Quesito n° 432

Curatore fallimentare e compensi

Ho accettato la nomina di Curatore in una procedura fallimentare rivelatasi priva di attivo. Chi provvederà alla liquidazione dei miei compensi?

Parere redatto dal professionista

Con il D.P.R. N° 115 del 30/05/2002: “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia” sono state riunite e coordinate tutte le precedenti norme sulle spese di giustizia. In esso sono disciplinate: tutte le voci di spesa; il patrocinio a spese dello Stato; le procedure per il pagamento da parte dell'erario e dei privati; l'annotazione nei registri, e la riscossione, compresa quella delle spese di mantenimento in istituto, delle pene pecuniarie, delle sanzioni amministrative pecuniarie inflitte agli enti, delle sanzioni pecuniarie processuali. La materia è comune al processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario.
Come la Relazione al Testo Unico specifica, l'intento del legislatore è stato quello di ordinare in modo organico un quadro normativo confuso e frammentato, disciplinando qualunque fattispecie verificabile in materia di spese di giustizia.
L’art. 146, intitolato “Prenotazioni a debito, anticipazioni e recupero delle spese”, a differenza dell’abrogato articolo 91 della legge fallimentare, indica tassativamente, secondo uno schema chiuso di previsione, le ipotesi in cui le spese della procedura sono da prenotarsi a debito o da anticiparsi a cura dell’erario, disponendo che nella procedura fallimentare, che e' la procedura dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura, se tra i beni compresi nel fallimento non vi e' denaro per gli atti richiesti dalla legge, alcune spese sono prenotate a debito, altre sono anticipate dall'erario. In particolare sono spese anticipate dall'erario, tra l’altro, le spese ed onorari ad ausiliari del magistrato; le spese prenotate a debito o anticipate sono recuperate, appena vi sono disponibilità liquide, sulle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo.
L'articolo 3 del DPR 115/2002 definisce al punto n) "ausiliario del magistrato": il perito, il consulente tecnico, l'interprete, il traduttore e qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio può nominare a norma di legge”; non cita espressamente la figura del curatore, né la esclude.
Una interpretazione che nega la possibilità di considerare il curatore come “ausiliario del magistrato” condurrebbe “per absurdum” alla conseguenza che, in virtù dell’articolo 146 del Testo Unico, al curatore non competerebbe nemmeno il rimborso di quelle spese da lui anticipate ed autorizzate dal giudice delegato, che erano in precedenza liquidate a norma dell’articolo 91 della legge fallimentare, nonché dell’art. 4 del D.M. del 28/07/1992, N° 570.
Invero, se si dovesse ritenere che l’art. 146 del T.U. non prende in considerazione, né disciplina in alcun modo le spese anticipate dal curatore e l’onorario di lui, non si potrebbero applicare neppure le disposizioni di cui al D.M. 570/92, dato che tali disposizioni, avendo natura regolamentare, hanno bisogno per la loro applicazione del supporto della legge che le giustifichi. Del resto, sarebbe incomprensibile l’affermazione insita nella relazione al Testo unico, innanzi riportata, laddove si richiama l’art. 4 del D.M. 570 del 28/07/1992, che prevede il rimborso al curatore delle spese da lui sostenute ad autorizzate dal giudice delegato.
Ricorre, quindi, la necessità di esporre delle riflessioni come contributo alla tesi della qualifica del “curatore fallimentare”, quale “ausiliario” del Giudice, attesa la discussione sul punto, in relazione alla interpretazione dell’art. 3 del D.P.R. N° 115 del 30/05/2002, lett. n), collegata a quella del 2° comma, lett. c), dell’art. 146 della stessa legge.
Ed invero, la dottrina e la giurisprudenza, anche della Suprema Corte di Cassazione, hanno attribuito risalto all’attività del curatore fallimentare per la delicatezza dei compiti amministrativi, giudiziari e tributari, tale da qualificarlo “organo” dell’Amministrazione fallimentare. Ma tale denominazione non esclude, anzi, rafforza il concetto che il curatore sia da considerarsi un amministratore di beni altrui e perciò “ausiliario” del Tribunale prima, e del Giudice Delegato poi.
Infatti, ad eccezione dell’attività di amministrazione ordinaria, sulla quale egli è tenuto a dare comunque contezza nella relazione mensile prevista dall’art. 33, ultimo comma, della legge fallimentare, ogni altra attività di natura patrimoniale non gli è consentita senza l’autorizzazione preventiva del Tribunale o del Giudice Delegato. Ciò induce a ritenere (per quasi unanime dottrina) che l’ Ufficio fallimentare, nelle sue essenziali funzioni di natura amministrativa, comprende 4 distinti “organi”: il Tribunale ( nella sua composizione collegiale); il Giudice Delegato (membro del Collegio e da questo delegato); il Curatore; il Comitato dei creditori.
Il Tribunale è l’effettivo “titolare” della procedura esecutiva concorsuale, mentre il Giudice Delegato soprintende a tutte le concrete operazioni patrimoniali, avvalendosi dell’opera del Curatore, la cui attività “di amministrazione” dirige e controlla. Il Comitato dei creditori va sentito in ogni caso previsto dalla legge processuale, costituendo la sua funzione di controllo una più diretta e palmare tutela degli interessi della “massa”.
E’ evidente, quindi, che, per la legge civile, il curatore fallimentare, che è amministratore giudiziario per eccellenza, è un importante ”ausiliario” del Giudice, nel conservare, gestire e liquidare il patrimonio mobiliare ed immobiliare del fallito.


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