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Codice civile
Libro primo
delle persone e della famiglia
TITOLO I
DELLE PERSONE FISICHE
Art.
1 Capacità giuridica
La capacità
giuridica si acquista dal momento della nascita.
I diritti
che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all'evento della
nascita (462, 687, 715, 784).
(3° comma
abrogato).
Art.
2 Maggiore età. Capacità di agire
La maggiore
età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore eta si acquista
la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa.
Sono salve
le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in materia di capacità a prestare
il proprio lavoro. In tal caso il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e
delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro.
Art.
3 (abrogato)
Art.
4 Commorienza
Quando un
effetto giuridico dipende dalla sopravvivenza di una persona a un'altra e non consta
quale di esse sia morta prima, tutte si considerano morte nello stesso momento.
Art.
5 Atti di disposizione del proprio corpo
Gli atti
di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione
permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge,
all'ordine pubblico o al buon costume (1418).
Art.
6 Diritto al nome
Ogni persona
ha diritto al nome che le è per legge attribuito.
Nel nome
si comprendono il prenome e il cognome.
Non sono
ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità
dalla legge indicati.
Art.
7 Tutela del diritto al nome
La persona,
alla quale si contesti il diritto all'uso del proprio nome o che possa risentire
pregiudizio dall'uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente
la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni (2563).
L'autorità
giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o più giornali.
Art.
8 Tutela del nome per ragioni familiari
Nel caso
previsto dall'articolo precedente, l'azione può essere promossa anche da chi, pur
non portando il nome contestato o indebitamente usato, abbia alla tutela del nome
un interesse fondato su ragioni familiari degne d'essere protette.
Art.
9 Tutela dello pseudonimo
Lo pseudonimo,
usato da una persona in modo che abbia acquistato l'importanza del nome, può essere
tutelato ai sensi dell'art. 7.
Art.
10 Abuso dell'immagine altrui
Qualora
l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta
o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione e dalla legge
consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa
o dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può
disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni.
TITOLO II
DELLE PERSONE
GIURIDICHE
CAPO I
Disposizioni
generali
Art.
11 Persone giuridiche pubbliche
Le Province
e i Comuni, nonché gli enti pubblici riconosciuti come persone giuridiche, godono
dei diritti secondo le leggi e gli usi osservati come diritto pubblico (824 e seguenti).
Art.
12 Persone giuridiche private
Le associazioni,
le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità
giuridica mediante il riconoscimento concesso con decreto del Presidente della Repubblica.
Per determinate
categorie di enti che esercitano la loro attività nell'ambito della Provincia, il
Governo può delegare ai prefetti la facoltà di riconoscerli con loro decreto (att.
1, 2).
Art.
13 Società
Le società
sono regolate dalle disposizioni contenute nel libro V (2247 e seguenti).
CAPO II
Delle associazioni
e delle fondazioni
Art.
14 Atto costitutivo
Le associazioni
e le fondazioni devono essere costituite con atto pubblico (1350, 2643).
La fondazione
può essere disposta anche con testamento (600).
Art.
15 Revoca dell'atto costitutivo della fondazione
L'atto di
fondazione può essere revocato dal fondatore fino a quando non sia intervenuto il
riconoscimento, ovvero il fondatore non abbia fatto iniziare l'attività dell'opera
da lui disposta.
La facoltà
di revoca non si trasmette agli eredi.
Art.
16 Atto costitutivo e statuto. Modificazioni
L'atto costitutivo
e lo statuto devono contenere la denominazione dell'ente, l'indicazione dello scopo,
del patrimonio e della sede, nonché le norme sull'ordinamento e sulla amministrazione.
Devono anche determinare, quando trattasi di associazioni, i diritti e gli obblighi
degli associati e le condizioni della loro ammissione; e, quando trattasi di fondazioni,
i criteri e le modalità di erogazione delle rendite.
L'atto costitutivo
e lo statuto possono inoltre contenere le norme relative alla estinzione dell'ente
e alla devoluzione del patrimonio, e, per le fondazioni, anche quelle relative alla
loro trasformazione (28).
Le modificazioni
dell'atto costitutivo e dello statuto devono essere approvate dall'autorità governativa
nelle forme indicate nell'art. 12 (att. 4).
Art.
17 Acquisto di immobili e accettazione di donazioni, eredità e legati
La persona
giuridica non può acquistare beni immobili, né accettare donazioni o eredita, né
conseguire legati senza l'autorizzazione governativa (473, 782; att. 5-7).
Senza questa
autorizzazione, l'acquisto e l'accettazione non hanno effetto.
Art.
18 Responsabilità degli amministratori
Gli amministratori
sono responsabili verso l'ente secondo le norme del mandato (1710 e seguenti). E'
però esente da responsabilità quello degli amministratori il quale non abbia partecipato
all'atto che ha causato il danno, salvo il caso in cui, essendo a cognizione che
l'atto si stava per compiere, egli non abbia fatto constare del proprio dissenso
(2392).
Art.
19 Limitazioni del potere di rappresentanza
Le limitazioni
del potere di rappresentanza, che non risultano dal registro indicato nell'art. 33,
non possono essere opposte ai terzi, salvo che si provi che essi ne erano a
conoscenza (1353, 2298, 2384).
Art.
20 Convocazione dell'assemblea delle associazioni
L'assemblea
delle associazioni deve essere convocata dagli amministratori una volta l'anno per
l'approvazione del bilancio.
L'assemblea
deve essere inoltre convocata quando se ne ravvisa la necessità o quando ne è fatta
richiesta motivata da almeno un decimo degli associati. In quest'ultimo caso, se
gli amministratori non vi provvedono, la convocazione può essere ordinata dal Presidente
del tribunale (att. 8).
Art.
21 Deliberazioni dell'assemblea
Le deliberazioni
dell'assemblea sono prese a maggioranza di voti e con la presenza di almeno la metà
degli associati. In seconda convocazione la deliberazione è valida qualunque sia
il numero degli intervenuti. Nelle deliberazioni di approvazione del bilancio e
in quelle che riguardano la loro responsabilità gli amministratori non hanno voto.
Per modificare
l'atto costitutivo o lo statuto, se in essi non è altrimenti disposto, occorrono
la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto favorevole della maggioranza
dei presenti.
Per deliberare
lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione del patrimonio occorre il voto
favorevole di almeno tre quarti degli associati (11).
Art.
22 Azioni di responsabilità contro gli amministratori
Le azioni
di responsabilità contro gli amministratori delle associazioni per fatti da loro
compiuti sono deliberate dall'assemblea e sono esercitate dai nuovi amministratori
o dai liquidatori (2941).
Art.
23 Annullamento e sospensione delle deliberazioni
Le deliberazioni
dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto possono
essere annullate su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del
pubblico ministero.
L'annullamento
della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede
in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima (1445, 2377).
Il Presidente
del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell'associazione,
può sospendere, su istanza di colui che l'ha proposto l'impugnazione, l'esecuzione
della deliberazione impugnata, quando sussistono gravi motivi. Il decreto di sospensione
deve essere motivato ed è notificato agli amministratori (att. 10).
L'esecuzione
delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume può essere sospesa
anche dall'autorità governativa (att. 9).
Art.
24 Recesso ed esclusione degli associati
La qualità
di associato non è trasmissibile, salvo che la trasmissione sia consentita dall'atto
costitutivo o dallo statuto.
L'associato
può sempre recedere dall'associazione se non ha assunto l'obbligo di farne parte
per un tempo determinato. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata per
iscritto agli amministratori e ha effetto con lo scadere dell'anno in corso, purché
sia fatta almeno tre mesi prima.
L'esclusione
d'un associato non può essere deliberata dall'assemblea che per gravi motivi; l'associato
può ricorrere all'autorità giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata
notificata la deliberazione.
Gli associati,
che abbiano receduto o siano stati esclusi o che comunque abbiano cessato di appartenere
all'associazione, non possono ripetere i contributi versati, né hanno alcun diritto
sul patrimonio dell'associazione.
Art.
25 Controllo sull'amministrazione delle fondazioni
L'autorità
governativa esercita il controllo e la vigilanza sull'amministrazione delle fondazioni;
provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti,
quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla,
sentiti gli amministratori, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie
a norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume;
può sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora
gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto e dello scopo della
fondazione o della legge.
L'annullamento
della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede
in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima (1445, 2377).
Le azioni
contro gli amministratori per fatti riguardanti la loro responsabilità devono essere
autorizzate dall'autorità governativa e sono esercitate dal commissario straordinario,
dai liquidatori o dai nuovi amministratori.
Art.
26 Coordinamento di attività e unificazione di amministrazione
L'autorità
governativa può disporre il coordinamento della attività di più fondazioni ovvero
l'unificazione della loro amministrazione, rispettando, per quanto è possibile,
la volontà del fondatore.
Art.
27 Estinzione della persona giuridica
Oltre che
per le cause previste nell'atto costitutivo e nello statuto, la persona giuridica
si estingue quando lo scopo è stato raggiunto o è divenuto impossibile.
Le associazioni
si estinguono inoltre quando tutti gli associati sono venuti a mancare.
L'estinzione
è dichiarata dall'autorità governativa, su istanza di qualunque interessato o anche
d'ufficio (att. 10).
Art.
28 Trasformazione delle fondazioni
Quando lo
scopo è esaurito o divenuto impossibile o di scarsa utilità, o il patrimonio e divenuto
insufficiente, l'autorità governativa, anziché dichiarare estinta la fondazione,
può provvedere alla sua trasformazione, allontanandosi il meno possibile dalla volontà
del fondatore.
La trasformazione
non e ammessa quando i fatti che vi darebbero luogo sono considerati nell'atto di
fondazione come causa di estinzione della persona giuridica e di devoluzione dei
beni a terze persone.
Le disposizioni
del primo comma di questo articolo e dell'art. 26 non si applicano alle
fondazioni destinate a vantaggio soltanto di una o più famiglie determinate (att.
10).
Art.
29 Divieto di nuove operazioni
Gli amministratori
non possono compiere nuove operazioni, appena è stato loro comunicato il provvedimento
che dichiara l'estinzione della persona giuridica o il provvedimento con cui l'autorità,
a norma di legge, ha ordinato lo scioglimento dell'associazione, o appena è stata
adottata dall'assemblea la deliberazione di scioglimento dell'associazione medesima.
Qualora trasgrediscano a questo divieto, assumono responsabilità personale e solidale
(1292).
Art.
30 Liquidazione
Dichiarata
l'estinzione della persona giuridica o disposto lo scioglimento dell'associazione,
si procede alla liquidazione del patrimonio secondo le norme di attuazione del codice
(att. 11-21).
Art.
31 Devoluzione dei beni
I beni della
persona giuridica, che restano dopo esaurita la liquidazione, sono devoluti in conformità
dell'atto costitutivo o dello statuto.
Qualora
questi non dispongano, se trattasi di fondazione, provvede l'autorità governativa,
attribuendo i beni ad altri enti che hanno fini analoghi, se trattasi di associazione,
si osservano le deliberazioni dell'assemblea che ha stabilito lo scioglimento e,
quando anche queste mancano, provvede nello stesso modo l'autorità governativa.
I creditori
che durante la liquidazione non hanno fatto valere il loro credito possono chiedere
il pagamento a coloro ai quali i beni sono stati devoluti, entro l'anno della chiusura
della liquidazione, in proporzione e nei limiti di ciò che hanno ricevuto (2964
e seguenti).
Art.
32 Devoluzione dei beni con destinazione particolare
Nel caso
di trasformazione o di scioglimento di un ente, al quale sono stati donati o lasciati
beni con destinazione a scopo diverso da quello proprio dell'ente, l'autorità governativa
devolve tali beni, con lo stesso onere, ad altre persone giuridiche, che hanno fini
analoghi.
Art.
33 Registrazione delle persone giuridiche
In ogni
provincia e istituito un pubblico registro delle persone giuridiche (att. 22 e seguenti).
Nel registro
devono indicarsi la data dell'atto costitutivo, quella del decreto di riconoscimento,
la denominazione, lo scopo, il patrimonio, la durata, qualora sia stata determinata,
la sede della persona giuridica e il cognome e il nome degli amministratori con
la menzione di quelli ai quali è attribuita la rappresentanza.
La registrazione
può essere disposta anche d'ufficio.
Gli amministratori
di un'associazione o di una fondazione non registrata, benché riconosciuta, rispondono
personalmente e solidalmente, insieme con la persona giuridica, delle obbligazioni
assunte (1292).
Art.
34 Registrazione di atti
Nel registro
devono iscriversi anche le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto,
dopo che sono state approvate dall'autorità governativa, il trasferimento della
sede e l'istituzione di sedi secondarie, la sostituzione degli amministratori con
indicazione di quelli ai quali spetta la rappresentanza, le deliberazioni di scioglimento,
i provvedimenti che ordinano lo scioglimento o dichiarano l'estinzione, il cognome
e il nome dei liquidatori.
Se l'iscrizione
non ha avuto luogo, i fatti indicati non possono essere opposti ai terzi, a meno
che si provi che questi ne erano a conoscenza.
Art.
35 Disposizione penale
Gli amministratori
e i liquidatori che non richiedono le iscrizioni prescritte dagli artt. 33 e 34,
nel termine e secondo le modalità stabiliti dalle norme di attuazione del codice
(att. 25 e seguenti) sono puniti con l'ammenda da L. 20.000 a L. 1.000.000.
CAPO III
Delle associazioni non riconosciute e dei comitati
Art.
36 Ordinamento e amministrazione delle associazioni non riconosciute
L'ordinamento
interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche
sono regolati dagli accordi degli associati.
Le dette
associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo
questi accordi, e conferita la presidenza o la direzione (Cod. Proc. Civ. 75, 78).
Art.
37 Fondo comune
I contributi
degli associati e i beni acquistati con questi contributi costituiscono il fondo
comune dell'associazione. Finche questa dura, i singoli associati non possono chiedere
la divisione del fondo comune, né pretendere la quota in caso di recesso.
Art.
38 Obbligazioni
Per le obbligazioni
assunte dalle persone che rappresentano l'associazione i terzi possono far valere
i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente
e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione
(Cod. Proc. Civ. 19).
Art.
39 Comitati
I comitati
di soccorso o di beneficienza e i comitati promotori di opere pubbliche, monumenti,
esposizioni, mostre, festeggiamenti e simili sono regolati dalle disposizioni seguenti,
salvo quanto e stabilito nelle leggi speciali.
Art.
40 Responsabilità degli organizzatori
Gli organizzatori
e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti sono responsabili personalmente
e solidalmente della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo
annunziato.
Art.
41 Responsabilità dei componenti. Rappresentanza in giudizio
Qualora
il comitato non abbia ottenuto la personalità giuridica (12), i suoi componenti
rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni assunte. I sottoscrittori
sono tenuti soltanto a effettuare le oblazioni promesse.
Il comitato
può stare in giudizio nella persona del Presidente (Cod. Proc. Civ. 75).
Art.
42 Diversa destinazione dei fondi
Qualora
i fondi raccolti siano insufficienti allo scopo, o questo non sia più attuabile,
o, raggiunto lo scopo, si abbia un residuo di fondi, l'autorità governativa stabilisce
la devoluzione dei beni, se questa non è stata disciplinata al momento della costituzione.
TITOLO III
DEL DOMICILIO E DELLA RESIDENZA
Art.
43 Domicilio e residenza
Il domicilio
di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi
affari e interessi (Cod. Proc. Civ. 139).
La residenza
è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Art.
44 Trasferimento della residenza e del domicilio
Il trasferimento
della residenza non può essere opposto ai terzi di buona fede, se non è stato denunciato
nei modi prescritti dalla legge (att. 31).
Quando una
persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza e trasferisce questa altrove,
di fronte ai terzi di buona fede si considera trasferito pure il domicilio, se non
si è fatta una diversa dichiarazione nell'atto in cui e stato denunciato il trasferimento
della residenza.
Art.
45 Domicilio dei coniugi del minore e dell'interdetto
Ciascuno
dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo in cui ha stabilito la sede principale
dei propri affari o interessi.
Il minore
ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia o quello del tutore. Se i
genitori sono separati o il loro matrimonio è stato annullato o sciolto o ne sono
cessati gli effetti civili o comunque non hanno la stessa residenza, il minore ha
il domicilio del genitore con il quale convive.
L'interdetto
ha il domicilio del tutore (343).
Art.
46 Sede delle persone giuridiche
Quando la
legge fa dipendere determinati effetti dalla residenza o dal domicilio, per le persone
giuridiche si ha riguardo al luogo in cui e stabilita la loro sede (Cod. Proc. Civ.
141, 145).
Nei casi
in cui la sede stabilita ai sensi dell'art. 16 o la sede risultante dal registro
è diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona
giuridica anche questa ultima (33).
Art.
47 Elezione di domicilio
Si può eleggere
domicilio speciale per determinati atti o affari.
Questa elezione
deve farsi espressamente per iscritto (1350).
TITOLO IV
DELL'ASSENZA
E DELLA DICHIARAZIONE DI MORTE PRESUNTA
CAPO I
Dell'assenza
Art.
48 Curatore dello scomparso
Quando una
persona non è più comparsa nel luogo del suo ultimo domicilio o dell'ultima sua
residenza (43) e non se ne hanno più notizie, il tribunale dell'ultimo domicilio
o dell'ultima residenza su istanza degli interessati o dei presunti successori legittimi,
o del pubblico ministero, può nominare un curatore che rappresenti, la persona in
giudizio o nella formazione degli inventari e dei conti e nelle liquidazioni o divisioni
in cui sia interessata, e può dare gli altri provvedimenti necessari alla conservazione
del patrimonio dello scomparso (Cod. Proc. Civ. 721).
Se vi è
un legale rappresentante, non si fa luogo alla nomina del curatore. Se vi è un procuratore,
il tribunale provvede soltanto per gli atti che il medesimo non può fare.
Art.
49 Dichiarazione di assenza
Trascorsi
due anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia, i presunti successori legittimi
e chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti
dalla morte di lui possono domandare al tribunale competente, secondo l'articolo
precedente, che ne sia dichiarata l'assenza (Cod. Proc. Civ. 722 e seguenti).
Art.
50 Immissione nel possesso temporaneo dei beni
Divenuta
eseguibile la sentenza che dichiara l'assenza, il tribunale, su istanza di chiunque
vi abbia interesse o del pubblico ministero, ordina l'apertura degli atti di ultima
volontà dell'assente, se vi sono.
Coloro che
sarebbero eredi testamentari o legittimi, se l'assente fosse morto nel giorno a
cui risale l'ultima notizia di lui, o i loro rispettivi eredi (479) possono domandare
l'immissione nel possesso temporaneo dei beni.
I legatari,
i donatari e tutti quelli ai quali spetterebbero diritti dipendenti dalla morte
dell'assente possono domandare di essere ammessi all'esercizio temporaneo di questi
diritti.
Coloro che
per effetto della morte dell'assente sarebbero liberati da obbligazioni possono
essere temporaneamente esonerati dall'adempimento di esse salvo che si tratti delle
obbligazioni alimentari previste dall'art. 434.
Per ottenere
l'immissione nel possesso l'esercizio temporaneo dei diritti o la liberazione temporanea
delle obbligazioni si deve dare cauzione nella somma determinata dal tribunale,
se taluno non sia in grado di darla il tribunale può stabilire altre cautele, avuto
riguardo alla qualità delle persone e alla loro parentela con l'assente.
Art.
51 Assegno alimentare a favore del coniuge dell'assente
Il coniuge
dell'assente, oltre ciò che gli spetta per effetto del regime patrimoniale dei coniugi
e per titolo di successione, può ottenere dal tribunale, in caso di bisogno, un
assegno alimentare da determinarsi secondo le condizioni della famiglia e l'entità
del patrimonio dell'assente.
Art.
52 Effetti della immissione nel possesso temporaneo
L'immissione
nel possesso temporaneo dei beni deve essere preceduto dalla formazione dell'inventario
dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti).
Essa attribuisce
a coloro che l'ottengono e ai loro successori l'amministrazione dei beni dell'assente,
la rappresentanza di lui in giudizio e il godimento delle rendite dei beni nei limiti
stabiliti nell'articolo seguente.
Art.
53 Godimento dei beni
Gli ascendenti,
i discendenti e il coniuge immessi nel possesso temporaneo dei beni ritengono a
loro profitto la totalità delle rendite. Gli altri devono riservare all'assente
il terzo delle rendite.
Art.
54 Limiti alla disponibilità dei beni
Coloro che
hanno ottenuto l'immissione nel possesso temporaneo dei beni non possono alienarli,
ipotecarli o sottoporli a pegno, se non per necessità o utilità evidente riconosciuta
dal tribunale.
Il tribunale
nell'autorizzare questi atti dispone circa l'uso e l'impiego delle somme ricavate.
Art.
55 Immissione di altri nel possesso temporaneo
Se durante
il possesso temporaneo taluno prova di avere avuto, al giorno a cui risale l'ultima
notizia dell'assente, un diritto prevalente o eguale a quello del possessore, può
escludere questo dal possesso o farvisi associare; ma non ha diritto ai frutti (820,
1148) se non dal giorno della domanda giudiziale.
Art.
56 Ritorno dell'assente o prova della sua esistenza
Se durante
il possesso temporaneo l'assente ritorna o è provata l'esistenza di lui, cessano
gli effetti della dichiarazione di assenza, salva, se occorre, l'adozione di provvedimenti
per la conservazione del patrimonio a norma dell'art. 48.
I possessori
temporanei dei beni devono restituirli; ma fino al giorno della loro costituzione
in mora (1219) continuano a godere i vantaggi attribuiti dagli artt. 52 e 53,
e gli atti compiuti ai sensi dell'art. 54 restano irrevocabili.
Se l'assenza
e stata volontaria e non è giustificata, l'assente perde il diritto di farsi restituire
le rendite riservategli dalla norma dell'art. 53.
Art.
57 Prova della morte dell'assente
Se durante
il possesso temporaneo è provata la morte dell'assente, la successione si apre a
vantaggio di coloro che al momento della morte erano i suoi eredi o legatari.
Si applica
anche in questo caso la disposizione del secondo comma dell'articolo precedente.
CAPO II
Della dichiarazione di morte presunta
Art.
58 Dichiarazione di morte presunta dell'assente
Quando sono
trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia dell'assente, il tribunale
competente secondo l'art. 48, su istanza del pubblico ministero o di taluna
delle persone indicate nei capoversi dell'art. 50, può con sentenza
dichiarare presunta la morte dell'assente nel giorno a cui risale l'ultima notizia.
In nessun
caso la sentenza può essere pronunziata se non sono trascorsi nove anni dal raggiungimento
della maggiore età dell'assente.
Può essere
dichiarata la morte presunta anche se sia mancata la dichiarazione di assenza.
Art.
59 Termine per la rinnovazione dell'istanza
L'istanza,
quando è stata rigettata, non può essere riproposta prima che siano decorsi almeno
due anni.
Art.
60 Altri casi di dichiarazione di morte presunta
Oltre che
nel caso indicato nell'art. 58, può essere dichiarata la morte presunta nei
casi seguenti:
l) quando
alcuno è scomparso in operazioni belliche alle quali ha preso parte, sia nei corpi
armati, sia al seguito di essi, o alle quali si è comunque trovato presente, senza
che si abbiano più notizie di lui, e sono trascorsi due anni dall'entrata in vigore
del trattato di pace o, in mancanza di questo, tre anni dalla fine dell'anno in
cui sono cessate le ostilità;
2) quando
alcuno e stato fatto prigioniero dal nemico, o da questo internato o comunque trasportato
in paese straniero, e sono trascorsi due anni dall'entrata in vigore del trattato
di pace, o, in mancanza di questo, tre anni dalla fine dell'anno in cui sono cessate
le ostilità, senza che si siano avute notizie di lui dopo l'entrata in vigore del
trattato di pace ovvero dopo la cessazione delle ostilità;
3) quando
alcuno e scomparso per un infortunio e non si hanno più notizie di lui, dopo due
anni dal giorno dell'infortunio o, se il giorno non e conosciuto, dopo due anni
dalla fine del mese o, se neppure il mese è conosciuto, dalla fine dell'anno in
cui l'infortunio e avvenuto.
Art.
61 Data della morte presunta
Nei casi
previsti dai nn. 1 e 3 dell'articolo precedente, la sentenza determina il giorno
e possibilmente l'ora a cui risale la scomparsa nell'operazione bellica o nell'infortunio,
e nel caso indicato dal n. 2 il giorno a cui risale l'ultima notizia.
Qualora
non possa determinarsi l'ora, la morte presunta si ha per avvenuta alla fine del
giorno indicato.
Art.
62 Condizioni e forme della dichiarazione di morte presunta
La dichiarazione
di morte presunta nei casi indicati dall'art. 60 può essere domandata quando
non si e potuto procedere agli accertamenti richiesti dalla legge per la compilazione
dell'atto di morte.
Questa dichiarazione
è pronunziata con sentenza del tribunale su istanza del pubblico ministero o di
alcuna delle persone indicate nei capoversi dell'art. 50.
Il tribunale,
qualora non ritenga di accogliere l'istanza di dichiarazione di morte presunta,
può dichiarare l'assenza dello scomparso (49 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 726).
Art.
63 Effetti della dichiarazione di morte presunta dell'assente
Divenuta
eseguibile la sentenza indicata nell'art. 58, coloro che ottennero l'immissione
nel possesso temporaneo dei beni dell'assente o i loro successori possono disporre
liberamente dei beni.
Coloro ai
quali fu concesso l'esercizio temporaneo dei diritti o la liberazione temporanea
dalle obbligazioni di cui all'art. 50 conseguono l'esercizio definitivo dei
diritti o la liberazione definitiva dalle obbligazioni.
Si estinguono
inoltre le obbligazioni. alimentari indicate nel quarto comma dell'art. 50.
In ogni
caso cessano le cauzioni e le altre cautele che sono state imposte.
Art.
64 Immissione nel possesso e inventario
Se non v'e
stata immissione nel possesso temporaneo dei beni, gli aventi diritto indicati nei
capoversi dell'art. 50 o i loro successori conseguono il pieno esercizio
dei diritti loro spettanti, quando è diventata eseguibile la sentenza menzionata
nell'art. 58.
Coloro che
prendono possesso dei beni devono fare precedere l'inventario dei beni (Cod. Proc.
Civ. 769 e seguenti).
Parimenti
devono far precedere l'inventario dei beni coloro che succedono per effetto della
dichiarazione di morte presunta nei casi indicati dall'art. 60.
Art.
65 Nuovo matrimonio del coniuge
Divenuta
eseguibile la sentenza che dichiara la morte presunta, il coniuge può contrarre
nuovo matrimonio (68, 117).
Art.
66 Prova dell'esistenza della persona di cui è stata dichiarata la morte presunta
La persona
di cui e stata dichiarata la morte presunta, se ritorna o ne è provata l'esistenza,
ricupera i beni nello stato in cui si trovano e ha diritto di conseguire il prezzo
di quelli alienati, quando esso sia tuttora dovuto, o i beni nei quali sia stato
investito (73).
Essa ha
altresì diritto di pretendere l'adempimento delle obbligazioni considerate estinte
ai sensi del secondo comma dell'art. 63.
Se è provata
la data della sua morte, il diritto previsto nel primo comma di questo articolo
compete a coloro che a quella data sarebbero stati i suoi eredi o legatari. Questi
possono inoltre pretendere l'adempimento delle obbligazioni considerate estinte
ai sensi del secondo comma dell'art. 63 per il tempo anteriore alla data
della morte.
Sono salvi
in ogni caso gli effetti delle prescrizioni e delle usucapioni (1158 e seguenti;
2934 e seguenti).
Art.
67 Dichiarazione di esistenza o accertamento della morte
La dichiarazione
di esistenza della persona di cui e stata dichiarata la morte presunta e l'accertamento
della morte possono essere sempre fatti, su richiesta del pubblico ministero o di
qualunque interessato, in contraddittorio di tutti coloro che furono parti nel giudizio
in cui fu dichiarata la morte presunta.
Art.
68 Nullità del nuovo matrimonio
Il matrimonio
contratto a norma dell'art. 65 è nullo, qualora la persona della quale fu
dichiarata la morte presunta ritorni o ne sia accertata l'esistenza.
Sono salvi
gli effetti civili del matrimonio dichiarato nullo (128).
La nullità
non può essere pronunziata nel caso in cui è accertata la morte, anche se avvenuta
in una data posteriore a quella del matrimonio (117).
CAPO III
Delle ragioni eventuali che competono alla persona di cui si ignora l'esistenza
o di cui è stata dichiarata la morte presunta
Art.
69 Diritti spettanti alla persona di cui si ignora l'esistenza
Nessuno
e ammesso a reclamare un diritto in nome della persona di cui si ignora l'esistenza,
se non prova che la persona esisteva quando il diritto e nato.
Art.
70 Successione alla quale sarebbe chiamata la persona di cui si ignora l'esistenza
Quando s'apre
una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto o in parte una persona di cui
s'ignora l'esistenza, la successione e devoluta a coloro ai quali sarebbe spettata
in mancanza della detta persona, salvo il diritto di rappresentazione (467 e seguenti).
Coloro ai
quali e devoluta la successione devono innanzi tutto procedere all'inventario dei
beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti) e devono dare cauzione (1179; Cod. Proc. Civ.
50, 725).
Art.
71 Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui si ignora l'esistenza
Le disposizioni
degli articoli precedenti non pregiudicano la petizione di eredità (533 e seguenti)
né gli altri diritti spettanti alla persona di cui s'ignora l'esistenza o ai suoi
eredi o aventi causa, salvi gli effetti della prescrizione (2934 e seguenti) o dell'usucapione
(1158 e seguenti).
La restituzione
dei frutti non è dovuta se non dal giorno della costituzione in mora (821, 1219).
Art.
72 Successione a cui sarebbe chiamata la persona della quale è stata dichiarata
la morte presunta
Quando s'apre
una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto o in parte una persona di cui
è stata dichiarata la morte presunta (58 e seguenti), coloro ai quali, in sua mancanza,
e devoluta la successione devono innanzi tutto procedere all'inventario dei beni
(Cod. Proc. Civ. 769).
Art.
73 Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui è stata dichiarata la morte
presunta
Se la persona
di cui è stata dichiarata la morte presunta ritorna o ne è provata l'esistenza al
momento dell'apertura della successione, essa o i suoi eredi o aventi causa possono
esercitare la petizione di eredita (533 e seguenti) e far valere ogni altro diritto,
ma non possono recuperare i beni se non nello stato in cui si trovano, e non possono
ripetere che il prezzo di quelli alienati, quando è ancora dovuto, o i beni nei
quali esso e stato investito, salvi gli effetti della prescrizione o dell'usucapione
(1158 e seguenti; 2934 e seguenti).
Si applica
la disposizione del secondo comma dell'art. 71.
TITOLO V
DELLA PARENTELA
E DELL'AFFINITA'
Art.
74 Parentela
La parentela
è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite.
Art.
75 Linee della parentela
Sono parenti
in linea retta le persone di cui l'una discende dall'altra; in linea collaterale
quelle che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l'una dall'altra.
Art.
76 Computo dei gradi
Nella linea
retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo stipite.
Nella linea
collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino
allo stipite comune e da questo discendendo all'altro parente, sempre restando escluso
lo stipite.
Art.
77 Limite della parentela
La legge
non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado (572), salvo che per
alcuni effetti specialmente determinati.
Art.
78 Affinità
L'affinità
è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge.
Nella linea
e nel grado in cui taluno è parente d'uno dei due coniugi, egli è affine dell'altro
coniuge.
L'affinità
non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che
per alcuni effetti specialmente determinati (434). Cessa se il matrimonio è dichiarato
nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4.
TITOLO VI
DEL MATRIMONIO
CAPO I
Della promessa
di matrimonio
Art.
79 Effetti
La promessa
di matrimonio non obbliga a contrarlo ne ad eseguire ciò che si fosse convenuto
per il caso di non adempimento.
Art.
80 Restituzione dei doni
Il promittente
può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio,
se questo non è stato contratto (785, 2694).
La domanda
non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui s'e avuto il rifiuto di celebrare
il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti.
Art.
81 Risarcimento dei danni
La promessa
di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata da
una persona maggiore di età o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a norma
dell'art. 84, oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione, obbliga
il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno
cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa
di quella promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni
corrispondono alla condizione delle parti (2056).
Lo stesso
risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo
al rifiuto dell'altro.
La domanda
non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio
(2964 e seguenti).
CAPO II
Del matrimonio
celebrato davanti a ministri del culto cattolico e del matrimonio celebrato davanti
a ministri dei culti ammessi nello stato
Art.
82 Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico
Il matrimonio
celebrato davanti a un ministro del culto cattolico e regolato in conformità del
Concordato con la Santa Sede e delle leggi speciali sulla materia.
Art.
83 Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato
Il matrimonio
celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato è regolato dalle disposizioni
del capo seguente, salvo quanto è stabilito nella legge speciale concernente tale
matrimonio.
CAPO III
Del matrimonio
celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile
SEZIONE
I
Delle condizioni
necessarie per contrarre matrimonio
Art.
84 Età
I minori
di età non possono contrarre matrimonio.
Il tribunale,
su istanza dell'interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza
delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può
con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio
chi abbia compiuto sedici anni.
Il decreto
è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e al tutore.
Contro il
decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d'appello, nel termine
perentorio di dieci giorni dalla comunicazione.
La corte
d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio.
Il decreto
acquista efficacia quando è decorso il termine previsto nel quarto comma, senza
che sia stato proposto reclamo.
Art.
85 Interdizione per infermità di mente
Non può
contrarre matrimonio l'interdetto per infermità di mente (116, 117, 119, 414 e seguenti).
Se l'istanza
di interdizione è soltanto promossa, il pubblico ministero può richiedere che si
sospenda la celebrazione del matrimonio; in tal caso la celebrazione non può aver
luogo finché la sentenza che ha pronunziato sull'istanza non sia passata in giudicato
(Cod. Proc. Civ. 324).
Art.
86 Libertà di stato
Non può
contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente (65, 116, 117,
124, c.p. 556).
Art.
87 Parentela, affinità, adozione e affiliazione
Non possono
contrarre matrimonio fra loro:
l) gli ascendenti
e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali;
2) i fratelli
e le sorelle germani, consanguinei o uterini;
3) lo zio
e la nipote, la zia e il nipote;
4) gli affini
in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l'affinità deriva dal
matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunciata la cessazione
degli effetti civili;
5) gli affini
in linea collaterale in secondo grado;
6) l'adottante,
l'adottato e i suoi discendenti;
7) i figli
adottivi della stessa persona;
8) l'adottato
e i figli dell'adottante;
9) l'adottato
e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge dell'adottato.
I divieti
contenuti nei nn. 6, 7, 8 e 9 sono applicabili all'affiliazione.
I divieti
contenuti nei nn. 2 e 3 si applicano anche se il rapporto dipende da filiazione
naturale.
Il tribunale,
su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito
il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai nn. 3
e 5, anche se si tratti di affiliazione o di filiazione naturale. L'autorizzazione
può essere accordata anche nel caso indicato dal n. 4 quando l'affinità deriva da
matrimonio dichiarato nullo.
Il decreto
è notificato agli interessati e al pubblico ministero.
Si applicano
le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'art. 84.
Art.
88 Delitto
Non possono
contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali l'una è stata condannata per
omicidio consumato o tentato sul coniuge dell'altra (116, 117).
Se ebbe
luogo soltanto rinvio a giudizio ovvero fu ordinata la cattura, si sospende la celebrazione
del matrimonio fino a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento.
Art.
89 Divieto temporaneo di nuove nozze
Non può
contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall'annullamento
o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi
dal divieto i casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del
precedente matrimonio siano stati pronunciati in base all'art. 3, n. 2, lett. b)
ed f), della L. 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato
dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi.
Il tribunale
con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare
il matrimonio quando è inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta
da sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie,
nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli
effetti civili del matrimonio.
Si applicano
le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'art. 84 e del comma
quinto dell'art. 87.
Il divieto
cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata.
Art.
90 Assenza del minore
Con il decreto
di cui all'art. 84 il tribunale o la corte di appello nominano, se le circostanze
lo esigono, un curatore speciale che assista il minore nella stipulazione delle
convenzioni matrimoniali.
Art.
91 Diversità di razza o di nazionalità (abrogato)
Art.
92 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis)
SEZIONE
II
Delle formalità
preliminari del matrimonio
Art.
93 Pubblicazione
La celebrazione
del matrimonio dev'essere preceduta dalla pubblicazione fatta a cura dell'ufficiale
dello stato civile.
La pubblicazione
consiste nell'affissione alla porta della casa comunale di un atto dove si indica
il nome, il cognome, la professione, il luogo di nascita e la residenza degli sposi,
se essi siano maggiori o minori di età, nonché il luogo dove intendono celebrare
il matrimonio. L'atto deve anche indicare il nome del padre e il nome e il cognome
della madre degli sposi, salvi i casi in cui la legge vieta questa menzione (115,
138).
Art.
94 Luogo della pubblicazione
La pubblicazione
deve essere richiesta all'ufficiale dello stato civile del comune dove uno degli
sposi ha la residenza ed è fatta nei comuni di residenza degli sposi.
Se la residenza
non dura da un anno, la pubblicazione deve farsi anche nel comune della precedente
residenza.
L'ufficiale
dello stato civile cui si domanda la pubblicazione provvede a chiederla agli ufficiali
degli altri comuni nei quali la pubblicazione deve farsi. Essi devono trasmettere
all'ufficiale dello stato civile richiedente il certificato dell'eseguita pubblicazione.
Art.
95 Durata della pubblicazione
L'atto di
pubblicazione resta affisso alla porta della casa comunale almeno per otto giorni,
comprendenti due domeniche successive (100, 115, 138).
Art.
96 Richiesta della pubblicazione
La richiesta
della pubblicazione deve farsi da ambedue gli sposi o da persona che ne ha da essi
ricevuto speciale incarico (81, 135).
Art.
97 Documenti per la pubblicazione
Chi richiede
la pubblicazione deve presentare all'ufficiale dello stato civile un estratto per
riassunto dell'atto di nascita di entrambi gli sposi, nonché ogni altro documento
necessario a provare la libertà degli sposi.
Coloro che
esercitano o hanno esercitato la potestà debbono dichiarare all'ufficiale di stato
civile al quale viene rivolta la richiesta di pubblicazione, sotto la propria personale
responsabilità, che gli sposi non si trovano in alcuna delle condizioni che impediscono
il matrimonio a norma dell'art. 87, di cui debbono prendere conoscenza attraverso
la lettura chiara e completa fatta dall'ufficiale di stato civile, con ammonizione
delle conseguenze penali delle dichiarazioni mendaci.
La dichiarazione
prevista al comma precedente è resa e sottoscritta dinanzi all'ufficiale di stato
civile ed autenticata dallo stesso. Si applicano le disposizioni degli artt. 20,
24 e 26 della L. 4 gennaio 1968, n. 15.
In difetto
della dichiarazione prevista nel secondo comma, l'ufficiale di stato civile accerta
d'ufficio, esclusivamente mediante esame dell'atto integrale di nascita, l'assenza
di impedimento di parentela o di affinità a termini e per gli effetti di cui all'art.
87.
Qualora
i richiedenti non presentino i documenti necessari, l'ufficiale di stato civile
provvede su loro domanda a richiederli.
(l) Articolo
cosi modificato dalla L. 19 maggio 1971, n. 423 e successivamente dalla L. 19 maggio
1975, n. 151.
Art.
98 Rifiuto della pubblicazione
L'ufficiale
dello stato civile che non crede di poter procedere alla pubblicazione rilascia
un certificato coi motivi del rifiuto (112,138).
Contro il
rifiuto è dato ricorso al tribunale, che provvede in camera di consiglio, sentito
il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 737 e seguenti).
Art.
99 Termine per la celebrazione del matrimonio
Il matrimonio
non può essere celebrato prima del quarto giorno dopo compiuta la pubblicazione.
Se il matrimonio
non è celebrato nei centottanta giorni successivi, la pubblicazione si considera
come non avvenuta.
Art.
100 Riduzione del termine e omissione della pubblicazione
Il tribunale,
su istanza degli interessati, con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio,
sentito il pubblico ministero, può ridurre, per gravi motivi, il termine della pubblicazione.
In questo caso la riduzione del termine è dichiarata nella pubblicazione.
Può anche
autorizzare, con le stesse modalità, per cause gravissime, l'omissione della pubblicazione,
quando venga presentato un atto di notorietà con il quale quattro persone, ancorché
parenti degli sposi, dichiarano con giuramento, davanti al pretore del mandamento
di uno degli sposi, di ben conoscerli, indicando esattamente il nome e cognome,
la professione e la residenza dei medesimi e dei loro genitori, e assicurano sulla
loro coscienza che nessuno degli impedimenti stabiliti dagli artt. 85, 86, 87, 88
e 89 si oppone al matrimonio.
Il pretore
deve far precedere all'atto di notorietà la lettura di detti articoli e ammonire
i dichiaranti sull'importanza della loro attestazione e sulla gravità delle possibili
conseguenze.
Quando è
stata autorizzata la omissione della pubblicazione, gli sposi, per essere ammessi
alla celebrazione del matrimonio, devono presentare all'ufficiale dello stato civile,
insieme col decreto di autorizzazione, gli atti previsti dall'art. 97.
Art.
101 Matrimonio in imminente pericolo di vita
Nel caso
di imminente pericolo di vita di uno degli sposi, l'ufficiale dello stato civile
del luogo può procedere alla celebrazione del matrimonio senza pubblicazione e senza
l'assenso al matrimonio, se questo è richiesto, purché gli sposi prima giurino che
non esistono tra loro impedimenti non suscettibili di dispensa (86, 87).
L'ufficiale
dello stato civile dichiara nell'atto di matrimonio il modo con cui ha accertato
l'imminente pericolo di vita (Cod. Nav. 204, 834).
SEZIONE
III
Delle opposizioni
al matrimonio
Art.
102 Persone che possono fare opposizione
I genitori
e, in mancanza loro, gli altri ascendenti e i collaterali entro il terzo grado (76)
possono fare opposizione al matrimonio dei loro parenti per qualunque causa che
osti alla sua celebrazione.
Se uno degli
sposi è soggetto a tutela (343 e seguenti) o a cura (390 e seguenti), il diritto
di fare opposizione compete anche al tutore o al curatore.
Il diritto
di opposizione compete anche al coniuge della persona che vuole contrarre un altro
matrimonio.
Quando si
tratta di matrimonio in contravvenzione all'art. 89, il diritto di opposizione
spetta anche, se il precedente matrimonio fu sciolto (149), ai parenti del precedente
marito e, se il matrimonio fu dichiarato nullo (117 e seguenti), a colui col quale
il matrimonio era stato contratto e ai parenti di lui.
Il pubblico
ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se sa che vi osta un impedimento
o se gli consta l'infermità di mente di uno degli sposi, nei confronti del quale,
a causa dell'età, non possa essere promossa l'interdizione (414 e seguenti).
Art.
103 Atto di opposizione
L'atto di
opposizione deve dichiarare la qualità che attribuisce all'opponente il diritto
di farla, le cause dell'opposizione, e contenere l'elezione di domicilio nel comune
dove siede il tribunale
L'atto deve
essere notificato nella forma della citazione (Cod. Proc. Civ. 137, 163) agli sposi
e all'ufficiale dello stato civile del comune nel quale il matrimonio deve essere
celebrato.
Art.
104 Effetti dell'opposizione
L'opposizione
fatta da chi ne ha facoltà, per causa ammessa dalla legge, sospende la celebrazione
del matrimonio sino a che con sentenza passata in giudicato sia rimossa l'opposizione.
Se l'opposizione
è respinta, l'opponente, che non sia un ascendente o il pubblico ministero, può
essere condannato al risarcimento dei danni.
Art.
105 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis)
SEZIONE
IV
Della celebrazione
del matrimonio
Art.
106 Luogo della celebrazione
Il matrimonio
deve essere celebrato pubblicamente nella casa comunale (110) davanti all'ufficiale
dello stato civile al quale fu fatta la richiesta di pubblicazione (94, 109).
Art.
107 Forma della celebrazione
Nel giorno
indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla presenza di due testimoni,
anche se parenti, dà lettura agli sposi degli artt. 143, 144 e 147; riceve da ciascuna
delle parti personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono
prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono
unite in matrimonio.
L'atto di
matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione.
Art.
108 Inapponibilità di termini e condizioni
La dichiarazione
degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e in moglie non può essere sottoposta
ne a termine ne a condizione (1353).
Se le parti
aggiungono un termine o una condizione, l'ufficiale dello stato civile non può procedere
alla celebrazione del matrimonio. Se ciò nonostante il matrimonio è celebrato, il
termine e la condizione si hanno per non apposti (138).
Art.
109 Celebrazione in un comune diverso
Quando vi
è necessità o convenienza di celebrare il matrimonio in un comune diverso da quello
indicato nell'art. 106, l'ufficiale dello stato civile, trascorso il termine
stabilito nel primo comma dell'art. 99, richiede per iscritto l'ufficiale
del luogo dove il matrimonio si deve celebrare.
La richiesta
è menzionata nell'atto di celebrazione e in esso inserita. Nel giorno successivo
alla celebrazione del matrimonio, l'ufficiale davanti al quale esso fu celebrato
invia, per la trascrizione, copia autentica dell'atto all'ufficiale da cui fu fatta
la richiesta.
Art.
110 Celebrazione fuori della casa comunale
Se uno degli
sposi, per infermità o per altro impedimento giustificato all'ufficio dello stato
civile, è nell'impossibilità di recarsi alla casa comunale, l'ufficiale si trasferisce
col segretario nel luogo in cui si trova lo sposo impedito, e ivi, alla presenza
di quattro testimoni, procede alla celebrazione del matrimonio secondo l'art. 107.
Art.
111 Celebrazione per procura
I militari
e le persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito delle forze armate
possono, in tempo di guerra, celebrare il matrimonio per procura.
La celebrazione
del matrimonio per procura può anche farsi se uno degli sposi risiede all'estero
e concorrono gravi motivi da valutarsi dal tribunale nella cui circoscrizione risiede
l'altro sposo. L'autorizzazione è concessa con decreto non impugnabile emesso in
camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
La procura
deve contenere l'indicazione della persona con la quale il matrimonio si deve contrarre.
La procura
deve essere fatta per atto pubblico (2699); i militari e le persone al seguito delle
forze armate, in tempo di guerra, possono farla nelle forme speciali ad essi consentite.
Il matrimonio
non può essere celebrato quando sono trascorsi centottanta giorni da quello in cui
la procura è stata rilasciata.
La coabitazione,
anche temporanea dopo la celebrazione del matrimonio, elimina gli effetti della
revoca della procura, ignorata dall'altro coniuge al momento della celebrazione.
Art.
112 Rifiuto della celebrazione
L'ufficiale
dello stato civile non può rifiutare la celebrazione del matrimonio se non per una
causa ammessa dalla legge.
Se la rifiuta,
deve rilasciare un certificato con l'indicazione dei motivi (98,138).
Contro il
rifiuto è dato ricorso al tribunale che provvede in camera di consiglio, sentito
il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 737 e seguenti).
Art.
113 Matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale dello stato civile
Si considera
celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile il matrimonio che sia stato celebrato
dinanzi a persona la quale, senza avere la qualità di ufficiale dello stato civile,
ne esercitava pubblicamente le funzioni, a meno che entrambi gli sposi, al momento
della celebrazione, abbiano saputo che la detta persona non aveva tale qualità.
Art.
114 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis)
SEZIONE
V
Del matrimonio
dei cittadini in paese straniero e degli stranieri nello Stato
Art.
115 Matrimonio del cittadino all'estero
Il cittadino
è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di questo capo, anche
quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite (84
e seguenti).
La pubblicazione
deve anche farsi nello Stato a norma degli artt. 93, 94 e 95. Se il cittadino non
risiede nello Stato, la pubblicazione si fa nel comune dell'ultimo domicilio (43).
Art.
116 Matrimonio dello straniero nello Stato
Lo straniero
che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all'ufficiale dello stato
civile una dichiarazione dell'autorità competente del proprio paese, dalla quale
risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio.
Anche lo
straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute negli artt. 85, 86, 87,
nn.1, 2 e 4, 88 e 89.
Lo straniero
che ha domicilio o residenza nello Stato deve inoltre far fare la pubblicazione
secondo le disposizioni di questo codice (93 e seguenti).
SEZIONE
VI
Della nullità
del matrimonio
Art.
117 Matrimonio contratto con violazione degli artt. 84, 86, 87 e 88
Il matrimonio
contratto con violazione degli artt. 86, 87 e 88 può essere impugnato dai coniugi,
dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano
per impugnarlo un interesse legittimo e attuale (125,127).
Il matrimonio
contratto con violazione dell'art. 84 può essere impugnato dai coniugi, da
ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero. La relativa azione di annullamento
può essere proposta personalmente dal minore non oltre un anno dal raggiungimento
della maggiore età. La domanda, proposta dal genitore o dal pubblico ministero,
deve essere respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto
la maggiore età ovvero vi sia stato concepimento o procreazione e in ogni caso sia
accertata la volontà del minore di mantenere in vita il vincolo matrimoniale.
Il matrimonio
contratto dal coniuge dell'assente non può essere impugnato finché dura l'assenza.
Nei casi
in cui si sarebbe potuta accordare l'autorizzazione ai sensi del quarto comma dell'art.
87, il matrimonio non può essere impugnato dopo un anno dalla celebrazione.
La disposizione
del primo comma del presente articolo si applica anche nel caso di nullità del matrimonio
previsto dall'art. 68.
Art.
118 (abrogato)
Art.
119 Interdizione
Il matrimonio
di chi è stato interdetto per infermità di mente può essere impugnato dal tutore,
dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo se,
al tempo del matrimonio, vi era già sentenza di interdizione passata in giudicato,
ovvero se la interdizione è stata pronunziata posteriormente ma l'infermità esisteva
al tempo del matrimonio. Può essere impugnato, dopo revocata l'interdizione, anche
dalla persona che era interdetta.
L'azione
non può essere proposta se, dopo revocata l'interdizione, vi è stata coabitazione
per un anno.
Art.
120 Incapacità di intendere o di volere
Il matrimonio
può essere impugnato da quello dei coniugi che, quantunque non interdetto, provi
di essere stato incapace di intendere o di volere, per qualunque causa, anche transitoria,
al momento della celebrazione del matrimonio.
L'azione
non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che il coniuge
incapace ha recuperato la pienezza delle facoltà mentali.
Art.
121 (abrogato)
Art.
122 Violenza ed errore
Il matrimonio
può essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato estorto con violenza
o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo.
Il matrimonio
può altresì essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato dato
per effetto di errore sull'identità della persona o di errore essenziale su qualità
personali dell'altro coniuge.
L'errore
sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell'altro
coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se l'avesse
esattamente conosciute e purché l'errore riguardi:
l) l'esistenza
di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali
da impedire lo svolgimento della vita coniugale;
2) l'esistenza
di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore
a cinque anni, salvo il caso di intervenuta riabilitazione prima della celebrazione
del matrimonio. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la sentenza
sia divenuta irrevocabile;
3) la dichiarazione
di delinquenza abituale o professionale;
4) la circostanza
che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti concernenti la prostituzione
a pena non inferiore a due anni. L'azione di annullamento non può essere proposta
prima che la condanna sia divenuta irrevocabile;
5) lo stato
di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore, purché vi
sia stato disconoscimento ai sensi dell'art. 233, se la gravidanza è stata
portata a termine.
L'azione
non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che siano cessate
la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato scoperto
l'errore.
Art.
123 Simulazione
Il matrimonio
può essere impugnato da ciascuno dei coniugi quando gli sposi abbiano convenuto
di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti da esso discendenti.
L'azione
non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del matrimonio ovvero
nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi successivamente alla
celebrazione medesima.
Art.
124 Vincolo di precedente matrimonio
Il coniuge
può in qualunque tempo impugnare il matrimonio dell'altro coniuge; se si oppone
la nullità del primo matrimonio, tale questione deve essere preventivamente giudicata
(86, 117).
Art.
125 Azione del pubblico ministero
L'azione
di nullità non può essere promossa dal pubblico ministero dopo la morte di uno dei
coniugi.
Art.
126 Separazione dei coniugi in pendenza del giudizio
Quando è
proposta domanda di nullità del matrimonio, il Tribunale può, su istanza di uno
dei coniugi, ordinare la loro separazione temporanea durante il giudizio; può ordinarla
anche d'ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori o interdetti.
Art.
127 Intrasmissibilità dell'azione
L'azione
per impugnare il matrimonio non si trasmette agli eredi se non quando il giudizio
è già pendente alla morte dell'attore.
Art.
128 Matrimonio putativo
Se il matrimonio
è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei
coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi lo
hanno contratto in buona fede, oppure quando il loro consenso è stato estorto con
violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne
agli sposi.
Gli effetti
del matrimonio valido si producono anche rispetto ai figli nati o concepiti durante
il matrimonio dichiarato nullo, nonché rispetto ai figli nati prima del matrimonio
e riconosciuti anteriormente alla sentenza che dichiara la nullità.
Se le condizioni
indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli effetti valgono
soltanto in favore di lui e dei figli.
Il matrimonio
dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli effetti del
matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che
la nullità dipenda da bigamia o incesto.
Nell'ipotesi
di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti non si verifichino gli effetti
del matrimonio valido, hanno lo stato di figli naturali riconosciuti, nei casi in
cui il riconoscimento è consentito.
Art.
129 Diritti dei coniugi in buona fede
Quando le
condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi,
il giudice può disporre a carico di uno di essi e per un periodo non superiore a
tre anni l'obbligo di corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle
sue sostanze, a favore dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri
e non sia passato a nuove nozze.
Per i provvedimenti
che il giudice adotta riguardo ai figli, si applica l'art. 155.
Art.
129 bis Responsabilità del coniuge in mala fede e del terzo
Il coniuge
al quale sia imputabile la nullità del matrimonio, è tenuto a corrispondere all'altro
coniuge in buona fede, qualora il matrimonio sia annullato, una congrua indennità,
anche in mancanza di prova del danno sofferto. L'indennità deve comunque comprendere
una somma corrispondente al mantenimento per tre anni. E' tenuto altresì a prestare
gli alimenti al coniuge in buona fede, sempre che non vi siano altri obbligati.
Il terzo
al quale sia imputabile la nullità del matrimonio è tenuto a corrispondere al coniuge
in buona fede, se il matrimonio è annullato, l'indennità prevista nel comma precedente.
In ogni
caso il terzo che abbia concorso con uno dei coniugi nel determinare la nullità
del matrimonio è solidalmente responsabile con lo stesso per il pagamento dell'indennità.
SEZIONE
VII
Delle prove
della celebrazione del matrimonio
Art.
130 Atto di celebrazione del matrimonio
Nessuno
può reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del matrimonio, se non presenta
l'atto di celebrazione estratto dai registri dello stato civile.
Il possesso
di stato, quantunque allegato da ambedue i coniugi, non dispensa dal presentare
l'atto di celebrazione.
Art.
131 Possesso di stato
Il possesso
di stato, conforme all'atto di celebrazione del matrimonio, sana ogni difetto di
forma.
Art.
132 Mancanza dell'atto di celebrazione
Nel caso
di distruzione o di smarrimento dei registri dello stato civile l'esistenza del
matrimonio può essere provata a norma dell'art. 452.
Quando vi
sono indizi che per dolo o per colpa del pubblico ufficiale o per un caso di forza
maggiore l'atto di matrimonio non è stato inserito nei registri a ciò destinati,
la prova dell'esistenza del matrimonio è ammessa, sempre che risulti in modo non
dubbio un conforme possesso di stato.
Art.
133 Prova della celebrazione risultante da sentenza penale
Se la prova
della celebrazione del matrimonio risulta da sentenza penale, l'iscrizione della
sentenza nel registro dello stato civile assicura al matrimonio, dal giorno della
sua celebrazione, tutti gli effetti riguardo tanto ai coniugi quanto ai figli.
SEZIONE
VIII
Disposizioni
penali
Art.
134 Omissione di pubblicazione
Sono puniti
con l'ammenda da L. 80.000 a L. 400.000 gli sposi e l'ufficiale dello stato civile
che hanno celebrato matrimonio senza che la celebrazione sia stata preceduta dalla
prescritta pubblicazione (93 e seguenti).
Art.
135 Pubblicazione senza richiesta o senza documenti
E' punito
con l'ammenda da L. 40.000 a L. 200.000 l'ufficiale dello stato civile che ha proceduto
alla pubblicazione di un matrimonio senza la richiesta di cui all'art. 96
o quando manca alcuno dei documenti prescritti dal primo comma dell'art. 97.
Art.
136 Impedimenti conosciuti dall'ufficiale dello stato civile
L'ufficiale
dello stato civile che procede alla celebrazione del matrimonio, quando vi osta
qualche impedimento o divieto di cui egli ha notizia, è punito con l'ammenda da
L. 100.000 a L. 600.000.
Art.
137 Incompetenza dell'ufficiale dello stato civile. Mancanza dei testimoni
E' punito
con l'ammenda da L. 60.000 a L. 400.000 l'ufficiale dello stato civile che ha celebrato
un matrimonio per cui non era competente (106).
La stessa
pena si applica all'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla celebrazione
di un matrimonio senza la presenza dei testimoni.
Art.
138 Altre infrazioni
E' punito
con l'ammenda stabilita nell'art. 135 l'ufficiale dello stato civile che
in qualunque modo contravviene alle disposizioni degli artt. 93, 95, 98, 99, 106,
107, 108, 109, 110 e 112 o commette qualsiasi altra infrazione per cui non
sia stabilita una pena speciale in questa sezione.
Art.
139 Cause di nullità note a uno dei coniugi
Il coniuge
il quale, conoscendo prima della celebrazione una causa di nullità del matrimonio,
l'abbia lasciata ignorare all'altro, è punito, se il matrimonio è annullato, con
l'ammenda da L. 200.000 a L. 1.000.000.
Art.
140 Inosservanza del divieto temporaneo di nuove nozze
La donna
che contrae matrimonio contro il divieto dell'art. 89, l'ufficiale che lo
celebra e l'altro coniuge sono puniti con l'ammenda da L. 100.000 a L. 200.000.
Art.
141 Competenza
I reati
previsti nei precedenti articoli sono di competenza del tribunale.
NOTA Le
contravvenzioni indicate negli articoli precedenti sono diventati illeciti amministrativi.
Vedere Leggi Speciali.
Art.
142 Limiti d'applicazione delle precedenti disposizioni
Le disposizioni
della presente sezione si applicano quando i fatti ivi contemplati non costituiscono
reato più grave.
CAPO IV
Dei diritti
e dei doveri che nascono dal matrimonio
Art.
143 Diritti e doveri reciproci dei coniugi
Con il matrimonio
il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio
deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla
collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione (Cod. Pen. 570).
Entrambi
i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria
capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.
Art.
143 bis Cognome della moglie
La moglie
aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile,
fino a che passi a nuove nozze.
Art.
143 ter (abrogato)
Art.
144 Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia
I coniugi
concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della
famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
A ciascuno
dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato.
Art.
145 Intervento del giudice
In caso
di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza formalità, l'intervento del
giudice il quale, sentite le opinioni espresse dai coniugi e, per quanto opportuno,
dai figli conviventi che abbiano compiuto il sedicesimo anno, tenta di raggiungere
una soluzione concordata.
Ove questa
non sia possibile e il disaccordo concerne la fissazione della residenza o altri
affari essenziali, il giudice, qualora ne sia richiesto espressamente e congiuntamente
dai coniugi, adotta, con provvedimento non impugnabile, la soluzione che ritiene
più adeguata alle esigenze dell'unità e della vita della famiglia.
Art.
146 Allontanamento dalla residenza familiare
Il diritto
all'assistenza morale e materiale previsto dall'art. 143 è sospeso nei confronti
del coniuge che, allontanatosi (Cod. Pen. 570) senza giusta causa dalla residenza
familiare, rifiuta di tornarvi.
La proposizione
della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione
degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla
residenza familiare.
Il giudice
può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro dei beni del coniuge allontanatosi,
nella misura atta a garantire l'adempimento degli obblighi previsti dagli artt.
143, terzo comma, e 147.
Art.
147 Doveri verso i figli
Il matrimonio
impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole
tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei
figli.
Art.
148 Concorso negli oneri
I coniugi
devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione
alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o
naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi
necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
In caso
di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse,
sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una
quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente
all'altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e
l'educazione della prole.
Il decreto
notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo (Cod.
Proc. Civ. 474), ma le parti ed il terzo debitore, possono proporre opposizione
nel termine di venti giorni dalla notifica.
L'opposizione
è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto
applicabili.
Le parti
ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario,
la modificazione e la revoca del provvedimento.
CAPO V
Dello scioglimento
del matrimonio e della separazione dei coniugi
Art.
149 Scioglimento del matrimonio
Il matrimonio
si scioglie con la morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge.
Gli effetti
civili del matrimonio celebrato con rito religioso, ai sensi dell'art. 82 o dell'art.
83, e regolarmente trascritto, cessano alla morte di uno dei coniugi e negli
altri casi previsti dalla legge.
Art.
150 Separazione personale
E' ammessa
la separazione personale dei coniugi.
La separazione
può essere giudiziale o consensuale.
Il diritto
di chiedere la separazione giudiziale o l'omologazione di quella consensuale spetta
esclusivamente ai coniugi.
Art.
151 Separazione giudiziale
La separazione
può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di
uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione
della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole.
Il giudice,
pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia
richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione
del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.
Art.
152-153 (abrogati)
Art.
154 Riconciliazione
La riconciliazione
tra i coniugi comporta l'abbandono della domanda di separazione personale già proposta.
Art.
155 Provvedimenti riguardo ai figli
1. L
'articolo 155 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 155. – (Provvedimenti riguardo
ai figli). Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore
ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di
essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti
significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la
separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con
esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente
la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure
stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità
della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo
con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione
e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli,
degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo
alla prole.
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore
interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione e alla salute sono
assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale
e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.
Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice
può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori
provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il
giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al
fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
- le attuali esigenze del figlio;
- il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
- i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
- le risorse economiche di entrambi i genitori;
- la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L'assegno
è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato
dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente
documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi
e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi».
2. Dopo l'articolo 155 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente
articolo, sono inseriti i seguenti:
«Art. 155-bis. – (Affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso).
Il giudice può disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora
ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse
del minore.
Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivo
quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie
la domanda, dispone l'affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi,
per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell'articolo
155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare
il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti
da adottare nell'interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo
96 del codice di procedura civile.
Art. 155-ter. – (Revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli).
I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni
concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della potestà
su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del
contributo.
Art. 155-quater. – (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza).
Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto
dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione
dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà.
Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario
non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio
o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca
sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643.
Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l'altro coniuge
può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell'affidamento, la
ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici.
>
Art. 155-quinquies. – (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni). Il
giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non
indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno,
salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto.
Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo 3,
comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le
disposizioni previste in favore dei figli minori.
Art. 155-sexies. – (Poteri del giudice e ascolto del minore). Prima dell'emanazione,
anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all'articolo 155, il giudice
può assumere, ad istanza di parte o d'ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone,
inoltre, l'audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche
di età inferiore ove capace di discernimento.
Qualora ne ravvisi l'opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro
consenso, può rinviare l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 155 per
consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere
un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale
dei figli».
Art.
156 Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi
Il giudice,
pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile
la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al
suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.
L'entità
di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi
dell'obbligato.
Resta fermo
l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli artt. 433 e seguenti.
Il giudice
che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia
reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento
degli obblighi previsti dai precedenti commi e dall'art. 155.
La sentenza
costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818.
In caso
di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro
di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere
anche periodicamente somme di danaro all'obbligato, che una parte di esse venga
versata direttamente agli aventi diritto.
Qualora
sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre
la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti.
Art.
156 bis Cognome della moglie
Il giudice
può vietare alla moglie l'uso del cognome del marito quando tale uso sia a lui gravemente
pregiudizievole, e può parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso,
qualora dall'uso possa derivarle grave pregiudizio.
Art.
157 Cessazione degli effetti della separazione
I coniugi
possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione,
senza che sia necessario l'intervento del giudice, con un'espressa dichiarazione
o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
La separazione
può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti
intervenuti dopo la riconciliazione.
Art.
158 Separazione consensuale
La separazione
per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l'omologazione del giudice
(Cod. Proc. Civ. 710-711)
Quando l'accordo
dei coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto
con l'interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni
da adottare nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare
allo stato l'omologazione.
CAPO VI
Del regime
patrimoniale della famiglia
SEZIONE
I
Disposizioni
generali
Art.
159 Del regime patrimoniale legale tra i coniugi
Il regime
patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata
a norma dell'art. 162, è costituito dalla comunione dei beni regolata dalla
sezione III del presente capo.
Art.
160 Diritti inderogabili
Gli sposi
non possono derogare, né ai diritti né ai doveri provvisti dalla legge per effetto
del matrimonio.
Art.
161 Riferimento generico a leggi o agli usi
Gli sposi
non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti patrimoniali siano in
tutto o in parte regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi, ma
devono enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali intendono regolare
questi loro rapporti.
Art.
162 Forma delle convenzioni matrimoniali
Le convenzioni
matrimoniali debbono essere stipulate per atto pubblico sotto pena di nullità.
La scelta
del regime di separazione può anche essere dichiarata nell'atto di celebrazione
del matrimonio.
Le convenzioni
possono essere stipulate in ogni tempo, ferme restando le disposizioni dell'art.
194.
Le convenzioni
matrimoniali non possono essere opposte ai terzi quando a margine dell'atto di matrimonio
non risultano annotati la data del contratto, il notaio rogante e le generalità
dei contraenti, ovvero la scelta di cui al secondo comma.
Art.
163 Modifica delle convenzioni
Le modifiche
delle convenzioni matrimoniali, anteriori o successive al matrimonio, non hanno
effetto se l'atto pubblico non è stipulato col consenso di tutte le persone che
sono state parti nelle convenzioni medesime, o dei loro eredi.
Se uno dei
coniugi muore dopo aver consentito con atto pubblico alla modifica delle convenzioni,
questa produce i suoi effetti se le altre parti esprimono anche successivamente
il loro consenso, salva l'omologazione del giudice. L'omologazione può essere chiesta
da tutte le persone che hanno partecipato alla modificazione delle convenzioni o
dai loro eredi.
Le modifiche
convenute e la sentenza di omologazione hanno effetto rispetto ai terzi solo se
ne è fatta annotazione in margine all'atto del matrimonio.
L'annotazione
deve inoltre essere fatta a margine della trascrizione delle convenzioni matrimoniali
ove questa sia richiesta a norma degli artt. 2643 e seguenti.
Art.
164 Simulazione delle convenzioni matrimoniali
E' consentita
ai terzi la prova della simulazione delle convenzioni matrimoniali (1417).
Le controdichiarazioni
scritte possono aver effetto nei confronti di coloro tra i quali sono intervenute,
solo se fatte con la presenza ed il simultaneo consenso di tutte le persone che
sono state parti nelle convenzioni matrimoniali.
Art.
165 Capacità del minore
Il minore
ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il consenso per tutte le
relative convenzioni matrimoniali, le quali sono valide se egli è assistito dai
genitori esercenti la potestà su di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato
a norma dell'art. 90.
Art.
166 Capacità dell'inabilitato
Per la validità
delle stipulazioni e delle donazioni, fatte nel contratto di matrimonio dall'inabilitato
(415) o da colui contro il quale è stato promosso giudizio di inabilitazione, è
necessaria l'assistenza del curatore già nominato. Se questi non è stato ancora
nominato, si provvede alla nomina di un curatore speciale.
Art.
166-bis Divieto di costituzione di dote
E' nulla
ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione di beni in dote.
SEZIONE
II
Del fondo
patrimoniale
Art.
167 Costituzione del fondo patrimoniale
Ciascuno
o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono
costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili
iscritti in pubblici registri, o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della
famiglia.
La costituzione
del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata dal terzo, si perfeziona con
l'accettazione dei coniugi. L'accettazione può essere fatta con atto pubblico posteriore.
La costituzione
può essere fatta anche durante il matrimonio.
I titoli
di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo
o in altro modo idoneo.
Art.
168 Impiego ed amministrazione del fondo
La proprietà
dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che
sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione.
I frutti
(820) dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della
famiglia.
L'amministrazione
dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata dalle norme relative all'amministrazione
della comunione legale.
Art.
169 Alienazione dei beni del fondo
Se non è
stato espressamente consentito nell'atto di costituzione, non si possono alienare,
ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non
con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione
concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli
casi di necessità o di utilità evidente.
Art.
170 Esecuzione sui beni e sui frutti
L'esecuzione
sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore
conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Art.
171 Cessazione del fondo
La destinazione
del fondo termina a seguito dell'annullamento o dello scioglimento o della cessazione
degli effetti civili del matrimonio.
Se vi sono
figli minori il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell'ultimo figlio.
In tale caso il giudice può dettare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme
per l'amministrazione del fondo.
Considerate
le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed ogni altra circostanza, il
giudice può altresì attribuire ai figli, in godimento o in proprietà, una quota
dei beni del fondo.
Se non vi
sono figli, si applicano le disposizioni sullo scioglimento della comunione legale.
Art.
172-176 (abrogati)
SEZIONE
III
Della comunione
legale
Art.
177 Oggetto della comunione
Costituiscono
oggetto della comunione:
a) gli acquisti
compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione
di quelli relativi ai beni personali;
b) i frutti
dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento
della comunione;
c) i proventi
dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione,
non siano stati consumati
d) le aziende
gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
Qualora.
si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio
ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.
Art.
178 Beni destinati all'esercizio di impresa
I beni destinati
all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli
incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto
della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa.
Art.
179 Beni personali
Non costituiscono
oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge:
a) i beni
di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era
titolare di un diritto reale di godimento;
b) i beni
acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione,
quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono
attribuiti alla comunione;
c) i beni
di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
d) i beni
che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati
alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione;
e) i beni
ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita
parziale o totale della capacità lavorativa;
f) i beni
acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col
loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto (2647).
L'acquisto
di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'art. 2683, effettuato dopo
il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lett. c), d) ed f) del
precedente comma, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso
sia stato parte anche l'altro coniuge.
Art.
180 Amministrazione dei beni della comunione
L'amministrazione
dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi
spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi.
Il compimento
degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti
con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza
in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi.
Art.
181 Rifiuto di consenso
Se uno dei
coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione
o per gli altri atti per cui il consenso è richiesto, l'altro coniuge può rivolgersi
al giudice per ottenere l'autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell'atto
è necessaria nell'interesse della famiglia o dell'azienda che a norma della lett.
d) dell'art. 177 fa parte della comunione.
Art.
182 Amministrazione affidata ad uno solo dei coniugi
In caso
di lontananza o di altro impedimento di uno dei coniugi l'altro, in mancanza di
procura del primo risultante da atto pubblico (2699) o da scrittura privata autenticata
(2703), può compiere, previa autorizzazione del giudice e con le cautele eventualmente
da questo stabilite, gli atti necessari per i quali è richiesto, a norma del l'art.
180, il consenso di entrambi i coniugi.
Nel caso
di gestione comune di azienda, uno dei coniugi può essere delegato dall'altro al
compimento di tutti gli atti necessari all'attività dell'impresa.
Art.
183 Esclusione dall'amministrazione
Se uno dei
coniugi è minore o non può amministrare ovvero se ha male amministrato, l'altro
coniuge può chiedere al giudice di escluderlo dall'amministrazione.
Il coniuge
privato dell'amministrazione può chiedere al giudice di esservi reintegrato, se
sono venuti meno i motivi che hanno determinato l'esclusione.
La esclusione
opera di diritto riguardo al coniuge interdetto e permane sino a quando non sia
cessato lo stato di interdizione.
Art.
184 Atti compiuti senza il necessario consenso
Gli atti
compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo
non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati
nell'art. 2683.
L'azione
può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno (2964)
dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto e in ogni caso entro un anno dalla
data di trascrizione. Se l'atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non
ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l'azione non
può essere proposta oltre l'anno dallo scioglimento stesso.
Se gli atti
riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma, il coniuge che
li ha compiuti senza il consenso dell'altro è obbligato su istanza di quest'ultimo
a ricostruire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto
o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori
correnti all'epoca della ricostituzione della comunione.
Art.
185 Amministrazione dei beni personali del coniuge
All'amministrazione
dei beni che non rientrano nella comunione o nel fondo patrimoniale si applicano
le disposizioni dei commi secondo, terzo e quarto dell'art. 217.
Art.
186 Obblighi gravanti sui beni della comunione
I beni della
comunione rispondono:
a) di tutti
i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dell'acquisto;
b) di tutti
i carichi dell'amministrazione;
c) delle
spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione e l'educazione dei figli
e di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse
della famiglia;
d) di ogni
obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.
Art.
187 Obbligazioni contratte dai coniugi prima del matrimonio
I beni della
comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non rispondono delle obbligazioni
contratte da uno dei coniugi prima del matrimonio.
Art.
188 Obbligazioni derivanti da donazioni o successioni
I beni della
comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non rispondono delle obbligazioni
da cui sono gravate le donazioni e le successioni conseguite dai coniugi durante
il matrimonio e non attribuite alla comunione.
Art.
189 Obbligazioni contratte separatamente dai coniugi
I beni della
comunione fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, rispondono,
quando i creditori non possono soddisfarsi sui beni personali delle obbligazioni
contratte dopo il matrimonio, da uno dei coniugi per il compimento di atti eccedenti
l'ordinaria amministrazione senza il necessario consenso dell'altro.
I creditori
particolari di uno dei coniugi, anche se il credito è sorto anteriormente al matrimonio,
possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione, fino al valore
corrispondente alla quota del coniuge obbligato. Ad essi, se chirografari, sono
preferiti i creditori della comunione.
Art.
190 Responsabilità sussidiaria dei beni personali
I creditori
possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi, nella
misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti
a soddisfare i debiti su di essa gravanti.
Art.
191 Scioglimento della comunione
La comunione
si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta, di uno dei coniugi,
per l'annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili
del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei
beni, per mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di
uno dei coniugi.
Nel caso
di azienda di cui alla lett. d) dell'art. 177, lo scioglimento della comunione
può essere deciso, per accordo dei coniugi, osservata la forma prevista dall'art.
162.
Art.
192 Rimborsi e restituzioni
Ciascuno
dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio
comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni previste dall'art. 186.
E' tenuto
altresì a rimborsare il valore dei beni di cui all'art. 189, a meno che,
trattandosi di atto di straordinaria amministrazione da lui compiuto, dimostri che
l'atto stesso sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità
della famiglia.
Ciascuno
dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio
personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune.
I rimborsi
e le restituzioni si effettuano al momento dello scioglimento della comunione; tuttavia
il giudice può autorizzarli in un momento anteriore se l'interesse della famiglia
lo esige o lo consente.
Il coniuge
che risulta creditore può chiedere di prelevare beni comuni sino a concorrenza del
proprio credito. In caso di dissenso si applica il quarto comma. I prelievi si effettuano
sul denaro, quindi sui mobili e infine sugli immobili.
Art.
193 Separazione giudiziale dei beni
La separazione
giudiziale dei beni può essere pronunziata in caso di interdizione (417) o di inabilitazione
(414) di uno dei coniugi o di cattiva amministrazione della comunione.
Può altresì
essere pronunziata quando il disordine degli affari di uno dei coniugi o la condotta
da questi tenuta nell'amministrazione dei beni mette in pericolo gli interessi dell'altro
o della comunione o della famiglia, oppure quando uno dei coniugi non contribuisce
ai bisogni di questa in misura proporzionale alle proprie sostanze o capacità di
lavoro.
La separazione
può essere chiesta da uno dei coniugi o dal suo legale rappresentante.
La sentenza
che pronunzia la separazione retroagisce al giorno in cui è stata proposta la domanda
ed ha l'effetto di instaurare il regime di separazione dei beni regolato nella sezione
V del presente capo, salvi i diritti dei terzi.
La sentenza
è annotata a margine dell'atto di matrimonio e sull'originale delle convenzioni
matrimoniali (2653).
Art.
194 Divisione dei beni della comunione
La divisione
dei beni della comunione legale si effettua ripartendo in parti eguali l'attivo
e il passivo.
Il giudice,
in relazione alle necessità della prole e all'affidamento di essa, può costituire
a favore di uno dei coniugi l'usufrutto su una parte dei beni spettanti all'altro
coniuge.
Art.
195 Prelevamento dei beni mobili
Nella divisione
i coniugi o i loro eredi hanno diritto di prelevare i beni mobili che appartenevano
ai coniugi stessi prima della comunione o che sono ad essi pervenuti durante la
medesima per successione o donazione. In mancanza di prova contraria si presume
che i beni mobili facciano parte della comunione.
Art.
196 Ripetizione del valore in caso di mancanza delle cose da prelevare
Se non si
trovano i beni mobili che il coniuge o i suoi eredi hanno diritto di prelevare a
norma dell'articolo precedente essi possono ripeterne il valore, provandone l'ammontare
anche per notorietà, salvo che la mancanza di quei beni sia dovuta a consumazione
per uso o perimento o per altra causa non imputabile all'altro coniuge.
Art.
197 Limiti al prelevamento nei riguardi dei terzi
Il prelevamento
autorizzato dagli articoli precedenti non può farsi, a pregiudizio dei terzi, qualora
la proprietà individuale dei beni non risulti da atto avente data certa (2702, 2704).
E' fatto salvo al coniuge o ai suoi eredi il diritto di regresso sui beni della
comunione spettanti all'altro coniuge nonché sugli altri beni di lui.
Art.
198-209 (abrogati)
SEZIONE
IV
Della comunione
convenzionale
Art.
210 Modifiche convenzionali alla comunione legale dei beni
I coniugi
possono, mediante convenzione stipulata a norma dell'art. 162, modificare
il regime della comunione legale dei beni purché i patti non siano in contrasto
con le disposizioni dell'art. 161.
I beni indicati
alle lett. c), d) ed e), dell'art. 179 non possono essere compresi nella
comunione convenzionale.
Non sono
derogabili le norme della comunione legale relative all'amministrazione dei beni
della comunione e all'uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero
oggetto della comunione legale.
Art.
211 Obbligazioni dei coniugi contratte prima del matrimonio
I beni della
comunione rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei coniugi prima del matrimonio
limitatamente al valore dei beni di proprietà del coniuge stesso prima del matrimonio
che, in base a convenzione stipulata a norma dell'art. 162, sono entrati
a far parte della comunione dei beni.
Art.
212-214 (abrogati)
SEZIONE
V Del regime di separazione dei beni
I coniugi
possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni
acquistati durante il matrimonio.
Art.
216 (abrogato)
Art.
217 Amministrazione e godimento dei beni
Ciascun
coniuge ha il godimento e l'amministrazione dei beni di cui è titolare esclusivo.
Se ad uno
dei coniugi è stata conferita la procura ad amministrare i beni dell'altro con l'obbligo
di rendere conto dei frutti, egli è tenuto verso l'altro coniuge secondo le regole
del mandato (1710, 1718).
Se uno dei
coniugi ha amministrato i beni dell'altro con procura senza l'obbligo di rendere
conto dei frutti, egli ed i suoi eredi, a richiesta dell'altro coniuge o allo scioglimento
o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, sono tenuti a consegnare
i frutti esistenti e non rispondono per quelli consumati.
Se uno dei
coniugi, nonostante l'opposizione dell'altro, amministra i beni di questo o comunque
compie atti relativi a detti beni risponde dei danni e della mancata percezione
dei frutti.
Art.
218 Obbligazioni del coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge
Il coniuge
che gode dei beni dell'altro coniuge è soggetto a tutte le obbligazioni dell'usufruttuario
(1001).
Art.
219 Prova della proprietà dei beni
Il coniuge
può provare con ogni mezzo nei confronti dell'altro la proprietà esclusiva di un
bene.
I beni di
cui nessuno dei coniugi può dimostrare la proprietà esclusiva sono di proprietà
indivisa per pari quota di entrambi i coniugi.
Art.
220-230 (abrogati)
SEZIONE
VI
Dell'impresa
familiare
Art.
230-bis Impresa familiare
Salvo che
configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo
la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al
mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli
utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi
dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità alla
qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli
incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi
e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano
alla impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena
capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.
Il lavoro
della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo.
Ai fini
della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i
parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare
quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro
il secondo.
Il diritto
di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento
avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti
i partecipi. Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi
causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell'azienda.
Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo,
dal giudice.
In caso
di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi di cui al primo
comma hanno diritto di prelazione sull'azienda. Si applica, nei limiti in cui è
compatibile, la disposizione dell'art. 732.
Le comunioni
tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura (2140) sono regolate dagli usi
che non contrastino con le precedenti norme.
TITOLO VII
DELLA FILIAZIONE
CAPO I
Dello Stato
di figlio legittimo
SEZIONE
I
Dello stato
di figlio legittimo
Art.
231 Paternità del marito
Il marito
è padre del figlio concepito durante il matrimonio.
Art.
232 Presunzione di concepimento durante il matrimonio
Si presume
concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta
giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni
dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o dalla cessazione degli effetti
civili del matrimonio.
La presunzione
non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla
omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei
coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente
nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.
Art.
233 Nascita del figlio prima dei centottanta giorni
Il figlio
nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio
è reputato legittimo se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono
la paternità.
Art.
234 Nascita del figlio dopo i trecento giorni
Ciascuno
dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni
dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del
matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio.
Possono
analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia
nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione
di separazione consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti
al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle
more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.
In ogni
caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di legittimo.
Art.
235 Disconoscimento di paternità
L'azione
per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è
consentita solo nei casi seguenti:
l) se i
coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo
giorno prima della nascita;
2) se durante
il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare;
3) se nel
detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria
gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il marito è ammesso a provare che
il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibile
con quello del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità.
La sola
dichiarazione della madre non esclude la paternità.
L'azione
di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre o dal figlio che ha raggiunto
la maggiore età in tutti i casi in cui può essere esercitata dal padre.
SEZIONE
II
Delle prove
della filiazione legittima
Art.
236 Atto di nascita e possesso di stato
La filiazione
legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile.
Basta, in
mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato di figlio legittimo.
Art.
237 Fatti costitutivi del possesso di stato
Il possesso
di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgono a dimostrare
le relazioni di filiazioni e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa
pretende di appartenere.
In ogni
caso devono concorrere i seguenti fatti:
che la persona
abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere;
che il padre
l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa qualità al mantenimento,
alla educazione e al collocamento di essa;
che sia
stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali;
che sia
stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia.
Art.
238 Atto di nascita conforme al possesso di stato
Salvo quanto
disposto dagli artt. 128, 233, 234, 235 e 239, nessuno può reclamare uno stato contrario
a quello che gli attribuiscono l'atto di nascita di figlio legittimo e il possesso
di stato conforme all'atto stesso.
Parimenti
non si può contestare la legittimità di colui il quale ha un possesso di stato conforme
all'atto di nascita.
Art.
239 Supposizione di parto o sostituzione di neonato
Qualora
si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato (Cod. Pen. 566 e
seguenti), ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso di stato, il
figlio può reclamare uno stato diverso, dando la prova della filiazione anche a
mezzo di testimoni nei limiti e secondo le regole dell'art. 241.
Parimenti
si può contestare la legittimità del figlio dando anche a mezzo di testimoni, nei
limiti e secondo le regole sopra indicati, la prova della supposizione o della sostituzione
predette.
Art.
240 Mancanza dell'atto di matrimonio
La legittimità
del figlio di due persone, che hanno pubblicamente vissuto come marito e moglie
e sono morte ambedue, non può essere contestata per il solo motivo che manchi la
prova della celebrazione del matrimonio (130), qualora la stessa legittimità sia
provata da un possesso di stato (237) che non sia in opposizione con l'atto di nascita.
Art.
241 Prova con testimoni
Quando mancano
l'atto di nascita e il possesso di stato, o quando il figlio fu iscritto sotto falsi
nomi (Cod. Pen. 495) o come nato da genitori ignoti, la prova della filiazione può
darsi col mezzo di testimoni.
Questa prova
non può essere ammessa che quando vi è un principio di prova per iscritto (242),
ovvero quando le presunzioni e gli indizi sono abbastanza gravi da determinare l'ammissione
della prova.
Art.
242 Principio di prova per iscritto
Il principio
di prova per iscritto risulta dai documenti di famiglia, dai registri e dalle carte
private del padre o della madre, dagli atti pubblici e privati provenienti da una
delle parti che sono impegnate nella controversia o da altra persona, che, se fosse
in vita, avrebbe interesse nella controversia.
Art.
243 Prova contraria
La prova
contraria può darsi con tutti i mezzi atti a dimostrare che il reclamante non è
figlio della donna che egli pretende di avere per madre, oppure che non è figlio
del marito della madre, quando risulta provata la maternità.
SEZIONE
III
Dell'azione
di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo di legittimità
Art.
244 Termini dell'azione di disconoscimento
L'azione
di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel
termine di sei mesi dalla nascita del figlio.
Il marito
può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita
quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal
giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza
familiare (144) se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver
avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui
ne ha avuto notizia.
L'azione
di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio, entro un anno
dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza
dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento.
L'azione
può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte
sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni,
o del pubblico ministero quando si tratta di minore di età inferiore.
NOTA Il
secondo comma è stato dichiarato in parte illegittimo dalla Corte Costit. (sentenza
134 del 2 maggio 1985).
Art.
245 Sospensione del termine
Se la parte
interessata a promuovere l'azione di disconoscimento della paternità si trova in
stato di interdizione per infermità di mente (414), la decorrenza del termine indicato
nell'articolo precedente è sospesa, nei suoi confronti, sino a che dura lo stato
di interdizione. L'azione può tuttavia essere promossa dal tutore.
Art.
246 Trasmissibilità dell'azione
Se il titolare
dell'azione di disconoscimento della paternità muore senza averla promossa, ma prima
che ne sia decorso il termine, sono ammessi ad esercitarla in sua vece:
l) nel caso
di morte del presunto padre o della madre, i discendenti e gli ascendenti; il nuovo
termine decorre dalla morte del presunto padre o della madre, o dalla nascita del
figlio se si tratta di figlio postumo;
2) nel caso
di morte del figlio, il coniuge o i discendenti; il nuovo termine decorre dalla
morte del figlio o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei
discendenti.
Art.
247 Legittimazione passiva
Il presunto
padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti (Cod. Proc. Civ. 102) necessari
nel giudizio di disconoscimento.
Se una delle
parti è minore o interdetta, l'azione è proposta in contraddittorio con un curatore
nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.
Se una delle
parti è un minore emancipato o un maggiore inabilitato, l'azione è proposta contro
la stessa assistita da un curatore parimenti nominato dal giudice.
Se il presunto
padre o la madre o il figlio sono morti l'azione si propone nei confronti delle
persone indicate nell'articolo precedente o, in loro mancanza, nei confronti di
un curatore parimenti nominato dal giudice.
Art.
248 Legittimazione all'azione di contestazione della legittimità. Imprescrittibilità
L'azione
per contestare la legittimità spetta a chi dall'atto di nascita del figlio risulti
suo genitore e a chiunque vi abbia interesse.
L'azione
è imprescrittibile.
Quando l'azione
è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si
osservano le disposizioni dell'articolo precedente.
Nel giudizio
devono essere chiamati entrambi i genitori (Cod. Proc. Civ. 70, 102, 715).
Art.
249 Reclamo della legittimità
L'azione
per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se egli non l'ha promossa
ed è morto in età minore o nei cinque anni dopo aver raggiunto la maggiore età,
può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi
i genitori, e, in loro mancanza, contro i loro eredi (att. 121).
L'azione
è imprescrittibile riguardo al figlio.
CAPO II
Della filiazione
naturale e della legittimazione
SEZIONE
I
Della filiazione
naturale
§1 Del riconoscimento
dei figli naturali
Art.
250 Riconoscimento
Il figlio
naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'art. 254, dal padre
e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del
concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.
Il riconoscimento
del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo assenso.
Il riconoscimento
del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso
dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.
Il consenso
non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda all'interesse del figlio.
Se vi è opposizione, su ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento,
sentito il minore in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l'intervento
del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento
della domanda, tiene luogo del consenso mancante.
Il riconoscimento
non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di
età.
Art.
251 Riconoscimento di figli incestuosi
I figli
nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela (74) anche soltanto
naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado,
ovvero un vincolo di affinità (78) in linea retta, non possono essere riconosciuti
(128, 278) dai loro genitori, salvo che questi al tempo del concepimento ignorassero
il vincolo esistente tra di loro o che sia stato dichiarato nullo il matrimonio
da cui deriva l'affinità. Quando uno solo dei genitori è stato in buona fede, il
riconoscimento del figlio può essere fatto solo da lui.
Il riconoscimento
è autorizzato dal giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio ed alla necessità
di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.
Art.
252 Affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella famiglia legittima
Qualora
il figlio naturale di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il
giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all'affidamento del minore e
adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale.
L'eventuale
inserimento del figlio naturale nella famiglia legittima di uno dei genitori può
essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all'interesse del minore
e sia accertato il consenso dell'altro coniuge e dei figli legittimi che abbiano
compiuto il sedicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell'altro genitore
naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce
le condizioni che il genitore cui il figlio è affidato deve osservare e quelle cui
deve attenersi l'altro genitore.
Qualora
il figlio naturale sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento
nella famiglia legittima è subordinato al consenso dell'altro coniuge, a meno che
il figlio fosse già convivente con il genitore all'atto del matrimonio o l'altro
coniuge conoscesse l'esistenza del figlio naturale.
E' altresì
richiesto il consenso dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento.
Art.
253 Inammissibilità del riconoscimento
In nessun
caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo o
legittimato in cui la persona si trova.
Art.
254 Forma del riconoscimento
Il riconoscimento
del figlio naturale è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione,
posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile
o davanti al giudice tutelare o in un atto pubblico o in un testamento (587), qualunque
sia la forma di questo.
La domanda
di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione
della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico (2699) o
in un testamento (587) importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia
luogo.
Art.
255 Riconoscimento di un figlio premorto
Può anche
aver luogo il riconoscimento del figlio premorto in favore dei suoi discendenti
legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti.
Art.
256 Irrevocabilità del riconoscimento
Il riconoscimento
è irrevocabile. Quando è contenuto in un testamento ha effetto dal giorno della
morte del testatore, anche se il testamento è stato revocato.
Art.
257 Clausole limitatrici
E' nulla
ogni clausola diretta a limitare gli effetti del riconoscimento.
Art.
258 Effetti del riconoscimento
Il riconoscimento
non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto, salvo i casi previsti
dalla legge.
L'atto di
riconoscimento di uno solo dei genitori non può contenere indicazioni relative all'altro
genitore. Queste indicazioni, qualora siano state fatte, sono senza effetto.
Il pubblico
ufficiale che le riceve e l'ufficiale dello stato civile che le riproduce sui registri
dello stato civile sono puniti con l'ammenda da lire ventimila a lire ottantamila.
Le indicazioni stesse devono essere cancellate.
Art.
259-260 (abrogati)
Art.
261 Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento
Il riconoscimento
comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti
che egli ha nei confronti dei figli legittimi.
Art.
262 Cognome del figlio
Il figlio
naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il
riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio
naturale assume il cognome del padre.
Se la filiazione
nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento
da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo
o sostituendolo a quello della madre.
Nel caso
di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre.
Art.
263 Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità
Il riconoscimento
può essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da
colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.
L'impugnazione
è ammessa anche dopo la legittimazione (280 e seguenti).
L'azione
è imprescrittibile.
Art.
264 Impugnazione da parte del riconosciuto
Colui che
è stato riconosciuto non può, durante la minore età o lo stato d'interdizione per
infermità di mente, impugnare il riconoscimento.
Tuttavia
il giudice, con provvedimento in camera di consiglio su istanza del pubblico ministero
o del tutore o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio
o del figlio stesso che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, può dare l'autorizzazione
per impugnare il riconoscimento, nominando un curatore speciale (715).
Art.
265 Impugnazione per violenza
Il riconoscimento
può essere impugnato per violenza dall'autore del riconoscimento entro un anno (2964)
dal giorno in cui la violenza è cessata.
Se l'autore
del riconoscimento è minore, l'azione può essere promossa entro un anno dal conseguimento
dell'età maggiore (267).
Art.
266 Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione giudiziale
Il riconoscimento
può essere impugnato per l'incapacità che deriva da interdizione giudiziale (414
e seguenti) dal rappresentante dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione,
dall'autore del riconoscimento, entro un anno dalla data della revoca (267).
Art.
267 Trasmissibilità dell'azione
Nei casi
indicati dagli artt. 265 e 266, se l'autore del riconoscimento è morto senza aver
promosso l'azione, ma prima che sia scaduto il termine, l’azione può essere promossa
dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi.
Art.
268 Provvedimenti in pendenza del giudizio
Quando è
impugnato il riconoscimento, il giudice può dare, in pendenza del giudizio, i provvedimenti
che ritenga opportuni nell'interesse del figlio.
§ 2 Della
dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturale
Art.
269 Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità
La paternità
e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui
il riconoscimento è ammesso.
La prova
della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo.
La maternità
è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui
ce fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre.
La sola
dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso
padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità naturale.
Art.
270 Legittimazione attiva e termine
L'azione
per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità naturale
è imprescrittibile riguardo al figlio.
Se il figlio
muore prima di avere iniziato l'azione, questa può essere promossa dai discendenti
legittimi, legittimati o naturali (258) riconosciuti, entro due anni dalla morte.
L'azione
promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi,
legittimati o naturali riconosciuti.
Art.
271-272 (abrogati)
Art.
273 Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto
L'azione
per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità naturale
può essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la potestà
prevista dall'art. 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione
del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.
Occorre
il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione se egli ha compiuto
l'età di sedici anni.
Per l'interdetto
l'azione può essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice.
Art.
274 Ammissibilità dell'azione
L'azione
per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo
quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata.
Sull'ammissibilità
il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, su ricorso (Cod.
Proc. Civ. 125, 737) di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero
e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre
reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di
consiglio.
L'inchiesta
sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta
segreta. Al termine dell'inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati
in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici
giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare
memorie illustrative.
Il tribunale,
anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di minore o d'altra persona
incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio.
Art.
275 (abrogato)
Art.
276 Legittimazione passiva
La domanda
per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei
confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi
(Cod. Proc. Civ. 102).
Alla domanda
può contraddire chiunque vi abbia interesse.
Art.
277 Effetti della sentenza
La sentenza
che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento (258
e seguenti).
Il giudice
può anche dare i provvedimenti che stima utili per il mantenimento, l'istruzione
e l'educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui.
Art.
278 Indagini sulla paternità o maternità
Le indagini
sulla paternità o sulla maternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma dell'art.
251, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato.
Possono
essere ammesse dal giudice quando vi è stato ratto o violenza carnale nel tempo
che corrisponde a quello del concepimento (Cod. Pen. 519, 523 e seguenti).
Art.
279 Responsabilità per il mantenimento e l'educazione
In ogni
caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità
o di maternità, il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento, I'istruzione
e l'educazione (580, 594). Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di bisogno
può agire per ottenere gli alimenti.
L'azione
è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'art. 274.
L'azione
può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato
dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la potestà.
SEZIONE
II
Della legittimazione
dei figli naturali
Art.
280 Legittimazione
La legittimazione
attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo.
Essa avviene
per susseguente matrimonio dei genitori del figlio naturale o per provvedimento
del giudice.
Art.
281 Divieto di legittimazione
Non possono
essere legittimati i figli che non possono essere riconosciuti (251).
Art.
282 Legittimazione dei figli premorti
La legittimazione
dei figli premorti può anche aver luogo in favore dei loro discendenti legittimi
e dei loro figli naturali riconosciuti.
Art.
283 Effetti e decorrenza della legittimazione per susseguente matrimonio
I figli
legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti dei figli legittimi
dal giorno del matrimonio, se sono stati riconosciuti da entrambi i genitori nell'atto
di matrimonio o anteriormente, oppure dal giorno del riconoscimento se questo è
avvenuto dopo il matrimonio.
Art.
284 Legittimazione per provvedimento del giudice
La legittimazione
può essere concessa con provvedimento del giudice soltanto se corrisponde agli interessi
del figlio ed inoltre se concorrono le seguenti condizioni:
l) che sia
domandata dai genitori stessi o da uno di essi e che il genitore abbia compiuto
l'età indicata nel quinto comma dell'art. 250;
2) che per
il genitore vi sia l'impossibilità o un gravissimo ostacolo a legittimare il figlio
per susseguente matrimonio;
3) che vi
sia l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è unito in matrimonio e non è
legalmente separato;
4) che vi
sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli anni sedici, o dell'altro
genitore o del curatore speciale, se il figlio è minore degli anni sedici, salvo
che il figlio sia già riconosciuto.
La legittimazione
può essere chiesta anche in presenza di figli legittimi o legittimati. In tal caso
il presidente del tribunale deve ascoltare i figli legittimi o legittimati, se di
eta superiore ai sedici anni.
Art.
285 Condizione per la legittimazione dopo la morte dei genitori
Se uno dei
genitori ha espresso in un testamento o in un atto pubblico la volontà di legittimare
i figli naturali, questi possono, dopo la morte di lui, domandare la legittimazione
se sussisteva la condizione prevista nel n. 2 dell'articolo precedente.
In questo
caso la domanda deve essere comunicata agli ascendenti, discendenti, e coniuge o,
in loro mancanza, a due tra i prossimi parenti, del genitore entro il quarto grado.
Art.
286 Legittimazione domandata dall'ascendente
La domanda
di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto (250, 277) può in caso di morte
del genitore essere fatta da uno degli ascendenti legittimi di lui, se il genitore
non ha comunque espressa una volontà in contrasto con quella di legittimare (att.
124).
Art.
287 Legittimazione in base alla procura per il matrimonio
Nei casi
in cui è consentito di celebrare il matrimonio per procura, quando concorrono le
condizioni per la legittimazione per susseguente matrimonio la legittimazione dei
figli naturali con provvedimento del giudice può essere domandata in base alla procura
a contrarre il matrimonio, se questo non poté essere celebrato per la sopravvenuta
morte del mandante.
Quando i
figli sono stati riconosciuti, per domandarne la legittimazione è necessario che
dalla procura risulti la volontà di riconoscerli o di legittimarli.
Art.
288 Procedura
La domanda
di legittimazione accompagnata dai documenti giustificativi deve essere diretta
al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il richiedente ha la residenza.
Il tribunale,
sentito il pubblico ministero, accerta la sussistenza delle condizioni stabilite
negli articoli precedenti e delibera, in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737)
sulla domanda di legittimazione.
Il pubblico
ministero e la parte possono, entro venti giorni dalla comunicazione, proporre reclamo
alla Corte d'appello. Questa, richiamati gli atti dal tribunale, delibera in camera
di consiglio, sentito il pubblico ministero.
In ogni
caso la sentenza che accoglie la domanda è annotata in calce all'atto di nascita
del figlio.
Art.
289 Azioni esperibili dopo la legittimazione
La legittimazione
per provvedimento del giudice non impedisce l'azione ordinaria per la contestazione
dello stato di figlio legittimato per la mancanza delle condizioni indicate nel
n. 1 dell'art. 284, negli artt. 285, 286 e 287, ferma restando la
disposizione dell'art. 263.
Se manca
la condizione indicata nel n. 3 dell'art. 284 la contestazione può essere
promossa soltanto dal coniuge del quale è mancato l'assenso.
Art.
290 Effetti e decorrenza della legittimazione per provvedimento del giudice
La legittimazione
per provvedimento del giudice produce gli stessi effetti della legittimazione per
susseguente matrimonio, ma soltanto dalla data del provvedimento e nei confronti
del genitore riguardo al quale la legittimazione è stata concessa.
Se il provvedimento
interviene dopo la morte del genitore, gli effetti risalgono alla data della morte,
purché la domanda di legittimazione non sia stata presentata dopo un anno da tale
data.
TITOLO VIII
Dell'adozione
di persone maggiori di età
CAPO I
Dell'adozione
di persone maggiori di età e dei suoi effetti
Art.
291 Condizioni
L'adozione
è permessa alle persone che non hanno discendenti legittimi o legittimati, che hanno
compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro
che essi intendono adottare.
Quando eccezionali
circostanze lo consigliano, il tribunale può autorizzare l'adozione se l'adottante
ha raggiunto almeno l'età di trent'anni, ferma restando la differenza di età di
cui al comma precedente.
Art.
292 Divieto di adozione per diversità di razza (abrogato)
Art.
293 Divieto d'adozione di figli nati fuori del matrimonio
I figli
nati fuori del matrimonio non possono essere adottati dai loro genitori.
Art.
294 Pluralità di adottati o di adottanti
E' ammessa
l'adozione di più persone anche con atti successivi.
Nessuno
può essere adottato da più di una persona, salvo che i due adottanti siano marito
e moglie.
Art.
295 Adozione da parte del tutore
Il tutore
non può adottare la persona (414) della quale ha avuto la tutela, se non dopo che
sia stato approvato il conto della sua amministrazione, sia stata fatta la consegna
dei beni e siano state estinte le obbligazioni risultanti a suo carico o data idonea
garanzia per il loro adempimento (385 e seguenti).
Art.
296 Consenso per l'adozione
Per l'adozione
si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando (298, 311 e seguenti).
Se l'adottando
non ha compiuto la maggiore età il consenso è dato dal suo legale rappresentante.
Art.
297 Assenso del coniuge o dei genitori
Per l'adozione
è necessario l'assenso dei genitori dell'adottando e l'assenso del coniuge dell'adottante
e dell'adottando, se coniugati e non legalmente separati.
Quando è
negato l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale, sentiti gli interessati,
su istanza dell'adottante, può, ove ritenga. ll rifiuto ingiustificato o contrario
all'interesse dell'adottando, pronunziare ugualmente l'adozione, salvo che si tratti
dell'assenso dei genitori esercenti la potestà o del coniuge, se convivente, dell'adottante
o dell'adottando. Parimenti il tribunale può pronunziare l'adozione quando è impossibile
ottenere l'assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo.
Art.
298 Decorrenza degli effetti dell'adozione
L'adozione
produce i suoi effetti dalla data del decreto che la pronunzia.
Finché il
decreto non è emanato, tanto l'adottante quanto l'adottando possono revocare il
loro consenso.
Se l'adottante
muore dopo la prestazione del consenso e prima dell'emanazione del decreto, si può
procedere al compimento degli atti necessari per l'adozione.
Gli eredi
dell'adottante possono presentare alla corte memorie e osservazioni per opporsi
all'adozione.
Se l'adozione
è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell'adottante.
Art.
299 Cognome dell'adottato
L'adottato
assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio.
L'adottato
che sia figlio naturale non riconosciuto dei propri genitori assume solo il cognome
dell'adottante. Il riconoscimento successivo all'adozione non fa assumere all'adottato
il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente
revocata. Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia
successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante.
Se l'adozione
è compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome del marito.
Se l'adozione
è compiuta da una donna maritata, I'adottato, che non sia figlio del marito, assume
il cognome della famiglia di lei.
Art.
300 Diritti e doveri dell'adottato
L'adottato
conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine (315 e seguenti),
salve le eccezioni stabilite dalla legge.
L'adozione
non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato né
tra l'adottato e i parenti dell'adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge
(87).
Art.
301-303 (abrogati)
Art.
304 Diritti di successione
L'adozione
non attribuisce all'adottante alcun diritto di successione (567).
I diritti
dell'adottato nella successione dell'adottante sono regolati dalle norme contenute
nel libro II (468, 536, 567).
Art.
305 Revoca dell'adozione
L'adozione
si può revocare soltanto nei casi preveduti dagli articoli seguenti (att. 352, 127).
Art.
306 Revoca per indegnità dell'adottato
La revoca
dell'adozione può essere pronunziata dal tribunale su domanda dell'adottante, quando
l'adottato abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti
o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso loro di delitto punibile con pena
restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni.
Se l'adottante
muore in conseguenza dell'attentato, la revoca dell'adozione può essere chiesta
da coloro ai quali si devolverebbe l'eredità in mancanza dell'adottato e dei suoi
discendenti.
Art.
307 Revoca per indegnità dell'adottante
Quando i
fatti previsti dall'articolo precedente sono stati compiuti dall'adottante contro
l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o gli ascendenti di lui, la
revoca può essere pronunziata su domanda dell'adottato.
Art.
308 (abrogato)
Art.
309 Decorrenza degli effetti della revoca
Gli effetti
dell'adozione (298 e seguenti) cessano quando passa in giudicato la sentenza di
revoca.
Se tuttavia
la revoca è pronunziata dopo la morte dell'adottante per fatto imputabile all'adottato,
l'adottato e i suoi discendenti sono esclusi dalla successione dell'adottante (463
e seguenti.).
Art.
310 (abrogato)
CAPO II
Delle forme
dell'adozione di persone di maggiore età
Art.
311 Manifestazione del consenso
Il consenso
dell'adottante e dell'adottando o del legale rappresentante di questo, deve essere
manifestato personalmente al presidente del tribunale nel cui circondario l'adottante
ha la residenza.
L'assenso
delle persone indicate negli artt. 296 e 297 può essere dato da persona munita di
procura speciale rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.
Art.
312 Accertamenti del tribunale
Il tribunale,
assunte le opportune informazioni, verifica:
l) se tutte
le condizioni della legge sono state adempiute;
2) se l'adozione
conviene all'adottando.
Art.
313 Provvedimento del tribunale
Il tribunale,
in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni altra formalità
di procedura, provvede con decreto motivato decidendo di far luogo o non far luogo
all'adozione.
L'adottante,
il pubblico ministero, l’adottando, entro trenta giorni dalla comunicazione, possono
impugnare il decreto del tribunale con reclamo alla corte di appello, che decide
in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
Art.
314 Pubblicità
Il decreto
che pronuncia l'adozione, divenuto definitivo, è trascritto a cura del cancelliere
del tribunale competente, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa
comunicazione, da effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del
cancelliere del giudice dell'impugnazione, su apposito registro e comunicato all'ufficiale
di stato civile per l'annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato.
Con la procedura
di cui al comma precedente deve essere altresì trascritta ed annotata la sentenza
di revoca della adozione, passata in giudicato.
L'autorità
giudiziaria può inoltre ordinare la pubblicazione del decreto che pronunzia l'adozione
o della sentenza di revoca nei modi che ritiene opportuni.
TITOLO IX
DELLA POTESTA'
DEI GENITORI
Art.
315 Doveri del figlio verso i genitori
Il figlio
(231 e seguenti) deve rispettare i genitori e deve contribuire in relazione alle
proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive
con essa.
Art.
316 Esercizio della potestà dei genitori
Il figlio
è soggetto alla potestà dei genitori sino all'età maggiore o alla emancipazione
(2, 390)
La potestà
è esercitata di comune accordo da entrambi (155, 317, 327, 343) i genitori.
In caso
di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere
senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.
Se sussiste
un incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio, il padre può adottare
i provvedimenti urgenti ed indifferibili (322).
Il giudice,
sentiti i genitori ed il figlio, se maggiore degli anni quattordici, suggerisce
le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare.
Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei
genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio.
Art.
317 Impedimento di uno dei genitori
Nel caso
di lontananza, di incapacità o di altro impedimento che renda impossibile ad uno
dei genitori l'esercizio della potestà, questa è esercitata in modo esclusivo dall'altro.
La potestà
comune dei genitori non cessa quando, a seguito di separazione, di scioglimento,
di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, i figli vengono
affidati ad uno di essi. L'esercizio della potestà è regolato, in tali casi, secondo
quanto disposto nell'art. 155.
Art.
317-bis Esercizio della potestà
Al genitore
che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui.
Se il riconoscimento
è fatto da entrambi i genitori, I'esercizio della potestà spetta congiuntamente
ad entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'art. 316.
Se i genitori non convivono l'esercizio della potestà spetta al genitore col
quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che
ha fatto il riconoscimento. Il giudice, nell'esclusivo interesse del figlio, può
disporre diversamente; può anche escludere dall'esercizio della potestà entrambi
i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore.
Il genitore
che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sull'istruzione, sull'educazione
e sulle condizioni di vita del figlio minore.
Art.
318 Abbandono della casa del genitore
Il figlio
non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore che esercita su di lui la
potestà né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se ne allontani senza il permesso,
i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare.
Art.
319 (abrogato)
Art.
320 Rappresentanza e amministrazione
I genitori
congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano
i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli
atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono
o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente
da ciascun genitore (322).
Si applicano,
in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni
dell'art. 316.
I genitori
non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi
titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare
donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni
ultranovennali (1572) o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione
né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti,
se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice
tutelare.
I capitali
non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale
ne determina l'impiego.
L'esercizio
di una impresa commerciale (2195) non può essere continuato se non con l'autorizzazione
del tribunale su parere del giudice tutelare. Questi può consentire l'esercizio
provvisorio dell'impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza
(2198).
Se sorge
conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa potestà, o
tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà,
il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge
tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei
figli spetta esclusivamente all'altro genitore.
Art.
321 Nomina di un curatore speciale
In tutti
i casi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva
la potestà 1155), non possono o non vogliono compiere uno o più atti di interesse
del figlio, eccedente l'ordinaria amministrazione, il giudice, su richiesta del
figlio stesso, del pubblico ministero o di uno dei parenti che vi abbia interesse,
e sentiti i genitori, può nominare al figlio un curatore speciale autorizzandolo
al compimento di tali atti.
Art.
322 Inosservanza delle disposizioni precedenti
Gli atti
compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli del presente titolo possono
essere annullati su istanza dei genitori esercenti la potestà o del figlio o dei
suoi eredi o aventi causa.
Art.
323 Atti vietati ai genitori
I genitori
esercenti la potestà sui figli non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi
acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore.
Gli atti
compiuti in violazione del divieto previsto nel comma precedente possono essere
annullati (1422) su istanza del figlio o dei suoi eredi o aventi causa.
I genitori
esercenti la potestà non possono diventare cessionari di alcuna ragione o credito
verso il minore (1261).
Art.
324 Usufrutto legale
I genitori
esercenti la potestà hanno in comune l'usufrutto dei beni del figlio.
I frutti
percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e all'istruzione ed educazione
dei figli.
Non sono
soggetti ad usufrutto legale:
l) i beni
acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro;
2) i beni
lasciati o donati (587, 769) al figlio per intraprendere una carriera, un'arte o
una professione;
3) i beni
lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la potestà o uno di
essi non ne abbiano l'usufrutto: la condizione però non ha effetto per i beni spettanti
al figlio a titolo di legittima (537);
4) i beni
pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati nell'interesse del
figlio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà. Se uno solo di essi
era favorevole all'accettazione, I'usufrutto legale spetta esclusivamente a lui.
Art.
325 Obblighi inerenti all'usufrutto legale
Gravano
sull'usufrutto legale gli obblighi propri dell'usufruttuario (1001).
Art.
326 Inalienabilità dell'usufrutto legale. Esecuzione sui frutti.
L'usufrutto
legale non può essere oggetto di alienazione, di pegno o di ipoteca né di esecuzione
da parte dei creditori.
L'esecuzione
sui frutti dei beni del figlio da parte dei creditori dei genitori o di quello di
essi che ne è titolare esclusivo non può aver luogo per debiti che il creditore
conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Art.
327 Usufrutto legale di uno solo dei genitori
Il genitore
che esercita in modo esclusivo la potestà è il solo titolare dell'usufrutto legale.
Art.
328 Nuove nozze
Il genitore
che passa a nuove nozze conserva l'usufrutto legale, con l'obbligo tuttavia di accantonare
in favore del figlio quanto risulti eccedente rispetto alle spese per il mantenimento,
I'istruzione e l'educazione di quest'ultimo.
Art.
329 Godimento dei beni dopo la cessazione dell'usufrutto legale
Cessato
l'usufrutto legale, se il genitore ha continuato a godere i beni del figlio convivente
con esso senza procura ma senza opposizione, o anche con procura ma senza l'obbligo
di rendere conto dei frutti, egli o i suoi eredi non sono tenuti che a consegnare
i frutti esistenti al tempo della domanda.
Art.
330 Decadenza dalla potestà sui figli
Il giudice
può pronunziare la decadenza della potestà quando il genitore viola o trascura i
doveri (147; Cod. Pen. 570) ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave
pregiudizio del figlio.
In tale
caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla
residenza familiare.
Art.
331 (abrogato)
Art.
332 Reintegrazione nella potestà
Il giudice
può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto, quando, cessate le
ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, e escluso ogni pericolo di
pregiudizio per il figlio.
Art.
333 Condotta del genitore pregiudizievole ai figli
Quando la
condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia
di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare comunque pregiudizievole al
figlio, il giudice, secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti
e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare.
Tali provvedimenti
sono revocabili in qualsiasi momento.
Art.
334 Rimozione dall'amministrazione
Quando il
patrimonio del minore è male amministrato, il tribunale può stabilire le condizioni
a cui i genitori devono attenersi nell'amministrazione o può rimuovere entrambi
o uno solo di essi dall'amministrazione stessa e privarli, in tutto o in parte,
dell'usufrutto legale.
L'amministrazione
è affidata ad un curatore, se è disposta la rimozione di entrambi i genitori.
Art.
335 Riammissione nell'esercizio dell'amministrazione
Il genitore
rimosso dall'amministrazione ed eventualmente privato dell'usufrutto legale può
essere riammesso dal tribunale nell'esercizio dell'una o nel godimento dell'altro,
quando sono cessati i motivi che hanno provocato il provvedimento (336; att. 382,
51).
Art.
336 Procedimento
I provvedimenti
indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore,
dei parenti (77) o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni
anteriori, anche del genitore interessato.
Il tribunale
provvede in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737) assunte informazioni e sentito
il pubblico ministero. Nei casi in cui il provvedimento e richiesto contro il genitore,
questi deve essere sentito.
In caso
di urgente necessità il tribunale può adottare, anche di ufficio, provvedimenti
temporanei nell'interesse del figlio.
Art.
337 Vigilanza del giudice tutelare
Il giudice
tutelare deve vigilare sull'osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilito
per l'esercizio della potestà e per l'amministrazione dei beni.
Art.
338-341 (abrogati)
Art.
342 Nuove nozze del genitore non ariano (abrogato)
TITOLO X
DELLA TUTELA
E DELL'EMANCIPAZIONE
CAPO I
Della tutela
dei minori
Art.
343 Apertura della tutela
Se entrambi
i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà dei genitori,
si apre la tutela presso la pretura del mandamento dove è la sede principale degli
affari e interessi del minore (att. 129).
Se il tutore
è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro mandamento, la tutela può essere
ivi trasferita con decreto del tribunale.
SEZIONE
I
Del giudice
tutelare
Art.
344 Funzioni del giudice tutelare
Presso ogni
pretura il giudice tutelare soprintende alle tutele e alle curatele ed esercita
le altre funzioni affidategli dalla legge.
Il giudice
tutelare può chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione e
di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni (att. 43 e seguenti).
SEZIONE
II
Del tutore
e del protutore
Art.
345 Denunzie al giudice tutelare
L'ufficiale
dello stato civile, che riceve la dichiarazione di morte di una persona la quale
ha lasciato figli in età minore ovvero la dichiarazione di nascita di un figlio
di genitori ignoti, e il notaio, che, procede alla pubblicazione (620) di un testamento
contenente la designazione di un tutore o di un protutore, devono darne notizia
al giudice tutelare entro dieci giorni.
Il cancelliere,
entro quindici giorni dalla pubblicazione o dal deposito in cancelleria, deve dare
notizia al giudice tutelare delle decisioni dalle quali derivi l'apertura di una
tutela.
I parenti
entro il terzo grado (76) devono denunziare al giudice tutelare il fatto da cui
deriva l'apertura della tutela entro dieci giorni da quello in cui ne hanno avuto
notizia. La denunzia deve essere fatta anche dalla persona designata quale tutore
o protutore entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia della designazione.
Art.
346 Nomina del tutore e del protutore
Il giudice
tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l'apertura della tutela,
procede alla nomina del tutore e del protutore (348, 354, 360, 389).
Art.
347 Tutela di più fratelli
E' nominato
un solo tutore a più fratelli e sorelle, salvo che particolari circostanze consiglino
la nomina di più tutori. Se vi è conflitto di interessi tra minori soggetti alla
stessa tutela, il giudice tutelare nomina ai minori un curatore speciale.
Art.
348 Scelta del tutore
Il giudice
tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo
la potestà dei genitori. La designazione può essere fatta per testamento (587-2),
per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (2699; 2703).
Se manca
la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona designata,
la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri
prossimi parenti o affini (74, 78) del minore, i quali, in quanto sia opportuno,
devono essere sentiti.
Il giudice,
prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire il minore che abbia
raggiunto l'età di anni sedici.
In ogni
caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta,
la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto
è prescritto nell'art. 147.
(5° comma
abrogato).
Art.
349 Giuramento del tutore
Il tutore,
prima di assumere l'ufficio, presta davanti al giudice tutelare giuramento di esercitarlo
con fedeltà e diligenza.
Art.
350 Incapacità all'ufficio tutelare
Non possono
essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono cessare dall'ufficio (att.
129):
1) coloro
che non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio;
2) coloro
che sono stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale
per ultimo ha esercitato la patria potestà;
3) coloro
che hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i discendenti o il coniuge
hanno o sono per avere col minore una lite, per effetto della quale può essere pregiudicato
lo stato del minore o una parte notevole del patrimonio di lui;
4) coloro
che sono incorsi nella perdita della patria potestà o nella decadenza da essa, o
sono stati rimossi da altra tutela;
5) il fallito
che non è stato cancellato dal registro dei falliti.
Art.
351 Dispensa dall'ufficio tutelare
Sono dispensati
dall'ufficio di tutore:
1) abrogato;
2) il Presidente
del Consiglio dei Ministri;
3) i membri
del Sacro Collegio;
4) i Presidenti
delle Assemblee legislative:
5) i Ministri
Segretari di Stato.
Le persone
indicate nei nn. 2, 3, 4 e 5 possono far noto al giudice tutelare che non intendono
valersi della dispensa.
Art.
352 Dispensa su domanda
Hanno diritto
di essere dispensati su loro domanda dall'assumere o dal continuare l'esercizio
della tutela (353):
1) i grandi
ufficiali dello Stato non compresi nell'articolo precedente;
2) gli arcivescovi,
i vescovi e i ministri del culto aventi cura d'anime;
3) abrogato;
4) i militari
in attività di servizio;
5) chi ha
compiuto gli anni sessantacinque
6) chi ha
più di tre figli minori;
7) chi esercita
altra tutela;
8) chi è
impedito di esercitare la tutela da infermità permanente;
9) chi ha
missione dal Governo fuori dello Stato o risiede per ragioni di pubblico servizio
fuori della circoscrizione del tribunale dove è costituita la tutela.
Art.
353 Domanda di dispensa
La domanda
di dispensa per le cause indicate nell'articolo precedente deve essere presentata
al giudice tutelare prima della prestazione del giuramento, salvo che la causa di
dispensa sia sopravvenuta.
Il tutore
è tenuto ad assumere e a mantenere l'ufficio fino a quando la tutela non sia stata
conferita ad altra persona.
Art.
354 Tutela affidata a enti di assistenza
La tutela
dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci
di esercitare l'ufficio di tutore, può essere deferita dal giudice tutelare a un
ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore o all'ospizio in cui questi
e ricoverato (402). L'amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri
membri a esercitare le funzioni di tutela (355-2)
E' tuttavia
in facoltà del giudice tutelare di nominare un tutore al minore quando la natura
o I'entità dei beni o altre circostanze lo richiedono.
Art.
355 Protutore
Sono applicabili
al protutore le disposizioni stabilite per il tutore in questa sezione.
Non si nomina
il protutore nei casi contemplati nel primo comma dell'art. 354.
Art.
356 Donazione o disposizione testamentaria a favore del minore
Chi fa una
donazione o dispone con testamento a favore di un minore, anche se questi è soggetto
alla patria potestà, può nominargli un curatore speciale per l'amministrazione dei
beni donati o lasciati.
Se il donante
o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale deve osservare le
forme stabilite dagli artt. 374 e 375 per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria
amministrazione.
Si applica
in ogni caso al curatore speciale l'art. 384.
SEZIONE
III
Dell'esercizio
della tutela
Art.
357 Funzioni del tutore
Il tutore
ha la cura della persona del minore (371), lo rappresenta in tutti gli atti civili
e ne amministra i beni (362 e seguenti).
Art.
358 Doveri del minore
Il minore
deve rispetto e obbedienza al tutore. Egli non può abbandonare la casa o I'istituto
al quale è stato destinato, senza il permesso del tutore.
Qualora
se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di richiamarvelo, ricorrendo,
se è necessario, al giudice tutelare.
Art.
359 (abrogato)
Art.
360 Funzioni del protutore
Il protutore
rappresenta il minore nei casi in cui l'interesse di questo è in opposizione con
l'interesse del tutore (380).
Se anche
il protutore si trova in opposizione d'interessi col minore, il giudice tutelare
nomina un curatore speciale.
Il protutore
è tenuto a promuovere la nomina di un nuovo tutore nel caso in cui il tutore è venuto
a mancare o ha abbandonato l'ufficio. Frattanto egli ha cura della persona del minore,
lo rappresenta e può fare tutti gli atti conservativi e gli atti urgenti di amministrazione.
Art.
361 Provvedimenti urgenti
Prima che
il tutore o il protutore abbia assunto le proprie funzioni, spetta al giudice tutelare
di dare, sia d'ufficio sia su richiesta del pubblico ministero, di un parente o
di un affine del minore, i provvedimenti urgenti che possono occorrere per la cura
del minore o per conservare e amministrare il patrimonio. Il giudice può procedere,
occorrendo, all'apposizione dei sigilli (Cod. Proc. Civ. 752 e seguenti), nonostante
qualsiasi dispensa.
Art.
362 Inventario
Il tutore,
nei dieci giorni successivi a quello in cui ha avuto legalmente notizia della sua
nomina, deve procedere all'inventario dei beni del minore, nonostante qualsiasi
dispensa (363 e seguenti; att. 46-1).
L'inventario
deve essere compiuto nel termine di trenta giorni, salva al giudice tutelare la
facoltà di prorogare il termine se le circostanze lo esigono (382).
Art.
363 Formazione dell'inventario
L'inventario
si fa col ministero del cancelliere della pretura o di un notaio a ciò delegato
dal giudice tutelare, con l'intervento del protutore e, se è possibile, anche del
minore che abbia compiuto gli anni sedici, e con l'assistenza di due testimoni scelti
preferibilmente fra i parenti o gli amici della famiglia.
Il giudice
può consentire che l'inventario sia fatto senza ministero di cancelliere o di notaio,
se il valore presumibile del patrimonio non eccede quindicimila lire.
L'inventario
è depositato presso la pretura.
Nel verbale
di deposito il tutore e il protutore ne dichiarano con giuramento la sincerità.
Art.
364 Contenuto dell'inventario
Nell'inventario
si indicano gli immobili, i mobili, i crediti e i debiti e si descrivono le carte,
note e scritture relative allo stato attivo e passivo del patrimonio, osservando
le formalità stabilite nel codice di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti).
Art.
365 Inventario di aziende
Se nel patrimonio
del minore esistono aziende commerciali o agricole, si procede con le forme usate
nel commercio o nell'economia agraria alla formazione dell'inventario dell'azienda,
con l'assistenza e l'intervento delle persone indicate nell'art. 363. Questi
particolari inventari sono pure depositati presso la pretura e il loro riepilogo
e riportato nell'inventario generale.
Art.
366 Beni amministrati da curatore speciale
Il tutore
deve comprendere nell'inventario generale del patrimonio del minore anche i beni,
la cui amministrazione è stata deferita a un curatore speciale (356). Se questi
ha formato un inventario particolare di tali beni, deve rimetterne copia al tutore,
il quale lo unirà all'inventario generale.
Il curatore
deve anche comunicare al tutore copia dei conti periodici della sua amministrazione,
salvo che il disponente lo abbia esonerato.
Art.
367 Dichiarazione di debiti o crediti del tutore
Il tutore,
che ha debiti, crediti o altre ragioni verso il minore, deve esattamente dichiararli
prima della chiusura dell'inventario. Il cancelliere o il notaio hanno l'obbligo
d'interpellarlo al riguardo.
Nel caso
d'inventario senza opera di cancelliere o di notaio, il tutore è interpellato dal
giudice tutelare all'atto del deposito.
In ogni
caso si fa menzione dell'interpellazione e della dichiarazione del tutore nell'inventario
o nel verbale di deposito (368).
Art.
368 Omissione della dichiarazione
Se il tutore,
conoscendo il suo credito o le sue ragioni, espressamente interpellato non li ha
dichiarati, decade da ogni suo diritto.
Qualora,
sapendo di essere debitore, non abbia dichiarato fedelmente il proprio debito, può
essere rimosso dalla tutela (384).
Art.
369 Deposito di titoli e valori
Il tutore
deve depositare il denaro, i titoli di credito al portatore e gli oggetti preziosi
esistenti nel patrimonio del minore presso un istituto di credito (att. 251 e seguenti)
designato dal giudice tutelare, salvo che questi disponga diversamente per la loro
custodia.
Non è tenuto
a depositare le somme occorrenti per le spese urgenti di mantenimento e di educazione
del minore e per le spese di amministrazione (357).
Art.
370 Amministrazione prima dell'inventario
Prima che
sia compiuto l'inventario, I'amministrazione del tutore deve limitarsi agli affari
che non ammettono dilazione (361).
Art.
371 Provvedimenti circa l'educazione e l'amministrazione
Compiuto
l'inventario, il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore,
delibera:
l) sul luogo
dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento agli studi o all'esercizio
di un'arte, mestiere o professione, sentito lo stesso minore se ha compiuto gli
anni dieci, e richiesto, quando è opportuno, I'avviso dei parenti prossimi e del
comitato di patronato dei minorenni;
2) sulla
spesa annua occorrente per il mantenimento e l'istruzione del minore e per l'amministrazione
del patrimonio, fissando i modi d'impiego del reddito eccedente;
3) sulla
convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le aziende commerciali, che
si trovano nel patrimonio del minore, e sulle relative modalità e cautele.
Nel caso
in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore la continuazione dell'esercizio
dell'impresa, il tutore deve domandare l'autorizzazione del tribunale. In pendenza
della deliberazione del tribunale il giudice tutelare può consentire l'esercizio
provvisorio dell'impresa (2198; att. 38-2).
Art.
372 Investimento di capitali
I capitali
del minore devono, previa autorizzazione del giudice tutelare, essere dal tutore
investiti:
1) in titoli
dello Stato o garantiti dallo Stato;
2) nell'acquisto
di beni immobili posti nello Stato;
3) in mutui
garantiti da idonea ipoteca sopra beni posti nello Stato, o in obbligazioni emesse
da pubblici istituti autorizzati a esercitare il credito fondiario;
4) in depositi
fruttiferi presso le casse postali o presso altre casse di risparmio o monti di
credito su pegno. Il giudice, sentito il tutore e il protutore, può autorizzare
il deposito presso altri istituti di credito (att. 251), ovvero, per motivi particolari,
un investimento diverso da quelli sopra indicati (att. 45-1)
Art.
373 Titoli al portatore
Se nel patrimonio
del minore si trovano titoli al portatore, il tutore deve farli convertire in nominativi
(1999), salvo che il giudice tutelare disponga che siano depositati in cauta custodia
(att. 45-1).
Art.
374 Autorizzazione del giudice tutelare
Il tutore
non può senza l'autorizzazione del giudice tutelare (377; att. 45-1):
l) acquistare
beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del minore, per l'economia domestica
e per l'amministrazione del patrimonio (357);
2) riscuotere
capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni, assumere
obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento
del minore e per l'ordinaria amministrazione del suo patrimonio;
3) accettare
eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni;
4) fare
contratti di locazione d'immobili oltre il novennio (1572) o che in ogni caso si
prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età;
5) promuovere
giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto (1171
s.), di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per
ottenere provvedimenti conservativi.
Art.
375 Autorizzazione del tribunale
Il tutore
non può senza l'autorizzazione del tribunale (Cod. Proc. Civ. 732):
l) alienare
beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento (376);
2) costituire
pegni o ipoteche;
3) procedere
a divisione o promuovere i relativi giudizi;
4) fare
compromessi e transazioni o accettare concordati.
L'autorizzazione
è data su parere del giudice tutelare.
Art.
376 Vendita di beni
Nell'autorizzare
la vendita di beni, il tribunale determina se debba farsi all'incanto o a trattative
private, fissandone in ogni caso il prezzo minimo (Cod. Proc. Civ. 734).
Quando nel
dare l'autorizzazione il tribunale non ha stabilito il modo di erogazione o di reimpiego
del prezzo, lo stabilisce il giudice tutelare (att. 45-1)
Art.
377 Atti compiuti senza l'osservanza delle norme dei precedenti articoli
Gli atti
compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli possono essere annullati
su istanza del tutore o del minore o dei suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti).
Art.
378 Atti vietati al tutore e al protutore
Il tutore
e il protutore non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente
o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore (1471, n. 3).
Non possono
prendere in locazione i beni del minore senza l'autorizzazione e le cautele fissate
dal giudice tutelare.
Gli atti
compiuti in violazione di questi divieti possono essere annullati su istanza delle
persone indicate nell'articolo precedente, ad eccezione del tutore e del protutore
che li hanno compiuti (1425 e seguenti).
Il tutore
e il protutore non possono neppure diventare cessionari di alcuna ragione o credito
(1261) verso il minore.
Art.
379 Gratuità della tutela
L'ufficio
tutelare è gratuito.
Il giudice
tutelare tuttavia, considerando l'entità del patrimonio e le difficolta dell'amministrazione,
può assegnare al tutore un'equa indennità. Può altresì, se particolari circostanze
lo richiedono, sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare nell'amministrazione,
sotto la sua personale responsabilità, da una o più persone stipendiate.
Art.
380 Contabilità dell'amministrazione
Il tutore
deve tenere regolare contabilità della sua amministrazione e renderne conto ogni
anno al giudice tutelare (att. 46-1).
Il giudice
può sottoporre il conto annuale all'esame del protutore e di qualche prossimo parente
o affine del minore.
Art.
381 Cauzione
Il giudice
tutelare, tenuto conto della particolare natura ed entità del patrimonio, può imporre
al tutore di prestare una cauzione, determinandone l'ammontare e le modalità (att.
131).
Egli può
anche liberare il tutore in tutto o in parte dalla cauzione che avesse prestata.
Art.
382 Responsabilità del tutore e del protutore
Il tutore
deve amministrare il patrimonio del minore con la diligenza del buon padre di famiglia.
Egli risponde verso il minore di ogni danno a lui cagionato violando i propri doveri.
Nella stessa
responsabilità incorre il protutore per ciò che riguarda i doveri del proprio ufficio.
SEZIONE
IV
Della cessazione
del tutore dall'ufficio
Art.
383 Esonero dall'ufficio
Il giudice
tutelare può sempre esonerare il tutore dall'ufficio, qualora l'esercizio di esso
sia al tutore soverchiamente gravoso e vi sia altra persona atta a sostituirlo (att.
129-2).
Art.
384 Rimozione e sospensione del tutore
Il giudice
tutelare può rimuovere dall'ufficio il tutore che si sia reso colpevole di negligenza
o abbia abusato dei suoi poteri, o si sia dimostrato inetto nell'adempimento di
essi, o sia divenuto immeritevole dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela,
ovvero sia divenuto insolvente.
Il giudice
non può rimuovere il tutore se non dopo averlo sentito o citato; può tuttavia sospenderlo
dall'esercizio della tutela nei casi che non ammettono dilazione (att. 129-2).
SEZIONE
V
Del rendimento
del conto finale
Art.
385 Conto finale
Il tutore
che cessa dalle funzioni deve fare subito la consegna dei beni e deve presentare
nel termine di due mesi il conto finale dell'amministrazione al giudice tutelare.
Questi può concedere una proroga (att. 46-1).
Art.
386 Approvazione del conto
Il giudice
tutelare invita il protutore, il minore divenuto maggiore o emancipato, ovvero,
secondo le circostanze, il nuovo rappresentante legale a esaminare il conto e a
presentare le loro osservazioni.
Se non vi
sono osservazioni, il giudice che non trova nel conto irregolarità o lacune lo approva;
in caso contrario nega l'approvazione (att. 45-1).
Qualora
il conto non sia stato presentato o sia impugnata la decisione del giudice tutelare,
provvede l'autorità giudiziaria nel contraddittorio degli interessati (att. 45-3).
Art.
387 Prescrizione delle azioni relative alla tutela
Le azioni
del minore contro il tutore e quelle del tutore contro il minore relative alla tutela
si prescrivono in cinque anni dal compimento della maggiore età o dalla morte del
minore. Se il tutore ha cessato dall'ufficio e ha presentato il conto prima della
maggiore età o della morte del minore, il termine decorre dalla data del provvedimento
col quale il giudice tutelare pronunzia sul conto stesso (386).
Le disposizioni
di quest'articolo non si applicano all'azione per il pagamento del residuo che risulta
dal conto definitivo (2941-3).
Art.
388 Divieto di convenzioni prima dell'approvazione del conto
Nessuna
convenzione tra il tutore e il minore divenuto maggiore può aver luogo prima dell'approvazione
del conto della tutela (596, 779).
La convenzione
può essere annullata su istanza del minore o dei suoi eredi o aventi causa.
Art.
389 Registro delle tutele
Nel registro
delle tutele, istituito presso ogni giudice tutelare, sono iscritti a cura del cancelliere
l'apertura e la chiusura della tutela, la nomina, I'esonero e la rimozione del tutore
e del protutore, le risultanze degli inventari e dei rendiconti e tutti i provvedimenti
che portano modificazioni nello stato personale o patrimoniale del minore (att.
48 e seguenti).
Dell'apertura
e della chiusura della tutela il cancelliere dà comunicazione entro dieci giorni
all'ufficiale dello stato civile per l'annotazione in margine all'atto di nascita
del minore.
CAPO II
Dell'emancipazione
Art.
390 Emancipazione di diritto
Il minore
è di diritto emancipato col matrimonio.
Art.
391 (abrogato)
Art.
392 Curatore dell'emancipato
Curatore
del minore sposato con persone maggiore di età è il coniuge.
Se entrambi
i coniugi sono minori di età, il giudice tutelare può nominare un unico curatore,
scelto preferibilmente fra i genitori.
Se interviene
l'annullamento per una causa diversa dall'età, o lo scioglimento o la cessazione
degli effetti civili del matrimonio o la separazione personale, il giudice tutelare
nomina curatore uno dei genitori, se idoneo all'ufficio, o in mancanza, altra persona.
Nel caso in cui il minore contrae successivamente matrimonio, il curatore lo assiste
altresì negli atti previsti nell'art. 165.
Art.
393 Incapacità o rimozione del curatore
Sono applicabili
al curatore le disposizioni degli artt. 348 ultimo comma, 350 e 384 (att. 129-2).
Art.
394 Capacità dell'emancipato
L'emancipazione
conferisce al minore la capacità di compiere gli atti che non eccedono l'ordinaria
amministrazione (397, 2942).
Il minore
emancipato può con l'assistenza del curatore riscuotere i capitali sotto la condizione
di un idoneo impiego e può stare in giudizio sia come attore sia come convenuto.
Per gli
altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, oltre il consenso del curatore
(395), è necessaria l'autorizzazione del giudice tutelare (att. 45-1) Per gli atti
indicati nell'art. 375 I'autorizzazione, se curatore non è il genitore, deve
essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare.
Qualora
nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è nominato un curatore
speciale a norma dell'ultimo comma dell'art. 320 (396; att. 45-1).
Art.
395 Rifiuto del consenso da parte del curatore
Nel caso
in cui il curatore rifiuta il suo consenso, il minore può ricorrere al giudice tutelare,
il quale, se stima ingiustificato il rifiuto, nomina un curatore speciale per assistere
il minore nel compimento dell'atto, salva, se occorre, I'autorizzazione del tribunale
(att. 45-1).
Art.
396 Inosservanza delle precedenti norme
Gli atti
compiuti senza osservare le norme stabilite nell'art. 394 possono essere annullati
su istanza del minore o dei suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti).
Sono applicabili
al curatore le disposizioni dell'art. 378.
Art.
397 Emancipato autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale
Il minore
emancipato può esercitare un'impresa commerciale senza l'assistenza del curatore,
se è autorizzato dal tribunale, previo parere del giudice tutelare e sentito il
curatore (2198; att. 100).
L'autorizzazione
può essere revocata dal tribunale su istanza del curatore o d'ufficio, previo, in
entrambi i casi, il parere del giudice tutelare e sentito il minore emancipato.
Il minore
emancipato, che è autorizzato all'esercizio di una impresa commerciale, può compiere
da solo gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, anche se estranei all'esercizio
dell'impresa (394, 774; Cod. Proc. Civ. 75).
Art.
398-399 (abrogati)
TITOLO XI
DELL'AFFILIAZIONE
E DELL'AFFIDAMENTO
Art.
400 Norme regolatrici dell'assistenza dei minori
L'assistenza
dei minori è regolata, oltre che dalle leggi speciali, dalle norme del presente
titolo (vedere anche Legge 4 maggio 1983, n. 184, riportata tra le Leggi Speciali).
Art.
401 Limiti di applicazione delle norme
Le disposizioni
del presente titolo si applicano anche ai minori che sono figli di genitori non
conosciuti, ovvero figli naturali riconosciuti dalla sola madre che si trovi nell'impossibilità
di provvedere al loro allevamento.
Le stesse
disposizioni si applicano ai minori ricoverati in un istituto di pubblica assistenza
o assistiti da questo per il mantenimento, l'educazione o la rieducazione, ovvero
in istato di abbandono materiale o morale.
Art.
402 Poteri tutelari spettanti agli istituti di assistenza
L'istituto
di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito
(406, 412), secondo le norme del titolo X, capo I di questo libro (343 e seguenti),
fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, e in tutti i casi nei quali
l'esercizio della patria potestà o della tutela sia impedito. Resta salva la facoltà
del giudice tutelare di deferire la tutela all'ente di assistenza o all'ospizio,
ovvero di nominare un tutore a norma dell'art. 354.
Nel caso
in cui il genitore riprenda l'esercizio della patria potestà, l'Istituto deve chiedere
al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio.
Art.
403 Intervento della pubblica autorità a favore dei minori
Quando il
minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri
o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri
motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo
degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando
si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione.
Art.
404-413 (abrogati)
TITOLO XII
DELL'INFERMITA'
DI MENTE, DELL'INTERDIZIONE E DELL'INABILITAZIONE
Art.
414 Persone che devono essere interdette
Il maggiore
di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità
di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, devono essere
interdetti (417 e seguenti).
Art.
415 Persone che possono essere inabilitate
Il maggiore
di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione,
può essere inabilitato (417 e seguenti, 429).
Possono
anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità (776) o per abuso abituale
di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé e la loro famiglia a gravi
pregiudizi economici.
Possono
infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia,
se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente, salva l'applicazione dell'art. 414
quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi.
Art.
416 Interdizione e inabilitazione nell'ultimo anno di minore età
Il minore
non emancipato può essere interdetto o inabilitato nell'ultimo anno della sua minore
età. L'interdizione o l'inabilitazione ha effetto dal giorno in cui il minore raggiunge
l'età maggiore (421).
Art.
417 Istanza d'interdizione o di inabilitazione
L'interdizione
o l'inabilitazione possono essere promosse dal coniuge, dai parenti entro il quarto
grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico
ministero (85; Cod. Proc. Civ. 712).
Se l'interdicendo
o l'inabilitando si trova sotto la patria potestà o ha per curatore uno dei genitori,
l'interdizione o l'inabilitazione non può essere promossa che su istanza del genitore
medesimo o del pubblico ministero.
Art.
418 Poteri dell'autorità giudiziaria
Promosso
il giudizio d'interdizione, può essere dichiarata anche d'ufficio l'inabilitazione
per infermità di mente.
Se nel corso
del giudizio d'inabilitazione si rivela l'esistenza delle condizioni richieste per
l'interdizione, il pubblico ministero fa istanza al tribunale di pronunziare l'interdizione,
e il tribunale provvede nello stesso giudizio, premessa l'istruttoria necessaria
(att. 40).
Art.
419 Mezzi istruttori e provvedimenti provvisori
Non si può
pronunziare l'interdizione o l'inabilitazione senza che si sia proceduto all'esame
dell'interdicendo o dell'inabilitando (Cod. Proc. Civ. 713 e seguenti).
Il giudice
può in questo esame farsi assistere da un consulente tecnico. Può anche d'ufficio
disporre i mezzi istruttori utili ai fini del giudizio, interrogare i parenti prossimi
dell'interdicendo o inabilitando e assumere le necessarie informazioni.
Dopo l'esame,
qualora sia ritenuto opportuno, può essere nominato un tutore provvisorio all'interdicendo
o un curatore provvisorio all'inabilitando (Cod. Proc. Civ. 714 e seguenti).
Art.
420 Internamento definitivo in manicomio (abrogato)
Art.
421 Decorrenza degli effetti dell'interdizione e dell'inabilitazione
L'interdizione
e l'inabilitazione producono i loro effetti dal giorno della pubblicazione della
sentenza, salvo il caso previsto dall'art. 416 (776).
Art.
422 Cessazione del tutore e del curatore provvisorio
Nella sentenza
che rigetta l'istanza d'interdizione o d'inabilitazione, può disporsi che il tutore
o il curatore provvisorio, rimanga in ufficio fino a che la sentenza non sia passata
in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324).
Art.
423 Pubblicità
Il decreto
di nomina del tutore o del curatore provvisorio e la sentenza d'interdizione o d'inabilitazione
devono essere immediatamente annotati a cura del cancelliere nell'apposito registro
e comunicati entro dieci giorni all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni
in margine all'atto di nascita (att. 42).
Art.
424 Tutela dell'interdetto e curatela dell'inabilitato
Le disposizioni
sulla tutela dei minori e quelle sulla curatela dei minori emancipati si applicano
rispettivamente alla tutela degli interdetti e alla curatela degli inabilitati (343
e seguenti, 390 e seguenti).
Le stesse
disposizioni si applicano rispettivamente anche nei casi di nomina del tutore provvisorio
dell'interdicendo e del curatore provvisorio dell'inabilitando a norma dell'art.
419. Per l'interdicendo non si nomina il protutore provvisorio.
Nella scelta
del tutore dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato il giudice tutelare deve
preferire il coniuge maggiore di età che non sia separato legalmente (150 e seguenti),
il padre, la madre, un figlio maggiore di età o la persona eventualmente designata
dal genitore superstite con testamento (587), atto pubblico o scrittura privata
autenticata (2699, 2703).
Art.
425 Esercizio dell'impresa commerciale da parte dell'inabilitato
L'inabilitato
può continuare l'esercizio dell'impresa commerciale soltanto se autorizzato dal
tribunale su parere del giudice tutelare (2198; att. 100).
L'autorizzazione
può essere subordinata alla nomina di un institore (2203 e seguenti).
Art.
426 Durata dell'ufficio
Nessuno
è tenuto a continuare nella tutela dell'interdetto o nella curatela dell'inabilitato
oltre i dieci anni, ad eccezione del coniuge, degli ascendenti o dei discendenti.
Art.
427 Atti compiuti dall'interdetto e dall'inabilitato
Gli atti
compiuti dall'interdetto dopo la sentenza di interdizione possono essere annullati
su istanza del tutore, dell'interdetto o dei suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti).
Sono del pari annullabili gli atti compiuti dall'interdetto dopo la nomina del tutore
provvisorio, qualora alla nomina segua la sentenza d'interdizione.
Possono
essere annullati su istanza dell'inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa gli
atti eccedenti l'ordinaria amministrazione fatti dall'inabilitato, senza l'osservanza
delle prescritte formalità, dopo la sentenza di inabilitazione o dopo la nomina
del curatore provvisorio, qualora alla nomina sia seguita l'inabilitazione (776).
Per gli
atti compiuti dall'interdetto prima della sentenza d'interdizione o prima della
nomina del tutore provvisorio si applicano le disposizioni dell'articolo seguente.
Art.
428 Atti compiuti da persona incapace d'intendere o di volere
Gli atti
compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi
causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli
atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima
o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore (1425
e seguenti).
L'annullamento
dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia
derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere o per la
qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente (1425).
L'azione
si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto
è stato compiuto (2953).
Resta salva
ogni diversa disposizione di legge (120, 591, 775,1195; att. 130).
Art.
429 Revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione
Quando cessa
la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione, queste possono essere revocate
su istanza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado o degli affini entro il
secondo grado, del tutore dell'interdetto, del curatore dell'inabilitato o su istanza
del pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 720).
Il giudice
tutelare deve vigilare per riconoscere se la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione
continui. Se ritiene che sia venuta meno, deve informarne il pubblico ministero.
Art.
430 Pubblicità
Alla sentenza
di rievoca dell'interdizione o dell'inabilitazione si applica l'art. 423.
Art.
431 Decorrenza degli effetti della sentenza di revoca
La sentenza
che revoca l'interdizione o l'inabilitazione produce i suoi effetti appena passata
in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324).
Tuttavia
gli atti compiuti dopo la pubblicazione della sentenza di revoca non possono essere
impugnati se non quando la revoca è esclusa con sentenza passata in giudicato (Cod.
Proc. Civ. 324).
Art.
432 Inabilitazione nel giudizio di revoca dell'interdizione
L'autorità
giudiziaria che pur riconoscendo fondata l'istanza di revoca dell'interdizione,
non crede che l'infermo abbia riacquistato la piena capacità, può revocare l'interdizione
e dichiarare inabilitato l'infermo medesimo.
Si applica
anche in questo caso il primo comma dell'articolo precedente.
Gli atti
non eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti dall'inabilitato dopo la pubblicazione
della sentenza che revoca l'interdizione, possono essere impugnati solo quando la
revoca è esclusa con sentenza passata in giudicato.
TITOLO XIII
DEGLI ALIMENTI
Art.
433 Persone obbligate
All'obbligo
di prestare gli alimenti sono tenuti, nell'ordine:
1) il coniuge;
2) i figli
legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti
prossimi, anche naturali;
3) i genitori
e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;
4) i generi
e le nuore;
5) il suocero
e la suocera;
6) i fratelli
e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.
Art.
434 Cessazione dell'obbligo tra affini
L'obbligazione
alimentare del suocero e della suocera e quella del genero e della nuora cessano:
l) quando
la persona che ha diritto agli alimenti è passata a nuove nozze;
2) quando
il coniuge, da cui deriva l'affinità, e i figli nati dalla sua unione con l'altro
coniuge e i loro discendenti sono morti.
Art.
435 (abrogato)
Art.
436 Obbligo tra adottante e adottato
L'adottante
deve (301) gli alimenti al figlio adottivo con precedenza sui genitori legittimi
o naturali di lui.
Art.
437 Obbligo del donatario
Il donatario
(769 e seguenti) è tenuto, con precedenza su ogni altro obbligato, a prestare gli
alimenti al donante, a meno che si tratti di donazione fatta in riguardo di un matrimonio
o di una donazione rimuneratoria (770. 785).
Art.
438 Misura degli alimenti
Gli alimenti
possono essere chiesti solo da chi versa in istato di bisogno e non è in grado di
provvedere al proprio mantenimento.
Essi devono
essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni
economiche di chi deve somministrarli. Non devono tuttavia superare quanto sia necessario
per la vita dell'alimentando (660, 1881), avuto però riguardo alla sua posizione
sociale.
Il donatario
non è tenuto oltre il valore della donazione tuttora esistente nel suo patrimonio.
Art.
439 Misura degli alimenti tra fratelli e sorelle
Tra fratelli
e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario.
Possono
comprendere anche le spese per l'educazione e l'istruzione se si tratta di minore.
Art.
440 Cessazione, riduzione e aumento
Se dopo
l'assegnazione degli alimenti mutano le condizioni economiche di chi li somministra
o di chi li riceve, l'autorità giudiziaria provvede per la cessazione, la riduzione
o l'aumento, secondo le circostanze. Gli alimenti possono pure essere ridotti per
la condotta disordinata o riprovevole dell'alimentato.
Se, dopo
assegnati gli alimenti, consta che uno degli obbligati di grado anteriore è in condizione
di poterli somministrare, l'autorità giudiziaria non può liberare l'obbligato di
grado posteriore se non quando abbia imposto all'obbligato di grado anteriore di
somministrare gli alimenti.
Art.
441 Concorso di obbligati
Se più persone
sono obbligate nello stesso grado alla prestazione degli alimenti, tutte devono
concorrere alla prestazione stessa, ciascuna in proporzione delle proprie condizioni
economiche.
Se le persone
chiamate in grado anteriore alla prestazione non sono in condizioni di sopportare
l'onere in tutto o in parte, l'obbligazione stessa è posta in tutto o in parte a
carico delle persone chiamate in grado posteriore.
Se gli obbligati
non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrazione
degli alimenti, provvede l'autorità giudiziaria secondo le circostanze.
Art.
442 Concorso di aventi diritto
Quando o
più persone hanno diritto agli alimenti nei confronti di un medesimo obbligato,
e questi non è in grado di provvedere ai bisogni di ciascuna di esse, l'autorità
giudiziaria dà i provvedimenti opportuni, tenendo conto della prossimità della parentela
e dei rispettivi bisogni, e anche della possibilità che taluno degli aventi diritto
abbia di conseguire gli alimenti da obbligati di grado ulteriore.
Art.
443 Modo di somministrazione degli alimenti
Chi deve
somministrare gli alimenti ha la scelta di adempiere questa obbligazione o mediante
un assegno alimentare corrisposto in periodi anticipati (2948), o accogliendo e
mantenendo nella propria casa colui che vi ha diritto.
L'autorità
giudiziaria può però, secondo le circostanze, determinare il modo di somministrazione.
In caso
di urgente necessità, l'autorità giudiziaria può altresì porre temporaneamente l'obbligazione
degli alimenti a carico di uno solo tra quelli che vi sono obbligati, salvo il regresso
verso gli altri.
Art.
444 Adempimento della prestazione alimentare
L'assegno
alimentare prestato secondo le modalità stabilite non può essere nuovamente richiesto,
qualunque uso l'alimentando ne abbia fatto.
Art.
445 Decorrenza degli alimenti
Gli alimenti
sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale o dal giorno della costituzione
in mora dell'obbligato (1219), quando questa costituzione sia entro sei mesi seguita
dalla domanda giudiziale (2948).
Art.
446 Assegno provvisorio
Finché non
sono determinati definitivamente il modo e la misura degli alimenti, il pretore
o presi dente del tribunale può, sentita l'altra parte, ordinare un assegno in via
provvisoria ponendolo, nel caso di concorso di più obbligati, a carico anche di
uno solo di essi, salvo il regresso verso gli altri.
Art.
447 Inammissibilità di cessione e di compensazione
Il credito
alimentare non può essere ceduto (1260, 2751).
L'obbligo
agli alimenti non può opporre all'altra parte la compensazione, neppure quando si
tratta di prestazioni arretrate.
Art.
448 Cessazione per morte dell'obbligato
L'obbligo
degli alimenti cessa con la morte dell'obbligato, anche se questi li ha somministrati
in esecuzione di sentenza (50, 63).
TITOLO XIV
DEGLI ATTI
DELLO STATO CIVILE
Art.
449 Registri dello stato civile
I registri
dello stato civile sono tenuti in ogni comune in conformità delle norme contenute
nella legge sull'ordinamento dello stato civile.
Art.
450 Pubblicità dei registri dello stato civile
I registri
dello stato civile sono pubblici.
Gli ufficiali
dello stato civile devono rilasciare gli estratti e i certificati che vengono loro
domandati con le indicazioni dalla legge prescritte.
Essi devono
altresì compiere negli atti affidati alla loro custodia le indagini domandate dai
privati.
Art.
451 Forza probatoria degli atti
Gli atti
dello stato civile fanno prova, fino a querela di falso (2699; Cod. Proc. Civ. 221),
di ciò che l'ufficiale pubblico attesta essere avvenuto alla sua presenza o da lui
compiuto.
Le dichiarazioni
dei comparenti fanno fede a prova contraria (2697).
Le indicazioni
estranee all'atto non hanno alcun valore.
Art.
452 Mancanza, distruzione o smarrimento di registri
Se non si
sono tenuti i registri o sono andati distrutti o smarriti o se, per qualunque altra
causa, manca in tutto o in parte la registrazione dell'atto, la prova della nascita
o della morte può essere data con ogni mezzo.
In caso
di mancanza, di distruzione totale o parziale, di alterazione o di occultamento
accaduti per dolo del richiedente, questi non è ammesso alla prova consentita nel
comma precedente.
Art.
453 Annotazioni
Nessuna
annotazione può essere fatta sopra un atto già iscritto nei registri se non è disposta
per legge ovvero non e ordinata dall'autorità giudiziaria.
Art.
454 Rettificazioni
La rettificazione
degli atti dello stato civile si fa in forza di sentenza del tribunale passata in
giudicato (Cod. Proc. Civ. 324), con la quale si ordina all'ufficiale dello stato
civile di rettificare un atto esistente nei registri o di ricevere un atto omesso,
o di rinnovare un atto smarrito o distrutto.
Le sentenze
devono essere trascritte nei registri.
Art.
455 Efficacia della sentenza di rettificazione
La sentenza
di rettificazione non può essere opposta a quelli che non concorsero a domandare
la rettificazione, ovvero non furono parti in giudizio o non vi furono regolarmente
chiamati.