenta giorni dalla deliberazione. Per gli assenti il termine decorre
dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. In pendenza
del giudizio, l'autorità giudiziaria può ordinare la sospensione del
provvedimento deliberato.
Art.
1110 Rimborso di spese
Il
partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o
dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione
della cosa comune, ha diritto al rimborso.
Art.
1111 Scioglimento della comunione
Ciascuno
dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione
(1506); l'autorità giudiziaria può stabilire una congrua dilazione,
in ogni caso non superiore a cinque anni, se l'immediato scioglimento
può pregiudicare gli interessi degli altri (717).
Il
patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci anni
è valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai partecipanti. Se
e stato stipulato per un termine maggiore di questo si riduce a dieci
anni.
Se
gravi circostanze lo richiedono, l'autorità giudiziaria può ordinare
lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto.
Art.
1112 Cose non soggette a divisione
Lo
scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si tratta
di cose che, se divise, cesserebbero di servire all'uso a cui sono destinate.
Art.
1113 Intervento nella divisione e opposizione
I
creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire
nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la divisione
già eseguita, a meno che abbiano notificato un'opposizione (2646) anteriormente
alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l'esperimento dell'azione
revocatoria o dell'azione surrogatoria (2900 e seguenti).
Nella
divisione che ha per oggetto beni immobili, l'opposizione, per l'effetto
indicato dal comma precedente, deve essere trascritta prima della trascrizione
dell'atto di divisione e, se si tratta di divisione giudiziale, prima
della trascrizione della relativa domanda.
Devono
essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei
loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti
sull'immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti
prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione
della domanda di divisione giudiziale (2646, 2685, 2825).
Nessuna
ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione
può opporsi contro le persone indicate dal comma precedente, eccetto
le ragioni di prelevamento nascenti da titolo anteriore alla comunione
medesima, ovvero da collazione (737 e seguenti).
Art.
1114 Divisione in natura
La
divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente divisa
in parti corrispondenti alle quote dei partecipanti (718 e seguenti).
Art.
1115 Obbligazioni solidali dei partecipanti
Ciascun
partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in solido
(1292) contratte per la cosa comune, le quali siano scadute o scadano
entro l'anno dalla domanda di divisione.
La
somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di vendita
della cosa comune, e, se la divisione ha luogo in natura, si procede
alla vendita di una congrua frazione della cosa, salvo diverso accordo
tra i condividenti.
Il
partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto rimborso
concorre nella divisione per una maggiore quota corrispondente al suo
diritto verso gli altri condividenti.
Art.
1116 Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria
Alla
divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell'eredità
(713 e seguenti, 757 e seguenti), in quanto non siano in contrasto con
quelle sopra stabilite.
CAPO
II
Del
condominio negli edifici
Art.
1117 Parti comuni dell'edificio
Sono
oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni
di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo:
l)
il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti
e i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i vestiboli, gli
anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell'edificio
necessarie all'uso comune;
2)
i locali per la portineria e per l'alloggio del portiere, per la lavanderia,
per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili
servizi in comune;
3)
le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono
all'uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne,
gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti
per l'acqua, per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento
e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà
esclusiva dei singoli condomini.
Art.
1118 Diritti dei partecipanti sulle cose comuni
Il
diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall'articolo precedente
e proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene,
se il titolo non dispone altrimenti.
Il
condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi
al contributo nelle spese per la loro conservazione (1104).
Art.
1119 Indivisibilità
Le
parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che
la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa
a ciascun condomino.
Art.
1120 Innovazioni
I
condomini, con la maggioranza indica
Art. 1121 Innovazioni gravose o voluttuarie
Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia
carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza
dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili
di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio
sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l'utilizzazione separata non è possibile,
l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini
che l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la
spesa.
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi
causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi
dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione
dell'opera.
Art. 1122 Opere sulle parti dell'edificio di proprietà comune
Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non
può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell'edificio.
Art. 1123 Ripartizione delle spese
Le spese necessarie per la conservazione e
per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione
dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla
maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al
valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione (1104,
att. 68 e seguenti).
Se si tratta di cose destinate a servire i
condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione
dell'uso che ciascuno può farne.
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere
o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le
spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di
condomini che ne trae utilità (att. 63).
Art. 1124 Manutenzione e ricostruzione delle scale
Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari
dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni
di piano, e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di
ciascun piano dal suolo (att. 68 e seguenti).
Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione
del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le
soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di
proprietà comune.
Art. 1125 Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e
dei solai
Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte
e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani
l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del
piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario
del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
Art. 1126 Lastrici solari di uso esclusivo
Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune
a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti
a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni
del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini
dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve,
in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno
(att. 68 e seguenti).
Art. 1127 Costruzione sopra l'ultimo piano dell'edificio
Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo.
La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico
solare.
La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio
non la consentono.
I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa
pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce
notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità
pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica,
diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e
detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli e inoltre tenuto
a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini
avevano il diritto di usare.
Art. 1128 Perimento totale o parziale dell'edificio
Se l'edificio perisce interamente o per una
parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini
può richiedere la vendita all'asta del suolo e dei materiali, salvo
che sia stato diversamente convenuto.
Nel caso di perimento di una parte minore,
l'assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione delle parti
comuni dell'edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione
dei suoi diritti sulle parti stesse.
L'indennità corrisposta per l'assicurazione relativa
alle parti comuni e destinata alla ricostruzione di queste.
Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell'edificio è tenuto a cedere (2932) agli altri condomini i suoi
diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima
che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi
ad alcuni soltanto dei condomini.
Art. 1129 Nomina e revoca dell'amministratore
Quando i condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un amministratore.
Se l'assemblea non provvede, la nomina è fatta dall'autorità
giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
L'amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni
tempo dall'assemblea.
Può altresì essere revocato dall'autorità giudiziaria, su ricorso di
ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall'ultimo comma dell'art.
1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero
se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità (att. 64).
La nomina e la cessazione per qualunque causa dell'amministratore
dall'ufficio sono annotate in apposito registro (att. 71).
Art. 1130 Attribuzioni dell'amministratore
L'amministratore deve: eseguire le deliberazioni
dell'assemblea dei condomini e curare l'osservanza del regolamento di
condominio; disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei
servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior
godimento a tutti i condomini; riscuotere i contributi ed erogare le
spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio
e per l'esercizio dei servizi comuni; compiere gli atti conservativi
dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione.
Art. 1131 Rappresentanza
Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o dei
maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea,
l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in
giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.
Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le
parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità
amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto
che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi e tenuto
a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini.
L'amministratore che non adempie a quest'obbligo
può essere revocato (att. 64) ed è tenuto al risarcimento dei danni.
Art. 1132 Dissenso dei condomini rispetto alle liti
Qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una
lite o di resistere a una domanda, il condomino
dissenziente, con atto notificato all'amministratore, può separare la
propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il
caso di soccombenza. L'atto deve essere notificato
entro trenta giorni (2964) da quello in cui il condomino ha avuto notizia
della deliberazione.
Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia
dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino
dissenziente che ne abbia tratto vantaggio
è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile
ripetere dalla parte soccombente.
Art. 1133 Provvedimenti presi dall'amministratore
I provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito
dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini. Contro
i provvedimenti dell'amministratore e ammesso ricorso all'assemblea,
senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e
nel termine previsti dall'art. 1137.
Art.
1134 Spese
fatte dal condomino
Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione
dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo
che si tratti di spesa urgente (1110).
Art.
1135 Attribuzioni
dell'assemblea dei condomini
Oltre a quanto e stabilito dagli articoli precedenti, l'assemblea dei
condomini provvede (att. 66):
alla conferma dell'amministratore e dell'eventuale sua retribuzione;
all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno
e alla relativa ripartizione tra i condomini;
all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego
del residuo attivo della gestione;
alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre, un
fondo speciale.
L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria,
salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne
nella prima assemblea.
Art. 1136 Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni
L'assemblea è regolarmente costituita con l'intervento
di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero
edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio (att. 67 e seguenti).
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti
la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
Se l'assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l'assemblea
di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della
prima e in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione
è valida se riporta un numero di voti che rappresenti
il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore
dell'edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore
o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni
dell'amministratore medesimo, nonché le deliberazioni
che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie
di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita
dal secondo comma.
Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo
comma dell'art. 1120 devono essere sempre approvate
con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti
al condominio e i due terzi del valore dell'edificio.
L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini
sono stati invitati alla riunione.
Delle deliberazioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascriversi
in un registro tenuto dall'amministratore.
NOTE Deroghe alle maggioranze previste dagli artt. 1120 e 1136 sono previste
nelle seguenti leggi:
Legge 9 gennaio 1989 n. 13, art. 2 (eliminazione delle barriere architettoniche);
Legge 24 marzo 1989 n. 122, art. 9 (realizzazione dei parcheggi nei
condomini);
Legge 2 gennaio 1991 n 10, art. 26 (contenimento dei consumi energetici);
Legge 17 febbraio 1992 n. 127, art 15 (recupero del patrimonio edilizio).
Art. 1137 Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea
Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti
sono obbligatorie per tutti i condomini (1105).
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio,
ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria,
ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che
la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa (1109).
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza (2964 e seguenti),
entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per
i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.
Art. 1138 Regolamento di condominio
Quando in un edificio il numero dei condomini e superiore a dieci, deve
essere formato un regolamento, il quale contenga
le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese,
secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché
le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione
(att. 68 e seguenti, 155)
Ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione del regolamento
di condominio o per la revisione di quello esistente.
Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la maggioranza
stabilita dal secondo comma dell'art. 1136 e trascritto
nel registro indicato dall'ultimo comma dell'art. 1129 (att. 71). Esso
può essere impugnato a norma dell'art. 1107.
Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti
di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di
acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare
alle disposizioni degli artt. 1118 secondo comma, 1119, 1120, 1129,
1131, 1132, 1136 e 1137 (att. 72, 155).
Art. 1139 Rinvio alle norme sulla comunione
Per quanto non è espressamente previsto da questo Capo (att. 156) si
osservano le norme sulla comunione in generale (att. 61-72).
Libro Terzo: Della proprietà
Titolo VIII: Del possesso
Capo I: Disposizioni generali
Art.
1140 Possesso
Il possesso e il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente
all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale.
Si può possedere direttamente o per mezzo di altra
persona, che ha la detenzione della cosa.
Art. 1141 Mutamento della detenzione
in possesso
Si presume il possesso in colui che esercita
il potere di fatto, quando non si prova che ha cominciato a esercitarlo
semplicemente come detenzione.
Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare il
possesso finché il Titolo non venga ad essere mutato per causa proveniente
da un terzo o in forza di opposizione da lui
fatta contro il possessore. Ciò vale anche per i successori a Titolo
universale.
Art. 1142 Presunzione di possesso
intermedio
Il possessore attuale che ha posseduto in tempo
più remoto si presume che abbia posseduto anche nel tempo intermedio.
Art. 1143 Presunzione di possesso
anteriore
Il possesso attuale non fa presumere il possesso
anteriore, salvo che il possessore abbia un Titolo a fondamento del
suo possesso; in questo caso si presume che egli abbia posseduto dalla
data del titolo.
Art. 1144 Atti di tolleranza
Gli atti compiuti con l'altrui tolleranza non possono servire di fondamento
all'acquisto del possesso.
Art. 1145 Possesso di cose fuori
commercio
Il possesso delle cose di cui non si può acquistare
la proprietà è senza effetto.
Tuttavia nei rapporti tra privati è concessa l'azione di spoglio rispetto
ai beni appartenenti al pubblico demanio e ai beni delle province e
dei comuni soggetti al regime proprio del demanio pubblico (822, 824).
Se trattasi di esercizio di facoltà, le quali
possono formare oggetto di concessione da parte della pubblica amministrazione,
e data altresì l'azione di manutenzione (1170).
Art. 1146 Successione nel possesso.
Accessione del possesso
Il possesso continua nell'erede con effetto
dall'apertura della successione (456, 460).
Il successore a Titolo particolare può unire al proprio possesso quello
del suo autore per goderne gli effetti.
Art. 1147 Possesso di buona fede
E' possessore di buona fede chi possiede ignorando
di ledere l'altrui diritto (535).
La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave.
La buona fede e presunta e basta che vi sia stata al tempo dell'acquisto.
Capo II: Degli effetti
del possesso
Sezione I: Dei diritti e degli obblighi del possessore nella restituzione
della cosa
Art. 1148 Acquisto dei frutti
Il possessore di buona fede fa suoi i frutti naturali separati fino
al giorno della domanda giudiziale e i frutti civili maturati
fino allo stesso giorno (820 e seguente). Egli, fino
alla restituzione della cosa risponde verso il rivendicante (948) dei
frutti percepiti dopo la domanda giudiziale e di quelli che avrebbe
potuto percepire dopo tale data, usando la diligenza di un buon padre
di famiglia (1176).
Art. 1149 Rimborso delle spese
per la produzione e il raccolto dei frutti
Il possessore che è tenuto a restituire i frutti indebitamente
percepiti ha diritto al rimborso delle spese a norma del secondo comma
dell'art. 821 (1282).
Art.
1150 Riparazioni,
miglioramenti e addizioni
Il possessore, anche se di mala fede ha diritto al rimborso delle spese
fatte per le riparazioni straordinarie.
Ha anche diritto a indennità per i miglioramenti
recati alla cosa, purché sussistano al tempo della restituzione.
L'indennità si deve corrispondere nella misura dell'aumento di valore
conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti, se il possessore
è di buona fede; se il possessore è di mala fede, nella minor somma
tra l'importo della spesa e l'aumento di valore.
Se il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti, gli spetta anche
il rimborso delle spese fatte per le riparazioni ordinarie, limitatamente
al tempo per il quale la restituzione è dovuta.
Per le addizioni fatte dal possessore sulla cosa si applica il disposto
dell'art. 936. Tuttavia, se le addizioni costituiscono miglioramento
e il possessore è di buona fede, e dovuta una indennità
nella misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa (att. 157).
Art. 1151 Pagamento delle indennità
L'autorità giudiziaria, avuto riguardo alle circostanze, può disporre
che il pagamento delle indennità previste dall'articolo precedente sia
fatto ratealmente, ordinando, in questo caso, le opportune garanzie
(1179).
Art. 1152 Ritenzione a favore
del possessore di buona fede
Il possessore di buona fede può ritenere la
cosa finché non gli siano corrisposte le indennità dovute, purché queste
siano state domandate nel corso del giudizio di rivendicazione (948)
e sia stata fornita una prova generica della sussistenza delle riparazioni
e dei miglioramenti (2756).
Egli ha lo stesso diritto finché non siano prestate le garanzie ordinate
dall'autorità giudiziaria nel caso previsto dall'articolo precedente.
Sezione II: Del possesso di buona fede di beni mobili
Art. 1153 Effetti dell'acquisto
del possesso
Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi
non ne è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso,
purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un Titolo
idoneo al trasferimento della proprietà.
La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se questi
non risultano dal Titolo e vi è la buona fede dell'acquirente.
Nello stesso modo si acquistano diritti di usufrutto,
di uso e di pegno (981, 1021, 2784).
Art. 1154 Conoscenza dell'illegittima
provenienza della cosa
A colui che ha acquistato conoscendo l'illegittima
provenienza della cosa, non giova l'erronea credenza che il suo autore
o un precedente possessore ne sia divenuto proprietario.
Art. 1155 Acquisto di buona fede
e precedente alienazione ad altri
Se taluno con successivi contratti aliena a più persone un bene mobile
(812), quella tra esse che ne ha acquistato
in buona fede il possesso è preferita alle altre, anche se il suo Titolo
è di data posteriore.
Art. 1156 Universalità di mobili
e mobili iscritti in pubblici registri
Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano alle universalità
di mobili e ai beni mobili iscritti in pubblici registri (815 e seguente,
2683 e seguenti; Cod. Nav.
146 e seguenti,753 e seguenti).
Art. 1157 Possesso di titoli di
credito
Gli effetti del possesso di buona fede dei
titoli di credito sono regolati dal Titolo V del libro IV (1944)
Sezione III: Dell'usucapione
Art. 1158 Usucapione dei beni
immobili e dei diritti reali immobiliari
La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento
sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per
venti anni.
Art. 1159 Usucapione decennale
Colui che acquista in buona fede da chi non
e proprietario un immobile, in forza di un Titolo che sia idoneo a trasferire
la proprietà e che sia stato debitamente trascritto (2643 e seguenti),
ne compie l'usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla
data della trascrizione.
La stessa disposizione si applica nel caso di acquisto
degli altri diritti reali di godimento sopra un immobile.
Art. 1159-bis Usucapione speciale
per la piccola proprietà rurale
La proprietà dei fondi rustici con annessi
fabbricati situati in comuni classificati montani dalla legge si acquista
in virtù del possesso continuato per quindici anni.
Colui che acquista in buona fede da chi non
è proprietario, in forza di un Titolo che sia idoneo a trasferire la
proprietà e che sia debitamente trascritto, un fondo rustico con annessi
fabbricati, situati in comuni classificati montani dalla legge, ne compie
l'usucapione in suo favore col decorso di cinque anni dalla data di
trascrizione.
La legge speciale stabilisce la procedura, le modalità e le agevolazioni
per la regolarizzazione del Titolo di proprietà.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche ai fondi
rustici con annessi fabbricati, situati in comuni non classificati montani
dalla legge, aventi un reddito non superiore ai limiti fissati dalla
legge speciale.
Art. 1160 Usucapione delle universalità
di mobili
L'usucapione di un'universalità di mobili (816)
o di diritti reali di godimento sopra la medesima si compie in virtù
del possesso continuato per venti anni.
Nel caso di acquisto in buona fede (1147) da
chi non e proprietario, in forza di Titolo idoneo, l'usucapione si compie
con il decorso di dieci anni.
Art. 1161 Usucapione dei beni
mobili
In mancanza di Titolo idoneo (922), la proprietà dei beni mobili e gli
altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in
virtù del possesso continuato per dieci anni, qualora il possesso sia
stato acquistato in buona fede.
Se il possessore è di mala fede, l'usucapione
si compie con il decorso di venti anni.
Art. 1162 Usucapione di beni mobili
iscritti in pubblici registri
Colui che acquista in buona fede da chi non
è proprietario un bene mobile iscritto in pubblici registri (815, 2683;
Cod. Nav. 146 e seguenti, 753
e seguenti), in forza di un Titolo che sia
idoneo a trasferire la proprietà (1321) e che sia stato debitamente
trascritto, ne compie in suo favore l'usucapione col decorso di tre
anni dalla data della trascrizione.
Se non concorrono le condizioni previste dal
comma precedente, l'usucapione si compie col decorso di dieci anni.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso di acquisto
degli altri diritti reali di godimento (981, 1021).
Art. 1163 Vizi del possesso
Il possesso acquistato in modo violento o clandestino
non giova per l'usucapione se non dal momento in cui la violenza o la
clandestinità e cessata.
Art. 1164 Interversione del possesso
Chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di un diritto reale
su cosa altrui non può usucapire la proprietà
della cosa stessa, se il Titolo del suo possesso non è mutato per causa
proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro
il diritto del proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre
dalla data in cui il Titolo del possesso è stato mutato.
Art. 1165 Applicazione di norme
sulla prescrizione
Le disposizioni generali sulla prescrizione (2934 e seguenti), quelle
relative alle cause di sospensione e d'interruzione (2941
e seguenti) e al computo dei termini (2962 e seguenti) si osservano,
in quanto applicabili, rispetto all'usucapione.
Art. 1166 Inefficacia delle cause
di impedimento e di sospensione rispetto al
terzo possessore
Nell'usucapione ventennale non hanno luogo, riguardo al terzo possessore
di un immobile o di un diritto reale sopra un immobile, ne l'impedimento
derivante da condizione o da termine (2935), ne le cause di sospensione
indicate dall'art. 2942.
L'impedimento derivante da condizione o da termine e le cause di sospensione
menzionate nel detto articolo non sono nemmeno opponibili al terzo possessore
nella prescrizione per non uso dei diritti reali sui beni da lui posseduti
(954, 970, 1014).
Art. 1167 Interruzione dell'usucapione
per perdita di possesso
L'usucapione è interrotta (2945) quando il
possessore è stato privato del possesso per oltre un anno.
L'interruzione si ha come non avvenuta se è stata proposta l'azione
(2953) diretta a ricuperare il possesso e questo è stato ricuperato.
Capo III: Delle azioni a difesa del possesso
Art. 1168 Azione di reintegrazione
Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può,
entro l'anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l'autore di esso
la reintegrazione del possesso medesimo.
L'azione è concessa altresì a chi ha la detenzione della cosa (1140),
tranne il caso che l'abbia per ragioni di servizio o di
ospitalità.
Se lo spoglio è clandestino, il termine per
chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello spoglio.
La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice notorietà
del fatto, senza dilazione (Cod. Proc.
Civ. 703 e seguenti).
Art. 1169
Reintegrazione contro l'acquirente
consapevole dello spoglio
La reintegrazione si può domandare anche contro chi è nel possesso in
virtù di un acquisto a Titolo particolare (1321), fatto con la conoscenza
dell'avvenuto spoglio.
Art.
1170 Azione
di manutenzione
Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale
sopra un immobile o di un'universalità di mobili (816) può, entro l'anno
dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo (Cod. Proc. Civ.
703 e seguenti).
L'azione e data se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non
interrotto, e non è stato acquistato violentemente o clandestinamente.
Qualora il possesso sia stato acquistato in modo violento
o clandestino, l'azione può nondimeno esercitarsi, decorso un anno dal
giorno in cui la violenza o la clandestinità è cessata.
Anche colui che ha subito uno spoglio non violento
o clandestino può chiedere di essere rimesso nel possesso, se ricorrono
le condizioni indicate dal comma precedente.
Libro Terzo: Della proprietà
Titolo IX: Della denunzia di nuova opera e di danno temuto
Art. 1171 Denunzia di nuova opera
Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il
possessore, il quale ha ragione di temere che da una nuova opera, da
altri intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo, sia per derivare
danno alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo
possesso, può denunziare all'autorità giudiziaria la nuova opera, purché
questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio.
L'autorità giudiziaria, presa sommaria cognizione del fatto, può vietare
la continuazione della opera, ovvero permetterla,
ordinando le opportune cautele: nel primo caso, per il risarcimento
del danno prodotto dalla sospensione dell'opera, qualora le opposizioni
al suo proseguimento risultino infondate nella decisione del merito;
nel secondo caso, per la demolizione o riduzione dell'opera e per il
risarcimento del danno che possa soffrirne il denunziante, se questi
ottiene sentenza favorevole, nonostante la permessa continuazione (Cod.
Proc. Civ. 688 e
seguenti).
Art. 1172 Denunzia di danno temuto
Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il
possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio,
albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla
cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo
possesso, può denunziare il fatto all'autorità giudiziaria e ottenere,
secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo (Cod.
Proc. Civ. 688 e
seguenti).
L'autorità giudiziaria, qualora ne sia il caso, dispone idonea garanzia
(1179; Cod. Proc.
Civ. 119) per i danni eventuali.